lunedì 20 febbraio 2017

pc 20 febbraio - La repressione in Sardegna contro i movimenti antagonisti

 

sardegna repressione
Movimento antimilitarista sardo17 fogli di via dati a sardi per i comuni di Sant’Anna Arresi e Teulada (per tutti), per alcuni di questi si aggiungono anche i comuni di Decimomannu (5) e Arbus (3).
11 fogli di via da Cagliari e Provincia sono stati notificati a compagni continentali.
3 sorveglianze speciali, tutte rigettate.
1 processo al tribunale dei minori (tre ragazze imputate) per invasione di zona militare riguardante la manifestazione del 3 novembre a Teulada. Tutte assolte.
1 processo al tribunale dei minori per un ragazzo accusato di imbrattamento in concorso per il corteo del 11 ottobre 2015 a Cagliari. Assolto.
Le altre denunce, come già scritto, non me la sento di metterle nella lista, perchè le indagini sono ancora in corso e non vorrei sparare numeri a caso che nella realtà poi potrebbero non andare mai a processo.

Cagliari negli ultimi 18 mesi. ( dossier aggiornato fino a metà 2016 )
A cura della CASSA ANTIREPRESSIONE SARDA.
Nell’ultimo anno e mezzo le operazioni di controllo, repressione e denuncia della questura cagliaritana sono notevolmente aumentate. Prima di entrare nello specifico dei fatti più recenti, vale la pena fare un salto indietro per contestualizzare meglio la situazione. Negli ultimi anni, a Cagliari, le attenzioni della questura, in “ambito politico”, sono quasi sempre state riservate all’antifascismo.
Repressione, anche violenta, delle iniziative pubbliche, indagini, misure di prevenzione, avevano sempre come denominatore comune l’antifascismo. Dalle indagini seguite alle contestazioni alle parate fasciste del 25 aprile e del 10 febbraio sono spiccate negli anni decine di denunce, di cui la maggior parte per manifestazione non autorizzata, ma nel 2012 anche alcune per resistenza, e nel 2013 per travisamento. In alcuni casi queste si sono poi tramutate in decreti penali di condanna, in altri sono cadute in prescrizione, o sono su quella via.
Nel 2009, sempre a partire da indagini riguardanti manifestazioni antifasciste, sono stati dati i primi cinque avvisi orali, seguiti nei due anni successivi da un’altra ventina di medesimi provvedimenti.

Nel 2013 sono state denunciate diverse decine di persone, sempre per manifestazione non autorizzata, per dei presidi sotto il carcere di Buoncammino. In questo caso i denunciati sono stati condannati a due mesi di reclusione, commutati in circa 7.000 € di decreto penale di condanna. Si può dire, vedendo il cambiamento di strategia adottato negli ultimi tempi, che la questura di Cagliari ha per anni scelto di non calcare troppo la mano da un punto di vista di denunce e processi. Come da manuale, ha invece accumulato materiale sulle persone che negli anni si sono attivate e hanno partecipato alle varie iniziative, materiale che sta usando ora per le indagini.
Come indicano gli incartamenti, è abbastanza facile individuare il momento di svolta delle pratiche repressive nella manifestazione di capo Frasca del 13 settembre 2014: è a partire da questa manifestazione, infatti, che iniziano a comparire nelle denunce reati mano a mano più pesanti. Fanno la prima comparsa le denunce per il reato di danneggiamento (635 c.p.) e di ingresso in territorio militare (682 c.p.), per poi essere riproposte in occasione delle manifestazioni intorno al poligono di Teulada il 5 e il 20 dicembre 2014.
A partire da questo periodo le attenzioni questurili si concentrano intorno al fermento antimilitarista, facendosi sentire, oltre che tramite le solite denunce, anche attraverso un dispiegamento sempre maggiore di uomini e mezzi alle iniziative, con schedature a tappeto dei partecipanti, fermi, minacce e un atteggiamento decisamente inquisitorio e provocatorio. Il 12 marzo 2015, quasi a voler dimostrare che le vecchie abitudini (colpire duramente gli antifascisti) sono dure a morire, tre attivisti cagliaritani vengono denunciati dalla questura per un acceso diverbio con dei militanti del movimento “Noi con Salvini”, avvenuto nelle vie del centro della città (un quarto verrà in seguito denunciato da un salviniano).
A caldo, il questore Filippo Dispenza promette davanti alle telecamere l’applicazione della misura di sorveglianza speciale, di cui parleremo meglio più avanti, per coloro che saranno identificati come i responsabili delle aggressioni. I reati contestati per questi fatti (non gli stessi per tutti) sono rapina (628 c.p., poi derubricata a minacce), danneggiamento (635 c.p.), violenza a pubblico ufficiale (336 c.p.), violenza privata (610 c.p.) e lesioni personali (582 c.p.). Il questore, già rivelatosi di mano pesante nella repressione al movimento ultras cittadino, decide di provare a usare il pugno di ferro, dando di nuovo maggior importanza alle situazioni catalogabili come “antifascismo” o, per dirla a parole sue, a “chi impedisce il libero esercizio di posizioni politiche e ideologiche diverse dalle sue, creando turbamento per l’ordine pubblico”.
Il 25 aprile a Quartu Sant’Elena gli antifascisti vengono caricati dalla polizia mentre contestano le celebrazioni dei caduti della R.S.I., nelle settimane successive una dozzina di ragazzi e ragazze verrà “convocato o portato” in questura per essere schedato (foto segnaletiche e impronte digitali). Successivamente Dispenza decide di dar seguito alle sue dichiarazioni, e a fine Maggio viene preparata la prima di tre richieste di sorveglianza speciale, notificata poi, a metà giugno, ad uno dei tre indagati per l’aggressione del 12 Marzo al banchetto. Nelle settimane successive verranno notificate altre due richieste per gli altri due indagati.
Da questo momento si apre un capitolo nuovo per la repressione locale. Dei provvedimenti così duri, era da un pò di tempo che non si vedevano. Le sorveglianze speciali, infatti, fanno parte delle misure di prevenzione personali, insieme agli avvisi orali e ai fogli di via, ma vanno un passo oltre questi ultimi: gli avvisi orali e i fogli di via sono misure comminate ai soggetti interessati in base a una presunta pericolosità sociale di questi, che viene decisa dalla questura senza il parere di un giudice.
La sorveglianza speciale, poiché prevede restrizioni della libertà più importanti, è invece ”proposta” dalla questura in base alla condotta del soggetto, e un collegio giudicante emette la sentenza o il rigetto. Le richieste emesse dalla questura di Cagliari per i tre ragazzi sono state le seguenti: “per anni due, divieto di soggiorno nella provincia di Cagliari (per soggetti residenti a Cagliari da anni) non frequentare pregiudicati o persone destinatarie di misure di prevenzione, non frequentare bar, night, discoteche, sale da gioco, circoli privati e altri locali affini, di non partecipare a pubbliche riunioni, e con la prescrizione di non rincasare oltre le 22 e non uscire prima delle 7, nonché l’obbligo di presentarsi quotidianamente presso l’ufficio di P.S. o Comando Carabinieri che gli verrà indicato”. Si trovavano inoltre delle richieste che avrebbero ostacolato le abituali attività lavorative svolte dai soggetti, e l’invito a darsi a un’attività lavorativa lecita.
Nei curriculum criminali tracciati nelle richieste di sorveglianza speciale si scoprono anche alcuni capi di imputazione, ancora sotto indagine, per il corteo dell’11 giugno a Decimomannu, resistenza a pubblico ufficiale (337 c.p.) con le aggravanti di travisamento (339 c.p.) e lancio di corpi contundenti (339 c.p.), violenza a pubblico ufficiale (336 c.p.), lesioni personali ( 582 c.p.), danneggiamento aggravato (35 c.p. c.2). Le richieste di sorveglianze speciale fatte dalla questura di Cagliari non arrivano per caso nell’estate 2015, si inseriscono infatti in un filone di richieste analoghe portato avanti in tutt’Italia, indirizzato principalmente ad appartenenti all’area anarchica. Le tre richieste agli attivisti cagliaritani verranno tutte rigettate, per insufficienza di parametri tali da riconoscerli come socialmente pericolosi, seguendo anche in questo caso il trend nazionale, che ha visto rigetti in tutte le città tranne Torino, dove la procura più forcaiola d’Italia è riuscita a dare da poco (2016) cinque sorveglianze speciali della durata di 12 o 14 mesi.
Durante l’estate 2015 sono le misure di prevenzione “a farla da padrone”, vengono notificati tre avvisi orali e due fogli di via (di cui uno annullato con autotutela). A settembre viene notificato il primo foglio di via da Cagliari e provincia per una non sarda, si tratta di una ragazza che ha partecipato alla mobilitazione contro la STAREX e che aveva acquistato i biglietti aerei per il campeggio di Cagliari di ottobre. A questo primo provvedimento notificato in trentino, ne seguiranno una ventina, tutti notificati allo sbarco in aeroporto a Cagliari di persone, secondo le indagini della DIGOS, dirette al campeggio.
Anche questa mossa si inserisce in una chiara direttiva nazionale, nell’autunno-inverno 2015-2016 in tutt’Italia vengono dati decine e decine di fogli di via nei più svariati ambiti di lotta. Il campeggio antimilitarista svoltosi a Cagliari il 9 – 10 – 11 ottobre 2015, scriverà un altro capitolo sulla repressione cagliaritana. Per i tre giorni si susseguiranno varie forme di intimidazione da parte di agenti in borghese, da minacce vere e proprie al taglio delle ruote delle macchine degli antimilitaristi. Il culmine verrà raggiunto l’11 pomeriggio alla fine del corteo di chiusura del campeggio, in via Mameli violentissime cariche della celere alla coda del corteo costeranno diverse teste aperte, ematomi e lesioni varie. Durante le cariche un paio di noti agenti dei ROS e della DIGOS si coprirono il volto per picchiare i manifestanti, alcuni dei quali precedentemente chiamati per nome e insultati. La notte dopo il corteo si registreranno altri danneggiamenti a macchine e minacce personali. Da qualche giorno è arrivata la prima denuncia per questo corteo, le accuse sono di manifestazione non autorizzata (18 TULPS), imbrattamento (639 c.p.), deturpamento (639 c.p.), resistenza a pubblico ufficiale (337 c.p.) e violenza a pubblico ufficiale (336 c.p.), tutto con l’aggravante del concorso.
La strategia dell’intimidazione varata con il campeggio non cessa con l’approssimarsi del corteo del 3 Novembre contro la Trident Juncture. A 12 attivisti/e, identificati/e qualche giorno prima del corteo mentre si aggiravano nel perimetro della base con comportamento sospetto, verosimilmente effettuando un sopralluogo, viene notificato un foglio di via dai comuni di Teulada e Sant’Anna Arresi della durata di tre anni. Ad alcuni di loro, in precedenza denunciati in altre circostanze, il provvedimento si estende anche ai comuni di Decimomannu e Arbus. Da notare come i provvedimenti siano stati notificati anche ad attivisti/e mai denunciati/e prima. Contemporaneamente il neo questore di Cagliari, Danilo Vito Gagliardi, con una mossa inaspettata, fa sapere tramite la stampa locale che il corteo sarebbe stato vietato, nonostante fosse stato comunicato regolarmente. I colpiti dal foglio di via così come accadde per il campeggio decidono di violare il provvedimento, identificati dalla DIGOS nei pullman diretti al concentramento verranno portati alla caserma di Giba e denunciati. Saranno anche denunciate le persone entrate dentro il poligono di Teulada durante il corteo, e proprio in questi giorni è stata fissata la data del processo (21 aprile) per i minorenni. Alcuni dei colpiti da foglio di via a gennaio hanno fatto ricorso al TAR per l’annullamento della misura, sono ancora in attesa della sentenza.
L’11 febbraio in occasione della presenza di Salvini a Cagliari la questura blinda mezza città, chiude al traffico una dozzina di vie e schiera decine e decine di celerini di tutti i corpi di polizia. Due manifestanti diretti al corteo vengono fermati la mattina presto, portati in questura e posti in stato di fermo, il mezzo su cui viaggiavano sequestrato, così come parte del contenuto cioè gli striscioni rinforzati che sarebbero stati usati dal corteo per difendersi. Corteo puntualmente caricato e gasato dalla celere poche ore dopo. Stamattina, 4 marzo, i carabinieri si sono presentati alle 6 e 30 in casa di tre compagni di Cagliari per una perquisizione. Hanno sequestrato tutto il materiale informatico, dai computer alla playstation, passando per CD e chiavi USB, ma anche manifesti e magliette. Poi è toccato al circolo di cui uno dei tre è socio, anche li sono stati sequestrati PC e altro materiale, infine è stata perquisita la casa dei genitori di un altro dei tre ragazzi. Le accuse sono di vilipendio delle forze armate, e diffusione di documentazione non riservata ma ad uso esclusivo di ufficio. Questo riassunto vorrebbe essere un contributo tecnico-storico sulla repressione locale, non è sicuramente completo di tutti i provvedimenti e i comportamenti questurili, ci scusiamo. Così come non tiene conto dei procedimenti a danno di attivist@ portati avanti da privati cittadini, come il caso dei processi per diffamazione contro Gianpaolo Turri e Carrozza Service.
In conclusione si può dire che la questura di Cagliari negli ultimi anni ha avuto particolari attenzioni contro il mondo degli ultras su tutti gli Sconvolts 87, contro cui ha usato sorveglianze speciali, un centinaio di DASPO, denunce e sequestro di immobili; contro gli antifascisti reprimendo in piazza e nei tribunali ogni uscita che i vari gruppi hanno organizzato nel corso degli anni e ultimamente gli antimilitaristi. La connessione di questi ultimi con alcuni gruppi e individui attivi anche in altre città dello stivale, e la messa in atto di pratiche più forti nei modi e nei numeri ha coinvolto Cagliari e dintorni in direttive repressive “nazionali” da cui spesso in passato era stata esclusa. La solidarietà, espressa in tante forme diverse, che i movimenti hanno saputo dare ai colpiti è stata enorme. La solidarietà unita alla coesione fra i gruppi e alla creazione di fronti compatti di difesa e attacco, anche nei tribunali, sono un osso duro per i nostri nemici. CONTRO LA REPRESSIONE RILANCIAMO LE LOTTE.
La cassa antirepressione sarda è un progetto autogestito e autofinanziato che da anni si propone di sostenere a vario titolo prigionieri e inguaiati con la legge, e di creare informazione e solidarietà intorno alle vicende repressive.

da Osservatorio Repressione

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