mercoledì 1 febbraio 2017

pc 1 febbraio - NO A TEORIZZAZIONI DI FATTO GIUSTIFICAZIONISTE DEGLI "UOMINI CHE ODIANO LE DONNE"

Sulle uccisioni, stupri, violenze sessuali contro le donne sta emergendo da parte di alcune femministe intellettuali borghesi e giornaliste una interpretazione psicanalitica.

Scrive, per esempio, Lea Melandri nell'inserto de Il manifesto “il corpo del delitto” uscito per il 25 novembre 2016:
Prima che un padre o un marito autoritario e violenti, l'uomo è un tenero figlio. Si può pensare che sia questa commistione di odio e amore – inquietante perchè si colloca là dove meno ce l'aspettiamo, cioè nella famiglia, nella coppia – che impedisce di assumere il fenomeno per la gravità e l'estensione che ha...
l'uomo si accanisce sul corpo che l'ha generato, che gli ha dato le prime cure, le prime sollecitaziobni sessuali, un corpo che ritrova nella vita amorosa adulta e con cui sogna di rivivere l'originaria appartenenza intima a un altro essere. Ma è anche il corpo che lo ha tenuto in sua balia nel momento della maggiore dipendenza e inermità, un corpo che poteva dargli la vita o la morte, accudimento o abbandono. Confinando la donna nel ruolo di madre, l'uomo ha costretto anche se stesso a restare bambino, a portare una maschera di virilità sempre minacciata...”.
E continua: “La coppia trova la sua stabilità – dice Freud – quando la moglie ha fatto del marito il proprio figlio, cioè quando si instaura in qualche modo la situazione originaria. Separandosi, la donna non colpirebbe solo un privilegio e un potere che l'uomo considera “dovuto” e che la società, esplicitamente o silenziosamente, “permette” (Michael Kaufman), ma la fonte prima dell'amore in sé, dell'autoconservazione”.

Al di là che vengano colti elementi di “verità”, questa interpretazione di fatto fa tre operazioni:

Primo. Individualizza. Gli uomini che ammazzano le donne sono visti come individui, o come “genere”, e non come frutto, espressione sociale di un sistema capitalista che inevitabilmente nella sua marcia verso un moderno fascismo, una barbarie, produce, alimenta sempre più l'humus di “uomini che odiano le donne”.
Questa interpretazione oggettivamente porta a nascondere che la violenza sessuale non fa che proseguire, su un diverso terreno, la violenza sistemica, quotidiana, di attacco alle condizioni generali di vita, doppio sfruttamento, discriminazioni, oppressione a tutti i livelli, in ogni campo, che padroni, governo, Stato, mass media, portano avanti.

Secondo. Questa interpretazione generalista oggettivamente riduce la portata oggi dei feminicidi, il loro legame con l'imbarbarimento di questo sistema sociale, con la crisi, da un lato, e dall'altro con la reazione fascista degli uomini alle rotture, volontà di indipendenza delle donne, ma anche con la mancanza ancora di un movimento delle donne che “faccia paura”, che imponga con la sua forza la necessità di una trasformazione generale, di una rivoluzione e di una rivoluzione nella rivoluzione.
Riducendo la diversità oggi della violenza contro le donne, non si comprende neanche il perchè avvengono soprattutto nella famiglia, nei rapporti di coppia. La Melandri scrive: “...inquietante perchè si colloca là dove meno ce l'aspettiamo, cioè nella famiglia, nella coppia...”, quando invece questo oggi è “naturale”, perchè – come scriviamo nell'opuscolo “Uccisioni delle donne, oggi” - “la famiglia è un anello chiave della marcia verso il moderno fascismo del governo, dello Stato. Il moderno fascismo non potrebbe realizzarsi senza fare della famiglia una sua base principale, sia in senso di essere piegata, funzionale alle scelte del governo, dello Stato, sia in senso di sostenitrice attiva, combattente in termini ideologici di simbolo e propaganda di valori di quelle scelte politiche. La famiglia, soprattutto proletaria, è il luogo centrale in cui si gesticse un'economia sociale srempre più povera... La famiglia proletaria garantisce nella fase di attacco, crisi, di attutirne l'imnpatto devastante... La famiglia, per questo sistema, deve fare da paracadute alle frustrazioni, alla messa in crisi di posizioni di privilegio dell'uomo nella famiglia. La famiglia quindi è come una sorta di ammortizzatore sociale...”.

Terzo. Questa interpretazione oggettivamente fa un'operazione di “giustificazione”. Più avanti la Melandri, riprendendo Kaufman, scrive sul “paradosso del potere maschile”, “un potere che gode di privilegi ma che è anche “fonte di enorme paura, isolamento, e dolore per gli uomini stessi”, che esercita il controllo ma che è costretto a una vigilanza continua”.
A fronte di questo la risposta conseguente non può che essere “l'educazione”, un lavoro comune di uomini e donne “impegnate da anni nell'analisi del sessismo” perchè nascano altri modi di vivere la maschilità; non quindi la lotta contro gli uomini che odiano le donne e questo sistema sociale capitalista.
Ma questo è l'opposto della “parola d'ordine”, della verità per cui “non c'è liberazione senza rivoluzione”.
Ma questo è anche lasciare il campo alle “addette ai lavori”, non alle donne e chiaramente tanto meno alla ribellione delle donne proletarie.
Ma questo, rassicuriamo le melandri, non lo faremo avvenire.

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