mercoledì 18 gennaio 2017

pc 18 gennaio - ILVA TARANTO - IL PATTEGGIAMENTO TRA PROCURE/RIVA "INQUINA" IL PROCESSO

Ieri si è compiuto un altro passo dell'osceno accordo messo in piedi da Procure (Taranto-Milano), i Riva e il Governo. La Procura di Taranto, col nuovo Procuratore, è diventata una dependance degli interessi di padroni e governo. L'udienza è stata nuovamente rinviata al 1° marzo, per permettere ai Riva di patteggiare.
Lo "specchietto delle allodole" del famoso 1 miliardo e 300 milioni, utilizzato per legittimare i patteggiamenti, viene tirato da tutte le società che hanno chiesto di patteggiare. In realtà, buona parte di questi soldi sono già stati consumati nella gestione ordinaria della produzione Ilva, e ciò che resta verrà usato per "abbellire" la svendita ai nuovi padroni, non certo per bonificare la fabbrica e tantomeno la città. 
La strumentale ammissione di Claudio Riva "E' vero, inquinavamo", fatta unicamente per ottenere il patteggiamento e cavarsela con pochi soldi e minimo di condanna, è un'offesa agli operai morti, alle tante persone di Taranto ammalati o che non ci sono più.

Occorre la mobilitazione degli operai e della popolazione di Taranto, ma non solo.
PER IL 1° MARZO STIAMO PREPARANDO UNA PROPOSTA DI MOBILITAZIONE

!
Ecco il resoconto dell'udienza, a cura avv. Vitale - foro di Torino - legale parti civili
operai cimitero, operai Ilva/Appalto, cittadini Tamburi, Paolo VI, Slai cobas sc, Medicina democratica.

Il difensore di Riva Fire, oggi Partacipazioni Industriali, ha comunicato che è stato nominato un curatore speciale. Per quanto si è capito il curatore speciale è stato nominato perché i tre commissari si trovano in una situazione di incompatibilità, essendo già amministratori straordinari di Ilva SpA. 
Il difensore ha quindi chiesto un rinvio per consentire la formalizzazione, da parte del curatore, della richiesta di patteggiamento. Nella richiesta di rinvio, formulata anche con una nota scritta, sarebbe già precisato che a maggio sarà definito lo stato passivo; si puó quindi pensare che, sino a maggio, in realtà non sará possibile la formalizazione.
Tutto questo, per quello che sappiamo, benchė i termini dell'accordo di patteggiamento - che ė in realtà un accordo "politico" che vede una triangolazione tra Procure (Milano e Taranto), governo, commissari, Riva.... - siano già ampiamente stabiliti, ed hanno già l'assenso della Procura.

A questo punto alcuni difensori delle parti civili hanno preso la parola, opponendosi con forza al rinvio e chiedendo, eventualmente, che si proceda già a separare le posizioni di Ilva e Riva Forni elettrici (ed eventualmente ex Riva Fire-Partecipazioni Industriali) e ripartire con il processo "principale". Dalla prima udienza della "prima" Corte d'Assise sono passati 15 mesi (in mezzo c'ė stato il ritorno al GIP e il riavvio dell'Assise); e dall'udienza in cui la Procura ha cambiato i reati delle società consentendogli un patteggiamento altrimenti impossibile, quasi tre mesi... E ancora non si ė riusciti ad andare avanti...

In particolare l'avvocato Vitale ha in primo luogo evidenziato che la Corte di Assise non ha ancora deciso sulle questioni preliminari sollevate a settembre, tra cui il trasferimento del processo a Potenza. Inoltre ha ricordato che, se ė vero che le parti civili formalmente non hanno diritto di entrare nel merito del patteggiamento, hanno comunque il diritto di dubitare che questo sia legittimo e di esprimere i propri dubbi. E qui di dubbi ne hanno tanti, a cominciare dal fatto che le legge prevede che il patteggiamento delle società possa essere ammesso solo quando le persone imputate potrebbero ipoteticamente patteggiare (ció che si puó fare solo se la pena finale sia sotto i 5 anni).
Accettare questo patteggiamento significa considerare il reato commesso da chi amministrava l'Ilva come un reato di "ridotta gravità" (di reati di ridotta gravità parla la relazione illustrativa delle legge sulla responsabilità "penale" delle società quando parla del patteggiamento); significa accettare che si pensi che quello che è successo a Taranto non è poi così grave. Significa dare agli imputati la possibilità di chiedere, quando saranno finalmente giudicati, quella stessa mitezza e "comprensione" che ė stata riservata alle società.
Ma è soprattutto sulla necessità di assicurare al processo dei tempi certi che i difensori delle parti civili hanno insistito.
Vicende estranee al processo di carattere strettamente politico, anche se coinvolgano i massimi livelli politici, non possono eterodirigere i tempi della giustizia penale, ha sottolineato l'avv. Vitale.
È per questi motivi e con questi argomenti che le parti civili hanno chiesto con forza di respingere la richiesta di rinvio; in alternativa hanno chiesto di separare il processo alle persone dal processo alle società perché non si possa pensare che quest'ultimo venga usato per impedire di giudicare le persone che hanno condotto alla devastazione ambientale di Taranto.
L'esigenza di un processo con tempi certi ed accettabili non è un capriccio delle parti civili, ma un preciso obbligo di livello costituzionale ed internazionale (come più volte affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell'uomo), che dovrebbe sempre guidare i giudici.
Di fronte ad un accordo di dubbia legittimità, e che forse non risponde neppure al principio che "chi inquina paga", non sembrano quindi giustificate queste continue richieste di rinvio - oggi nell'assoluto silenzio della Procura, la scorsa udienza con l'assenso del Procuratore Capo in persona.
La Corte di Assise, pur dopo aver ricordato che già la scorsa udienza era stato dato un termine maggiore di quello previsto dal codice proprio per dar modo di definire la richiesta di patteggiamento, ed aver ricordato che dalla data di modifica del capo di imputazione sono passati quasi tre mesi, ha ugualmente rinviato al 1° marzo

Nessun commento:

Posta un commento