sabato 15 ottobre 2016

pc 16 ottobre - l'imperialismo italiano manda i soldati ai confini della Russia per partecipare ai fuochi di guerra che si accendono

Nessuna novità.. era stato detto in forme chiara nelle decisione del Vertice Nato di Varsavia
- lo speciale 'proletari comunisti' ha denunciato e analizzato quello che in questo vertice di guerra dominato dall'imperialismo USA si è deciso e come il governo Renzi e i suoi ignobili ministri Pinotti/Gentiloni si siano subito allineati e ora traducono in fatti - ai confini russi, come in tutti gli altri scenari mondiali 

pc 15 ottobre - milano - ultimo saluto popolare a Dario FO

Dario Fo, pugno chiuso e ‘Bella ciao’ sul sagrato del Duomo. Jacopo: “Ciao compagni”


L’ultimo addio a Dario Fo è in piazza Duomo, sotto una pioggia incessante. Jacopo, figlio del premio Nobel, chiude il discorso in ricordo del padre salutando la folla con un “Ciao compagni”. Pugno chiuso e Bella Ciao intonata sul sagrato della cattedrale

pc 15 ottobre - FCA Termoli - sfruttamento , fascismo padronale e ora topi in mensa ...

TERMOLI. Un turno di lavoro iniziato all’alba, magari con un viaggio lungo anche più di un’ora e una levataccia notturna. Arriva il momento di sedersi un attimo e rifocillarsi, ma alla mensa della Fca, gestita dalla società esterna Sodexo, c’è un sobbalzo improvviso di più di un operaio. Un ratto attraversa la sala e getta lo scompiglio.
Potrebbe passare anche come elemento di curiosità, ma per la Rsa dell’Usb Molise Andrea Di Paolo non è così.
“Vogliamo la certezza che il diritto alla mensa non sia intaccato da nessuno. Appena mi hanno avvisato alcuni dipendenti mi sono recato personalmente a verificare le condizioni igieniche della cucina e vi posso assicurare che a primo impatto sono pulite, sono rispettati tutti i protocolli sanitari e anche la derattizzazione viene effettuata ogni 15 giorni.
Cari signori, il problema non è in cucina, ma all’esterno. Abbiamo porte e finestre obsolete che permettono a ratti e gatti di infilarsi dentro lo stabilimento con estrema facilità, abbiamo sollecitato la dirigenza più volte a mettere mano al problema, ma di queste situazioni vengono affrontate nelle commissioni paritetiche, che evidentemente non funzionano, dove siedono i sindacalisti eletti e riconosciuti dall’Azienda. Ma noi non ci fermiamo – ha arringato Di Paolo dinanzi ad almeno 200 maestranze – e cercheremo di andare a fondo nella vicenda”.

pc 15 ottobre - Firenze prepara il NO a Renzi e alla sua casta

 

dicesi 640x300Il premier sarà a Firenze dal 4 al 6 Novembre per l’annuale kermesse della “Leopolda”. Una “Leopolda per il Sì” quella annunciata dallo stesso Renzi come l’evento trampolino di lancio della campagna referendaria. Di seguito l’appello di Firenze dice NO per l’assemblea cittadina del 19 ottobre alla facoltà di Architettura. Obiettivo: costruire dal basso una grande manifestazione che vada a contestare la kermesse renziana nella giornata del 5 novembre:
ASSEMBLEA CITTADINA VERSO LA CONTESTAZIONE ALLA LEOPOLDA
C’è chi ci credeva e non ci crede più. C’è chi non ci ha mai creduto e non ne può più.
Trenta mesi di governo sono bastati a rivelare cosa si nascondesse dietro la retorica del “cambiamento” e della “rottamazione”: null’altro che una spinta sull’acceleratore per quelle stesse politiche che – dall’inizio della crisi ad oggi – impoveriscono la maggior parte di questo paese e difendono gli interessi dei soliti noti.
Il modello renziano di governo è quello che a colpi di “riforme” ha smantellato i diritti dei lavoratori, sdoganando il lavoro gratuito e sottopagato, ha portato avanti lo smantellamento del welfare e della sanità pubblica, ha reso la scuola e l’università sempre più escludenti e volte a formare una generazione più disciplinata a subire in silenzio precarietà e disoccupazione, ha svenduto i territori ai costruttori di piccole e grandi opere inutili e nocive, ha prodotto una precarizzazione e un impovertimento sempre più generalizzati.

Quello che si avvicina alla prova referendaria è un governo in forte crisi di legittimità sociale. Una crisi che sta a noi approfondire con una nuova stagione di mobilitazioni dal basso con l’obiettivo di far emergere un NO sociale che cova nella pancia dei nostri territori. Non è più il momento di restare a guardare. Mandare a casa Renzi e tutta la sua cricca non può che essere l’obiettivo minimo per chi si batte per un vero cambiamento. E’ l’ora di dire NO. E anche nella nostra città in molti hanno già iniziato: gli studenti che si stanno battendo contro la “buona scuola”, le famiglie che lottano per il diritto alla casa, gli abitanti delle periferie in lotta contro le nocività e i tanti altri che si oppongono alle politiche del Partito Democratico. Mentre ci si avvicina alla manifestazione nazionale per il NO a Roma del 27 Novembre, ad una settimana voto referendario, è necessario a partire dai nostri territori non dare tregua a questo governo.
Tutte le settimane la cronaca fiorentina non fa che sbandierare il ritorno di Matteo Renzi nella “sua Firenze” per qualche passerella elettorale. Ed e nella “sua Firenze” che dal 4 al 6 novembre si terrà la convention della Leopolda.
Come annunciato dallo stesso Renzi, alla Leopolda si riunirà il Partito del Sì: quello delle banche, degli imprenditori locali e internazionali che vogliono pagare il lavoro sempre meno, quello delle cooperative del terzo settore che ingrassano sulla pelle dei bisogni delle persone, quello delle grandi opere che devastano i territori.

Proprio quella della Leopolda può invece essere l’occasione per portare in piazza la voce di chi dice NO, di chi non ci sta. E’ per questo che vogliamo costruire un momento di confronto tra tutti i movimenti, i comitati e le lotte della città con l’obiettivo di costruire una grande manifestazione nella giornata del 5 Novembre che vada a contestare la
kermesse renziana.
Perchè Firenze non è “sua”. E a Firenze, come in tutto il paese, siamo in tanti a dire NO.

pc 15 ottobre - Sardegna/ Sassari - fuori l'esercito dall'università

Università di Sassari: seminario di guerra contestato e interrotto


sassari
Giovedì 13 ottobre un gruppo di studenti e militanti dei movimenti contro l'occupazione militare della Sardegna hanno interrotto un seminario tenuto da graduati della Marina Militare de La Maddalena presso l'aula Mossa della facoltà di giurisprudenza di Sassari.
Il seminario in questione faceva parte di una serie di incontri volti a presentare il nuovo corso di studi in Sicurezza e Cooperazione Internazionale, attivato quest'anno all'ateneo Turritano in collaborazione con l'Esercito Italiano.
I contestatori, a seminario appena iniziato, hanno esposto uno striscione recante la scritta "Fuori la guerra dall'università" interrompendo i militari e impadronendosi del microfono così da spiegare ai partecipanti i motivi dell'azione, denunciando la subdola funzione del corso di laurea pensato con l'obiettivo di formare figure professionali che si posizionino a metà strada tra l'ambito civile e quello militare.
Durante l'intervento altri militanti hanno distribuito il volantino sottoriportato per poi scandire cori contro la militarizzazione dell'università.

 
Di seguito il testo del volantino distribuito:
 
AL SERVIZIO DELLA GUERRA
Il seminario che stai per seguire è organizzato dal Corso di Laurea in Cooperazione e Sicurezza Internazionale. Di cosa si tratta? Dietro le belle parole dell’Ateneo che assicura che si tratta di “un progetto
culturale altamente innovativo che si discosta dai corsi incentrato unicamente sulle Scienze della Difesa e della Sicurezza a indirizzo militare” si nasconde in realtà un progetto ben più ampio.
A partire dagli ultimi anni, infatti, sono nati anche nel panorama universitario italiano diversi corsi di laurea finalizzati a creare nuove figure professionali che operino nell’ambito dei conflitti, delle calamità naturali e dei problemi di sicurezza.
Come mai? Dieci anni fa i paesi della NATO scrissero un documento: “Nato 2020 Urban operation” con l’obiettivo di individuare le linee guida di una politica internazionale per prevenire e gestire situazioni di conflittualità, tanto nei lontani scenari di guerra quanto nei vicini confini dei paesi europei. Tra le linee guida spiccava quella denominata “Impegno”, ossia “gestire una situazione di conflittualità, non solo con l’attacco diretto alle forze nemiche, ma anche con la gestione degli effetti del conflitto sulla popolazione non combattente”.
E poiché, secondo Nato 2020, il campo d’azione va “dal conflitto su larga scala all’assistenza umanitaria”, diventa necessario lavorare su un aspetto: stringere il piano militare a quello civile.
A tale scopo non basta solamente rafforzare l’immaginario del militare come “operatore di pace”, ma è necessaria la creazione di nuove figure professionali a carattere civile, capaci di affiancare il lavoro del militare sul campo. Una figura fondamentale non solo per la gestione del conflitto in sé, ma anche per rendere più “umanitario” il volto di una guerra, in grado di gestire la fase di transizione del paese in un nuovo regime.
Ecco che da lì a qualche anno, prima nei paesi anglosassoni poi in quelli vicini, iniziano a fioccare nuovi corsi di laurea in “gestione del conflitto”, “sicurezza e cooperazione” e via dicendo… e così, anche se in ritardo, arriva a Sassari il corso in “sicurezza e cooperazione internazionale”.
Questo corso (finanziato per il 50% dal ministero della difesa e del tesoro) si rivolge a due categorie di studenti: quelli standard, ovvero civili, e quelli militari (per la cronaca questi ultimi secondo il regolamento di ateneo pagheranno solamente 500 euro di tasse all'anno). Le figure professionali che ne usciranno saranno dei tecnici al servizio tanto del ministero della difesa, quanto di aziende che operano e investono in zone di guerra, del ministero dell'interno nella gestione dei flussi migratori e dei campi della protezione civile dopo le
calamità naturali. Tutti questi contesti sono accomunati dal concetto di “emergenza” che si traduce praticamente nella militarizzazione delle dinamiche civili, resa possibile dall'infiltrazione dei militari nella società.
Sta a te ora decidere se essere complice della macchina da guerra oppure farne a meno.
Se essere un granello che inceppa la macchina bellica o un suo ingranaggio. 

FUORI L'ESERCITO DALL'UNIVERSITÀ!
NO ALL'UNIVERSITÀ DELLA GUERRA!


da contropiano

pc 15 ottobre - Libia .. un altro golpe strano - il pantano libico prodotto dai governi imperialisti - con l'imperialismo italiano in prima fila - noi speriamo che gli imperialisti si impanino sempre più

Golpe islamista in Libia, paese nel caos




ghwell
Altro che ‘unità nazionale’, il complesso rompicapo costruito a fatica negli ultimi anni dalle varie potenze occidentali e non per dare un minimo di stabilità alla Libia dopo averla letteralmente mandata in pezzi con l’invasione militare del 2011 sembra destinato a fallire. Se finora i principali problemi erano venuti dal governo alternativo insediato in Cirenaica e il cui capo di stato maggiore, generale Haftar, aveva sfidato militarmente le truppe fedeli al governo di accordo nazionale di Tripoli e aveva occupato vari terminal petroliferi, ora sono gli islamisti a tentare di scalzare il premier Fayez al Serraj dal potere.
Durante la notte le milizie islamiste agli ordini dell’ex primo ministro Khalifa al Ghwell hanno realizzato un tentativo di colpo di stato. I miliziani golpisti – affermando in un messaggio televisivo di agire “per la salvezza della Libia” – hanno occupato per alcune ore alcuni ministeri in città, il palazzo del Consiglio di Stato, numerosi edifici amministrativi e una televisione, stabilendo il loro quartier generale all’Hotel Rixos.
Nel corso di una sorta di conferenza stampa i membri dell'ex governo e Congresso libico hanno annunciato il ritorno in carica dei loro organismi, chiedendo a tutti gli impiegati pubblici di fare di nuovo riferimento a loro. Due esponenti della giunta golpista hanno affermato che "il Congresso nazionale è ancora in vigore ed ha ripreso in carico le sue responsabilità costituzionali, legali e politiche".
Nel corso della notte l’islamista al Ghwell ha avvertito Serraj e i suoi ministri che devono considerarsi "sospesi dalle loro funzioni", ha proclamato lo stato d'emergenza ed ha chiesto ad Abdullah al-Thinni, che guida il governo libico di al-Baida, legato al Parlamento ribelle di Tobruk, che non riconosce il governo di al Tripoli, di aderire alla sua iniziativa e di formare insieme a lui un governo di unità nazionale. Ma finora dalla Cirenaica non è giunta alcuna risposta.
Questa mattina, secondo testimoni locali, i miliziani controllavano ancora la zona attorno all’Hotel Rixos e pattugliavano le strade con fuoristrada dotati di mitragliatrici ma avevano dovuto abbandonare la sede del Consiglio di Stato ed altri edifici. Infatti la milizia che “protegge” il Consiglio di Stato e che da sei mesi è senza stipendio aveva deciso in un primo tempo di sostenere il putsch, ma poi si è tirata indietro dopo l’intervento di alcuni notabili fedeli all’attuale capo del Gna.
Durante la notte il Governo di Accordo Nazionale (formato, controllato e sostenuto da Ue e Stati Uniti) si è riunito di urgenza a Tripoli assieme agli esponenti del Consiglio di Stato ed ha ovviamente ordinato l’arresto dei leader della ribellione, a partire da al Ghwell.
Ieri pomeriggio si erano già verificati alcuni scontri armati fra le milizie fedeli ad al Serraj e quelle agli ordini di al Ghwell, ex leader del disciolto Governo di Salvezza Nazionale libico, composto dai Fratelli Musulmani e da altre fazioni islamiste (parte delle quali passate poi a sostenere il nuovo esecutivo di 'accordo nazionale') ma deposto in maniera relativamente incruenta quando gli sponsor occidentali imposero al Serraj nel marzo scorso.

venerdì 14 ottobre 2016

pc 14 ottobre - grande celebrazione internazionale e internazionalista in Brasile della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria - partecipa e interviene il Movimento femminista proletario rivoluzionario - domani pubblicazione dell'intervento


pc 14 ottobre - alla FCA SATA MELFI - domina il fascismo padronale


Alla Fiat di Melfi sono arrivati operai  da varie città, arrivano operai in prestito da altri stabilimenti Fiat. Con gli  operai, arrivano anche i vigilanti da altre parti.  Alcuni si accaniscono contro gli operai, segnalazioni a catena. Si accaniscono anche contro i lavoratori di altre aziende che lavorano per la Fiat. Ci sono quelli che ci mettono davvero un sacco di cattiveria.
I vigilanti con le ditte esterne si inventano cose, dicendo che hanno viste da falchi.
Non serve a niente la testimonianza di altri lavoratori che hanno detto che non era vero!
Questi vigilanti sono spregiudicati. Scorrazzano di notte a fari spenti, senza limiti di velocità nei piazzali con il gusto di prendere il primo sventurato e fargli fare provvedimenti disciplinari.
Provvedimenti disciplinari pretestuosi e stupidi come loro.
Loro vanno di qua e di là a qualsiasi velocità a fari spenti senza rispettare un minimo di sicurezza, poi se incontrano il primo lavoratore che lavora con una ditta esterna che guida un furgone con una luce non funzionante, scatta la segnalazione.
All’interno dei cancelli la legge la fanno loro e se ne fottono dei lavoratori che vengono colpiti da segnalazioni e provvedimenti disciplinari.
Si va a lavorare e sembra una prigione, con tanti secondini, mancano solo i manganelli.
Come diavolo si fa una volta usciti a dire che è un luogo normale di lavoro?
Proprio uno schifo! Quasi nessuno dice niente di quello che succede dentro i cancelli.
Tanti hanno paura di denunciare.
Io non sono un eroe ma questa cosa voglio denunciarla e spero che il vostro giornale la pubblichi.


Un operaio del polo industriale di Melfi
da operai contro

pc 14 ottobre - Napoli - come volevasi dimostrare - Patto per Napoli, raggiunto l'accordo tra Palazzo Chigi e il Comune -Si è passati dal muro contro muro a una convergenza totale


serve organizzare la nuova opposizione proletaria a Napoli


     Patto per Napoli, raggiunto l’accordo



Nella tarda mattinata di ieri il capo di gabinetto Attilio Auricchio, gli uffici del dipartimento della Coesione e del ministero delle Infrastrutture hanno messo a punto gli ultimi elementi e chiuso l’accordo tra governo e giunta De Magistris sul Patto per Napoli. La firma dovrebbe arrivare la prossima settimana 
Nelle ultime settimane la trattativa è stata serrata per fissare i contenuti. A bloccare l’accordo c’era la richiesta del comune di eliminare dal pacchetto i progetti coperti da fondi già stanziati ma non ancora spesi, in particolare l’ultimo tratto della metropolitana e l’abbattimento delle Vele di Scampia. I 308 milioni del patto saranno quindi fondi aggiuntivi e verranno impiegati per trasporti e acquisto di treni, messa in sicurezza degli edifici, infrastrutture, investimenti a Napoli est.
!Si è passati dal muro contro muro a una convergenza totale nel giro di una decina di giorni. Da Palazzo San Giacomo sottolineano che si è trattato di un’azione progressiva: la richiesta di De Magistris all’Anci di farsi interprete della volontà del sindaco di incontrare il premier; la mediazione del presidente Sergio Mattarella; la manifestazione a Roma del 23 settembre, a cui ha partecipato anche il sindaco. Anche la campagna per il referendum deve aver convinto Renzi a cambiare atteggiamento.
A Napoli il Pd alle amministrative è andato malissimo, raccogliendo appena l’11%. I comitati per il Sì viaggiano spediti nel salernitano, ma nel capoluogo partenopeo non c’è lo stesso entusiasmo e lo stato maggiore bassoliniano è tutto arruolato nel fronte del No, con l’unica eccezione “tattica” di Antonio Bassolino. Per il No anche l’amministrazione arancione. Presentarsi con la penna pronta per la firma che sblocca i finanziamenti potrebbe servire a cambiare l’umore di una piazza difficile per Renzi, duramente contestato a settembre dagli insegnanti campani “deportati” al nord dall’algoritmo del ministero.

pc 14 ottobre - Roma -come volevasi dimostrare - Giunta grillina, lo sgombero si avvicina! - ma gli opportunisti di Roma non ne parlano nemmno

Diciamo No allo sgombero del Corto Circuito

cortoore 19.15 Il corteo ritorna al Corto Circuito.  In corso l'assemblea dentro il parchetto Stefano Cucchi all'interno dello Centro Sociale. Si lancia un corteo per sabato nel primo pomeriggio
ore 18.45 Centinaia di persone in corteo passano per il Municipio
ore 18.29 Per le strade del Quadraro, il corteo grida forte e chiaro "Riprendiamoci il Corteo Circuito!
ore 18.15 Dopo lo sgombero di questa mattina, si è appena conclusa l'assemblea a Piazza dei Cavalieri del lavoro. Tanti gli interventi in soliderietà al Centro Sociale Corto Circuito. Adesso si parte in corteo nelle strade del Quadraro.
ore 15.00 Questa mattina è stato sgomberato il Centro Sociale Corto Circuito, uno degli spazi sociali storici di Roma da sempre punto di riferimento per il quartiere ma anche per il resto della città. Già dalle prime ore del mattino sono accorsi decine di solidali per sostenere il presidio che si è formato a Piazza Cavalieri del lavoro. Durante la mattinata è stata chiamata un’assemblea pubblica alle 17 di questo pomeriggio.
L’ordine di sgombero è arrivato dalla magistratura che ha disposto di mettere sotto sequestro gli “abusi edilizi” dell’area di via Filippo Serafini. E’ evidente la contraddizione in termini di queste disposizioni in una città dove la speculazione di palazzinari e banche le fa da sempre da padrona. E’ evidente a tutti che le ragioni di legalità avanzate da questura e magistratura non hanno nessun fondamento soprattutto per tutti coloro che frequentavano lo spazio attivo da 26 anni.
Non è possibile, infatti, lasciare spazio alle accuse e alle narrazioni tossiche di chi prova a delegittimare spazi ed esperienze di autogestione e riappropriazione. Nella città di Roma è necessario, al contrario, rispondere con una stagione di occupazioni e lotta che possa ribadire l’essenzialità degli spazi in cui i quartieri dal basso riescono a ristabilire le priorità di chi li vive. Contro la vera speculazione, contro la cementificazione dei territori, contro l’invasione della grande distribuzione, contro la chiusura di spazi culturali e sociali, contro la mancanza di strutture sportive accessibili a tutti, contro l’emergenza abitativa.
Diciamo NO!
La partita non si è conclusa con questa mattina l’assemblea di questo pomeriggio deciderà delle prossime iniziative da mettere in campo. “Riprendiamoci quello che è nostro, riprendiamoci il Corto Circuito”. Di seguito il comunicato del Centro Sociale Corto Circuito

Lo sgombero del Corto Circuito è un atto politico mascherato da motivazioni giudiziarie fasulle
ore 17.00 Piazza Cavalieri del Lavoro manifestazione cittadina
"26 anni di storia non si cancellano. Giù le mani dal Corto"
Alle sei del mattino hanno chiuso tutti gli accessi al quartiere Lamaro con centinaia di celerini, carabinieri e vigili del gruppo di pronto intervento di DiMaggio. L'ordine è quello di mettere sotto sequestro l'area di via Filippo Serafini dove da più di 26 anni è attivo il centro sociale Corto Circuito. Intervengono sulla spinta della magistratura che intima di rimuovere gli abusi edilizi e gli illeciti amministrativi. Le scuole della zone restano semideserte e il traffico è paralizzato per chilometri. Vediamo di cosa si tratta.
Concretamente il sequestro riguarda un tendone che il collettivo del Corto ha posizionato nell'area dopo che nel 2012 un incendio ha completamente distrutto uno dei padiglioni dove si svolgeva la gran parte delle attività. A nulla sono valse le richieste di ricostruzione debitamente depositate presso gli uffici competenti e la raccolta dei fondi completamente autogestita che doveva consentire di rimettere in piedi la struttura incendiata. Tutto fermo da anni a causa di una colpevole volontà di impedire che il centro sociale continuasse a vivere.
Che il tendone non possa configurarsi come abuso edilizio lo capisce anche un bambino, paradossale che a capirlo non sia un magistrato.
Peraltro le cubature che insistono sull'area di via Serafini sono state abbondantemente ridotte dai due incendi che hanno riguardato nel tempo due dei tre padiglioni che originariamente erano presenti. Questo significa che anche l'altra struttura in legno che pure oggi è stata sequestrata, un prefabbricato posizionato qualche anno fa come spazio per dibattiti e attività di doposcuola, fa rimanere gli stabili esistenti ben al di sotto dei volumi che un tempo occupavano l'area.
Il Corto però in questi anni non poteva accettare l'inerzia delle varie amministrazioni. Poiché non poteva sperare che Alemanno intervenisse o che lo facesse Marino (che invece con la delibera 140 ha complicato la vita per centinaia di associazioni e centri sociali), ci siamo predisposti ad una ricostruzione coraggiosa quando una nuova amministrazione si è presentata alla città. La ricostruzione è ancora in corso ma sta avvenendo con una tecnica ultramoderna che consente di realizzare uno stabile ignifugo con materiali di bioedilizia ed un avveniristico sistema di scarico delle acque. Un esempio da seguire e riprodurre, non certo una esperienza da cancellare o demolire.
Sono venuti questa estate ad imparare questa tecnica giovani neolaureati da tutta Italia ma perfino dalle università statunitensi. Abbiamo mostrato quello che stavamo facendo anche ad alcuni amministratori della nuova giunta ed abbiamo confidato nel fatto che la ragione e la conoscenza potessero avere la meglio sulla grigia prassi amministrativa, completamente svuotata di senso. Prendiamo atto che non è così, ma certamente non ci arrendiamo.
L'area di via Filippo Serafini è stata occupata 26 anni fa quando i tre padiglioni di allora erano stati completamente abbandonati al degrado dalle amministrazioni di allora. Questi anni sono stati ricchi di tantissime esperienze e conquiste. Sono passati di qua migliaia di giovani e il Corto Circuito oggi fa parte integrante del Lamaro e della città di Roma. Cancellarlo non è solo un'idiozia, non è possibile.
La nuova amministrazione dispone degli strumenti per fermare questa oscenità. Innanzitutto far sentire il suo ruolo di proprietario dell'area e degli stabili. Fermare il sequestro e consegnare definitivamente la struttura a chi l'ha gestita in tutti questi anni, consentendo che si ricostruisca (o finisca di ricostruire) quello che andò distrutto più di 4 anni fa. Poi superare definitivamente il contenzioso con la Corte dei Conti, questa storia kafkiana che riguarda centinaia di realtà di Roma e che solo atti politici dovuti da parte della nuova giunta può risolvere. I centri sociali sono autentici beni comuni che appartengono alla città, costituiscono un bene prezioso da difendere e sviluppare.
A tutti quelli che in questi anni hanno creduto nelle ragioni dell'autogestione e dell'organizzazione dal basso chiediamo un nuovo sforzo di amore e di lotta. Riprendiamoci quello che è nostro, riprendiamoci il Corto Circuito.
Centro Sociale Corto Circuito

pc 14 ottobre - a Roma una libreria militante a fianco delle lotte dei lavoratori


pc 14 ottobre - il dario fo che onoriamo

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La storia di Ion operaio bruciato vivo raccontata da Dario Fo

Presentato al teatro del Popolo il libro "Bruciato vivo" sulla storia di Ion Cazacu, l'operaio ucciso dal suo datore di lavoro nel 2000 e scritto dalla figlia e dal premio Nobel

Dario Fo e Florina Cazacu al Popolo4 di 7
Fo ha ripercorso la vicenda di Ion, raccontando il terribile omicidio all’interno della casa di via Pietro Micca dove aveva incontrato Cosimo Iannece, il suo carnefice, per chiedere lo stipendio. Florina ha, invece, parlato della sua lotta per ottenere giustizia, una lotta che si è conclusa con una pena di soli 10 anni per Iannece: «Ho perso la fiducia che avevo nella giustizia ma non negli italiani, in tanti mi hanno aiutato in questi anni e li ringrazio tutti» – ha detto per poi rivolgersi a suo padre: «Mi hanno detto che sei qui anche se non ti vedo – e ha concluso – preferisco averti perso piuttosto che essere figlia di un assassino».
dario fo florina cazacu teatro del popolo Parole dure alle quali Dario Fo ha aggiunto altri dati, altre vicende che raccontano il fenomeno del caporalato dei Sikh a Roma dove «queste persone si drogano per lavorare 12 ore al giorno e ottenere solo 25 euro al giorno». Nel libro si parla anche dell’inchiesta del Procura di Busto Arsizio su una maxifrode fiscale da parte di un’impresa di Gallarate che era arrivata a coinvolgere 1400 lavoratori irregolari, in gran parte stranieri. «Ogni volta ci raccontano che non si può generalizzare, che noi italiani siamo accoglienti e che c’è sempre qualche mela marcia, un ritornello che ci assolve sempre ma che non cambia la sostanza». Di storie come quella di Ion, nel nostro Paese, ce n’è tante, senza voce e senza volto.

giovedì 13 ottobre 2016

pc 13 Ottobre - A JEMNA LO SPIRITO DELLA RIVOLTA POPOLARE CONTRO IL REGIME BUROCRATICO-COMPRADORE TUNISINO E ANCORA VIVO TRA I CONTADINI E LA POPOLAZIONE DELL'OASI. REPORTAGE DI DUE GIORNI DI INIZIATIVE POPOLARI

da TUNISIERESISTANT




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Assemblea popolare  8 Ottobre  2016

Jemna é un villaggio di circa 6.000 abitanti nel governatorato di Kebili (Tunisia meridionale) a metà strada tra le città di Kebili e Douz.
L’economia principale del villaggio ruota attorno l’omonima oasi che produce i datteri migliori del paese destinati sia per il consumo interno che per l’esportazione.
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Con l’arrivo dei coloni francesi gli agricoltori locali vennero impiegati da quest’ultimi in condizioni di semischiavitu’, con l’indipendenza l’oasi divenne terra demaniale e subito dopo negli anni ’60 con le politiche cooperativistiche dell’allora pluriministro Ben Saleh l’oasi divenne una terra cooperativa scimmiottando il modello di kolchoz sovietico. Quando all’inizio degli anni ’60 il regime tunisino cambio orientamento alla propria politica economica, la terra dell’oasi da cooperativa fu affidata ad un’impresa di stato la Société Tunisienne d’Industrie Laitière (STIL) che a sua volta la affido’ negli ultimi anni ad un unico latifondista privato ad un canone di locazione irrisorio tramite meccanismi clientelari.
Arriva il vento di rivolta anche a Jemna e il 12 Gennaio 2011 (due giorni prima che Ben Ali scappasse dal paese) gli abitanti del villaggio occupano l’oasi installando un sit-in permanente con delle tende rivendicando il diritto di coltivare e lavorare nell’oasi la cui terra apparteneva ai loro antenati. Grazie al vuoto di potere di quei giorni e alla situazione politica nazionale incerta, gli apparati repressivi dello stato non intervennero e ormai da quasi sei anni la costituita “Associazione per la Protezione dell’Oasi di Jemna” impiega circa 250 lavoratori (contro gli 80 della gestione precedente) che lavorano nell’oasi in maniera autorganizzata, prendendo le varie decisioni tramite assemblee decisionali, remunerando i lavoratori con i propri fondi e reinvestendo una parte dei profitti in progetti utili per la comunità locale e non solo. In questi anni gli agricoltori di Jemna autorganizzati in associazione hanno visto il proprio salario aumentare e hanno contribuito alla costruzione del souk (mercato) coperto in città, alla costruzione del muro di cinta del cimitero, all’acquisto di un’autoambulanza per il villaggio che ha permesso l’abattimento di oltre il 50% dei costi per il trasporto dei malati, alla ristrutturazione di alcune scuole del villaggio, e anche di altre città, con la creazione della sala degli insegnanti e di una sala lettura in una scuola elementare, alla ristrutturazione di alcune moschee e della madrasa locale (scuola coranica), alla costruzione di un campo sportivo; inoltre i contadini di Jemna hanno finanziato un’associazione di malati di cancro nella vicina Kebili e mandato aiuti ai profughi libici nel campo profughi di Sciuscia, vicino Ben Guardane la città tunisina più prossima al confine libico.

pc 13 ottobre - E' morto Dario Fo - i comunisti rivoluzionari, i marxisti-leninisti-maoisti ricordano il suo periodo migliore - gli anni 70 - il suo sodalizio artistico-culturale,politico, umano rivoluzionario con l'indimendicabile Franca Rame - contro lo stato borghese, i governi reazionari, la chiesa di regime, i padroni a fianco di chi lottava contro lo stato di cose esistente

I proletari comunisti, rivoluzionari, i marxisti-leninisti-maoisti ricordano il suo periodo migliore - gli anni 70 - il suo sodalizio artistico-culturale,politico, umano rivoluzionario con l'indimendicabile Franca Rame - le sue opere e le sue azioni contro lo stato borghese, i governi reazionari, la chiesa di regime, la cultura dominante, i padroni  a fianco di chi lottava contro lo stato di cose esistente con tutti i mezzi possibili e necessari
il suo essere a suo modo negli anni 70 - maoista ispirato  nel suo teatro dalla grande rivoluzione culturale proletaria


dario-fo-franca-rame
:
  • la borghesia e il riformismo -  insieme anche a dei reazionari che oggi lo celebra come una sorta di grande italiano, giullare il giusto.. .. ha rimosso il suo periodo migliore più creativo e davvero dissacrante e alternativo e lo denigra ancora oggi
alcuni stralci

    Dario Fo si recò in Cina ed espresse simpatie per il maoismo; il teatro di Fo trovava ispirazione nel teatro popolare della Rivoluzione Culturale.

 ...Dario Fo perse quasi la testa, conquistato dal "senso dell' arte nella socialità". Infilò massime di Mao in diversi spettacoli e chiamò il suo teatro "La Comune".

 ....leggendo quello che famosi italiani hanno scritto sulla Rivoluzione culturale voluta da Mao Zedong. Per esempio Dario Fo,scriveva: «La politica rivoluzionaria di ogni Stato comunista per quanto riguarda l’organizzazione nazionale… di tutta la nuova dimensione dell’uomo socialista e della sua “morale” va obbligatoriamente di pari passo con la politica internazionale (…). E fino a prova contraria fino ad oggi in Cina la rivoluzione culturale vince completamente e in continuazione»


Terry Eagleton - 2007 - ‎Literary Collections
ADario Fo è probabilmente il drammaturgo vivente più rappresentato al mondo ... denigrato e minacciato di morte; è stato un devoto maoista che ha voluto fare teatro ... è nettamente in contrasto con la melodrammatica carriera dell'italiano, ...

Ho una visione della Cina entusiastica, e ha la mia totale approvazione. Ognuno dice veramente quello che pensa. C’è uno spazio grandissimo per il dissenso. Dai dibattiti, se sei un po’ sveglio, lo capisci benissimo. Così salta fuori il burocrate e il vero rivoluzionario. Tutto è scoperto, e alla luce del sole. Certamente ci saranno gli scontenti, i soliti intellettuali borghesi col mugugno. Ma in Cina c’è l’uomo nuovo, perché c’è una nuova filosofia



 

pc 13 ottobre - FORMAZIONE OPERAIA - L'imperialismo corrompe lo strato superiore del movimento operaio - Cap. VIII - 2° parte




Per entrare con forza e chiarezza sull'influenza dell'imperialismo nel movimento operaio, Lenin saccheggia, per così dire, l'importante scritto di Hobson, perchè, come dirà, ne condivide la descrizione.
Nel rimandare alla lettura diretta di queste pagine, riprese da Lenin, ci concentriamo su alcuni aspetti messi in rilievo.
L'imperialismo, gli Stati dominanti – e qui Hobson fa riferimento alla Gran Bretagna, alla Francia e altre nazioni imperialistiche che si erano messe su questa via – sfruttano provincie, colonie, paesi sudditi allo scopo di arricchire le classi dominanti e corrompere le proprie classi inferiori in modo da tenerle a freno .
L'imperialismo, all'epoca di Hobson e Lenin, “conquista con le armi gli Stati, usando eserciti formati dagli indigeni”. E questo dato, per esempio, oggi vive chiaramente e apertamente nell'odierno sistema mondiale, dove non sono tanto gli eserciti arruolati nell'esercito della potenza dominante che conducono le invasioni, le guerre di aggressioni, quanto gli eserciti degli Stati dominati, formalmente indipendenti ma in realtà asserviti, che costruiscono giganteschi eserciti per servire l'imperialismo, principalmente Usa, ma pronti a servire gli interessi di altri imperialismi e a combattere la guerre dell'imperialismo contro i propri stessi popoli.
Ma non è tanto il lato militare, che pure è illuminante, che Hobson mette in rilievo, quanto le ragioni per cui queste guerre vengono condotte e combattute, e soprattutto per conto di chi.
Scrive Hobson: “La più grande parte dell'Europa occidentale... (assume) l'aspetto e il carattere ora posseduti soltanto da alcuni luoghi... visitati dai turisti e abitati da gente ricca... un piccolo gruppo di ricchi e aristocratici, traenti le loro rendite e i loro dividenti (dal dominio coloniale vivono) accanto (con) un gruppo alquanto più numeroso di impiegati e di commercianti e un gruppo ancora maggiore di domestici, lavoratori dei trasporti e operai occupati nel processo finale dela lavorazione dei prodotti più avariabili...”.
Questo Hobson chiama “parassitismo occidentale”. Questo permette, sempre secondo lui, “l'esistenza di un gruppo di nazioni industriali più progredite, le cui classi elevate riceverebbero, dall'Asia e dall'Africa (e per gli Stati Uniti dall'America Latina – ndr) enormi tributi e, mediante questi, si procurerebbero grandi masse di impiegati e di servitori addomesticati che non sarebbero occupati nella produzione in grande di derrate agricole o di articoli industriali, ma nel servizio personale o in lavori industriali di secondo ordine sotto il controllo della nuova aristocrazia finanziaria”.
Non solo Lenin qui gli deve dar ragione, ma anche oggi, a cento anni di distanza, in un mondo profondamente mutato dove però la sostanza è la stessa.

Hobson chiaramente da borghese progressista, liberale considera indegna questa prospettiva e vorrebbe contrastarla. Lenin è perfino più cauto di Hobson e mette in rilievo che “se le potenze dell'imperialismo non incontrassero resistenza, esse giungerebbero direttamente a quel risultato”.
Ma è proprio della resistenza che si occupa Lenin per denunciare che in questa direzione “anche in seno al movimento operaio gli opportunisti, oggi provvisoriamente vittoriosi nella maggior parte dei paesi, (e purtroppo questo “oggi” vale anche per l'odierna situazione mondiale, nel movimento operaio e nei movimenti di liberazione dall'imperialismo – ndr)“lavorano”, sistematicamente, indefessamente nella medesima direzione”.
Per essere più chiari, Lenin dice: “L'imperialismo, che significa la spartizione di tutto il mondo e lo sfruttamento... che significa alti profitti monopolistici a beneficio di un piccolo gruppo di paesi più ricchi, crea la possibilità economica di corrompere gli strati superiori del proletariato, e, in tal guisa, di alimentare, foggiare e rafforzare l'opportunismo”.
Qui Lenin è come se si trasforma non tanto in un analista del sistema mondiale, ma in un “cronista” di denuncia di ieri come di oggi. Denuncia come i capi dei partiti socialdemocratici diventano difensori dell'imperialismo, chiamano all'unità, allora, dell'Europa per combattere i “negri dell'Africa” e il “grande movimento islamico”, per mantenere “un esercito e una flotta poderosi...”
Così non si fa sfuggire il timore delle classi dominanti, per cui anche il dover trasferire lavoro nei paesi oppressi dall'imperialismo, mentre i ricchi vivono di rendita, può avere l'effetto di avviare “l'emancipazione economica e quindi anche politica delle pelli rosse e nere”.
Così come descrive la trasformazione in Inghilterra delle zone da agricole in aristocratici campi di gioco, di come aumentino le corse di cavalli e caccia alla volpe e diminuisca la popolazione produttiva.
Perfino gli studiosi borghesi – dice Lenin – dell'imperialismo britannico, quando parlano “della classe operaia inglese (sono costretti) a tener sistematicamente distinti l'uno dall'altro lo “strato superiore” dei lavoratori e lo “strato inferiore propriamente proletario”. Lo strato superiore fornisce la massa dei membri dei sindacati (e anche, diciamo noi, dei partiti di sinistra - ndr), delle cooperative, delle associazioni sportive e delle numerose sette religiose” (ma anche, diremmo noi, del gigantesco apparato della chiesa del Vaticano - ndr).
E proseguendo: “Al suo tenore di vita, è anche adattato il diritto elettorale, che... “è ancora abbastanza limitato da escludere lo strato inferiore propriamente proletario”!! – allora i proletari erano esclusi dal voto, mentre oggi sono i sistemi elettorali e della formazione del consenso che li escludono, pur avendone formalmente il diritto.
Lenin dice che quando si parla di classe operaia nei paesi imperialisti, si parla soltanto di questo strato superiori di essa“che costituisce la minoranza del proletariato”; e in molti paesi imperialisti, in America per esempio, ormai questa classe operaia viene chiamata “ceto medio”. Per esempio – aggiunge Lenin: “La questione della disoccupazione è questione che riguarda... gli strati proletari inferiori”... di cui i politicanti borghesi e gli opportunisti “socialisti” si interessano poco”.
Ma anche la gigantesca ondata migratoria è ben contenuta nell'analisi e denuncia di Lenin: “Una delle particolarità dell'imperialismo, collegata all'accennata cerchia di fenomeni, è la diminuzione dell'emigrazione dai paesi imperialisti e l'aumento dell'immigrazione in essi di individui provenienti dai paesi più arretrati, con salari inferiori...”.
Questi vengono a costituire l'esercito dei proletari più sfruttati tra i lavoratori industriali, i lavoratori della terra, i lavoratori delle miniere. E in tutti i paesi imperialisti (allora come adesso) essi “coprano i posti peggio pagati, mentre i lavoratori americani danno la maggior percentuale di candidati ai posti di sorveglianza e ai posti meglio pagati. L'imperialismo tende a costituire anche tra i lavoratori categorie privilegiate e a staccarle dalla grande massa dei proletari... a scindere la classe lavoratrice, a rafforzare in essa l'opportunismo, e quindi a determinare per qualche tempo il ristagno del movimento operaio”.
Lenin si rifà a Marx ed Engels e scrive: “(Essi) seguirono per decenni, sistematicamente, la connessione dell'opportunismo in seno al movimento operaio con le peculiarità imperialiste del capitalismo inglese”.
Riprende, quindi, la lettera di Engels a Marx del 7 ottobre 1858:
...l'effettivo, progressivo imborghesimento del proletariato inglese, di modo che questa nazione, che è la più borghese di tutte, sembra voglia portare le cose al punto di avere un'aristocrazia borghese e un proletariato accanto alla borghesia”.
Ancora in un'altra lettera Engels parla delle “peggiori Trade-unions inglesi che si lasciano guidare da uomini che sono venduti alla borghesia o per lo meno pagati da essa”.
In un'altra lettera a Kautsly nel 1882, Engels scriveva: “Ella mi domanda che cosa pensino gli operai della politica coloniale. Ebbene: precisamente lo stesso che della politica generale. In realtà non esiste qui alcun partito operaio, ma solo radicali conservatori e radicali-liberali (sembra la sinistra, anche estrema, di oggi – ndr), e gli operai (chiaramente dominati da partiti e sindacati dell'opportunismo- ndr) si godono tranquillamente insieme con essi il monopolio commerciale e coloniale dell'Inghilterra sul mondo”.
Infine, riprendendo Engels nella prefazione alla seconda edizione della “Situazione della classe operaia in Inghilterra”, Lenin traccia un quadro finale, insuperato dello stato delle cose nell'imperialismo, cause ed effetti.
Cause: 1) sfruttamento del mondo intero per opera di un determinato paese (o gruppi di paese – ndr); 2) sua posizione di monopolio sul mercato mondiale; 3) suo monopolio coloniale.
Effetti: 1) imborghesimento di una parte del proletariato inglese (in tutti i paesi imperialisti, diremmo noi); 2) una parte del proletariato si fa guidare da capi che sono comprati o almeno pagati dalla borghesia”. L'imperialismo dell'inizio del XX secolo ha ultimato la spartizione del mondo – dice Lenin – tra un piccolo pugno di Stati, ciascuno dei quali sfrutta attualmente (nel senso di spremere soprapprofitti) una parte del mondo... Ciascuno di essi ha sul mercato mondiale una posizione di monopolio grazie ai trust, ai cartelli, al capitale finanziario e ai rapporti tra creditore e debitore; ciascuno possiede, fino ad un certo punto, un monopolio coloniale...(diremmo, un dominio su alcuni paesi oppressi, su alcune aree del mondo - ndr).
In questo quadro, Lenin conclude: “La situazione odierna è contraddistinta dall'esistenza di condizioni economiche e politiche tali da accentuare necessariamente l'inconciliabilità dell'opportunismo con gli interessi generali e essenziali del movimento operaio... L'imperialismo... si è sviluppato in sistema dominante; i monopoli capitalistici hanno preso il primo posto nell'economia e nella politica...”. La lotta per la spartizione del mondo caratterizza il XX secolo e anche l'odierno secolo.
In nessun paese - aggiunge Lenin - l'opportunismo può più restare completamente vittorioso nel movimento operaio per una lunga serie di decenni... Ma... in una serie di paesi l'opportunismo è diventato maturo, stramaturo e fradicio, perchè esso, sotto l'aspetto di socialsciovinismo, si è fuso interamente con la politica borghese”.

Ieri come oggi quest'analisi è la più profonda, scientifica, radicale, arma della critica del sistema mondiale e dell'odierno stato del movimento operaio e proletario. E la lotta in questo mondo si identifica con la piena appropriazione di questa arma della critica perchè forgi le armi del partito operaio autentico, il partito della rivoluzione. 

pc 13 ottobre - Aosta: scaricano sulle lavoratrici la loro barbarie razzista e la bramosia del profitto



Aosta, lasciano a digiuno alcuni bimbi in mensa: licenziate quattro dipendenti della coop
I genitori dei piccoli non avevano pagato la retta, le inservienti hanno chiamato il Comune prima di procedere. Insorgono i sindacati

12 ottobre 2016 


Colpevoli di aver lasciato a digiuno alcuni bambini durante il servizio mensa nella scuola elementare di Gignod (Aosta), quattro inservienti sono state licenziate dalla cooperativa che gestisce la refezione. La vicenda risale al 12 settembre scorso, primo giorno dell'anno scolastico. Siccome quattro bambini risultavano non in regola con l'iscrizione, gli addetti, dopo aver contattato il Comune, avevano deciso di lasciarli senza pasto, in presenza dei compagni che invece pranzavano. All'origine di tutto - si è saputo dopo - c'era un problema burocratico di comunicazione tra il comune di residenza dei bambini (Aosta) e quello della scuola (Gignod). La decisione della cooperativa Noi e gli altri di Aosta è stata aspramente criticata dai sindacati Cgil, Cisl e Uil: "Ennesima amara conclusione di una vicenda - commentano - che, come deprecabile consuetudine di questo Paese, invece di enucleare le responsabilità apicali, preferisce cercare il capro espiatorio nelle lavoratrici".