sabato 14 maggio 2016

pc 14 maggio - FCA Pomigliano - da una testimonianza denuncia di un operaio che chiama a rompere il silenzio e alla lotta - ma senza la strategia e tattica della guerra di classe,è difficile capire qual'è il primo passo da fare


....Dopo aver “normalizzato” la fabbrica più rivoltosa, li dove maggiore erano presenti le tracce dell’eterno conflitto “ Capitale – Lavoro “ e dopo esser riuscita nel proprio intento, ecco spuntare sempre dal cilindro magico dell’A.D. Una altra strategia volta sempre più a differenziare, selezionare e controllare la classe lavoratrice, affinché non abbia quest’ultima la possibilità di organizzarsi e di rivendicare maggiori vantaggi e diritti.
La Fabbrica differenziata.
Per prevenire la formazione di spunti di conflittualità rispetto al nuovo ordine imperante e per impedire qualsivoglia tentativo di socializzazione tra i lavoratori la linea di condotta di Marchionne si è inventato ed ha applicato sulla carne viva dei lavoratori: la Settorializzazione delle Fasce.
Tale processo consiste nella formulazione in tre fasce di appartenenza delle maestranze:
Fascia “A” in cui sono allocati tutti coloro addetti alle linee di produzione (montaggio, verniciatura e lastrosaldatura) …i cosidetti “privileggiati, in quanto sono esenti dal ricorso alla Cig, e per questo privilegiati, nel lavorare a tempo pieno.
Fascia “B” gli addetti alle Presse e la Manutenzione, quella che veniva un tempo denominata “Aristocrazia Operaia“
Fascia “C” ove sono presenti tutti quei lavoratori che fanno riferimento agli enti improduttivi, cioè quei settori non strettamente vincolati alla Produzione.
Quest’ultima Fascia, per lo più da lavoratori “RCL” (Ridotte Capacità Lavorative) e altri che in attesa di un aumento del picco produttivo, rimangono ai margini dell’attività lavorativa, investiti anch’essi, dagli Ammortizzatori Sociali, i Contratti di Solidarietà, valevoli soltanto per coloro che risiedono in fascia “C” e per questo motivo impiegati a rotazione soltanto per pochi giorni al mese.
Ovvio che tale impostazione, la suddivisione della fabbrica in settori o fasce, non ha diminuito ma inversamente, aumentato la rivalità e la concorrenza “ a chi è più efficiente e affidabile nei confronti aziendali, pur di lavorare, tra i lavoratori . Questa dinamica ha determinato una ulteriore arretramento in termini di rivendicazioni sindacali, peggiorando le condizioni di vivibilità lavorativa all’interno della fabbrica.
Ad oggi, la fabbrica di Pomigliano d’Arco è una assordante cassa acustica composta dal silenzio misto a rassegnazione degli operai costretti e sottoposti a turni infernali e a ritmi allucinanti sulle “catene” anche se, osservando e vivendo più da vicino questa realtà, si ha la concreta sensazione di trovarsi di fronte ad una pentola a pressione, pronta prima o poi a esplodere per rompere la gabbia dello sfruttamento e dell’alienazione.
Lo avverti e lo senti nei colloqui nascosti, nelle parole imprecate, nei visi e nei volti stanchi degli operai che, di nascosto dai loro superiori, si avvicinano ai pochi delegati e attivisti sindacali,e sfogano la loro rabbia repressa dalle condizioni di apparente normalità in cui sono sottoposti quotidianamente.
Rabbia e disperazione che aumenta di giorno in giorno e che prima o tardi, scoppierà!
  • operaio Fiat/FCA

pc 14 maggio - Passo dopo passo le potenze imperialiste alimentano la tendenza alla guerra - I compiti dei comunisti

Le questioni chiave per i cumunisti è di non farsi strumento di alcun imperialismo e lottare contro il proprio imperialismo.

Mosca: reagiremo a minaccia dei missili USA in Romania e Polonia  

di Fabrizio Poggi contropiano


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Il giorno successivo all’apertura ufficiale del cosiddetto sistema di difesa antimissilistica nella base rumena di Deveselu, USA e Nato ne hanno iniziato ieri la realizzazione anche in Polonia, nell’ex aeroporto militare di Redzikowo, vicino alle coste del mar Baltico. Il portavoce presidenziale russo Dmitrij Peskov ha dichiarato che tale spiegamento di armi in Europa orientale costituisce una minaccia per la Russia; la portavoce del Ministero degli esteri Marija Zakharova ha accusato gli USA di violazione dell’Accordo sulla eliminazione dei missili a corta e media gittata.
Già all’annuncio dell’inaugurazione del dispositivo rumeno, il presidente Vladimir Putin aveva definito le azioni di USA e Nato come l’inizio di una nuova corsa agli armamenti e aveva dichiarato

pc 14 maggio - Uno dei dirigenti Thyssen ora in carcere era stato messo all'Ilva di Taranto dal governo Renzi

In carcere tre dirigenti ThyssenKrupp condannati


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La procura generale di Torino ha emesso stamane gli ordini di carcerazione per i quattro manager italiani condannati in via definitva ieri dalla Cassazione. Tre di loro si sono già presentati alle forze dell’ordine per la notifica del provvedimento.
Marco Pucci e Daniele Moroni, dirigenti della Ast-Acciat Speciali Terni, si sono consegnati in questura a Terni poco dopo le 9,30 e poi trasferiti nel carcere del capoluogo di provincia, in Vocabolo Sabbione. Il torinese Raffaele Salerno si è invece presentato in commissariato, nel capoluogo piemontese. Nessuna notizia, al momento, sulla situazione di Raffaele Salerno (condannato a 7 anni e 2 mesi) e Cosimo Cafueri (6 anni e 8 mesi).
Per i dirigenti tedeschi, invece, la questione è sicuramente più complicata.
La pena più alta – 9 anni e 8 mesi – è stata inflitta all’amministratore delegato Harald Espenhahn,e non sembra facile ottenere l’estradizione di uno dei membri più influenti dell’industria tedesca.
Pucci e Moroni, invece, condannati rispettivamente a 6 anni e 3 mesi e 7 anni e 6 mesi, bisognerà vedere come verrà considerata la loro condizione di “incensurati”, il fatto di essersi consegnati – che implica automaticamente uni sme atteggiamento meno severo da parte della magistratura di sorveglianza, addetta alla “esecuzione della pena” – e le eventuali condizioni familiari, lavorative, ecc, che potrebbero ridurre a ben poco la loro permanenza nelle patrie galere.

pc 14 maggio - Cave di marmo Massa Carrara - non basta scioperare il giorno dopo il morto o al funerale, serve la lotta quotidiana autorganizzata contro padroni, organi di controllo inefficienti, limiti delle leggi di stato al servizio dello sfruttamento

Oggi in sciopero i lavoratori delle cave di marmo contro l'ennesimo omicidio: Carlo Morelli, l'ultima vittima, 61 anni cavatore interinale. I numeri, confermati anche dalla statistiche ufficiali INAIL, parlano chiaro: le morti sul lavoro sono in aumento (+16% nell'ultimo anno) e la causa è il peggioramento delle condizioni di lavoro .
Come ci racconta un lavoratore e delegato Cobas, in questo video, non si tratta di causalità :"stiamo parlando di una guerra, come numeri è come essere in guerra". Eppure, i mass media, nel descrivere l’episodio, parlano di “una vittima della montagna, del marmo”. Al contrario, se ascoltiamo chi su questa montagna ci lavora da anni, sentiremo parlare di: tempi di lavoro, malattie professionali, età di pensionamento, sicurezza..sentiremo parlare di diritti negati e della necessità di conquistarli!
BASTA MORTI SUL LAVORO!



pc 14 maggio - ThyssenKrupp - siamo stati un po' precipitosi - la sentenza conferma le condanne della Corte di Appello, ma francamente noi pensiamo che l'unica sentenza giusta - all'interno dei limiti del procedimento giudiziario - fosse la prima - proletari comunisti/PCm Italia pcro.red@gmail.com

pc 13 maggio - Oscena sentenza difesa dei padroni assassini - e perfino i carabinieri contro i familiari. Maledetti! Pagherete caro pagherete tutto - l'unica giustizia è quella proletaria!

Il sostituto procuratore generale della Cassazione Paola Filippi ha chiesto un terzo processo per i sei
imputati del rogo del 6 dicembre 2007 in cui morirono sette operai. Boccuzzi: “Fulmine a ciel sereno”
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C’è chi ha gridato “venduti” ai giudici, mentre madri, sorelle e mogli di chi era rimasto coinvolto nel rogo sono scoppiate a piangere. Il sostituto pg della Cassazione, Paola Filippi, ha chiesto di annullare le condanne per tutti e sei gli imputati del processo Thyssen, per rideterminare le pene per i reati di omicidio colposo plurimo e per rivalutare il ‘no’ alle attenuanti per quattro degli imputati. Per il pg serve un nuovo processo di appello.

pc 14 maggio - "AZIONI AI DIPENDENTI" CON FREGATURA - MA ANCHE LA "CARTA DEI DIRITTI" DELLA CGIL APPOGGIA IL CORPORATIVISMO

UN DECRETO DEL LAVORO ISTITUISCE UN FONDO PER FAVORIRE LA "PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI AL CAPITALE E AGLI UTILI"
(Da Sole 24 Ore) - "...lo schema di decreto del ministero del Lavoro di concerto con quello dell'Economica ha ricevuto l'altro giorno il via libera delle commissioni competenti di Camera e Senato.
La legge di Stabilità 2014 ha previsto infatti l'istituzione di un apposito Fondo presso il ministero del lavoro finalizzato a incentivare le iniziative rivolte alla partecipazione dei lavoratori al capitale e agli utili delle imprese e per la diffusione dei piani di azionariato rivolti a lavoratori dipendenti - assegnati ai lavoratori azioni a titolo gratuito ovvero le offrano in sottoscrizione a condizioni vantaggiose rispetto alle quotazioni di mercato...
...la sottoscrizione di azioni a titolo oneroso non può superare il 20% della retribuzione netta annua del lavoratore, comprensiva delle maggiorazioni previste dalla contrattazione collettiva... In caso di piani di azionariato occorre diversificare le tipologie di investimento...
...il beneficio consiste nel riconoscimento di una somma pari al 30% del valore dell'azione assegnata a titolo gratuito, ovvero nel caso di assegnazione a titolo oneroso, di un importo pari al 30% della differenza tra il valore dell'azione e l'importo di sottoscrizione offerto. Tale importo non può comunque eccedere 10 euro per ogni azione....".

Si tratta del basso tentativo di coinvolgere i lavoratori nel finanziamento delle aziende. I lavoratori non vedranno mai un ritorno di somme, come parte degli utili aziendali. Al massimo una piccola minoranza di lavoratori verrà "beneficiata" (ma oggi nella crisi è sempre più difficile), da usare soprattutto come specchietto per le allodole.
La realtà è invece è che, non solo padroni e governo stanno in vari modi impoverendo e riducendo il salario dei lavoratori, in più ora vogliono prendersi una parte di esso per sostenere i profitti del capitale. 
L'effetto di questo, inoltre, non sarebbe solo di "fregatura economica", ma di legare gli operai, anche come testa, alle sorti dei padroni - invece di combatterli. Questo si chiama "corporativismo" che è stato sempre una "mala pianta" usata contro le rivendicazioni e le lotte della massa dei lavoratori.

Ma questa "male pianta" viene usata anche dalla CGIL.

Dall'opuscolo di analisi critica della "Carta dei diritti dei lavoratori" della Cgil: 

"...Parte II – Partecipazione dei lavoratori alle decisioni e ai risultati delle imprese
Articolo 39 - Diritti di informazione, di consultazione e di contrattazione dei rappresentanti dei lavoratori finalizzati al controllo delle decisioni delle imprese e alla partecipazione alla loro assunzione, e partecipazione dei lavoratori ai risultati delle imprese...
...In questa parte siamo nel pieno del corporativismo, che ai padroni va anche bene.
Della serie: coinvolgiamo gli operai, così pensano di poter contare nei piani aziendali e se ne stanno buoni...Ma, in realtà, per l’azienda si tratta solo di fornire informazioni, mentre per i rappresentanti dei lavoratori di esprimere al massimo un parere, ma che “non ha alcuna efficacia vincolante”...
L’azienda così ha ottenuto, invece, di vincolare i rappresentanti dei lavoratori ai suoi piani; ha ottenuto di portare avanti la linea del “siamo tutti sulla stessa barca”... “non sono io che voglio licenziare, ma è la dura realtà del mercato”, ecc. ecc., nonchè di fare dei delegati strumento di coinvolgimento verso tutti i lavoratori, strumento di pace sociale.
Chi ci guadagna, oltre i padroni? Settori, sempre più ristretti nella crisi, dell’aristocrazia operaia, a cui il capitale butta delle briciole perchè si facciano suoi agenti tra le fila della maggioranza degli operai..."

pc 14 maggio - Filippine - Duterte un superfascista, in salsa psudosocialista, per condurre la guerra contro il popolo per conto dell'imperialismo, principalmente USA eletto presidente - una intervista a J.M.SISON piuttosto discutibile

Intervista al Prof. Jose Maria Sison sull'elezione di Duterte a presidente
di Angelo Tesorero
Corrispondente di Khaleej Times
Dubai, Emirati Arabi Uniti
10 maggio 2016

Si tratta di un voto di protesta contro l'attuale amministrazione? La sinistra ha contribuito alla vittoria di Duterte?

JMS: Duterte ha vinto molto facilmente perché ha risposto al clamore del popolo per il cambiamento ed è diventato il portavoce della protesta contro il regime Aquino, la sua corruzione e criminalità, in particolare il diffuso traffico di droga. Ha catturato il voto di protesta, perché si è opposto in modo chiaro e con forza al regime Aquino e al suo candidato alla presidenza Mar Roxas.

La sinistra ha contribuito alla vittoria di Duterte perché si è opposta al regime USA-Aquino fortemente e per lungo tempo contro il suo essere una marionetta, contro la corruzione, la brutalità e la menzogna. Ma il Partito Indipendente Grace Poe scelto dalla coalizione Makabayan era morbida in relazione al regime Aquino, anche se di tanto in tanto era critico nei confronti di alcuni funzionari di Aquino durante la campagna.

2) Lei ha detto che ha in progetto di tornare se dovesse vincere Duterte, quando accadrà questo?

JMS: Tornerò nelle Filippine se Duterte mantiene la promessa di farmi visita. Devo essere sicuro dei motivi sostanziali per il mio ritorno a casa. Posso facilmente tornare a casa se Duterte rilascia tutti i prigionieri politici ingiustamente imprigionati da Arroyo e Aquino in violazione della dottrina sui reati politici Hernandez e JASIG e se c'è un accordo sul reciproco cessate il fuoco, cooperazione e l'accelerazione dei negoziati di pace per affrontare le radici della guerra civile.

pc 14 maggio - il fascismo, secondo la Costituzione è un reato, quindi giusto il divieto della manifestazione fasciorazzista di Novara..assolutamente inaccettabile il divieto al controcorteo studentesco. Una coorrispondenza



La pagina online dell’edizione locale della Stampa di giovedì dodici maggio riporta, a firma Barbara Cottavoz, la notizia che il Prefetto di Novara ha vietato il corteo che i fascisti di Forza Nuova avrebbero voluto inscenare il giorno successivo per le vie del quartiere di Sant’Agabio, la zona più multietnica della città.
La motivazione è che le autorità cittadine – tra cui il sindaco Andrea Ballaré – unitamente all’Anpi, ai sindacati di base, ed ai partiti di ‘sinistra’ presenti sul terriorio, ritenevano la parata in questione “una provocazione pericolosa e offensiva”; per contro i topi di fogna si sono subito lamentati: “oggi muore la democrazia”.
In effetti non si può dar loro torto: ma non perché, per una volta, il buonsenso ha prevalso e si è vietata una sfilata di gentaglia che – secondo la Costituzione della Repubblica borghese italiana – non dovrebbe nemmeno esistere, ma perché contestualmente è stato interdetto anche il contro corteo che avevano organizzato gli studenti.
Tutt’altra reazione hanno avuto le autorità locali della provincia di Cuneo quando hanno saputo che per la stessa sera era previsto – presso la sala Falco di corso Dante Alighieri 41 – un incontro pubblico sul tema del lavoro, al quale avrebbe partecipato il capobanda Roberto Fiore.
Nessuno tra chi di dovere si è messo di traverso rispetto ad una simile adunata illegale: soltanto due parlamentari del Partito (sedicente) Democratico – la deputata Chiara Gribaudo e la senatrice Patrizia Manassero – si sono fatte sentire con una nota congiunta che termina con l’affermazione: “a settantun anni dalla Liberazione, noi non dimentichiamo: Cuneo brucia ancora”.

Bosio (Al), 14 maggio 2016

Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova

pc 14 maggio - ONORE ALLA COMPAGNA CHIANG CHING, NEL 50° ANNIVERSARIO DELLA GRANDE RIVOLUZIONE CULTURALE PROLETARIA - Il video del Mfpr

LA RIVOLUZIONE NELLA RIVOLUZIONE
 DI UNA DONNA COMUNISTA 

pc 14 maggio - LA TUNISIA, LABORATORIO DELL'IMPERIALISMO ITALIANO NELL'AREA

I legami tra Italia e Tunisia stanno andando oltre i legami del passato.
Il governo tunisino si caratterizza sempre più al servizio dell'imperialismo ed è pronto a fare altri nuovi passi, ai danni delle masse tunisine.

Riportiamo su questo due articoli usciti su "Sole 24 ore" del 10 maggio. Nel secondo si vede come il presidente della Confindustria della Tunisia, Ouided Bouchamoui (che nel 2015, insieme a L'Unione generale tunisina del lavoro, la Lega per i diritti umani e l'ordine degli Avvocati, ha ottenuto il Nobel per la pace) parli come l'effettivo regista della situazione. 
Questi rinnovati legami da un lato fanno capire gli effettivi scopi "di pace" del quartetto del Nobel, dall'altra danno il segno di cosa l'imperialismo vuole fare nell'area, e in questo la Tunisia diventa un vero laboratorio, come ha dichiarato Bouchamoui, dell'approccio nei paesi dell'area dell'Italia. 
L'Unione generale tunisina del lavoro (Ugtt) che raccoglie tutti i sindacati filogovernativi, è un esempio di un ultra sindacato di Stato e di governo. 
Le masse lavoratrici e popolari verranno ad essere le vittime sacrificali di questa situazione.
Invece di costruire uno Stato sociale, si va invece a ridurre uno stato sociale che già non rispondeva ai bisogni popolari. 
Il rapporto Italia/Tunisia/Italia viene consolidato con una serie di problematiche che legano le sorti del governo tunisino all'imperialismo. Se il piano di "pace sociale" fallisce, sarà direttamente l'imperialismo ad intervenire in Tunisia, che diventerà teatro anche delle contraddizioni economiche, politiche tra i diversi paesi imperialisti.
In questo senso la Tunisia va assumendo sempre più nell'area un' importanza centrale per la penetrazione dell'imperialismo. E la "lotta al terrorismo" è al servizio di questo disegno. 
Sono direttamente i governanti tunisini che si candidano come i migliori rappresentanti degli interessi dell'imperialismo. Il 1° ministro tunisino è stato due volte in Italia per promuovere/svendere il suo paese, cercando nell'imperialismo il protettore

(Dal Sole 24 Ore)

L'Italia rilancia in Tunisia - Il Min. Gentiloni ha guidato una missione italiana di 87 imprese, 7 associazioni e 9 banche

Un ponte per le imprese italiane, per avere un accesso verso un’area vasta che si estende dal Mediterraneo al Medio Oriente. È stato il messaggio condiviso da tutti durante la missione di sistema che si è svolta ieri (il 9 maggio) a Tunisi e che ha avuto sia un confronto istituzionale, sia una sessione di incontri tra le imprese, con oltre 500 b2b.
Il premier tunisino, Habib Essid, presente al Forum istituzionale, ha spiegato i provvedimenti in via di approvazione: «Stiamo finalizzando un piano per la riforma degli investimenti, del partenariato pubblico-privato, siamo al lavoro per lo sviluppo del mercato digitale, che speriamo possa portare posti di lavoro. Sappiamo che abbiamo bisogno di molti cambiamenti». C’è la volontà di fare, ha detto, sottolineando come il Forum di ieri sia la dimostrazione della fiducia e della credibilità che la Tunisia gode in Italia.
Erano più di 170 i rappresentanti italiani: 89 imprese, 7 associazioni e 9 banche. Ed è la seconda missione di sistema italiana dopo quella del 2007 in Tunisia...
«Abbiamo deciso di tornare qui - ha sottolineato Licia Mattioli, presidente del Comitato tecnico di Confindustria per l’internazionalizzazione - spinti dalle imprese che hanno già avviato in loco delle attività e che continuano a vedere nella Tunisia, grazie anche alla vicinanza geografica, una piattaforma produttiva naturale. Il paese presenta buone chance per gli investitori italiani, anche se non è ancora completamente uscito dalle turbolenze economiche e politico-sociali». Tre le opportunità che offre, ha continuato la Mattioli, ci sono una normativa favorevole in materia di incentivi, il basso costo dei fattori di produzione, una manodopera qualificata e una popolazione giovane, altamente scolarizzata. «A questo si aggiunge la complementarietà dei nostri sistemi produttivi, l’importante processo di riforme e i piani di sviluppo recentemente adottati che rendono interessanti le prospettive di cooperazione bilaterale, in ragione anche del fatto che l’Italia vanta una posizione promettente in Tunisia: siamo il secondo paese fornitore - ha concluso la Mattioli - il secondo cliente e il secondo investitore con una quota di mercato di circa il 16 per cento».
...Dall’ottobre dello scorso anno è in corso un negoziato per un’intesa più completa e per una ulteriore integrazione delle due economie attraverso l’armonizzazione della normativa tunisina alla Ue, la graduale rimozione di tutti gli ostacoli paratariffari e l’apertura dei servizi.
...Nel 2015 le esportazioni italiane verso la Tunisia stato state circa 3 miliardi di euro, con un calo del 7,8% rispetto al 2014, pur confermandoci secondo paese fornitore. Le importazioni si sono attestate a 2,3 miliardi di euro, con un aumento del 4,4%, riconfermandoci secondi...

Da parte delle banche, come è stato ribadito al Forum, c’è un plafond finanziario per le imprese che vogliono investire in Tunisia di 424 milioni di euro, sia per businss commerciali che per partnership industriali e di investimenti. Oltre alle linee di credito gli imprenditori che operano in Tunisia possono contare sull’assistenza di tre principali gruppi bancari italiani, direttamente presenti sul territorio...

Bouchamoui - presidente della Confindustria tunisina: "Per ricostruire la nostra immagine contiamo su di voi"

... «Questa esperienza tende a porsi come modello di transizione per alcuni Paesi stranieri. Si tratta di un riconoscimento conferito a tutte le tunisine e a tutti i tunisini per la loro lotta per la libertà, la democrazia e la pace. Una consacrazione del dialogo come unica alternativa alla risoluzione dei conflitti».
Un lavoro che sta continuando?

La collaborazione tra le quattro organizzazioni (Confindustria della Tunisia, Unione generale tunisina del lavoro, Lega per i diritti umani e l'ordine degli Avvocati) continua e saremo sempre presenti quando il Paese avrà bisogno di noi.
...Qual è la situazione economica della Tunisia oggi dopo la difficile fase vissuta?
Sapevamo che il processo di transizione democratica sarebbe stato lungo e difficile e che avrebbe avuto ripercussioni sulla vita economica. La transizione, o quantomeno una tappa importante, è stata compiuta con successo e limitando i danni. Occorre adesso rispondere alle sfide socio-economiche. La prima è la disoccupazione, dei giovani e dei laureati in particolare. La capacità dell’economia tunisina è quello che è, ed è imperativo cercare alternative, soprattutto attraverso la cooperazione internazionale. La seconda sfida riguarda lo sviluppo delle regioni attraverso il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi pubblici, per attrarre il maggior numero di investimenti locali e stranieri. La terza si riferisce alla ricostruzione dell’immagine del Paese, oscurata dagli atti terroristici del Bardo, di Susa e di Tunisi. Occorrono ancora più mezzi per sradicare il terrorismo e trasmettere la vera immagine della Tunisia ai turisti, agli investitori stranieri e ai partner del Paese. Certo, facciamo anzitutto affidamento sulle forze attive della nostra patria, ma contiamo anche sui nostri amici. Tra la Tunisia e l’Italia c’è un’amicizia storica e il vostro Paese può sostenerci in diversi ambiti in questa fase così importante per noi.
Quali sono i settori più promettenti?
Gli ingredienti per rafforzare la cooperazione economica esistono in tutti i settori, specie nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, edilizia, lavori pubblici, energia, agroalimentare e turismo.

pc 14 maggio - VOLANTINO DEL MFPR PRESENTE NELLE MOBILITAZIONI A ROMA DEL 12-13 MAGGIO CONTRO LA REPRESSIONE, LA TORTURA E LE MORTI DA CARCERE

Solidarietà e mobilitazione per le prigioniere politiche
DIFENDIAMO LE CONDIZIONI DI VITA DI NADIA LIOCE STOP AL 41-bis 

Facciamo appello a tutte le compagne, realtà di donne a mobilitarci per difendere le condizioni di vita della prigioniera politica Nadia Lioce. Nadia è l'unica compagna, insieme ad altri 2 prigionieri politici, ad essere ancora sottoposta al regime di 41bis, inasprito dalla direzione del carcere de L'Aquila da fine novembre 2014, con una condizione d’isolamento totale e perenne. Ora d'aria in compagnia di una sola detenuta, in una vasca di cemento da tre metri per tre. Massimo due libri e due quaderni al mese. Alle detenute è vietato scambiarsi libri. Anche ai familiari e ai parenti, è vietato inviarne in regalo.
Alle Costarelle le detenute sono trattate peggio dei boss mafiosi. Le loro celle si trovano alla fine di un lungo tunnel sotterraneo. Sono grandi due metri per due. Si affacciano sul nulla. E ancora peggio va per l'ora d'aria, in una vasca di cemento grande tre metri per tre. Alla maggior parte dei boss mafiosi è consentito socializzare in gruppi di sei persone. Siamo di fronte ad una sorta di “tortura bianca”!
In questo stesso carcere duro, Diana Blefari, un’altra prigioniera politica, si suicidò il 31 ottobre del 2009.
L'accanimento dello Stato contro Nadia Lioce non può e non deve passare sotto silenzio, perchè, al di là del giudizio sulle sue scelte di lotta, questo accanimento repressivo è per cercare di ammazzare la sua volontà di non cedere, la sua coerenza nella battaglia contro questo Stato. Queste donne hanno avuto il merito di riaffermare, dopo gli anni della Resistenza, contro una visione delle donne “pacifiche e non violente”, la necessità della lotta rivoluzionaria in cui le donne siano in prima fila per mettere fine all'unica vera violenza, quella reazionaria dello Stato borghese, fascista e maschilista.
Con l'applicazione del 41 bis ai comunisti rivoluzionari è proprio l'emergenza della necessità della lotta rivoluzionaria che si vuole colpire. Lo Stato borghese vuole le donne subordinate e oppresse e, se lottano, pentite o dissociate. Chi non ci sta viene doppiamente repressa, anche perchè ha osato...
Per questo, tutte le donne, le compagne che lottano per spezzare le doppie catene di questo sistema
sociale devono far sentire la solidarietà per Nadia.
Vogliamo organizzare una mobilitazione al carcere de L’Aquila per giugno.
Facciamo appello a inviare già da ora adesioni, scrivendo a: mfpr.naz@gmail.com

L’MFPR sostiene la campagna delle 
“PAGINE CONTRO LA TORTURA”
Dall’appello della campagna "PAGINE CONTRO LA TORTURA” contro il divieto di ricevere dall’esterno libri e stampe d’ogni genere nelle sezioni 41bis:
“Nel tempo le istituzioni hanno allevato funzionari che ritengono naturale questo sistema di barbarie.
Quando si eleva il meccanismo della mostrificazione a ’normale’ strumento di repressione, la tortura di varia natura diventa burocrazia quotidiana”. (Da una lettera di un detenuto rinchiuso nel nuovo carcere di Massama, Oristano, giugno 2015).
Da alcuni mesi chi è sottoposto al regime previsto dall’art. 41bis dell’ordinamento penitenziario (o.p.) non può più ricevere libri, né qualsiasi altra forma di stampa, attraverso la corrispondenza e i colloqui sia con parenti sia con avvocati. È un’ulteriore censura, una potenziale forma di ricatto, in aggiunta alle restrizioni sul numero di libri che è consentito tenere in cella: solo tre....
...Invitiamo tutte le realtà a spedire cataloghi, libri, riviste, ecc, presso le biblioteche delle carceri in cui sono presenti le sezioni a 41bis e ai detenuti e alle detenute che di volta in volta ne faranno richiesta.
Informazioni utili allo sviluppo della campagna si trovano in rete a questo indirizzo:
http://paginecontrolatortura.noblogs.org/
Il carcere non è la soluzione, ma parte del problema.
Sommergiamo di libri le carceri, evitiamo che si metta in catene la cultura!

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

pc 14 maggio - Roma, contro la tortura e le morti da carcere, contro la barbarie del sistema capitalistico, sommergiamoli di libri! Presidio davanti al D.A.P.

Report da una compagna del MFPR


Un centinaio di compagne e compagni hanno manifestato ieri, 13 maggio, davanti al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, nell'ambito della campagna "Pagine contro la tortura".

Una bella giornata di lotta, combattiva e solidale, che è riuscita a coinvolgere positivamente i passanti nonostante il massiccio traffico automobilistico in quel punto e nonostante il tema, un po' scomodo, delle carceri e il 41 bis, che potrebbe sembrare lontano dai problemi delle masse.

Con un diffuso volantinaggio nelle aree pedonali limitrofe abbiamo suscitato l'interesse e la solidarietà di molte persone, alcune delle quali si sono fermate al presidio anche dopo un'accenno di carica da parte della polizia.

Il volantinaggio è stato rivolto anche agli automobilisti, molti dei quali, nonostante l'ora di punta e il traffico rallentato per i compagni presenti in strada, hanno accolto con curiosità i volantini, abbassando il finestrino e chiedendoli spontaneamente

Su un banchetto davanti la strada abbiamo sistemato numerosi libri e con gli stessi abbiamo scritto per terra: "no 41 bis".
 
Abbiamo anche chiesto di portare dei libri direttamente dentro il D.A.P., ma ci hanno fatto solo attraversare, uno alla volta, il cordone di polizia per depositarli, in maniera simbolica, all'ingresso.

In ogni caso, le auto dei funzionari del ministero dell'ingiustizia, veri responsabili esecutivi di quanto accade dentro le carceri, sono state più volte circondate e bloccate all'uscita dai compagni che gli hanno urlato "Perché non fate entrare i libri nelle carceri? Siete dei torturatori!", "vigliacchi, avete bisogno di farvi proteggere dalla polizia perchè avete le mani sporche di sangue, assassini!".

"Assassini" è quanto abbiamo scritto e urlato tra un intervento al microfono e un altro, e lo hanno inteso forte e chiaro i mandanti delle torture e dei suicidi in carcere, un pò sorpresi e preoccupati di trovarsi faccia a faccia con i loro spettri usciti dall'armadio in carne e ossa, e soprattutto vivi e incazzati neri

venerdì 13 maggio 2016

pc 13 maggio - Reportage sulla manifestazione per la liberazione del compagno Antoine e contro la repressione - vedi su you tube

Reportage de France 3 sur la manif de samedi pour la libération d'Antoine et contre la répression

https://www.youtube.com/watch?v=UQIy3lSJ-gc&feature=youtu.be


Un Camarade en prison, développons la solidarité révolutionnaire ! Antoine, un Camarade brancardier de Vichy, militant de la CARA et à la CGT, a été placé en...
youtube.com
10 maggio alle ore 12:57Organisation de Travail Communiste - Tunisie

Cellule Antifasciste Révolutionnaire d'Auvergne
Bonjour,
Nous appelons tous les progressistes, syndicalistes, révolutionnaires à signer cette déclaration unitaire pour dénoncer la mise en détention d'un Camar...ade militant de la CARA (Cellule Antifasciste Révolutionnaire d'Auvergne) et de la CGT de Vichy, arrêté à Clermont-Ferrand. Pour signer envoyer un message à cara.antifa@gmail.com ou sur la page FB « Liberté pour Antoine et arrêt des poursuites ».
Face à la répression, unité ouvrière et populaire !
La CARA

Un Camarade en prison,
développons la solidarité révolutionnaire !
Antoine, un Camarade brancardier de Vichy, militant de la CARA et à la CGT, a été placé en détention provisoire après avoir refusé la comparution immédiate. Il avait participé à l’occupation du

pc 13 maggio - Savona antifascista e antirazzista si prepara a cacciare sabato Salvini e Maroni

Gli antagonisti si preparano a contestare Matteo Salvini e Roberto Maroni, che sabato saranno a Savona. Si preannuncia calda la giornata che vedrà l’arrivo in città del leader leghista Matteo Salvini che alle 21 terrà un comizio in piazza Sisto.

Inizialmente il leader della Lega avrebbe dovuto parlare sotto le torri del Brandale ma la piazza del Comune secondo le forze dell’ordine offre maggiori garanzie di sicurezza. Sulla pagina facebook i militanti del Rude Club - Spazio Sociale Autogestito,  lanciano l’appello per la contromanifestazione «Savona non si lega» e invitano i savonesi contestare Salvini.
«Savona è una città antirazzista e antifascista – scrive il Rude Club sulla sua pagina facebook - multiculturale da generazioni e orgogliosa del proprio passato partigiano e di resistenza al nazifascismo. Le elezioni riportano nella nostra città formazioni politiche che portano avanti politiche razziste e xenofobe solo per guadagnarsi voti, che gridano ad un allarme sicurezza inesistente nella nostra città».

pc 13 maggio - Deportazione di tipo nazista dei migranti da Ventimiglia per finire il loro viaggio all'Hotspot di Taranto

SGOMBERO A VENTIMIGLIA, VIA 50 MIGRANTI. NO BORDERS: «UNA DEPORTAZIONE»

Sgombero a Ventimiglia, trasferiti 50 migranti

Ventimiglia - Il questore Leopoldo Laricchia lo aveva annunciato già domenica scorsa, all’indomani della visita del ministro dell’Interno Angelino Alfano: «I migranti saranno trasferiti da Ventimiglia». Ma l’operazione è arrivata comunque a sorpresa, nella tarda mattinata di ieri, nei modi e nella sostanza, sorprendendo anche i solidali del “Presidio No borders” che pure i migranti accampati a Ventimiglia li guardavano a vista da giorni. Ad essere accompagnati lontano dalla città di confine, sull’onda dell’imperativo dello stesso inquilino del Viminale, convinto che fosse necessario far comprendere «che da Ventimiglia non si passa», sono stati infatti una cinquantina di persone: 35 migranti respinti dalla Francia e 15 migranti rintracciati in città dalla polizia.
Radunati nel centro di cooperazione di Ponte San Luigi, la vecchia frontiera che domina dall’alto il più importante valico di San Ludovico, 50 extracomunitari sono stati fatti salire su due grossi pullman di linea presi a noleggio. E da qui trasferiti a Genova. Nel pomeriggio sono stati imbarcati su un volo charter per un’altra destinazione italiana (Taranto) insieme ad altrettanti poliziotti e carabinieri, prima della destinazione definitiva: i più “fortunati” nei “Cara”, i centri per i richiedenti asilo; gli altri, respinti direttamente al paese di provenienza o momentaneamente ospitati nei “Cie”, per le procedure di identificazione ed espulsione.
Un gruppo di profughi alla stazione
La discriminante tra i due gruppi l’aveva già ribadita lo stesso Alfano a Ventimiglia: a chiedere asilo potranno essere solo i migranti provenienti dai paesi di guerra, Siria e Stati del Corno d’Africa, mentre i migranti economici dovranno essere rimpatriati. In una città apparsa ieri blindata solo nell’area attorno al confine, per impedire l’arrivo di persone estranee, il sentimento è duplice: sollievo ma anche rammarico per quello che per decine di giovani uomini con storie dolorose alle spalle, rappresenta il fallimento di un sogno.
Il pulmann scortato dalla polizia
Non ci sono state ribellioni da parte dei migranti che ieri sono stati fatti salire sui pullman, solo passi strascicati: dai mezzi della “Paf”, la polizia di frontiera francese, a quelli che li hanno portati indietro. E sguardi persi nel vuoto. Chiuso il centro di assistenza della Cri, in cui i migranti in cammino non hanno mai voluto entrare per non dover chiedere asilo in Italia, complice l’accordo di Dublino, sgomberata da tende e coperte già mercoledì mattina anche la spiaggia alla foce del Roia dove si erano accampati, gli extracomunitari hanno trovato rifugio nei luoghi ancora più impervi. Sotto i piloni della sopraelevata, negli anfratti più nascosti tra la vegetazione del fiume.

Parlano di veri e propri «rastrellamenti e deportazioni», i “No Borders”,che hanno annunciato per domenica una manifestazione di protesta contro il “Piano Alfano”.

pc 13 maggio - E' morto Luigi Mara operaio fondatore con Luigi Maccacaro di Medicina Democratica - esprimiamo il nostro saluto riconoscente per la lotta e il contributo alla battaglia operaia e popolare per la salute e sicurezza contro il sistema del capitale

Buongiorno

inoltriamo con profondo dolore l'annuncio diffuso da MEDICINA DEMOCRATICA per la scomparsa di Luigi Mara .

MEDICINA DEMOCRATICA, annuncia con estremo dolore la scomparsa di Luigi Mara suo fondatore con il prof. Giulio Maccacaro, già del Consiglio di Fabbrica della Montedison di Castellanza e pure militante, agli inizi, del Manifesto, che ha lottato fino alla morte con grande vigore e senza mai perdere un minuto, per il diritto alla salute delle lavoratrici e dei lavoratori, contro ogni forma di emarginazione e contro la degradazione e l’inquinamento ambientale  anche battendosi nei tribunali perché i diritti e la dignità degli ultimi, sacrificati alle esigenze del profitto, trovassero Giustizia.

Il funerale laico e la sua commemorazione si svolgerà al Comune di CASTELLANZA (VA), SABATO 14 maggio ALLE 14,30.

-       I compagni di Medicina Democratica

 Luigi Mara Alla Conferenza Stampa Processo Solvay

pc 13 maggio - Occupata la sede nazionale della CGIL per il licenziamento dal sindacato di Bellavita - sindacatoèunaltracosa - giusta iniziativa ma non si coglie il carattere di fascismo sindacale al servizio del fascismo padronale e governativo dell'azione della direzione della CGIL

Occupycgil. La protesta della opposizione 


Opposizione-CGIL
Il licenziamento di Sergio Bellavita, ex segretario nazionale della Fiom, appena confermato dalla confederazione guidata da Susanna Camusso, rischia di minare la residua credibilità della Cgil.
La minoranza interna – l’area “Il sindacato è un’altra cosa”, che ha proprio in Bellavita il coordinatore nazionale principale – ha lanciato ieri lo slogan #occupyCgil, occupando simbolicamente il salone “Di Vittorio”, nella sede nazionale del sindacato, con un’assemblea cui hanno partecipato “150 persone”. I promotori hanno annunciato che aggiungono “non ce ne andremo fino a quando il segretario Susanna Camusso non verrà a parlarci. La mobilitazione è scattata dopo che la segreteria Landini ha revocato all’unanimità il distacco sindacale rispedendolo di fatto in fabbrica, la bolognese Cei.
“Abbiamo deciso di occupare la sede della Cgil nazionale – si legge sul Facebook di Bellavita – a oltranza. Non possiamo permettere che la maggioranza della Cgil chiuda ogni spazio di opposizione defenestrando il portavoce nazionale Sergio Bellavita e i delegati Fca del comitato di lotta. Aspettiamo che Susanna Camusso venga qui e ripristini la dignità dell’unica area di opposizione interna. Non non molliamo. Noi non ci stiamo”.
A Camusso, dopo l’incontro della scorsa settimana sul caso Bellavita, la minoranza muove un’accusa precisa: “Ha tenuto a esplicitare (allo stesso incontro, ndr) che ritiene non piu’ possibile la costruzione di un’area di opposizione interna alla Cgil. Ed ha preannunciato nuove regole congressuali”, riportava la stessa area critica interna.

tratto da contropiano

pc 13 maggio - Palermo - licenziamento alla Fincantieri - operai in sciopero

Palermo. Un operaio Fincantieri licenziato in tronco dalla direzione. 500 operai si sono riuniti in presidio di fronte allo stabilimento in segno di solidarietà e in ferma opposizione nei confronti della direzione di Palermo.
Ieri mattina intorno alle 12:00 è stato comunicato il licenziamento in tronco di un operaio dei Cantieri Navali di Palermo. L’uomo, intorno alla 40ina, lavora da 11 anni nello stabilimento Fincantieri di Palermo. Ieri è stato preso di peso dal suo reparto e spinto fuori dallo stabilimento a mo’ di operazione militare. Abbiamo sentito uno degli operai, Serafino, che ci ha raccontato la vicenda, che risulta essere un vero e proprio atto di ritorsione da parte della Direzione nei confronti dell’operaio.

Ieri mattina è stato licenziato uno degli operai Fincantieri che lavorava in stabilimento da 11 anni. Quali sono state le motivazioni della direzione?
La direzione ieri ha disposto il licenziamento in tronco di questo operaio, con atteggiamento feroce e prendendolo di peso dal proprio reparto, portandolo fuori come un criminale. Le motivazioni del licenziamento, alquanto blande, consistono nel fatto che la scorsa settimana, durante un controllo, l’operaio sarebbe stato sorpreso a dormire sul posto di lavoro. Fino a qui tutto bene, se non fosse per il fatto che l’operaio in questione soffre di cardiopatia e prende medicinali che provocano sonnolenza; proprio nel momento del controllo tra l’altro l’operaio aveva accusato un malore.
La direzione era a conoscenza delle gravi condizioni di salute dell’operaio?
Certamente. Undici anni fa, quando ha cominciato a lavorare per lo stabilimento, l’operaio era sano come un pesce. Quasi sicuramente dunque ha cominciato ad avere problemi di salute in seguito ai ritmi pesanti del lavoro. La direzione ne era ovviamente a conoscenza: anni fa infatti ebbe un infarto e richiese lo spostamento in magazzino. Dopo aver lavorato alcuni anni in quel reparto, più consono alle sue condizione, il direttore ha imposto pochi mesi fa all’operaio il trasferimento nel reparto di saldatura, mettendo ancora di più a repentaglio le sue condizioni di salute. L’operaio ha dunque fatto appello alla Medicina del lavoro per riconoscere le sue gravi condizioni di salute, richiedendo di essere spostato nuovamente in magazzino. La Medicina del lavoro ha dunque accettato il ricorso dell’operaio e disposto lo spostamento ad una mansione certamente più consona ad un uomo che soffre di problemi di cuore. Il licenziamento appare dunque come una volontà da parte della direzione di “far pagare” al nostro compagno l’aver fatto ricorso e averlo vinto.
Come hanno reagito gli operai dello stabilimento?
Questa mattina ci siamo rifiutati tutti di entrare in stabilimento, e abbiamo formato un presidio di fronte ai cancelli. Circa 500 persone, tra operai dello stabilimento e dell’indotto, oggi hanno deciso di bloccare le attività di Fincantieri in solidarietà all’operaio licenziato. La tracotanza e la ferocia dimostrata dalla direzione di Palermo non ha eguali. Riteniamo questo licenziamento sicuramente una ritorsione nei confronti del nostro compagno per aver richiesto lo spostamento dal proprio reparto ed averlo ottenuto. Sembra dunque che alla direzione faccia comodo permettere che gli operai si ammalino sul posto di lavoro, ma che poi non voglia prendere posizioni in merito anzi, ne prende le distanze. Oltre al danno dunque la beffa di essere stato licenziato per “essersi addormentato sul posto di lavoro”.
Gli operai sono ancora in presidio di fronte allo stabilimento Fincantieri di Palermo. Non possiamo che mostrare anche da parte nostra la solidarietà all’operaio licenziato ed appoggiare la protesta degli operai. L’ennesima dimostrazione del fatto che una solidarietà di classe sarà sempre più forte dell’arroganza di chi occupa ruoli di potere e crede di poter giocare sulla vita degli operai.
Pubblicato in METROPOLI

pc 13 maggio - Oscena sentenza difesa dei padroni assassini - e perfino i carabinieri contro i familiari. Maledetti! Pagherete caro pagherete tutto - l'unica giustizia è quella proletaria!

Il sostituto procuratore generale della Cassazione Paola Filippi ha chiesto un terzo processo per i sei
imputati del rogo del 6 dicembre 2007 in cui morirono sette operai. Boccuzzi: “Fulmine a ciel sereno”
thyssen

C’è chi ha gridato “venduti” ai giudici, mentre madri, sorelle e mogli di chi era rimasto coinvolto nel rogo sono scoppiate a piangere. Il sostituto pg della Cassazione, Paola Filippi, ha chiesto di annullare le condanne per tutti e sei gli imputati del processo Thyssen, per rideterminare le pene per i reati di omicidio colposo plurimo e per rivalutare il ‘no’ alle attenuanti per quattro degli imputati. Per il pg serve un nuovo processo di appello.

giovedì 12 maggio 2016

pc 13 Maggio - INFORMAZIONE MILITANTE DALLA TUNISIA - INCHIESTA TRA LE OPERAIE DELLA MAMOTEX E I PESCATORI TUNISINI

Il 2016 in Tunisia è inaugurato da una grande rivolta partita da Kasserine e diffusasi in tutto il paese (ampia cronaca e analisi nell’opuscolo “La Tunisia brucia ancora” disponibile su richiesta a pcro.red@gmail.com) conclusasi la rivolta il fuoco continua a covare sotto la cenere (non si spegne mai del tutto date le condizioni) e dopo i giovani disoccupati e proletari entrano in campo con grandi scioperi contro il governo i pescatori di tutto il paese. Più circoscritto ma molto interessante per la natura della lotta e soprattutto delle sue protagoniste, la lotta delle operaie della fabbrica tessile Mamotex a Chebba, città costiera del Sahel tunisino nei pressi di Mahdia.
Incominciamo dal racconto delle operaie della Mamotex, fabbrica che ha iniziato la propria attività nel ’96 e ha chiuso per “fallimento” lo scorso gennaio.


“Siamo 65 operaie e solo 4 operai uomini, lavoravamo 9 ore al giorno. Abbiamo un’età che va dai 16 ai 50 anni, l’età media è intorno ai 40 anni.
L’azienda è figlia di un’azienda madre, la Sotrico da cui riceve le materie prime, l’attività della fabbrica è rivolta solo verso l’esportazione quindi avendo aperto 20 anni fa ha goduto di grossi incentivi e sgravi fiscali nei primi 10 anni, e successivamente di ulteriori incentivi ma in quantità minore negli ultimi 10 anni, puntualmente dopo 20 anni adesso l’azienda annuncia di essere in crisi.”
Chiediamo quindi quali erano i principali problemi che le operaie dovevano affrontare durante i 20 anni di attività della fabbrica: “I problemi erano tanti, innanzitutto non eravamo trattate con dignità, non c’era rispetto e lavoravamo più di 8 ore come abbiamo già detto, senza che questo straordinario venisse riconosciuto. Le condizioni del posto di lavoro erano inaccettabili: non c’era un posto per fare la pausa pranzo, non ci concedevano il tempo per andare in bagno, non c’era né un impianto di riscaldamento per l’inverno né un climatizzatore per i mesi caldi. Inoltre se una ragazza faceva un errore nel suo lavoro veniva punita facendola stare una o due ore in disparte senza fare niente. Il salario arrivava sempre in ritardo, ogni mese con almeno 12 giorni di ritardo. Non avevamo l’assicurazione per gli infortuni e nessun diritto, molte di noi hanno lavorato 20 anni in nero. Cioè fin dall’apertura della fabbrica. Abbiamo fatto molti scioperi contro il padrone per tutte queste motivazioni.”
Infine con l’inizio dell’anno nuovo “Il padrone ha annunciato che non c’erano i soldi per pagarci e le materie prime per continuare il lavoro lo scorso 11 Gennaio, per un mese siamo rimaste in fabbrica, poi siamo andati alla sede della delegazione di Chebba (le delegazioni sono equivalenti alle provincie italiane, quella di Chebba fa parte del governatorato, ovvero regione, di Mahdia n.d.a.) per rivendicare i nostri diritti. Abbiamo fatto anche altri tipi di protesta come il presidio della fabbrica

pc 12 maggio - Roma: Chi devasta e saccheggia è lo Stato! E' giusto presidiare i Tribunali della borghesia, è giusto unire le lotte contro la repressione! Non finisce qui!



Il presidio in solidarietà ai compagni colpiti dalla repressione davanti al Tribunale di piazzale Clodio con i compagni di MI/RM/FI e altre realtà, con alcuni compagni di proletari comunisti, in diretta con collegamenti radio dai presidi delle città dove in contemporanea si svolgevano i processi per "devastazione e saccheggio" (Cremona e Milano), processi politici, con l'infame uso di una norma fascista da parte di questo Stato per rendere ancora più pesante la rappresaglia contro chi si ribella e chi resiste alla violenza di piazza della polizia

pc 12 maggio - Scontri a Parigi tra manifestanti e polizia - un giovane ferito alla testa - I manifestanti vanno oltre la protesta pacifica dei sindacati. Ad essi va il nostro pieno appoggio


pc 12 maggio - Rappresaglia di stato contro i ribelli del 15 ottobre 2011 -

 15 Ottobre 2011: sentenza di primo grado. 61 anni di carcere

CiPgcpdWsAA1oHL 300x225A Roma nella tarda mattinata di oggi, giovedì 12 maggio, è arrivata la sentenza di primo grado per il processo in merito alla giornata di rabbia del 15 ottobre 2011 a Roma.
17 compagne e compagni avevano sulle spalle un totale di richieste di carcere da parte dell’accusa di 115 anni. La sentenza ha condannato 15 compagni e compagne a oltre 61anni di carcere. La condanna più alta è di 9 anni contro un compagno accusato di aver appiccato l’incendio di un mezzo blindato a piazza San Giovanni. La più “bassa”, 4 mesi.
I giudici della nona sezione penale ha inoltre disposto una provvisionale da 60mila euro in favore di un carabiniere, 80 mila euro per i ministeri di Interni e Difesa, 40 mila euro per il dicastero dell’Economia, 60 mila euro al Comune di Roma e 20 mila ad Ama, l’azienda dei rifiuti.
 I giudici hanno poi disposto la trasmissione degli atti alla  Procura per “…valutare la posizione di rappresentanti delle forze dell’ordine e per valutarne le condotte avute in occasione della manifestazione del 15 ottobre 2011″.


Chi si ribella non è mai solo/a.
Sono passati quasi 5 anni: era il 15 ottobre del 2011, le strade di Roma si erano riempite.
In quel periodo, dopo le forti proteste e rivolte che avevano acceso la “primavera araba”, anche in Europa e negli Stati Uniti, in seguito all’appello lanciato dai movimenti 15M nati a Madrid, si

pc 12 maggio - Roma - invece che case polizia targate Renzi/PD e i suoi prefetti questurini ignobili! e ora contro Casapound, contro le elezioni farsa, per il boicottaggio attivo!

 Roma, movimenti per la casa in Campidoglio, le risposte del PD sono cariche e idranti

  • Solidali con le famiglie sgomberate ieri a Modena e con i compagni* condannati oggi per la manifestazione del 15 Ottobre 2011,
  • CiRHte7WEAAZaCOQuesto pomeriggio i movimenti per il diritto all’abitare romani, in seguito alle iniziative diffuse nei municipi di Giovedì scorso contro l’articolo 5, hanno occupato in migliaia la piazza del Campidoglio per rispondere in maniera forte all’attacco che il PD con il prefetto Tronca e i commissari che gestiscono la capitale sta portando avanti contro chi lotta per la casa, contro gli sfratti, contro la vendita delle case popolari.  i movimenti hanno portato in piazza la rabbia di chi non ne può più delle false promesse del governo Renzi, della speculazione sulla pelle dei migranti delle destre rezziste e delle sinistre assistenzialiste, del tatrino della campagna elettrale capitolina dove ai veri problemi sociali di questa città non si da nessuna soluzione.
    Dopo la manifestazione di Sabato 16 Aprile che aveva portato un’altra volta all’occupazione della piazza del Campidoglio durante un’incontro fra movimenti e amministrazione, dove il sub commisario per l’emergenza abitativa aveva confermato le intenzioni esplicitate nella delibera sugli sgomberi del prefetto Tronca:”non si tratta sulla legalità” (e lo dice il PD). Oggi la piazza si è riempita di nuovo della forza e della dignità di chi lottando ha strappato una casa per se e per tanti e tante, di chi difende nei quartieri le famiglie che non riescono a pagare più l’affito, contro la prepotenza del PD e dei suoi interessi, che in tutta Italia vengono difesi dai manganelli della celereCiRHs6YXIAEBcVN e dai loro idranti. Infatti dopo alcune ore di presidio, oltre all’assenza di qualsiasi dialogo di chi governa Roma con le centinaia di famiglie in emergenza abitativa la polizia ha sgomberato la piazza con diverse cariche e l’utilizzo di idranti. In tanti e tante hanno resistito rimanendo compatti, per dare vita successivamente ad un corteo per le vie del centro di Roma, passando per l’infame anagrafe di Via Petroselli, che nega le residenze a chi vive nelle case occupate grazie allo scellerato articolo 5 del Piano Casa dell’ex-ministro Lupi.
    Alcuni occupanti sono rimasti feriti durante le cariche sulla piazza e sulle scalinate del Campidoglio. Il corteo che sta terminando in questi minuti, rilanciando l’assemblea di domani alla Sapienza contro il corteo di Casapound del 21 Maggio e la mobilitazione antirazzista di questo Sabato sulla Tiburtina.
    #StopSfratti #StopSgomberi #OraLeCase #CasaXtutti #RomaSiBarrica