domenica 11 dicembre 2016

pc 11 Dicembre - TUNISIA 2020: solo una Rivoluzione di Nuova Democrazia potrà spazzarli via!

da Tunisie Resistant

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L’attuale piano economico quinquennale tunisino 2016-2020 é stato presentato in pompa magna come il “Piano Marshall tunisino”, fin dall’insediamento del nuovo governo, annunciando obiettivi ambiziosi di “sviluppo economico” che dovrebbero cambiare il volto del paese in soli 5 anni coinvolgendo i settori più disparati come quello del turismo, dell’istruzione, dell’industria automobilistica, aeronautica, farmaceutica e tessile, dell’agricoltura e dell’economia verde, dell’energia elettrica e rinnovabile. Si tratta in tutto di 64 progetti pubblici, 34 in partenariato pubblico-privato (PPP) e 44 progetti privati che saranno presentati agli investitori stranieri per un totale di 30 miliardi di euro di investimenti, di cui 1,25 miliardi di dollari solo dal Qatar.
Per inaugurare questo piano quinquennale é stata organizzata una Conferenza Internazionale sull’ Investimento tenutasi lo scorso 29 e 30 Novembre a Tunisi in cui erano presenti i rappresentanti delle principali organizzazioni economiche e finanziarie mondiali quali il Fondo Monetario Internazionale
e la Banca Mondiale, la Banca Europea degli Investimenti, la Banca Europea della Ricostruzione e dello Sviluppo i rappresentanti dei banchieri nazionali, quelli degli industriali (UTICA) nonché capi di stato e di governo dei principali paesi investitori (USA, Francia, UE, Qatar, Germania, Canada, Algeria e altri). A presiedere la conferenza il presidente della repubblica Essebsi e il primo ministro Chahed insieme ad alcuni ministri interessati.
La parola d’ordine é stata “il rilancio dell’economia, un imperativo per la consacrazione del processo democratico”.
Antefatto
Nei mesi scorsi vi sono stati degli incontri preparatori tra i rappresentanti della borghesia compradora tunisina e in particolare il presidente della repubblica Essebsi e i principali circoli finanziari internazionali e governi imperialisti. Questi incontri sono stati fondamentali per delineare la futura spartizione tra gli investitori e non sono stati di semplice routine in quanto dopo ogni incontro il governo tunisino ha recepito le “indicazioni” e preparato e fatto approvare dalla grottesca Assemblea Nazionale dei rappresentanti dei Popolo, delle leggi che hanno preparato il terreno legislativo e favorito “un clima favorevole per gli investimenti” per il pomposo “Tunisia 2020”.
In particolare due sono gli incontri degli di nota:
la visita di una delegazione del Fondo Monetario Internazionale in Tunisia tra il 12 e il 19 Luglio scorso e il meeting della Commissione Parlamentare mista Tunisia-Unione Europea lo scorso 23 Settembre a Tunisi.
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Nel primo, il FMI ha come sempre bacchettato il paese raccomandando riforme strutturali per pagare il debito estero del paese. La ricetta é sempre la stessa: austerità economica! Come sempre si chiede di “privatizzare i profitti e socializzare le perdite”. Infatti un rapporto del FMI indica che “le masse salariali” dovranno pagare dei costi immediati in attesa delle riforme strutturali per “mantenere la stabilità economica e promuovere la crescita”. Il documento indica anche come cause negative i funzionari pubblici (si prevedono tagli ai posti di lavoro), gli strumenti di protezione sociale (che in Tunisia seppur molto precari sono al di sopra della media nel continente africano e nell’area maghrebina), gli scioperi (ovviamente), ma anche la “tesaurizzazione” durante il mese di ramadan e i periodi di vacanza (i tunisini risparmiano troppo in vista di queste occasioni e l’economia si ferma!). Un capitolo a parte di questo incontro é stato dedicato al settore bancario. Il FMI insiste sul salvataggio delle banche in rosso auspicando contemporaneamente garanzie minime per i risparmiatori. Poi c’é il caso eclatante della Banca franco-tunisina (BFT) filiale della Società Tunisina di Banca (STB) creata da Ben Ali, prevedeva linee di credito per finanziamenti senza garanzie, utilizzati per appalti pubblici diretti da uomini fedeli al regime a al clan Ben Ali al potere, i quali é facile immaginare come utilizzavano questi finanziamenti destinati a “proggetti di sviluppo”. Risultato: la BFT ha attualmente un debito di 700 milioni di dinari (circa 320 milioni di € n.d.a.). Il FMI chiede la liquidazione della banca, tendendo una mano al “nuovo” regime tunisino pieno al proprio interno di esponenti dell’ancient regime alcuni dei quali implicati in questi malaffari. Costo dell’operazione di liquidazione: 430 milioni di dinari, finanzierà la Banca Centrale della Tunisia, il governo, e le imprese pubbliche; cioé paga la collettività…
Subito dopo questo incontro, il 6 agosto 2016, “guarda caso” il parlamento tunisino approvava la nuova legge bancaria che oltre a prevedere il salvataggio di alcune banche come la STB, la BNA e la BDH prevedeva soprattutto che in futuro la Banca Centrale non potrà finanziare progetti volti a risanare il debito estero, ma cio’ dovrà essere finanziato solo da banche private e/o estere. Cioé per pagare dei debiti verranno contratti altri debiti.
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Per quanto riguarda invece il secondo incontro, la commissione era stata “inaugurata” già qualche giorno prima da una risoluzione dell’Unione Europea (che aveva già deciso quindi) che prevedeva un piano di azione concernente 70 articoli riguardanti disparati punti di intervento in Tunisia. Modello ripreso da “Tunisia 2020” e allargato ad altri investitori come dicevamo all’inizio. Si mette molta enfasi sulla “sicurezza” delle frontiere secondo la visione securitaria e militare dell’agenzia europea Frontex la cui azione sta di fatto provocando l’aumento della strage quotidiana di migranti nel Mediterraneo. Dall’altro lato negli ultimi mesi il ministero dell’interno tunisino ha intensificato la propaganda riguardante numerosi casi sventati di “immigrazione illegale” dalle coste tunisine verso l’Italia. La risoluzione infine propone un “Accordo di Libero Scambio Ambizioso” (ALECA). Si legge in un passaggio della risoluzione che questo accordo “dovrebbe contribuire a diffondere in Tunisia le norme europee nei campi dell’ambiente, della protezione dei consumatori e dei diritti dei lavoratori (!!!)”, il bue che dice cornuto all’asino… una parte interessante dell’ALECA riguarda il settore energetico. L’Unione Europea, data l’attuale crisi internazionale con il principale fornitore di energia, la Russia, e data la situazione molto instabile a cui ha anche contribuito in Libia, si preoccupa di aumentare gli introiti di energia dalla Tunisia. É stato appena “messo in sicurezza” inatti un nuovo collegamento tra Tunisia e Italia dalla capacità di oltre 1.000 megawatt. Si punta sul settore di estrazione del gas e del petrolio in cui ultimamente si stanno creando nuove joint venture tra imprese tunisine e straniere (anche l’Italia con l’Eni si é appena messa al lavoro in un campo petrolifero a Tataouine nell’estremo sud tunisino). Piccola parentesi, proprio per rimanere in tema oggi si é concluso uno sciopero di 3 giorni nei campi petroliferi di Sodeps, OMV, Medco e Nawara (tutti nella regione di Tataouine) in quanto non sono stati rispettati gli accordi salariali previsti, inoltre i lavoratori chiedono la reintegrazione di alcuni lavoratori licenziati…
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Come dicevamo questi due incontri orchestrati da FMI e UE hanno non solo tracciato la cornice del cosiddetto “Piano Marshall per la Tunisia” ma anche modificato il quadro legislativo del paese per favorire la penetrazione di capitale straniero sotto forme di IDE (investimenti diretti esteri) dai paesi imperialisti e dalle potenze regionali ricordate all’inizio come la già citata nuova legge sulle banche e la legge sugli investimenti.
Ma veramente c’é da attendersi un “rilancio dell’economia” e una “consacrazione del processo democratico” da tutto cio’? Crediamo proprio di no.
Circa il rilancio economico, basta consultare il sito ufficiale di Tunisia 2020 e dei ministeri interessati per rendersi conto che la maggior parte di questi investimenti annunciati pomposamente nella conferenza dello scorso Novembre sono diretti verso settori economici in cui più alta é la speculazione piuttosto che in settori produttivi: circa il 70% nel settore turistico e in quello immobiliare. Inoltre quasi il 94% dei finanziamenti sarà fornito da istituti finanziari internazionali i cui finanziamenti degli anni precedenti sono la causa stessa del debito estero tunisino che si propone di risolvere con questo “piano marshall”!
Inoltre per quanto riguarda il settore della sanità, solo 5 progetti saranno destinati al rinnovo o alla creazione di nuovi ospedali, tutto il resto é rivolto al cosiddetto “turismo della salute” come quello termale ecc. Infine si persegue il modello di “sviluppo” bourguibista che condanna il sud e l’interno del paese alla povertà: il 75% dei progetti é rivolto alla zona della capitale e a quella litoranea est (il Sahel). Quindi oltre agli annunci pomposi, si tratta di una nuova grande progetto di spartizione del mercato tunisino da parte dell’imperialismo che non prevede alcun beneficio per il popolo tunisino anzi che ne aggraverà le condizioni economiche già precarie.
Un documento scritto da “Collettivo dei Cittadini(ne) Tunisini(ne) per la Sovranità Nazionale” redatto dopo la conferenza internazionale sottolinea giustamente “hanno resuscitato i vecchi slogan, il vecchio mito: l’Investimento Diretto Estero ci porterà progresso e sviluppo. Innanzitutto abbiamo ancora bisogno di prove circa l’inefficacia politica dei buoni studenti del FMI? In realtà l’IDE é un peso sull’economia tunisina […] la Tunisia é in procinto di diventare un paradiso fiscale dove regna l’impunità per gli uomini d’affari ma continua ad essere un inferno per il suo stesso Popolo […] Se gli investitori saranno protetti dall’insostenibile immagine di un Popolo in lotta il 29 e il 30 Novembre 2016, verranno molto velocemente qui dove tenteranno di installarsi e non ci sarà tregua per nessun nuovo colono.” Collegandoci a questo ultimo passaggio andiamo al secondo punto, quello della democrazia… il governo ancor prima di finire il meeting contraddiceva la propria parola d’ordine di apertura della conferenza: il 29 Novembre una grandiosa manifestazione con migliaia di persone ha percorso le vie principali della capitale denunciando questo grande latrocinio continuo da parte dell’imperialismo e dei suoi agenti in Tunisia, abbiamo assistito alle scene di repressione che hanno ricordato i giorni della “rivolta popolare” con numerosi arresti. A cio’ si aggiungono i “piccoli” focolai quotidiani in tutto il paese, per citare l’ultimo nella città industriale meridionale di Gabés dove alcuni laureati disoccupati hanno vinto un concorso per essere assunti in un’azienda del gruppo chimico ma, come ai vecchi tempi, a concorso concluso sono stati cambiati i criteri di assunzione. I laureati disoccupati hanno quindi manifestato davanti la sede del Governatorato di Gabés e 15 di essi, tra cui due donne, sono stati arrestati e liberati solo dopo una settimana.
Riprendiamo infine dallo stesso documento del Collettivo citato poc’anzi: “Tra il 2011 e il 2014, 7.808 milioni di dinari sono stati investiti in Tunisia da parte di investitori stranieri, durante lo stesso periodo, le uscite dei dividendi hanno raggiunto quasi un miliardo di dinari. La fuga di capitali ha rappresentato tra il 1970 e il 2010 38,9 miliardi di dinari, quasi il doppio del debito nel 2010 (21,8 miliardi di dinari). Cioè, se lo stato avesse limitato la fuoriuscita (di questi capitali n.d.t.) di solo la metà, avremmo completamente rimborsato i nostri debiti esterni, ma la scelta è caduta sulla politica del debito e della liberalizzazione. Il 70% delle imposte sulle società raccolte tra il 2002 e il 2011 sono stati spesi per gli incentivi fiscali oltre a incentivi finanziari e altri benefici.” Queste cifre aiutano a capire come il regime tunisino, e in particolare dagli anni ’70 quando ha intrapreso una politica economica liberista, abbia un ruolo di subalternità all’imperialismo a spese del popolo e opprimendo quest’ultimo per schiacciare tutte le rivendicazioni di libertà e per una vita dignitosa, e c’é chi ancora parla di “transizione democratica” e di “unica primavera araba conclusasi con successo”!
La rivolta popolare del 2010/2011 é servita come buona esperienza per il popolo, adesso é il tempo di costruire tutti gli strumenti necessari per una Rivoluzione di Nuova Democrazia che risolva le attuali contraddizioni del paese.

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