venerdì 25 novembre 2016

pc 25 novembre - Torino - massima solidarietà ai migranti in lotta contro razzisti e polizia

Bombe carta e guerriglia a Torino. Il prefetto chiede aiuto all’esercito 

Centinaia di africani in rivolta: “Italiani razzisti, la polizia ci controlla e non ci difende”

E Renzi e il suo schifoso Ministro degli interni mandano ancora più polizia.
E il prefetto ma anche la sindaca grillina vogliono l'esercito

Cinquanta uomini dell’esercito. Secondo fonti vicine al Viminale sono le «risorse aggiuntive» che il Prefetto di Torino ha chiesto per presidiare 24 ore su 24 l’ex villaggio olimpico dove l’altra notte e ieri mattina sono scoppiate due rivolte. Una decisione maturata dopo l’incontro con la sindaca Chiara Appendino, per far fronte alle tensione che sta covando nel quartiere che accoglie centinaia di profughi.
“Ci chiamano scimmie, ci minacciano. 
grossi petardi da stadio lanciati contro gli immigrati che vivono nell’ex «Moi», il complesso di palazzi colorati costruiti per accogliere gli atleti dei giochi invernali del 2006, oggi rifugio per più di
mille africani. Domenica scorsa va in frantumi la vetrata di un locale storico degli ultras del Torino, a due passi dal villaggio. La colpa ricade su un africano che vive con la raccolta di ferri vecchi. È bastato questo per scatenare la vendetta di razzisti e fascisti vigliacchi come sempre. La risposta arriva mercoledì sera. Prima due petardi scoppiano davanti a una sala scommesse del Lingotto, a nemmeno duecento metri dal complesso del Moi. Poi, direttamente all’ingresso delle palazzine. «Un’azione militare», racconta chi si è affacciato ai balconi, spaventato per le esplosioni. Ci sono venti uomini, alcuni nascosti sotto sciarpe e berretti. Li vedono allontanarsi uniti da quell’angolo di strada, prima di sparpagliarsi.


Dentro all’ex Moi il giorno dopo la tensione in strada

Qui scoppia la reazione dei profughi. In trecento scendono in strada: spranghe in mano, pali della segnaletica gettati a terra, bottiglie lanciate in mezzo alla strada, «Degli italiani hanno aggredito uno di noi» dicono gli immigrati. In otto anni di occupazione sono i primi episodi ribellione. Nella mattinata sono poco più di cinquanta. Lanciano i cassonetti in mezzo alla strada. Di nuovo i bastoni in mano, come la sera precedente. Inseguono chi si trova a passare davanti alle palazzine. Un gruppo di donne getta gli ombrelli e scappa sotto la pioggia. Gli addetti dell’ufficio postale prospiciente, tirano giù le saracinesche, barricandosi dentro con i clienti. La stessa cosa fanno i bar. Anche il fuoristrada dell’esercito, da tempo presidio fisso davanti al Moi, è costretta a indietreggiare. Dopo poco tornano in forza polizia e carabinieri.«Sono giorni che ci provocano, minacciano con i coltelli i nostri amici», raccontava ieri un ragazzo del Ghana. «Aspettano che ci scappi il ferito, magari il mordo, per poterci cacciare via. Tutti quanti»....la voce dello sgombero si fa sempre più concreta. Il piano, hanno assicurato pochi giorni fa dal Municipio e dalla prefettura di Torino, sarà pronto entro la fine dell’anno. Ma sarà un «intervento graduale», preceduto da un censimento degli occupanti

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