lunedì 4 luglio 2016

pc 4 luglio - Dacca-imperialismo/ terrorismo.. come stanno le cose - anticipazione dal numero di luglio 2016 di proletari comunisti

DACCA

L'attentato di matrice integralista islamica di Dacca ha riacceso i fari su ciò che succede realmente in Bangladesh. Da tempo il Bangladesh è diventato uno dei centri dello sfruttamento degli operai da parte delle grandi multinazionali tessili.
Già l'orribile strage di Rana sempre a Dacca, dove ad aprile del 2013 un palazzo di otto piani crollò e morirono quasi 400 operai, che lavoravano in assenza delle più elementari condizioni di sicurezza e producevano capi per conto di multinazionali tra cui anche la Benetton, aveva mostrato quello che si cela dietro la grande industria tessile in Bangladesh. Dopo la strage di Rana gli operai hanno cercato di organizzarsi e di sviluppare una lotta per migliorare le loro condizioni di lavoro e di vita, ottenendo come contropartita repressione e arresti che hanno riguardato ogni genere di attivista politico di opposizione.

Le persone colpite nell'attentato del 1 luglio, pesci piccoli o grandi che siano, fanno parte dell'orribile mondo che produce questa condizione.
L'imperialismo italiano, attraverso le voci del suo governo, naturalmente non dice una parola su tutto questo e trasforma queste persone, imprenditori, ecc. in “martiri”.
I martiri sono ben altro. Il vero terrorismo nel mondo resta sempre e comunque l'imperialismo, italiano compreso.
Chiaramente a Dacca succede anche ben altro. Succede che la crisi internazionale e le faide interne alla classe dominante ha portato la situazione a un misto tra ingovernabilità e dittatura feroce; sia dietro il supersfruttamento degli operai e dei bambini operai, sia dietro la situazione generale in Bangladesh c'è il dilagare della miseria e della povertà che tocca uno dei paesi più popolosi del mondo, in una zona sempre più centrale del sud Asia, in cui cresce l'egemonismo indiano, l'alleanza India-Usa, con le classi dominanti del Bangladesh al loro servizio.
Una mistura che alimenta anche in quest'area l'odio e la ribellione che le forze integraliste islamiche più strutturate incanalano e il cui esito è anche una strategia degli attentati indiscriminati.

Ma, ancora una volta, l'imperialismo, le classi dominanti, la stampa internazionale nascondono la testa sotto la sabbia.
Negli ultimi tempi il governo del Bangladesh ha proceduto a 11mila arresti, perlomeno altrettanto indiscriminati come gli attentati, senza che nessuno nel mondo sollevi problemi del terrore di Stato e dei diritti umani.
Gli stessi autori dell'attentato hanno fatto nel corso dell'azione, come la stessa stampa riferisce, richieste ragionevoli. E la risposta è stata invece il blitz, col silenzio stampa e senza testimoni. Nessuno può ragionevolmente dire che i morti non siano dipesi dal blitz; così come tutto il fare misterioso del governo italiano, dell'ambasciatore italiano embedded delle forze armate reazionarie del Bangladesh, dice cose che non hanno effettive conferme.
E' utile qui ricordare che diversi blog internazionali, spesso ben informati e di fonte governativa già a proposito della strage di Orlando hanno detto che nessun morto vi era stato prima del blitz, ed è materialmente impossibile in quel caso che un singolo attentatore producesse un così alto numero di morti e feriti.

Ormai appare chiaro che è l'imperialismo, i suoi governi, i suoi regimi servi che hanno scelto la strada del massacro, senza testimoni e che quindi è ancora e sempre l'imperialismo che va posto sotto accusa.

Ma d'altra parte come risponde il governo italiano a questo? Da un lato senza dire una parola su quello che è realmente accaduto, così come senza dire una parola sulla natura particolare di questa presenza italiana in Bangladesh, facendo tronfie dichiarazioni sull'Italia che non si fa intimidire; e intanto manda i servizi segreti a fiancheggiare le forze della repressione del regime. Dall'altro sono ormai due giorni che il generale Bertolini, fino a ieri comandante del COI (comando operativo del vertice interforze) coordina le missioni all'estero del nostro paese, riempie i giornali di dichiarazioni con le quali chiede più fondi per la Difesa, più interventi militari, più partecipazione alla guerre: “Lo strumento militare tout court deve essere adeguatamente potenziato. Non possiamo più vivere nel “peace and love” la Difesa è una risorsa strategica, si continuano a ridurre le risorse, ma bisogna prendere atto che la realtà internazionale è cambiata ed è arrivato il momento di cambiare direzione”.
Siamo lungo la strada già tracciata dall'imperialismo americano 'Obama style' che, esaltando i raid americani coi droni che hanno prodotto recentemente 116 morti civili, parla di una inevitabile conseguenza”.

Nel caso del Bangladesh non è dato a nessuno il diritto di ignorare quella che è la vera natura della “fabbrica Dacca”, come lo stesso Corriere della Sera definisce il paese; così come ignorare analisi che descrivono abbastanza puntualmente come nelle popolazioni contadine del Bangladesh si consolidino due tendenze di fondo: quella della guerra popolare e quella naturalmente di altra natura rappresentata dall'integralismo islamico organizzato.
Quindi non c'è nessun network internazionale dell'Isis, arnese della propaganda imperialista, dietro la situazione determinatasi.
Lo stesso Simone Pieranni sul Manifesto scrive della peculiarità asiatica “Mentre in altre zone del mondo questo tipo di “radicalismo” ha successo per la disintegrazione delle unità statali e delle identità culturali, a causa delle devastanti guerre occidentali (imperialiste – bisogna semre dirlo, Pieeanni – ndr); nel Bangladesh non è direttamente la guerra ma la violenza sociale, lo sfruttamento manifatturiero dele multinazionali, le reiterate lotte politiche interne a creare un problema di disperazione”.
Pieranni, come altri della sinistra occidentale se la cava con la categoria della “disperazione”, quando evidentemente siamo di fronte invece a ribellione ora giuste ora disorientate, ora nelle grandi fabbriche delocalizzate, protagoniste di grandi sciopero, ora nelle campagne.

In Italia esiste una numerosa comunità di immigrati originaria del Bangladesh. E' importante da un lato difenderla dalla ordinaria e scontata canea razzista di Salvini e soci, ma dall'altra far sì che contribuisca a portare nel nostro paese la realtà effettiva del Bangladesh e di come “torni a casa” lo sfruttamento e il terrore imperialista.

proletari comunisti / PCm Italia 
luglio 2016 

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