mercoledì 30 marzo 2016

pc 30 marzo - NAPOLI - COSA C'E' DIETRO I LICENZIAMENTI DI ALMAVIVA

(Da CLASH CITY WORKERS)

[Napoli] Almaviva ci riprova. No ai licenziamenti dei lavoratori dei call center! Se toccano uno toccano tutti

Gli ingredienti sono esplosivi. Una multinazionale delle telecomunicazioni con ottomila dipendenti in Italia annuncia ben tremila esuberi (2990 ad essere precisi) in tre città (Roma, Palermo e Napoli) già martoriate dalla disoccupazione, e dopo anni e anni di profitti fatti, grazie tanto alla fatica di chi là dentro ci lavora, quanto agli sgravi e agli incentivi ricevuti dallo Stato (quindi anche da tutti noi): stiamo parlando di Almaviva e della lotta dei suoi lavoratori che rischiano di perdere il posto e lo stipendio.
La risposta dei lavoratori all'apertura della procedura di mobilità non si è fatta attendere e gli scioperi, i presidi, i volantinaggi, ecc. hanno caratterizzato, in tutte le sedi colpite (ma Palermo si è distinta per la vivacità, la costanza e la determinazione delle iniziative e dei blocchi stradali), le giornate immediatamente successive all'annuncio, prefigurando una lunga serie di dimostrazioni e proteste che accompagneranno i 75 giorni previsti (ma sono già meno mentre scriviamo) di incontri tra le parti.
L'obbiettivo di queste azioni è ovviamente, dappertutto, il ritiro dei licenziamenti e il mantenimento dei posti di lavoro.   b_300_0_16777215_00_images_01_documenti_articoli_2016_03_27_almaviva2.jpg
Come Camera Popolare del Lavoro abbiamo conosciuto i lavoratori della sede napoletana di questa azienda e supportato i loro primi   momenti di lotta. Dalla scorsa settimana, infatti, hanno messo in campo una serie di scioperi ad horas e, il giorno in cui è uscita la pessima notizia, si sono ritrovati ad essere accolti all'ingresso del posto di lavoro dalla guardiania (ah, i costi dell'azienda...!) e addirittura da qualche volante della polizia. Evidentemente, viste le “precauzioni”, la rabbia dei lavoratori non sembra così assurda agli occhi di chi, come Marco Tripi, a.d. dell'azienda, questi licenziamenti li ha decisi come
sempre guardando esclusivamente il portafoglio.
Abbiamo voluto dar voce alla protesta e alle rivendicazioni dei lavoratori anche attraverso il video qui sotto nel quale la situazione risulta piuttosto chiara dalle parole degli stessi dipendenti.
Nello specifico, qui a Napoli si prevedono 260 esuberi full-time equivalenti (Fte), corrispondenti a circa 400 persone in un'azienda che fa largo uso di lavoratori part-time; le motivazioni dell'azienda riguardano il margine diretto di produzione (cioè i ricavi del padrone meno il costo del lavoro) che, pur essendo tutt'altro che “in rosso”, evidentemente non soddisfa gli appetiti del gigante dei call center.
Una storia di sfruttamento che parte da lontano
Come ben sanno i lavoratori, la storia turbolenta di Almaviva Contact S.p.a. non inizia certo oggi e non è isolabile dal generale contesto di attacco ai diritti e alle condizioni che caratterizzano tanto il settore delle telecomunicazioni, che l'intero mondo del lavoro. Cercando di delineare il quadro nel quale si situa l'attuale “esplosione” è bene ricordare come questa azienda, da tempo leader nel suo campo, sia uno dei principali aggiudicatari dei servizi in outsourcing di aziende come Vodafone, Enel, Alitalia, Sky, Telecom, Wind, Poste Italiane, le quali, piuttosto che mantenere all'interno costi e responsabilità di alcuni dei loro servizi, in particolare quelli di customer service e di contatto con i clienti, preferiscono esternalizzarli, affidandoli ad aziende che sgomitano tra loro in gare al massimo ribasso (spesso per commesse proveniente dallo stesso settore pubblico!!!) in grado di garantire i profitti sia dei committenti che delle aziende di servizi alle imprese. Risparmi e profitti qua e là. Ma non sembrano tutti contenti a giudicare dalla rabbia dei lavoratori a rischio licenziamento e dal fatto che, in generale, in questi call center, vengono applicati contratti precari o, in caso di tempo indeterminato, con livelli medi professionali più bassi rispetto ai lavoratori delle aziende da cui provengono le commesse.
L'attuale legislazione italiana sul lavoro, sempre all'avanguardia nel far stare peggio i lavoratori e meglio “i Trupi della situazione”, genera le mostruosità con le quali stanno facendo i conti i lavoratori di Almaviva e non solo. In un settore già fortemente precarizzato, l'introduzione del Jobs Act ha spianato la strada ai rampanti nuovi appetiti di aziende pronte a usufruire e arraffare tutti i vantaggi, gli sgravi o gli incentivi che gli venivano offerti sul piatto come “contorno” dell'annullamento dei diritti dei lavoratori. In questa corsa ai profitti a tutti i costi, un'azienda come Almaviva, specialista in accaparramento di soldi pubblici e nell'utilizzo opportunista e spregiudicato degli ammortizzatori sociali, non poteva certo restare a guardare.
Stando alle parole dell'azienda, il problema è il costo del lavoro in relazione ai margini di guadagno che i nuovi sciacalli in giacca e cravatta ottengono sulla pelle e sulla fatica dei loro lavoratori; a fronte di ciò lo sciacallo Trupi vorrebbe ottenerli sui suoi 8000 dipendenti (o su qualcuno in meno, lasciando tutti gli altri in mezzo a una strada senza lavoro e magari sostituendoli dopo qualche mese con altre forze fresche che portano in dote l'essere nati sotto il segno del Jobs Act).
La situazione nazionale e le menzogne di Almaviva
La situazione di Almaviva sul piano nazionale è piuttosto articolata e ciò per volontà della stessa dirigenza. Le commesse per anni sono state distribuite in modo da creare perdite in alcuni siti e margini operativi in altri che risultano così ampiamente in attivo. La delocalizzazione interna ai confini nazionali è stata più volte messa in campo sia per aumentare i profitti che per poter mettere alla porta i lavoratori più combattivi. Per fare solo un esempio relativo alla vertenza attuale, al giorno d'oggi accade che l'azienda, pur sostenendo che c'è un esubero di lavoratori, contemporaneamente è in procinto di aprire in una delle sue sedi, Rende, vicino Cosenza, una nuova commessa, questa volta a firma Vodafone, nella quale verranno utilizzati 180 lavoratori interinali attualmente in formazione. Più che un esubero di lavoratori sembra ci sia un esubero di lavoratori leggermente più stabili e con ancora qualche diritto!
Per avere tutti gli elementi, è bene tenere presente che Almaviva dal 30 aprile 2013 ha iniziato a usufruire a livello nazionale dei Contratti di Solidarietà (CdS), usufruendo di tale ammortizzatore sociale per due anni come settore industria e per un anno come settore servizi. Tale misura sembra esser tutt'ora utilizzata non tanto per evitare licenziamenti ma più che altro per aumentare al massimo la flessibilità dei lavoratori, vista la revoca frequentissima in alcune sedi della CdS, l'utilizzo dello straordinario e la forte disparità di flussi di chiamate tra le varie sedi di Almaviva sul territorio nazionale. Adesso, la scadenza della CdS è alle porte e prevista per il 31 maggio e sembra questo il principale problema attuale di un'azienda che nel corso della sua esistenza ha fatto della capacità di succhiare soldi, sgravi e incentivi allo Stato una parte importante del suo brand. Il Governo questo lo sa bene e non è un caso che il ministro del lavoro, Giuliano Poletti (che già più volte ha dimostrato di essere il ministro solo di chi il lavoro lo sfrutta e non di chi lo va a fare tutti i giorni) ha annunciato la possibilità di offrire una serie di nuove agevolazioni ad Almaviva.
Ecco la vera eccellenza di Almaviva Contact S.p.a.: delocalizzare in giro per l'Italia al fine di intascare tutti i soldi pubblici che Governo e istituzioni locali offrono; licenziare e minacciare esuberi, a seconda di dove è possibile, invece, assumere prendendo sgravi e incentivi; non lasciarsi scappare le nuove opportunità di sfruttamento offerte dal Jobs Act ed essere molto attenta a far entrare i lavoratori più combattivi nella lista dei lavoratori “di troppo”. Non ci credete? Vediamo brevemente alcuni passaggi della storia di questa azienda.
Già nel 2000 Almaviva (che allora non si chiamava ancora così) usufruisce di sgravi contributivi dati alle aziende che assumevano nelle regioni considerate svantaggiate (Leggi 407/90 e 388/2000) aprendo sedi a Napoli, Palermo, Catania e entrando prepotentemente nel mercato grazie a soldi pubblici e ampliandosi sul territorio italiano negli anni seguenti anche attraverso alcune acquisizioni.
A seguito della forte battaglia dei lavoratori, nel 2007 Almaviva stabilizza circa 4000 lavoratori precari,dopo che l'Ispettorato del Lavoro dichiarò illegittimi i contratti di collaborazione coordinata e continuativa che venivano utilizzati per coprire forme di vero e proprio lavoro subordinato. Grande vittoria dei lavoratori, ma il Governo Prodi correrà in soccorso ai proprietari consentendo all'azienda di non pagare il pregresso che avrebbe dovuto dare ai suoi dipendenti. I lavoratori assunti sono così costretti a firmare una liberatoria per rinunciare a ciò che gli spetta prima della data dell'assunzione e, come se non bastasse, Almaviva, per tali regolarizzazioni alle quali, si badi bene, era stata costretta, intasca pure degli incentivi! Il mix di profitti e incentivi pubblici permette all'azienda di espandersi all'estero, dalla Tunisia al Brasile, ottenendo ulteriori enormi guadagni.
Anche la stabilizzazione dei lavoratori con contratto di somministrazione che avviene a Napoli e Catania, ma con inquadramento professionale inferiore alle altre sedi, tra il 2010 e il 2012, è determinata dalla possibilità per Almaviva di intascare incentivi statali e, nel caso di Napoli, per non farsi mancare nulla, anche regionali.
“Mmmh, e adesso? Come e dove prendere altri soldi?” Questa domanda assilla Tripi e i suoi e qualche risposta la trovano. “Beh, potremmo mettere in Cassa Integrazione i lavoratori di Roma (dalla cui stabilizzazione l'azienda aveva già preso incentivi, come abbiamo appena scritto) dicendo che manca il lavoro, che c'è carenza di chiamate. Ma se il lavoro non manca? Beh, allora si trasferisce la commessa più importante di quella sede da un'altra parte (tocca a Palermo questa volta) mentre, in maniera paradossale, chi non sta in Cassa Integrazione farà gli straordinari”. È proprio quello che succede.b_300_0_16777215_00_images_2016_03_27_almaviva3.jpg
 Ma non basta, nel 2012 vengono annunciati esuberi a Roma. Come mai? Beh, ma perché gli incentivi che  Almaviva prendeva a Roma stanno per finire e allora meglio passare tutte le chiamate alla sede appena aperta di  Rende. In questa sede si continua ad assumere centinaia di lavoratori precari mentre i lavoratori di Roma  passeranno in CdS. Indovinate il perché? Perché a Rende i lavoratori sono più precari rispetto alla regolarizzazione  ottenuta dalle lotte dei lavoratori romani e lì è possibile per l'azienda intascare, ancora una volta, i soldi a fondo  perduto del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.
 Per l'ennesima volta, quindi, i flussi di chiamate vengono inoltrate nelle sedi dove ci sono maggiori incentivi e\o  lavoratori più precari. L'azienda cambia il prefisso telefonico per mantenere le cifre dei suoi profitti. E le pedine di  questo gioco sono sempre i lavoratori!
Lo stato dell'arte dopo il Jobs Act
Arrivando alla situazione attuale, guarda caso Almaviva ha recentemente modificato l'inquadramento Inps, passandolo da industria a quello del settore terziario, che tra le altre cose gli permetterebbe di versare un minore costo contributivo in caso di licenziamenti. Inoltre, grazie al Jobs Act, eventuali nuove assunzioni darebbero ad Almaviva l'accesso a forti sgravi fiscali per lavoratori con meno diritti. Dato il nefasto curriculum di Tripi e delle sue manovre, tutto lascia supporre che non si lascerà scappare questa occasione per sostituire i lavoratori, intascare soldi e sfoltire l'organico in una sola mossa che gli permetterebbe di partecipare successivamente alle gare di appalto con offerte più basse. Male che vada ci penserà il Governo a cedere al ricatto versando nuovi contributi nelle tasche di Almaviva per evitare (fino alla prossima scadenza) i licenziamenti o una parte di essi. Se nel frattempo si riescono a peggiorare le condizioni di lavoro e a ottenere qualche altro spicciolo o “aiutino” dallo Stato, con il coltello del licenziamento alla gola di 3000 persone, di sicuro Tripi sarà contento.
Ribadiamolo ancora una volta, mentre Almaviva crea volutamente esubero di lavoro in alcune delle sedi (mentre assume a zero diritti in altre), utilizza la CdS per rendere totalmente flessibile a seconda dei carichi di lavoro i suoi operatori. Poco prima che scada l'ammortizzatore sociale mette in mezzo alla strada i lavoratori aspettando di prendersi altri soldi dallo Stato, magari peggiorando nel frattempo le condizioni di lavoro, licenziando i lavoratori per poi assumerne altri con i vantaggi del Jobs Act e aumentando tutto felice il proprio “margine diretto di produzione”. Il tutto sotto lo sguardo dei grandi committenti, pubblici e privati, felici di poter continuare a risparmiare e fare profitti nell'affidare parte dei loro servizi a prezzi più vantaggiosi.
Come si è cercato di dimostrare con la breve e appena accennata cronistoria delle spietate strategie di Almaviva, la situazione è endemica e le responsabilità sembrano essere ben distribuite tra azienda e Governo. Una vera e propria “associazione a delinquere” tra un'azienda che sposta arbitrariamente i flussi di chiamate dove lo Stato mette i soldi, che ottiene anche per questa sua capacità commesse private e pubbliche al massimo ribasso, che minaccia di licenziare i lavoratori a meno che non ci siano altri soldi da mangiare e che è pronto a cominciare da quelli previsti dal Jobs Act nel caso di nuove assunzioni di lavoratori con il nuovo contratto con il quale ti posso licenziare appena le tue (misere) tutele accennano ad essere crescenti o appena tenti di far valere i tuoi diritti (pratica che Almaviva ha già dimostrato di non disdegnare affatto). Vodafone, il Governo, Almaviva, Tripi, Poletti, Poste Italiane, Enel, Gepin Contact, Alitalia, Telecom, Wind, Enel, tutti contenti! Noi no!
I lavoratori no, già quotidianamente sottoposti allo stress e alla pressione del loro lavoro e periodicamente esposti ad un carico ulteriore di stress e pressione per il rischio di perdita dello stesso. Sarebbe logico che tali lavoratori fossero internalizzati dalle aziende committenti (cosa perfettamente coerente data l'importanza e l'imprescindibilità strutturale di tali servizi per le aziende-madri) e ciò permettere ai lavoratori un livello di ricattabilità e precarietà minore rispetto a quello tipico della giungla dei servizi ICT in outsoucing. Ma il Governo preferisce regalare soldi ai padroni delle multinazionali dei call center.
La lotta dei lavoratori Almaviva ci ha già insegnato negli anni che è possibile contrastare le manovre dell'azienda pur in una situazione di ricatto feroce, mantenendo posto di lavoro e tentando di migliorarne le condizioni. La vicenda dell'azienda Almaviva, dall'altro lato, ci insegna come sia parziale il ragionamento contro le “sedi straniere” e le delocalizzazioni all'estero. Esistono aziende in grado di fare miriadi di delocalizzazioni interne agli stessi confini nazionali e capaci così di sfruttare il differente costo del lavoro e i “regali” dei governi nostrani. Pur restando nei nostri confini continuano, così, a mettere gli uni contro gli altri lavoratori delle diverse sedi o delle diverse aziende.
Per tutti questi motivi come Camera Popolare del Lavoro di Napoli saremo al fianco dei lavoratori nelle prossime scadenze di lotta per evitare a tutti costi i licenziamenti, per contrastare i peggioramenti delle condizioni di lavoro e ulteriori rapine di soldi pubblici da parte di una azienda che usa le casse dello Stato come un bancomat personale. Per denunciare le pratiche di una multinazionale che privatizza i profitti e socializza le perdite, puntualmente, a ogni scadenza di ammortizzatore sociale.
Dato il quadro complessivo della battaglia e le difficoltà per i lavoratori che caratterizzano il settore, riteniamo entusiasmante la solidarietà espressa da altri lavoratori, come quella dei dipendenti napoletani del call center Assist e sopratutto la decisione di unire in corteo, il prossimo 30 marzo, la vertenza dei lavoratori Almaviva con quella dei lavoratori della Gepin Contact di Casavatore con 250 lavoratori licenziati a causa della fine della commessa da parte di SDA Express Courier del gruppo Poste Italiane.
L'appello alla partecipazione lanciato dai lavoratori in lotta si rivolge a tutti e riguarda tutti.
Nessun licenziamento! Se toccano uno toccano tutti!
Il lavoro c'è, quello che manca sono i diritti!

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