venerdì 25 marzo 2016

pc 25 marzo - CONTINUA L'IMPORTANTE LAVORO DI RICERCA SU "DONNE E RESISTENZA" DEL MFPR


Quante sono state le donne che hanno partecipato alla Resistenza?
I dati ufficiali:                                                                         
-          35.000 partigiane, sappiste e gappiste
-          512 comandanti e commissarie di guerra
-          4.633 arrestate, torturate, condannate dai tribunali fascisti
-          2750 deportate in Germania
-          623 fucilate e cadute in combattimento
-          1.750 ferite
-          70.000 organizzate nei Gruppi di Difesa della Donna
Dati ufficiali che si discostano in maniera significativa dalle considerazioni di Arrigo Boldrini- famoso comandante- nome di battaglia Bulow- della guerra di Liberazione ed esperto militare che ebbe a dire: “ Se in un esercito normale il rapporto fra combattenti e addetti ai servizi è di uno a sette, nella guerra partigiana è di uno a quindici; intorno a ogni patriota ci sono quindici persone che in grande maggioranza sono donne”(3)
Il dato numerico è straordinario in sé, come straordinario, e contro la vulgata che vorrebbe le donne spinte da spirito materno, è il ruolo delle donne, già dai primi giorni.

Come giustamente ricostruito (4), dopo l’8 settembre i soldati, sbandati, senza direttive, in tantissimi abbandonano le divise e tentano di tornare a casa evitando treni e strade per non imbattersi nei
tedeschi che, intanto, avevano avuto tutto il tempo per riorganizzarsi e rastrellavano gli uomini da mandare a lavorare in Germania. Sono le donne che si rendono conto della situazione e li nascondono, forniscono abiti civili, in qualche modo “danno indicazioni”, nello smarrimento generale. La parola d’ordine “basta con la guerra” accomuna da nord a Sud, militari e civili, soprattutto le donne che, in tantissime sono rimaste da sole con i vecchi e i bambini“.
A Castelfranco Emilia circa mille marinai, provenienti da La Spezia, trovano al loro passaggio ai lati della via Emilia donne munite di abiti borghesi, scarpe e viveri. A Sassuolo, in piazza della Libertà, i tedeschi avevano concentrato i militari prigionieri, circondandoli con mitragliatrici:le donne non esitano, passando tra i tedeschi e le mitragliatrici per raggiungere i militari, a incoraggiarli a tentare la fuga..”(4)
Come mai tante donne?
Il fascismo aveva rappresentato per le donne un “ritorno indietro”: dalle affermazioni sulle “caratteristiche” delle donne alla doppia morale, sul loro ruolo nella società: o madri prolifiche, successivamente meglio se di morti in guerra o strumenti di piaceri del maschio fascista; ma è soprattutto con leggi apertamente discriminatorie, in primis sul lavoro, verso le donne che si dà applicazione pratica a queste concezioni, ricacciando le donne nel “focolare” e verso una condizione di sempre maggiore oppressione. Insomma, l’oppressione aumenta la ribellione: “..Si può avanzare l’ipotesi che, poiché qui le leggi fasciste si erano sommate a una tradizionale arretratezza culturale, a una borghesia più reazionaria e a una Chiesa più potente – che nella sottomissione della donna trovavano ciascuno il suo tornaconto - proprio il maggior peso dell’oppressione abbia provocato la maggiore ribellione..” “..E’ facile perché..Perchè il fascismo alle donne, non aveva proprio nulla da offrire, mentre c’era da temere che gli restasse sempre ancora qualcosa da togliere..”(2).

In tutti i lavori su donna e Resistenza si mette in evidenza come le donne abbiano scelto di partecipare alla Resistenza, andando spesso contro genitori, mariti, vicini e/o, spesso, nascondendo la vera attività che svolgevano fuori casa. Ma si coglie che tante sono state le motivazioni, la spinta iniziale: motivazioni di classe, lo sdegno per le persecuzioni degli ebrei, la solidarietà umana, l’aspirazione, forte, a un mondo diverso senza discriminazioni, migliore per le donne, senza sfruttamento…ma comunque già per se stesso un fatto dirompente. La partecipazione fa maturare rapidamente, insieme alla preparazione politica e teorica che sarà impartita dalle “vecchie” militanti, anche le regole della clandestinità. Soprattutto se si pensa al clima di terrore instaurato dai nazifascisti che significava carcere, torture, stupri, deportazione nei campi di concentramento, morte.
Quel che è certo che non fu un gruppo ristretto di donne a partecipare, ma, in mille forme, contribuendo in vario modo perché tutto è indispensabile, un numero enorme: la rete di informazioni sui movimenti del nemico, l’organizzazione delle fughe dagli ospedali e dalle carceri, la cura dei feriti, l’approvvigionamento, il trasporto di viveri e armi, il sostegno alle famiglie dei deportati, dei prigionieri politici, informare le famiglie dei lutti, portare direttive..
Un altro aspetto da tenere in considerazione è lo sviluppo ineguale che si è avuto nelle diverse regioni della Resistenza, ma anche la durata dell’occupazione nazifascista, oltre che una diversa coscienza nelle regioni in cui si erano sviluppate le lotte contadine ed operaie. La partecipazione per un più lungo tempo, la consuetudine con le lotte e l’organizzazione hanno permesso di sviluppare una maggiore coscienza, come appare bene dalle testimonianze nelle diverse Regioni. E, allora, cosa furono i Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti per la libertà, quale ruolo, attività svolsero?
Intanto, la scelta del nome creò più di una perplessità, soprattutto non si comprendeva la necessità di un’organizzazione specifica delle donne (ancora oggi sentiamo ”quando si lotta si lotta per le donne e gli uomini”, in una visione idealista – vedi in proposito La scintilla dello sciopero delle donne a cura del mfpr), ma anche perché sembra voler relegare le donne a un ruolo “di genere” o a un lavoro trasversale di donne appartenenti ad organizzazione diverse. Viene, invece, ben accolta dalle più giovani e dalle donne non appartenenti a un partito, perché dà loro la possibilità di partecipare in modo concreto ed, appunto, organizzato, visto che spontaneamente e/o a piccoli gruppi tante donne già si erano mobilitate. Diventerà, inoltre, la base per sviluppare - con non poche “defezioni”- una piattaforma  sui problemi specifici delle donne per il dopo Liberazione.

Dal citato  Rapporto che ricordiamo è stato redatto nel corso della Resistenza, già, questo, basta a rendere conto della rete clandestina efficientissima, dell’enorme lavoro svolto in condizioni proibitive: “Nel novembre 1943(a Milano, ndr) si riunirono alcune donne (Giovanna Barcellona, Giulietta Fibbi e Rina Picolato comuniste; Laura Conti e Lina Merlin socialiste; Elena Dreher e Ada Gobetti, azioniste (4)), appartenenti ai vari partiti aderenti al CLN, per gettare le basi di una organizzazione femminile, unitaria e di massa. Venne così elaborato ed approvato il programma dei “Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà”;…..
L’organizzazione che stava per sorgere doveva essere aperta alle donne di ogni ceto sociale: operaie, impiegate, massaie, intellettuali e contadine, alle donne di ogni fede religiosa e di ogni tendenza politica e a tutte le donne senza partito, persuase di unire le loro forze nella lotta contro i tedeschi e i traditori fascisti, disposte a dare la propria opera per la liberazione della patria e decise a far valere le proprie rivendicazioni.
I compiti fissati erano i seguenti: organizzare nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole e nelle campagne la resistenza alle violenze tedesche, il sabotaggio della produzione, il rifiuto dei viveri agli ammassi, raccogliere viveri, denaro, indumenti per i combattenti della libertà ed aiutarli in ogni modo; assistere le famiglie dei partigiani, dei fucilati, dei carcerati, degli internati in germania e tutte le vittime della reazione nazifascista.
Inoltre, si doveva esigere con gli scioperi, con le fermate di lavoro, e con le dimostrazioni di massa: l’aumento delle razioni alimentari insufficienti a garantire il minimo indispensabile alla vita; l’aumento dei salari adeguato all’aumento del costo della vita; l’alloggio alle famiglie degli sfollati e dei sinistrati; i combustibili, i vestiti, le scarpe; i locali necessari per le scuole, il loro riscaldamento, e le refezioni, i vestiti e le scarpe per i bimbi, la proibizione del lavoro a catena, del lavoro notturno, dell’impiego nelle lavorazioni nocive; un salario uguale, per un uguale lavoro, a quello degli uomini; delle vacanze sufficienti e l’assistenza nel periodo che precede e segue il parto…

ATTIVITA’ SVOLTA
Le difficoltà causate dalla situazione esistente, i vent’anni di fascismo durante i quali fu negato alla donna il diritto di partecipare alla vita politica, la necessità di osservare le più strette norme cospirative, rendevano oltremodo difficile il nostro lavoro, inoltre gli elementi più sicuri e capaci svolgevano altra attività politica... La prima campagna iniziata dai gruppi fu quella delle mondariso e la preparazione dell’8 marzo….
Nei grandi scioperi del marzo 1944 i Gruppi erano già presenti, benchè in numero ristretto, nelle principali fabbriche e seppero tenere degnamente il loro posto accanto alle altre organizzazioni di lotta… I Gruppi furono presenti e attivi in tutte le agitazioni, in tutti gli scioperi. Per una settimana le donne di Parma manifestarono e si scagliarono contro i carnefici dei patrioti riuscendo così a salvare dalla morte alcune decine di giovani italiani. Qui si ebbero le nostre prime vittime. A Forlì durante una dimostrazione fu uccisa una madre di cinque figli e ferita gravemente un’altra madre di tre bambini. Queste donne chiedevano pane per sfamare i loro bambini
Fu poi organizzato il grande sciopero delle mondine, sciopero vittorioso al quale partecipavano più di diecimila donne.
Ovunque le aderenti alla nostra organizzazione hanno tenuto valorosamente il loro posto di lotta. Nelle fabbriche, delegazioni femminili hanno chiesto ai padroni: viveri, vestiti, scarpe, carbone e legna, aumenti di paghe e miglioramenti delle mense aziendali. Le nostre donne sono state attivissime e piene d’entusiasmo e spesse volte esse riuscivano a scuotere l’apatia di certe masse maschili e a trascinarle nella lotta
Nel mese di settembre fu inviata al cardinale Schuster una lettera che ha riscosso l’approvazione e la firma di diecimila donne milanesi, lettera che chiedeva l’intervento del cardinale contro le deportazioni di donne in Germania.
Nel mese di novembre a Schio delle giovani ragazze venivano aggredite da militi ubriachi e veniva loro usata violenza.
Sparsasi la notizia, il giorno dopo, i Gruppi di difesa, d’accordo col Comitato d’agitazione delle fabbriche, dove le ragazze lavoravano, proclamavano lo sciopero di protesta per l’inaudita violenza, reclamando il castigo dei delinquenti. Tutte le fabbriche della città aderirono allo sciopero che divenne così generale assumendo il carattere di grande manifestazione antifascista.
Lo sciopero durò due giorni e cessò solo dopo aver avuta l’assicurazione che i colpevoli sarebbero stati puniti. (grassetto a cura del r.)
Casi analoghi avvennero in altri luoghi.

Le manifestazioni di piazza per reclamare viveri sono state e sono numerose. In questi ultimi tempi poi, in alcuni posti esse assumono un carattere veramente insurrezionale.
A Torino le donne si recano in gran numero al Doche- Dora e alla Venchi – Unica per reclamare zucchero che viene loro concesso e si recano dal prefetto chiedendo viveri e combustibili. Assalgono poi vari depositi di legna e di carbone.
Anche a milano e provincia delegazioni femminili, appoggiate da centinaia di donne si recano ai municipi e alle prefetture reclamando il necessario per vivere.
Durante l’ultimo sciopero generale del mese scorso, al quale hanno partecipato compatte le maestranze di oltre cento fabbriche milanesi, le nostre organizzazioni non solo hanno aderito allo sciopero con entusiasmo, guidando le masse femminili, ma hanno parlato a folle di popolo: nelle fabbriche, nelle mense rionali, sulle piazze, al “Corriere della Sera” ecc. spiegando alle compagne di lavoro che lo sciopero aveva questo significato: esigere senza indugio pane, viveri, la cessazione del terrore nazifascista, la liberazione dei prigionieri politici, il ritorno dei fratelli e delle sorelle deportate nell’interno della Germania.
Il 14 aprile i Gruppi organizzano una manifestazione di donne e di popolo nelle piazze. Dai vicoli e nelle piazze della città le donne gridano il loro basta contro l’affamamento e gli affamatori mentre i patrioti armati di mitra sono schierati pronti a difenderle. Circa mille e cinquecento donne hanno partecipato alle manifestazioni.
Ma in modo particolare è in Emilia che i gruppi organizzano quasi tutti i giorni delle manifestazioni che si concretizzano con l’ assalto agli ammassi ed ai magazzini di viveri destinati ai tedeschi e ai fascisti.
Tutti i viveri vengono poi distribuiti, in modo equo, a tutta la popolazione, da commissioni femminili nominate dalle dimostranti.
In certi paesi del bolognese le nostre dirigenti sono divenute coi CLN le vere autorità riconosciute dal popolo. Esse dirigono ospedali e ospizi di vecchi, organizzano in unione agli altri organismi di massa le cooperative, e provvedono alla distribuzione di viveri, legna ecc.

GRANDI MANIFESTAZIONI POLITICHE
I novembre – La manifestazione organizzata dai Gruppi per rendere omaggio agli eroici fucilati è riuscita in ogni luogo in un modo grandioso e commovente. In quei giorni, tante e tante donne hanno sfilato dinnanzi alle tombe dei cari caduti, ed ogni fiore che esse deponevano era accompagnato da una promessa. Promessa di continuare la lotta per vendicarli e vincere…
Settimana pro partigiano – Nelle vallate prossime alle zone partigiane, le contadine si sono molto prodigate nell’assistenza ai patrioti, ricoverandoli nelle loro case, curando i feriti e gli ammalati, fornendoli di tutti i viveri necessari, sfidando coraggiosamente il terrore e la brutale reazione nazista e fascista. Le donne di città hanno sempre aiutato e aiutano con grande entusiasmo tutti i partigiani: hanno raccolto viveri, denari, indumenti, confezionano maglie, calze, guanti ecc. Questa attività non è mai cessata, ma si è maggiormente sviluppata e ha preso carattere di grande manifestazione politica in occasione delle varie “settimane pro partigiano” organizzate in ogni città e in ogni paese. Le donne italiane hanno in tale occasione scritto ai volontari della libertà centinaia di lettere per far sentire di quanto affetto e di riconoscenza sono circondati.
All’inizio di questa settimana pro partigiano nei luoghi di lavoro, nelle officine, negli uffici ecc. gli operai, gli impiegati, i tecnici e le donne, i giovani hanno sospeso il lavoro per alcuni minuti ricordando in silenzio e a capo scoperto gli eroici caduti nella lotta per la liberazione della patria.
Furono esposti nei reparti fotografie di caduti ornati di fiori e del tricolore e sulle torrette di alcune fabbriche vennero messi grandi cartelli inneggianti i partigiani……
Migliaia e migliaia di manifestini sono stati distribuiti con lanci per le strade, grandi manifesti affissi ai muri della città annunciavano ogni giorno l’ elenco degli oggetti offerti…

IL NATALE DEL PARTIGIANO (Natale rosso) – Migliaia e migliaia di pacchi sono stati inviati ai partigiani, portati dalle nostre donne alle loro famiglie, ai carcerati, e a tutte le famiglie colpite dalla reazione nazifascista. Si è poi pensato in modo speciale ai bambini.
Alcuni orfani, figli di fucilati, sono stati adottati dai Gruppi di fabbrica che provvedono al loro mantenimento, alla loro istruzione, all’ assistenza ecc. Tutti i bambini delle vittime nel giorno di Natale sono stati ricordati; ognuno ebbe il suo pacco contenente dolci, giocattoli, indumenti, libri ecc…

GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA – La celebrazione di questo giorno è svolta in una atmosfera di giubilo per la vittoria dell’esercito rosso e delle armate angloamericane sul suolo tedesco. Le donne italiane hanno fatto dell’8 marzo una giornata di mobilitazione e di lotta di tutte le forze femminili antifasciste ed antitedesche. All’appello e sotto la direzione dei Gruppi di difesa della donna, in tutte le città, nei grandi e nei piccoli centri, tutte le operaie, le impiegate, le casalinghe e le intellettuali, sono scese in campo agitando tutte le rivendicazioni immediate contro la fame e le violenze nazifasciste.
In questo giorno sono state ricordate tutte le donne cadute eroicamente sulla breccia e le combattenti che lottano clandestinamente, sfidando ogni giorno la deportazione, il carcere, le torture ed anche la morte.
A Milano alcune centinaia di donne si sono recate al cimitero ricoprendo di fiori le tombe dei nostri eroici caduti. I mazzi di fiori erano legati con nastro tricolore portando i nomi dei Gruppi di difesa della donna. Dopo qualche minuto di raccoglimento e fra la commozione di tutti i presenti un’ aderente lesse l’elenco delle nostre eroine cadute per la liberazione dell’ Italia e commemorò tutte le vittime.
Un’altra donna prese pure la parola incitando alla lotta; un cieco vittima del fascismo, presente alla manifestazione, volle prendere la parola. Mentre parlava copiose lacrime scendevano dai suoi occhi spenti, suscitando ancora più la commozione dei presenti.
Sempre a Milano, una grande manifestazione avvenne alla prefettura ed alla SEPRAL, dove centinaia di donne reclamavano viveri e combustibili. “Siamo la rappresentanza di tutte le donne milanesi”, esse dissero, “vogliamo viveri perché abbiamo fame e della legna perché manca il gas.”
Le donne si batterono coraggiosamente contro il prefetto e i dirigenti della SEPRAL che cercavano di calmarle e lasciarono gli uffici solo in seguito alla promessa che sarebbe avvenuta subito una distribuzione di viveri.
Quasi in tutte le fabbriche vi furono alcune ore di sciopero e la presentazione a mezzo di delegazione, di rivendicazioni salariali; distribuzione di manifestini che spiegavano il significato dell’8 marzo, affissione di manifestini con i nomi delle eroine cadute e grandi cartelli con le scritte a stampatello inneggianti alla giornata della donna, ai Gruppi di difesa, ai partigiani.
In alcune fabbriche furono esposte fotografie di donne fucilate, con la dedica: “Gloria e onore alle eroine cadute”. L’ esposizione è durata tre ore e durante tutto questo tempo due aderenti ai “Gruppi della donna”, a turno, con i nastri tricolori puntati sul petto, montarono la guardia d’ onore. Tutte le maestranze riverenti e commosse hanno sfilato dinanzi alle fotografie. Gli stabilimenti furono imbandierati un po’ dappertutto. Bandierine su ogni macchina, sugli orologi dei reparti, nastri tricolori sui capelli e sul petto delle donne. Furono raccolte somme a favore dei Gruppi e del nostro giornale “Noi donne” e pro partigiani.
In vari stabilimenti nostre aderenti, venute da fuori, hanno parlato alle maestranze, nei refettori e nei reparti, sollevando ovunque vivissimo entusiasmo.
I comizi terminavano al canto di inni e inneggiando ai Gruppi di difesa della donna. Anche a torino ebbero luogo manifestazioni al cimitero e nelle fabbriche. Così in Liguria, in Emilia, veneto e dovunque, l’ 8 marzo è stato per le donne dell’ Italia occupata un giorno di lotta contro i nemici della patria.
(della manifestazione al cimitero di Torino abbiamo riportato sopra).

ASSISTENZA
L’ assistenza è uno dei compiti più importanti della nostra organizzazione.
In un primo tempo l’assistenza veniva praticata quasi tutta attraverso ai vari partiti e solo in piccola parte a mezzo delle organizzazioni femminili e dei comandi militari. Ora quasi tutto il lavoro assistenziale è svolto dai Gruppi di difesa: assistenza morale e materiale alle famiglie colpite dalla reazione, assistenza sanitaria alle famiglie sussidiate, distribuzione di generi vari oltrechè di denaro ai più bisognosi (scarpe, indumenti, viveri ecc.). Nostre insegnanti si prestano a dare lezioni ai bambini che ne abbisognano, offrendo loro libri e quaderni. E’ svolta inoltre l’assistenza ai carcerati con l’invio di pacchi, denaro, scambio di lettere tra famiglie e carcerati.
Per pasqua erano stati inviati ai carcerati pacchi collettivi. A Milano per esempio furono inviati cinquantasei pacchi contenenti ognuno cento ravioli, due salami, diciotto uova sode, cinque pacchi di sigarette, un chilogrammo di formaggio grana, tre etti di burro, due etti di sale, quattro etti di zucchero, tre colombe dolci da mezzo chilogrammo l’una, un vaso di marmellata, un vaso estratto di carne. La merce in alcuni posti è stata offerta dal CLN ed i pacchi confezionati dalle donne dei Gruppi. Sempre per opera dei gruppi in varie località viene svolto abbastanza bene il servizio postale fra partigiani e famiglie.
Si aiutano poi i malati e i tubercolosi ritornati dalla deportazione in Germania. Ormai tutti i partiti apprezzano l’attività e il grande lavoro svolto dalla nostra organizzazione nel campo dell’ assistenza. Si riconosce che tutti i compiti assistenziali devono essere affidati a questo organismo femminile che ha già dato tante buone prove. Ogni mese milioni e milioni di lire vengono distribuite in modo equo fra migliaia di famiglie.

VOLONTARIE DELLA LIBERTA’
Già prima che si costituissero le brigate e i distaccamenti delle “Volontarie della libertà”, per iniziativa dei Gruppi, le donne lavoravano attivamente con le organizzazioni armate (partigiani, GAP, SAP, ecc.) come infermiere nelle formazioni, staffette, portaordini ecc.
Il primo distaccamento si è costituito in Piemonte sei o sette mesi fa. Composto di spose, di mamme e di sorelle di partigiani.
Le componenti questo distaccamento che lavoravano sulla montagna accanto alla II brigata Garibaldi, “Giambone”, avevano vari compiti: qualcuna funzionava come collegatrice o staffetta, ma in maggioranza esse davano la loro opera come cuoche, lavandaie e stiratrici.
In Liguria, poco dopo, furono costituite tre brigate cittadine di SAP femminili con i nomi di “Alice Noli” prima donna genovese fucilata; “Irma Bandiera”, fucilata a Bologna; “Anita Garibaldi”. Gruppi di volontarie funzionano poi in Piemonte, in Lombardia, in Emilia ecc. In questi ultimi tempi si stanno organizzando pronte a partecipare all’attacco finale. Le volontarie sono inquadrate in squadre di pronto soccorso di sanità, in squadre per il recupero di armi e munizioni, per i tagli dei fili telegrafici, per asportare pali indicatori tedeschi e per il lancio di chiodi sulle strade camminabili. Vi sono delle squadre di informatrici, staffette, collegatrici. Abbiamo alcune commissarie politiche nelle formazioni partigiane.
Delle audaci volontarie hanno portato via dagli ospedali i partigiani feriti che erano in attesa di essere fucilati. In alcuni posti se li sono caricati sulle spalle, non potendo i feriti camminare, trasportandoli in luoghi più sicuri.
Le nostre volontarie espongono continuamente la vita e lo fanno con grande coraggio. Sovente vengono elogiate e citate all’ ordine del giorno per atti d’audacia e abnegazione.
Molte di esse arrestate e torturate si sono comportate magnificamente non pronunciando una parola che potesse recar danno alle loro compagne e all’organizzazione. Fra di esse vi sono delle fanciulle come Edera Francesca (19anni), la Irma Bandiera, le sorelle Arduino e tante altre, delle spose e delle mamme come la Clelia Corradini, Alice Noli ecc., che lasciarono dei bimbi in tenera età, e vi sono delle donne come la Binda Teresa, una vecchia mamma di 70 anni, fucilata perché riforniva di viveri il figlio partigiano e i suoi compagni.
Le nostre eroine cadute raggiungono già un numero rilevante: Edera Francesca, Irma Bandiera, Alice Noli, Clelia Corradini, Binda Teresa, Sante Adele, Negri Ines, Paola Garelli, Franca Lanzoni, Arduino Libera, Arduino Vera e tante altre delle quali non abbiamo ancora i nomi.

STAMPA E PROPAGANDA
Il giornale nazionale è “Noi Donne”; il primo numero è uscito nel mese di marzo del 1943. Nel 1944 sono usciti dieci numeri e due numeri speciali dedicati alle Volontarie della libertà. Quattro numeri sono stati redatti quest’anno (1945), un numero speciale è stato dedicato alla giornata dell’8 marzo.
Come tutte le agitazioni, gli scioperi, le manifestazioni sono state dirette alla lotta contro i nazifascisti, così anche la linea del giornale ha avuto la stessa impronta. Vi era chi pensava che si potesse pubblicare maggiormente articoli programmatici e educativi, noi eravamo invece convinte che si dovesse mantenere ad esso il suo principale carattere di agitazione e di battaglia. Infatti “Noi Donne” ha finora questo specifico carattere. Dai primi numeri in poi il giornale ha sempre migliorato specialmente ora che ha la collaborazione delle donne di tutti i partiti. Le nostre aderenti inviano spesso corrispondenze e articoletti.
Nelle regioni noi inviamo gli articoli dattilografati e il giornale viene poi riprodotto e stampato o ciclostilato secondo le possibilità tecniche del luogo. Agli articoli e alle notizie che noi inviamo ognuno aggiunge il notiziario e le corrispondenze locali. Altri giornali vengono poi pubblicati nelle varie regioni. A Torino (“La difesa della lavoratrice”, che tratta specialmente i problemi sindacali); a Genova (“Le donne in lotta”); in Emilia (“Le donne in lotta” e “La rinascita della donna”); nel Veneto (“La donna friulana”); a Milano (“Bollettino” per le organizzate e la rivista del centro studi “Il pensiero femminile”).
Tutti questi periodici seguono i caratteri e gli scopi dell’organizzazione, cioè: unità delle forze femminili, lotta accanita contro gli oppressori, lotta per la libertà e la democrazia.
L’organizzazione è intervenuta nei villaggi e nelle città con migliaia di manifestini, di volantini ciclostilati, dattiloscritti, stampati che hanno volta per volta invitato la massa femminile a dimostrare: contro i tedeschi e i fascisti a causa dei bombardamenti aerei della città, contro le deportazioni in Germania di operai e operaie, contro le rapine della nostra produzione, per l’aumento delle razioni viveri e delle paghe, contro gli ammassi, per l’appoggio ai renitenti e disertori, per il sabotaggio della produzione bellica, contro il terrore e i massacri. Manifestini furono diretti alle operaie, alle massaie, alle contadine, alle intellettuali, alle mamme per tutte le questioni economiche e politiche, per preparare la campagna delle mondine, per incitare tutte le donne alla campagna contro il freddo e la fame, per esaltare la cnquista del voto delle donne, per l’aiuto ai partigiani e alle vittime della reazione.
Anche nelle regioni e provincie i comitati locali e spesse volte anche i singoli settori hanno per proprio conto parlato alle donne attraverso la stampa. Non sempre però ci è stato possibile fare quanto avremmo voluto, per deficienze tecniche. Troppo poche sono ancora le copie del nostro giornale, troppo poco si riesce a stampare. Sappiamo quanto proselitismo si possa fare attraverso la stampa. Dovremmo perciò in questo campo fare di più e mentre finora ricorriamo all’ aiuto dei partiti, cercare d’ora in poi nel limite del possibile di creare un nostro apparato tecnico anche per questa attività. Sono stati stampati alcune migliaia di opuscoli con nozioni di infermeria. “L’assistenza al ferito”, che serve di guida alle nostre aderenti che seguono i corsi di infermeria organizzati dai Gruppi.
E’ merito dei Gruppi se le donne hanno acquistato interessamento alla vita politica ed hanno ora il desiderio di sapere e di imparare più.

SVILUPPO POLITICO E ORGANIZZATIVO
Abbiamo cercato fin dall’inizio di svolgere la nostra attività in modo tale da fare dei Gruppi di difesa della donna l’organizzazione unitaria di tutte le donne italiane. Essa non doveva avere carattere federativo, ma di massa, non doveva essere solo l’unione dei gruppi di partito ma unione di tutte le donne antifasciste e antitedesche.
Lungo il cammino abbiamo incontrato molte difficoltà, ma senza scoraggiarci abbiamo continuato la strada intrapresa, convinte che saremmo giunte alla meta. Infatti i nostri sforzi sono stati coronati da successo. Mentre i Gruppi di difesa incominciavano a sorgere e ad affermarsi, altri gruppi femminili si costituivano, alcuni con carattere prettamente di partito, altri, come i gruppi di Giustizia e libertà, pur essendo sotto la influenza di un partito, tendevano ad avere carattere più largo, aperti cioè alle non iscritte al partito.
Nel mese di agosto dello scorso anno, mentre già alla base dell’organizzazione i nostri gruppi erano composti di donne appartenenti a tute le ideologie politiche e religiose e nella maggioranza donne senza partito, dall’altro nei comitati dirigenti non si era ancora raggiunto l’accordo con le aderenti ai vari partiti politici. Un concreto e sincero accordo si realizzò nel mese di settembre tra le rappresentanti del Partito d’ azione, le socialiste e le comuniste. Poco dopo anche le democristiane accettarono di entrare a far parte delle direzioni generali, provinciali ecc., con qualche riserva circa la fusione delle loro forze.
Fa ora parte della Direzione centrale anche la rappresentante del partito repubblicano italiano.
Due mesi fa, dopo aver avuto disposizioni da Roma, i democristiani deliberavano di non partecipare più alla direzione dei Gruppi.
Questo però avvenne quasi esclusivamente al Comitato nazionale, poiché alla base ed in varie direzioni regionali e provinciali le donne democristiane continuarono a farvi parte, anzi intensificarono la loro attività. Infatti a Torino, la rappresentante dei Gruppi nel CLN è una democristiana.
La questione è stata ripresa in esame in questi giorni e pare che anche in campo nazionale essa venga risolta in modo favorevole all’unione.
Abbiamo ora nella nostra organizzazione una grande massa di donne, quelle che si svegliano adesso alla vita politica. Queste donne non sanno ancora ben distinguere tra il programma comunista e quello socialista, tra il liberale, il democristiano e quello del partito d’azione, ma sentono che alcune cose le uniscono a tutte le loro sorelle, qualunque sia il partito al quale appartengono.
L’organizzazione ha dimostrato coi fatti l’utilità e la necessità della propria esistenza e si è affermata come organismo unitario di massa. Questa utilità è stata riconosciuta dal CLNAI e dai CLN regionali e periferici. E’ stato altresì riconosciuto ai Gruppi il diritto di partecipare ai CLN stessi in rappresentanza dell’organizzazione femminile. Siamo ormai rappresentati nel CLN delle principali città e provincie e in quasi tutti quelli periferici.

ORGANIZZAZIONE
Ogni gruppo di fabbrica, di massaie, di intellettuali, di contadine ecc. si è dato un nome. Generalmente è stato scelto il nome di un eroe, di un’eroina e di qualche martire.
Il Gruppo è diretto da un comitato di tre o quattro o cinque membri a seconda del numero delle aderenti. Esso è articolato in nuclei di cinque o sei donne; la responsabile del nucleo è a contatto con una dirigente del comitato. Funzionano inoltre i comitati di zona, di settore, di provincia, di regione e il comitato nazionale. Accanto ai comitati nazionale, regionali, provinciali, di settore etc. operano delle commissioni di lavoro per l’organizzazione, la stampa, la propaganda e per l’assistenza. L’organizzazione funziona dalla base al centro attraverso collegamenti fra i vari comitati. Nelle principali città si sono creat dei “centri studi” col compito di studiare i compiti famigliari di oggi e di domani; col compito di studiare i problemi della ricostruzione in modo concreto, come potranno essere risolti dal punto di vista democratico, e quale è il contributo che le donne potranno portarvi come collaboratrici e dirigenti. Si studiano perciò le questioni che riguardano la maternità e l’infanzia, le mense popolari, il problema delle scuole, del lavoro, della casa, dell’assistenza ecc.
Settimanalmente i comitati di settore e di zona inviano un rapporto del lavoro svolto e di quello in programma al comitato provinciale. Così mensilmente avviene lo stesso dalla provincia alla regione, e dalla regione al centro.
Abbiamo poi delle ispettrici nazionali che periodicamente si recano nelle regioni, e le ispettrici regionai per il controllo delle provincie. Queste ispezioni sono state sempre proficue e ci hanno dato buonissimi risultati. Una di queste ispettrici si è recata nelle zone controllate dai partigiani portando da svolgere in tali luoghi ed orientando nel giusto modo l’attività delle donne entrate nelle giunte popolari a rappresentare l’organizzazione.
Siamo presenti e teniamo a esserlo sempre in numero maggiore nei CLN centrali e periferici, nei comitati d’agitazione, nei comitati sindacali, nelle giunte popolari e in tutti gli organi di direzione delle masse.
Buoni sono i nostri rapporti con il fronte della gioventù, assieme al quale abbiamo organizzato varie manifestazioni e realizzato in comune alcune iniziative.
Nelle città, il reclutamento è stato fatto, in gran parte, tra le operaie; in Emilia invece molte sono le contadine iscritte. Aumentano i gruppi di massaie, di studentesse, di insegnanti e professioniste, ma troppo poco si è ancora fatto in questo campo.
L’organizzazione è costituita da aderenti e collegate. Le aderenti pagano una quota mensile variante da L. 2 a L. 5. Le collegate sono quelle che pur non pagando una quota fissa aderiscono a tutte le iniziative dei Gruppi, leggono e distribuiscono la nostra stampa, sottoscrivono per l’organizzazione, per il giornale, per i partigiani ecc., sono attive in tutte le manifestazioni e partecipano in parte in pratica alla vita dei gruppi.
Ci mancano i collegamenti con molte provincie, molti Gruppi sono in via di costituzione ed i dati che riusciamo ad avere non sono mai completi perché variano ogni giorno. Il numero delle collegate è

ancora più difficile da stabilire. Appena ora arrivano le prime risposte ai questionari nei quali richiedevano appunto cifre esatte.
Il totale generale risulta essere 39.028. Calcolando però a 50.000 il numero complessivo delle facenti parte dell’organizzazione, siamo ancora al di sotto del numero esatto.

DIRIGENTI
Mentre l’organizzazione in quest’anno e più di vita si è sviluppata e le sue file si sono ingrossate, i quadri non sono aumentati proporzionalmente. Sappiamo benissimo che formare  una dirigente non è così facile come reclutare una aderente, ma questa nostra deficienza ci preoccupa e cerchiamo di trovare i mezzi per rimediarvi.
Ora però tutti i nostri sforzi e la nostra attività sono concentrati verso un unico scopo: preparare le masse femminili a combattere, con tutto il popolo, l’ultima battaglia, orientando tutto il nostro lavoro per la insurrezione nazionale.
Abbiamo inviato, a questo proposito, delle direttive a tutti i comitati regionali e provinciali dei Gruppi, dove l’insurrezione è vista attraverso tre suoi momenti.

PRIMA – DURANTE – DOPO
Prima – Tutte le manifestazioni e le agitazioni di massa devono essere intensificate; le fermate di lavoro e gli scioperi devono assumere un ritmo più accelerato; si devono porre continuamente rivendicazioni economiche; protestare contro gli arresti e le fucilazioni di patrioti, impedire i licenziamenti; si devono intensificare tutte le azioni preparatorie che dovranno culminare nel grande sciopero insurrezionale.
Le donne dei Gruppi di difesa segnaleranno i depositi di viveri e di combustibili, le giacenze degli ammassi e dei magazzini di vettovagliamento fascista, che saranno messi a disposizione del CLN per un’ equa distribuzione alla popolazione.
Alle contadine è stato affidato il compito di proteggere, a fianco dei loro uomini, i campi e le semine dalle distruzioni, di difendere i prodotti dalle rapine nazifasciste. Abbiamo fatto comprendere la necessità di creare uno stretto collegamento tra Gruppi di città e quelli di campagna per il trasporto dei viveri occorrenti sia durante sia dopo l’insurrezione.
All’organizzazione è stato inoltre affidato il seguente compito di assistenza ai combattenti in ogni campo.
Le nostre donne in quei giorni dovranno dare tutta la loro opera come: infermiere, portaferiti, staffette, collegatrici, vivandiere ecc.  In ogni casa si dovrà apprestare un posto di pronto soccorso, vi dovrà essere un letto e un piatto di minestra per un ferito o per un combattente. Si creeranno le “cucine del combattente”. Si provvederà ai bimbi che resteranno senza assistenza, si provvederà ad alloggiare ed assistere i liberati dal carcere e dai campi di concentramento. I Gruppi di fabbrica faranno funzionare le mense aziendali. I CLN hanno incaricato i gruppi di confezionare i bracciali tricolori, distintivo dei dirigenti dell’insurrezione. Distintivo dei gruppi sarà una coccarda tricolore.
DURANTE – Sono pochi i consigli che ci è stato possibile dare perché non si possono prevedere gli sviluppi della situazione alla quale ogni comitato regionale e provinciale adeguerà la sua azione.
Abbiamo potuto solo fissare questi punti :
-          Difendere i depositi di viveri come cosa sacra, come bene del popolo;
-          Coadiuvare i CLN nella distribuzione delle merci alla popolazione;
-          Impedire la fuga dei criminali fascisti che dovranno essere giudicati dai tribunali del popolo;
-          Prendere possesso delle sedi di istituzioni fasciste femminili, ricreative e assistenziali, scegliere anche una sede in un edificio privato nel caso che quella occupata non possa rimanere definitivamente assegnata ai Gruppi.
-          Occupare, d’accordo con le altre organizzazioni, tutte le sedi di istituzioni popolari fasciste (dopolavoro, nidi per l’infanzia, mense, cooperative ecc.) e collaborare alla gestione a favore del popolo.
Dopo – I problemi che si presenteranno l’indomani dell’insurrezione saranno innumerevoli ma solo per alcuni ci è stato possibile dare suggerimenti: ricevere le truppe alleate come amici e liberatori, con manifestazione di giubilo per la liberazione avvenuta, ma con dignità nazionale.
Le rappresentanti femminili entreranno a far parte degli organi di governo popolare e collaboreranno a far funzionare i servizi di assistenza, quelli ospitaleri, quelli del trasporto dei viveri e della loro distribuzione ecc.; contribuiranno all’epurazione con la partecipazione delle donne ai tribunali del popolo e procurando gli elementi femminili di sostituire gli elementi notoriamente fascisti in tutti gli uffici statali e comunali, nelle amministrazioni d’interesse pubblico, nelle scuole, negli ospedali ecc.
Appena liberati, i gruppi organizzeranno una grande manifestazione per rendere il doveroso omaggio alle vittime cadute sotto il piombo nemico. Un grande corteo dovrà muovere da ogni città, da ogni paese verso i cimiteri che racchiudono le tombe dei nostri martiri, e verso i luoghi delle fucilazioni.
Tale manifestazione costituirà la prima grande rassegna delle forze femminili e della nostra organizzazione.

Organizzeremo inoltre delle settimane della “solidarietà nazionale” a favore delle famiglie delle vittime e dei reclusi nei campi di concentramento e delle prigionie.



PROBLEMI DELLA RICOSTRUZIONE
A liberazione avvenuta, conscie di aver fatto tutto il possibile per contribuire alla liberazione della patria, volgeremo le nostre energie e tutta la nostra attenzione allo studio delle questioni che ci interessano particolarmente e collaboreremo con tutti gli organi di governo popolare per la risoluzione dei problemi della ricostruzione. Molte attività i gruppi potranno svolgere nel campo della ricostruzione democratica e progressiva della nazione.
Nell’istante in cui viscriviamo, poche ore ci separano dal momento in cui il popolo dell’Italia ancora occupata scatterà per scacciare per sempre i tedeschi e i fascisti dal suolo patrio. La certezza della vittoria ci fa sentire che ogni sacrificio non è stato vano, ogni fatica non è stata e non sarà inutile.
Abbiamo ricevuto il vostro manifesto di programma che ci descrive l’UDI come organismo di massa, ma da notizie che ci sono giunte in seguito ci sembra di aver capito che invece esso abbia il carattere di un organismo federale di gruppi di partito.
Avremmo tanto desiderio di avere notizie precise in merito, un poco più esaurienti e complete, appena vi sarà possibile. Anche del vostro giornale “Noi donne” abbiamo ricevuta una sola copia, non sufficiente per darci un’idea esatta del suo ordinamento e del suo programma. E’ la seconda volta che i Gruppi di difesa della donna stabiliscono contatti con voi, sorelle dell’Italia liberata.
La prima volta fu in occasione dell’8 marzo, giornata internazionale della donna, in cui vi inviammo un messaggio.
Il rapporto che vi inviamo della nostra attività passata e presente, sul programma e sull’orientamento politico dei gruppi, anche se incompleto vi servirà ad orientarvi nei confronti della nostra organizzazione e del nostro lavoro.
Il Comitato nazionale
Dei “gruppi di difesa della donna
e per l’ assistenza

ai combattenti della libertà”

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