martedì 2 febbraio 2016

pc 2 febbraio - Alessandria, nuova terra dei fuochi? Un articolo di denuncia, la necessità di una mobilitazione popolare - circolo proletari comunisti

La nuova terra dei fuochi? Ce l'abbiamo sotto i piedi
Abbiamo poco da invidiare alla "terra dei fuochi" campana. Anche in provincia di Alessandria ci sono decine di siti inquinati, di discariche abusive, di campi in cui sono stati sotterrati, senza controllo bidoni contenenti sostanze nocive per l'uomo e per l'ambiente

CRONACA - Serravalle Scrivia, 1983: la ditta Ecolibarna si occupa di raccolta e smaltimento di rifiuti speciali e tossico-nocivi su un’area che dal 1940 vedeva l’attività della ditta Gastaldi Oli Lubrificanti, una raffineria che trattava melme e fanghiglie acide.
Nel 1985 si comincia a sospettare che in quell’area, nella quale passa il rio Negraro, ci sia qualcosa che non va. Nel giro di una notte, là dove c’era un campo compare una collina. La direzione dell’azienda emette una nota in cui precisa che nell’area «si svolge un’attività senza rischi né per l’ambiente, né tanto meno per i dipendenti». Poco tempo prima la Regione Piemonte e il Comune con una ordinanza avevano sospeso l’autorizzazione a procedere della ditta, ma un ricorso al Tar l’aveva annullata. Un meccanismo comune in questi casi.
Sempre nell’ottobre del 1985 una autobotte scarica nel torrente Bona, nella bassa vercellese, 4 mila litri di solvente partiti da Ecolibarna, provocando la morte di migliaia di pesci.

Pochi mesi dopo, almeno 2500 fusti partono dall’Ecolibarna per finire sotterrati a Capriata, in località Pedaggera, in una cava per il prelievo di ghiaia. La direzione dell’Ecolibarna fa sapere che
i fusti gli sono stati “sottratti” di nascosto da un autotrasportatore, e chiede i danni. Nel 1986 a Carbonara, a 50 metri dalla Scrivia, vengono ritrovati altre migliaia di fusti interrati. Ancora un volta, partiti da Ecolibarna.
Nel 1986 finalmente l’area viene posta sotto sequestro. Il ministro della Protezione civile Zamberletti incarica la Castalia, società a partecipazione statale, di ripulire l’area Ecolibarna e a Carbonara. La società comunica che in 190 giorni il sito serravallese sarà ripulito e ripristinato.
Nel sito serravallese si ritrova di tutto: 1.200 tonnellate di medicinali scaduti, 120 silos di sostanze esplosive, liquidi tossici, pesticidi, 15 mila metri quadrati ricoperti da melme acide.
Una storia vecchia di trent’anni purtroppo ancora attuale, perché gran parte di quelle sostanze nocive sono ancora lì: a Serravalle, a Carbonara, a Capriata. È la nostra terra dei fuochi.

Non solo Ecolibarna. Nel 1986 a Pontestura vengono trovati fusti abbandonati in un terreno di proprietà del sindaco di Pomaro: ad averceli messi, sostengono gli inquirenti, una ditta di smaltimento rifiuti il cui amministratore è il fratello del sindaco. Si tratta della Ecosystem, incaricata di smaltire proprio i fusti di Ecolibarna finiti a Carbonara.
Gli anni Ottanta sono terribili: a Spigno vengono ritrovati, nell’area ex Salem, 20 quintali di bidoni contenenti sostanze radioattive. Ad Alessandria, nell’area lasciata dall’azienda Baratta il terreno è infuso di trielina, e i pozzi che servono il quartiere pista devono essere chiusi. A Castellazzo, nella discarica “La fallita”, vengono ritrovati fusti di vernici.


Ma la stagione dei veleni non si ferma: nel 2014 nell’area delle Fabbricazioni Nucleari, a Bosco Marengo, vengono ritrovati altri fusti interrati, contenenti scorie di lavorazione legate alla produzione di pastiglie di uranio.
Accanto a casi più noti come l’Eternit di Casale, la Solvay di Spinetta (dove la bonifica è in corso, essendo l'azienda che ha rilevato il sito ancora attiva e florida), ci sono decine di casi ormai dimenticati. Come dimenticati sono i bidoni interrati, le scorie seppellite. Dimenticati, ma non innocui.
Una storia brutta, ma purtroppo comune a tante parti d’Italia: i responsabili a volte vengono individuati, a volte no, e comunque raramente pagano i danni, certamente non del tutto.
Si susseguono le commissioni, le indagini, ma intanto gli anni passano e i problemi restano. Problemi che spesso sono bidoni interrati, che prima o poi marciranno e lasceranno andare il loro contenuto. Contenuto che nella maggior parte dei casi non è certo, ma solo supposto, e sicuramente molto pericoloso. Ecolibarna è un caso emblematico: a distanza di trent’anni, siamo ancora ben lontani dalla bonifica del sito.

Alberto Maffiotti è uno che se ne intende: è il direttore dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, che è intervenuta e interviene in ogni caso di inquinamento, anche solo sospetto, in provincia. Neli uffici dell’Arpa è appesa una grande mappa del tracciato del Terzo Valico, con tutti i cantieri.
"Ci sono fattori che predispongono, statisticamente, a questi fenomeni", dice. "La densità di arterie stradali, lo sviluppo industriale, il terreno pianeggiante, l’abbondanza di corsi d’acqua. Più una zona è efficace dal punto dello sviluppo produttivo e industriale, più è facile che sia colpita da fenomeni di inquinamento". In questo, la nostra provincia, si allinea ad altre con caratteristiche produttive e territoriali simili.
"L’elenco dei siti inquinati si allunga, ogni anno, di una decina di voci. Bisogna chiarire però che anche i siti che sono stati oggetto di bonifica e ripristino restano in elenco, perché comunque rimangono “sotto osservazione”.

I siti provinciali censiti come inquinati sono molti: è sufficiente che un camion buchi il serbatoio e perda il pieno, che il terreno venga classificato come inquinato da idrocarburi. In questi casi il ripristino è più semplice, ma restano specifiche di utilizzo dell’area, che possono modificarne la sua destinazione d’uso, come ad esempio il divieto di coltivazione.
"I siti censiti in provincia di Alessandria sono attualmente 165, da cui occorre escludere i siti con iter concluso o con intervento non necessario e quindi archiviati. Ne restano 71 da sottoporre a intervento di bonifica. Per alcuni di questi sono effettivamente in corso gli interventi di bonifica, mentre altri sono ancora in fase di caratterizzazione e progettazione degli interventi", precisa Maffiotti. Il primo intervento è di contenimento, volto a far sì che gli agenti inquinanti non si allarghino ad altre aree o vadano a inquinare le fonti.

La legge dice che “chi inquina paga” ma tra il dire e il fare ce ne passa. Innanzitutto occorre individuare i responsabili, e quando siamo di fronte a fusti abbandonati nell’alveo di un fiume non è facile. Una volta individuati i responsabili, non è automatico farli pagare. La giustizia è lunga, e spesso gli avvocati sono bravi, soprattutto se i clienti sono facoltosi. Oppure, i colpevoli non sono in grado di affrontare finanziariamente i costi di ripristino. Il danno resta in capo al Comune in cui è avvenuto, e fino a qualche anno fa chiedeva alla Regione i soldi per il ripristino. I cordoni della borsa della amministrazione regionale ora però sono chiusi, visti i tempi di vacche magrissime, e i comuni non hanno i fondi necessari per far fronte alle emergenze. Quindi, se fino a qualche anno fa i Comuni erano solerti nel segnalare i danni, perché questo significava che la Regione pagava, ora la solerzia è un po’ scemata perché non si sa dove prendere i soldi.
Il rischio che stiamo correndo è che questi siti vengano pian piano dimenticati, in attesa che una alluvione o la piena di un fiume ci faccia tornare la memoria. Che le nuove emergenze, in primis il Terzo Valico e i suoi cantieri, a cui dobbiamo prestare massima attenzione, ci facciano mettere in soffitta problemi che avremmo dovuto risolvere già da decenni.
"Avessi un soldino per quante commissioni sono state create, per quante parole sono state dette, per quante cose inutili sono state scritte, l'Ecolibarna sarebbe stata bonificata già da 20 anni".
Così un nostro lettore ha commentato la notizia della visita della commissione parlamentare al sito serravallese: come dargli torto?
Sono passati 32 anni da quando Raffaele Palomone, allora Sindaco di Serravalle, emise la prima ordinanza di chiusura dello stabilimento serravallese. Cominciò un balletto di ricorsi, tribunali, perizie, incarichi, commissioni, approfondimenti il cui risultato è che ancora oggi enormi quantità di rifiuti tossici sono stipate nell'area. Così come sono ancora lì i bidoni di Carbonara, e quelli di Capriata.
Paragonare la nostra provincia alla tristemente nota terra dei fuochi è un azzardo, ma ci sono tante similitudini. Il business dello smaltimento rifiuti, imprenditori senza remore che non hanno esitato a sparpagliare veleni in ragione del loro profitto economico, e una classe politica che difficilmente è riuscita ad andare oltre alle parole. Ai problemi vecchi se ne aggiungono di nuovi: i soldi sono sempre meno e le bonifiche grandi e piccole si fermano, intanto i cantieri del terzo valico e il rischio amianto mettono sotto pressione gli enti di controllo, oltre che preoccupare la popolazione.
Come noto una decina di giorni fa la “commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati” è stata in visita al sito di Ecolibarna. Nessuno dei parlamentari locali è membro della commissione, ma se comunque si fossero fatti vedere anche loro, non avrebbero fatto male.
Noi stiamo provando ad indagare, a cercare di riprendere il filo di questa storia, tra vecchie e nuove emergenze. Oggi e nelle prossime settimane indagheremo, magari alzando un po' di vecchia polvere, non per dar fastidio (se capiterà, pazienza) ma per fare il nostro mestiere di giornalisti.

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