martedì 26 gennaio 2016

pc 26 gennaio - L’India, nella crisi generale, per i padroni del mondo diventa una “scommessa” su cui puntare, una promessa di nuovi profitti… un forte sostegno all’attuale governo fascista indù di Modi

In questi ultimi giorni sono stati pubblicati alcuni articoli sull’India, un paese che adesso i padroni vedono come nuova terra promessa per i loro profitti, visto che tanti altri paesi, compresa la Cina, hanno smesso di fare da “locomotiva”. A tale proposito bisogna dire che l’epoca delle “locomotive economiche”, cioè di quei paesi che soprattutto per l’enorme capacità produttiva trascinavano appunto tutti gli altri, sembra essere scomparsa.

L’articolo della Repubblica che riportiamo è di Thomas Piketty (l’economista francese diventato famoso perché ha messo in luce con il suo libro, Il Capitale nel XXI secolo, le terribili “disuguaglianze” che il capitalismo crea); si tratta di un articolo che mettendo a confronto due paesi di più di 1 miliardo di abitanti, Cina e India, da un lato critica pesantemente il governo indiano sia dal punto di vista economico che politico (senza mai citare però l’opposizione rappresentata dalla guerra popolare in corso!) e dall’altro appunto dice che la sfida che deve affrontare questo governo è enorme e invita seriamente a tenerne conto. Di fatto è un sostegno all’attuale governo Modi, travestito da “analisi economica” che vuol sembrare neutra, e una concreta indicazione ad investire per il suo governo, quello francese. 

Ma molto di più in questo senso ha fatto la Repubblica, che con il titolo dato all’articolo inganna chi legge non solo perché definire l’India una “locomotiva” o addirittura “una realtà-chiave del futuro” (questo semmai lo si può dire proprio guardando alla guerra popolare!) è a dir poco esagerato, ma anche perché ne parla come di uno stato dove regna la libertà di stampa e la democrazia! Mentre nel paese non solo è in corso uno dei peggiori genocidi della storia, ma il fascismo indù del governo restringe ogni giorno di più ogni “libertà democratica”.

(Grassetti e parentesi quadre sono nostre.)

il "corridoio rosso" della guerra popolare

La scommessa dell'India nuova locomotiva dell'economia

IL CONTRASTO con la Cina, che ha appena espulso una giornalista francese (senza che Francia ed Europa trovassero nulla da ridire) e il cui modello politico autoritario appare tanto indecifrabile
quanto imprevedibile nella sua evoluzione a lungo termine, è stridente. [Piketty non è di certo “informato” sul fatto che in India gli oppositori di ogni tipo riempiono le carceri a migliaia e alcune zone del paese sono interdette ad ogni “turismo” altro che espulsione di giornalista].

Le sfide che deve affrontare l'India restano però colossali, a cominciare dal problema delle disuguaglianze. Si fa molta fatica a ritrovare le cifre della crescita nelle inchieste sui consumi tra le famiglie indiane, probabilmente perché una parte sproporzionata dell'arricchimento è intercettata da una ristrettissima élite non adeguatamente coperta dalle inchieste. Dal momento che il governo indiano ha interdetto l'accesso ai dati delle imposte sul reddito all'inizio degli anni 2000 (la Cina non li ha mai pubblicati, però gli introiti fiscali che raccoglie sono superiori), è difficile dire qualcosa di preciso.
Quel che è certo è che gli investimenti pubblici in scuola e sanità rimangono nettamente insufficienti, e questo è un elemento che mina alla base il suo modello di sviluppo. Un esempio emblematico è il sistema sanitario pubblico, che può contare appena sullo 0,5% del Pil contro il 3% della Cina. La verità è che il partito comunista cinese è riuscito, meglio delle élite democratiche e parlamentari indiane, a mobilitare risorse significative per finanziare una strategia di investimenti sociali e servizi pubblici.
Ma solo una politica di questo tipo potrà permettere all'insieme della popolazione di beneficiare della crescita e potrà assicurare uno sviluppo duraturo del paese. La mancanza di trasparenza e l'autoritarismo del modello cinese lo condannano al fallimento, se non ci sarà un'apertura. Ma il modello democratico indiano deve ancora dimostrare la sua efficacia, possibilmente senza passare per le crisi e gli scontri che sono stati necessari, nel XX secolo, per imporre alle élite occidentali le riforme sociali e fiscali indispensabili.
La sfida più importante, spesso trascurata in Occidente, è legata al lascito del sistema delle caste, a cui si aggiunge il rischio di scontri identitari fra la maggioranza induista e la minoranza musulmana (il 14 % della popolazione, 180 milioni di persone su 1,2 miliardi di abitanti), attualmente rinfocolati dal partito nazionalista indù, il Bharatiya Janata Party (Bjp, al potere dal 1998 al 2004 e poi di nuovo dal 2014).
Riassumiamo. Nel 1947, l'India abolisce ufficialmente il sistema delle caste, e in particolare mette fine ai censimenti per casta condotti dai colonialisti britannici, accusati di aver cercato di dividere l'India e irrigidire le sue classi sociali per meglio dominare e controllare il paese. Il governo sviluppa tuttavia un sistema di discriminazione positiva, nelle università e nel pubblico impiego, per i ragazzi provenienti dalle caste più basse (gli Sc/St, che sta per Scheduled Castes/Scheduled Tribes, ex intoccabili discriminati, quasi il 30% della popolazione). Ma queste misure suscitano crescente frustrazione tra i ragazzi provenienti dalle caste intermedie (gli Obc, Other Backward Classes, circa il 40% della popolazione), schiacciati tra i gruppi più sfavoriti e le caste più alte. A partire dagli anni Ottanta, diversi Stati indiani estendono le politiche di discriminazione positiva a questi nuovi gruppi (a cui possono unirsi i musulmani, esclusi dal sistema iniziale).
I conflitti intorno a questi meccanismi sono tanto più vivi in quanto i vecchi confini tra le caste non sono così netti, e non sempre (anzi) corrispondono alle gerarchie di reddito e patrimonio. Il Governo federale alla fine decide di fare chiarezza su queste complesse relazioni organizzando, nel 2011, un censimento socioeconomico delle caste (il primo dal 1931).
Il tema è incendiario e si attende ancora la pubblicazione completa dei risultati. L'obbiettivo è di trasformare gradualmente queste politiche di discriminazione positiva in regole fondate su criteri sociali universali quali il reddito familiare o il territorio di provenienza, come i software di accesso ai licei o alle università (o per certi aiuti alle imprese) che in Francia cominciano timidamente ad accordare punti supplementari agli studenti borsisti o a quelli provenienti da istituti o territori sfavoriti.
In un certo senso, l'India sta tentando semplicemente di far fronte, con i mezzi dello Stato di diritto, al problema dell'uguaglianza reale, in una situazione in cui la disuguaglianza di status ereditata dalla vecchia società e dalle discriminazioni passate è estrema e minaccia di degenerare in tensioni violente. Sbaglieremmo enormemente se pensassimo che queste sfide non ci riguardano.

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