giovedì 5 novembre 2015

pc 5 novembre - BRASILE: Il fallimento dell'opportunismo del "Partito dei Lavoratori" da Lula a Dilma...

PT: il grande fallimento dell’opportunismo 
(A Nova Democracia - La Nuova Democrazia)

No, non è questa situazione marcia che ci porta ad affermare che il PT ha fallito. E’ semplicemente la manifestazione del fenomeno in tutta la sua estensione e in tutta la sua ampiezza, quando ciò che in un momento precedente era un segno, ora è fatto concreto.

Molto prima che la crisi economica che affonda il paese si rivelasse con tutti i suoi indicatori; molto prima che la crisi politica che è diventata luogo comune e comune nella politica ufficiale rivelasse sfrontatezza, menzogna, corruzione, infine, la guerra senza esclusione di colpi, significa chiaramente che coloro che stanno in basso non accettano di vivere come prima, di passare  di inganno a inganno e quelli che stanno sopra non riescono a continuare a dominare come prima; a questo punto il PT era già destinato al fallimento. La crisi morale che riempie di vergogna la nazione, immersa nel fango in cui galleggiano tutte le istituzioni del vecchio Stato - in cui i simboli del partito unico stanno oramai accatastati alla rinfusa e, allo stesso tempo, si stringono accordi nel cuore della notte per spellarsi a vicenda, come è avvenuto con la commissione parlamentare d’inchiesta sulla Petrobras e la collusione di Luiz Inácio con Eduardo Cunha - è solo l'esposizione alla luce del giorno delle parti più interne di un sistema di sfruttamento e di oppressione anacronistico che si rifiuta di scomparire.


Quando nel luglio del 2002, l’edizione del numero uno del nostro giornale AND già avvertiva che i quattro principali candidati per le elezioni presidenziali (in questo caso, Serra, Garotinho, Ciro Gomes e Luiz Inácio) erano "uccelli di una stessa covata," anticipavamo che, firmare il documento presentato da Cardoso - che stabiliva la totale sottomissione del candidato eletto eletto alle imposizioni dell'imperialismo - quei candidati si piegavano alla politica di sottomissione nazionale imposta dall'imperialismo yankee. Ma questo era solo un rituale, come dice il proverbio, "batti sul carretto che l’asino capisce" perché, non importa quali discorsi facciano i pretendenti al seggio, poi, infatti, l’abito fa il monaco. È il governo di turno.

Contando nella sua coalizione di una parte della grande borghesia, rappresentata dal suo vice José Alencar, e con il sostegno di quasi tutte le forze dette di "sinistra", Luiz Inácio arriva al governo dello stato dimostrando tutto il vecchio nei primi sei mesi in carica, ed essendo così smascherato da LND nella sua edizione numero 10 (giugno 2003), con il titolo ‘Il governo Lula è una frode.'

Nell’editoriale, LND fondava la sua denuncia chiarendo ai suoi lettori che "Gli oligarchi inviano per l'apparato statale e governativo loro rappresentanti, difensori e apologisti, e tra essi disertori di altre classi, quadri esperti, formati nelle lunghe battaglie combattute contro il popolo. Pertanto, il petismo è la fusione delle "teorie tollerabili” ‘con la “virtù paga con il bene", cioè dalla rinuncia e dall'affiliazione al 'bene' dell'impero. Significa credulità, populismo, demagogia, intrighi, delazioni, scioperi guidati e sindacalismo addomesticato con le confederazioni legate a CIOLS - questa centrale manipolata dagli Stati Uniti, sua grande aspirazione, forza unica ... trascendentale».

E, già prevedendo ciò che sarebbe accaduto (e che in realtà non tardò ad accadere) con il coinvolgimento del PT negli affari della classe dirigente, anticipavamo che “l’élite petista, una scoria venuta su dalla piccola borghesia tecnocratica, è stata assorbita, piuttosto, dagli specialisti degli affari del governo e ammessa all’amministrazione ausiliaria dell'imperialismo nel nostro paese, in particolare, confermando un continuismo diretto secondo le modalità di governi municipali che si sottomettono al potere dominante centralizzato. Non a caso, la direzione PT, mentre ancora faceva le prove alla maniera delle debuttanti che avrebbe adottato verso la rampa di potere, segnò con orgoglio la sua prima misura - quella di riconoscere obbedienza al capitale monopolistico internazionale".

Tredici anni dopo, troviamo i resti di un progetto figlio della conciliazione di classe che, ideologicamente, è legato alla convergenza tra la tesi della transizione pacifica del moderno revisionismo kruscioviano con le tesi imperialiste tesi della CEPAL nell'ambito della strategia diell’“Alleanza per il Progresso" e tutte le combinazioni opportuniste da essa derivanti. Da qui il fallimento PT è anche il fallimento delle tendenze trotskiste, revisioniste e socialdemocratiche, ora raccolte in sigle i cui nomi non dicono nulla del loro contenuto ideologico come PSTU, PCO, PSOL, pecedobê, Network, PCB e altre insignificanti che in tutto questo periodo o parte di esso, hanno sostenuto la truffa.

Se da un lato si può lamentare l'alto prezzo pagato dalla nazione e dal popolo brasiliano, dall'altro si deve riconoscere che la storia cammina per vie tortuose, dove i fallimenti e le crisi aprono passaggi verso il nuovo rilanciando bruscamente la propria forza in avanti. Oggettivamente, oggi, le masse, il proletariato, i contadini, la piccola e media borghesia, le classi oppresse e sfruttate, nel prendere consapevolezza sempre più dell’inganno al quale sono state sottomesse con la farsa del governo PT, si mobilitano, si politicizzano ed organizzano realizzando sempre più che sono state sottomesse per secoli e che non potevano, per la mancanza di una direzione corretta, trionfare durante le sue precedenti rivolte. E per questo motivo si ritrovano alla ricerca e chiedono una direzione che sappia alzare la nuova bandiera che prepari un nuovo corso, affermando che è possibile un Nuovo Brasile, libero da tutto questo marciume. Chiedono una direzione rivoluzionaria che abbia il coraggio di affermare la Rivoluzione come l'unico modo possibile per liberare il Brasile dalla secolare condizione semi-coloniale e semi-feudale, causa di tutte le disgrazie del nostro popolo sempre impoverito e garanzia dei privilegi di una minoranza ricca, sfruttatrice e oppressiva.

Attualmente, in Brasile, la politicaglia, più spudorata che mai, prende in giro il nostro popolo con il suo setaccio di sporcizia, ricattandosi l’un l'altro (governo e opposizione) in questo “combattimento tra galli” per decidere chi cadrà e che seguirà stando agganciato alla parte superiore del vecchio stato. Non sembra nemmeno preoccuparsi della crociata da moraleggianti che il vero potere sta muovendo, tanto sono “adattati” al livello di decomposizione e la demoralizzazione delle istituzioni del loro sistema di sfruttamento, e soprattutto timorosi di un possibile tsunami di rivolte che questa situazione prepara e annuncia. Ma ancor più indifferente  la politicaglia si mostra nei confronti delle disgrazie che tutti i giorni soffiano sul popolo. Quindi, "al diavolo il popolo"! Poi saranno prese le "misure di aggiustamento" inevitabilmente come indicato nel libretto dell'imperialismo.

Ma intanto, ciò che fermenta tra il popolo potrà, molto prima di quanto si pensi, tenere in gestazione e partorire una direzione che annuncia la promessa e la speranza del nuovo mondo, la promessa e gli atti della Rivoluzione Democratica nel nostro paese.

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