mercoledì 25 novembre 2015

pc 25 novembre - SUI "ROSSO-BRUNI" FRANCESI: "TUTTA UNA FRANGIA DELL'INTELLIGHENZIA STA PER VIRARE AL RAZZISMO..." - STRALCI DA UN'INTERVISTA ALL'ANTROPOLOGO DI PARIGI JEAN-LOUP AMSELLE

(Da Il Manifesto)

«Un atto di guerra». François Hollande, presidente a fine mandato, non ha dubbi : «Quanto accaduto a Parigi e Saint-Denis è un atto di guerra e, di fronte alla guerra, il Paese deve prendere decisioni appropriate. (…) Un atto di guerra preparato, organizzato, pianificato all’esterno con complicità all’interno che l’inchiesta metterà in luce».
Nel frattempo, mentre Hollande attende le sue elezioni e la sua inchiesta, con altri mezzi la guerra è cominciata. I fatti, forse, non sono ancora chiari, ma le opinioni hanno preso a circolare. La tragedia di Parigi ha inevitabilmente colpito tutti. Molto si è insistito sulle emozioni e le impressioni dei singoli: testimonianze, racconti, lacrime e il famigerato storytelling che si è già accartocciato su se stesso. Al lutto, mai elaborato, è conseguito il panico – elaborato fin troppo. Nascono qui, in una zona grigia troppo a lungo sottovalutata, le reazioni dei «deputati a reagire», gli intellettuali disorganici alle accademie, ma organici rispetto ai media che in Francia chiamano intellos. E qui il discorso diventa diverso, perché rischia di contribuire – se già non l’ha fatto – a costruire un terreno comune dentro il quale far slittare un conflitto e rendere la clash of civilisation una profezia che tutti abbiamo contribuito a autoavverare...
...lo Stato islamico possiede caratteristiche ambigue: è uno «Stato» di tipo fascista, animato da una pulsione di morte, ma al tempo stesso è la sola forza contro-egemonica di fronte all’Occidente. Parliamo quindi di uno Stato nazionalista-musulmano ma, al contempo, internazionalista. Questo semplice fatto rende fragili le classiche analisi ortodosse dell’estrema sinistra. La posizione del Npa (il Nuovo partito anticapitalista), ad esempio, che legge negli attentati del 13 novembre una reazione all’imperialismo, illustra bene a tale riguardo le difficoltà di sviluppare una risposta marxista coerente fuori da antichi schemi che, oramai, non funzionano più.
La confusione «rosso-bruna» nasce da questo problema ed è ben rappresentata da Michel Onfray,
filosofo da scrivania e tastiera, vicino d’altronde alle posizioni del Npa, che ha di recente attribuito al Corano la responsabilità della violenza jihadista, sostenendo, allo stesso tempo, che gli attentati di Daesh sono una risposta all’imperialismo occidentale.
Un altro rappresentante della sfera di influnza «rosso-bruna», Jean-Pierre Chevènement, chiama a sé una «Repubblica energica», mentre Jean-Paul Brighelli, vecchio personaggio dell’estrema sinistra passato all’estrema destra antisemita, autore di un libro in uscita significativamente titolato Voltaire ou le Jihad chiede da par suo che certe libertà pubbliche vengano sospese e si instauri uno Stato forte. Infine, last but not least, Michel Houellebecq, vecchio gauchiste, autore islamofobo di successo che in un articolo del Corriere della Sera fustiga tanto la destra, quanto la sinistra preparando il terreno a Marine Le Pen. In un senso generale, potremmo dire che tutta una frangia dell’intellighenzia sta per virare al razzismo, ma dietro copertura...
La copertura della legittimità del dibattito, della libertà di espressione, della lotta contro il «politicamente corretto», della difesa della laicità, cose che portano a difendere nient’altro che i valori di una Francia «bianca» e «cristiana», persino nell’ambito culinario come nel caso del fenomeno che alcuni chiamano «kebabofobia».
Dopo il 13 novembre, abbiamo visto spuntare su Facebook ritratti e immagini di profilo su sfondo tricolore. Ma il nazionalismo non è unicamente francese, è anche europeo e regionalista. Tutto questo non fa che portare acqua al mulino di Hollande, che si sta rappresentando come un George Bush in salsa francese, puntellando così le fondamenta di uno Stato sicuritario e liberticida. Vedremo un Patriot Act  à la française, insomma uno «Stato di guerra»...
Ciò a cui assistiamo è l’accelerazione dello scivolamento del paesaggio politico verso la destra e verso l’estrema destra, favorendo le posizioni più paradossali...

...Ricordiamo un punto critico spesso lasciato in ombra nella discussione: molti jihadisti provengono da famiglie non musulmane. Il problema, allora, è che le società occidentali, la Francia tra le altre, non offrono alcuna prospettiva e alcun futuro ai giovani. Non parlo solo in termini di impiego e lavoro, ma anche in termini di incardinamento intellettuale. Non c’è più un «racconto nazionale» coerente, non ci sono più partiti, niente sindacato, niente scuola, niente servizio civile o militare, niente che sia capace di dare un senso all’esistenza di questi ragazzi. In un contesto simile, il culto del denaro promosso dal liberalismo non basta per dare ordine alla vita di queste generazioni. Questo vuoto spalanca le porte a ideologie di tipo spiritualistia e new age che oggi sono rigogliose e fiorenti. Allo stesso modo, la seduzione esercitata da Daesh nei riguardi di un certo numero di ragazzi e ragazze può spiegarsi così, anche se questo li conduce agli atti più orribili...

...la guerra intrapresa contro Daesh bombardando in Iraq e Siria, ma anche gli interventi in Mali e nella Repubblica Centrafricana, interventi tutti diretti contro l’islam radicale, non può che alimentare il flusso sempre più importante di jihadisti diretti in Medioriente o operativi sul suolo francese. Per una serie di ragioni, la Francia è il tallone d’Achille dell’Occidente e per questa ragione Daesh la attacca. D’altra parte, va detto che gli attentati suscitano già reazioni islamofobe e accentuano la divisione tra popolazioni venute dal mondo arabo-musulmano, indipendentemente dalla loro nazionalità francese o meno, che si considerano «Français de souche»...

...Credo che tutto si stia assemblando in modo tale da farci entrare davvero in una «guerra di civiltà». In questo processo l’identità viene allora messa in primo piano. Il sociale sta lasciando a poco a poco il posto al razziale. Con grande soddisfazione dei postcoloniali. Questa posizione si è chiaramente espressa il 31 ottobre, a Parigi, alla «Marcia della dignità contro il razzismo». C’erano tutte le organizzazioni postcoloniali, tranne le organizzazioni antirazziste universaliste. Ciò che è in questione in taluni settori delle popolazioni discriminate, almeno attraverso i loro portavoce, è l’idea che l’universalismo sia «bianco», che esista dunque un «privilegio bianco», che consente di sfuggire al razzismo...

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