venerdì 9 ottobre 2015

pc 9 ottobre - COMMENTO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO "IL PROGRAMMA MINIMO"

Il 7 ottobre a Roma si è tenuta la presentazione del libro "Il programma minimo".
Si tratta di un testo già pubblicato dalla casa editrice "Laboratorio politico" nel '96 e oggi è curato sempre da Gianfranco Pala assieme a Enzo Gamba e col sottotitolo "per la classe e i comunisti in una fase non rivoluzionaria" e fa parte di una nuova iniziativa culturale del collettivo La Contraddizione che prevede l'uscita di 4 pubblicazioni all'anno di cui "Perla critica" è stato l'inizio. In appendice vengono riportate: la Critica al programma di Gotha, il Programma di Erfurt, e considerazioni preliminari per il programma minimo del partito operaio francese.

Nell'introdurre il libro si è parlato della necessità di comprendere la fase storica in cui ci troviamo e di come impostare i criteri per un programma minimo a cui i comunisti dovranno dare una soluzione.
Carla Filosa ha ripreso la "Critica al programma di Gotha" per ristabilire l'unità dialettica tra strategia e tattica perchè la sconfitta che abbiamo di fronte è il frutto dell'abbandono della strategia, e della necessità di una acculturazione, di impadronirci della teoria del meccanismo del Capitale, per contrastare le politiche e la visione del mondo di una borghesia che vuole imbonirci e farci accettare i soprusi quotidiani, per delimitare il campo per una coscienza di classe capace di restituire identità al proletariato.
L'editore Manes de "La città del Sole" di Napoli ha rilevato l'approccio di metodo su cosa significa oggi fare politica, dell'editoria come strumento per il recupero dell'identità comunista e della sua capacità di incidere, una battaglia difficile per il monopolio borghese e tenuta in piedi dall'impegno di alcuni compagni, della necessità di padroneggiare la teoria marxista.

Un lavoro, questo del libro, che dimostra la grande attenzione che c'è oggi nell'area dei comunisti verso la teoria marxista, verso la formazione e l'autoformazione, un'attenzione che generalmente si rivolge ai comunisti senza partito e agli studenti e che allo stesso tempo dimostra ancora una volta il carattere fortemente ideologico e distintivo del nostro lavoro di proletari comunisti sulla formazione operaia che è rivolto ai proletari, alla classe, ai lavoratori, ai giovani organizzati nella nostra organizzazione, per dare strumenti di alfabetizzazione alle energie che vengono dalle lotte vere; un lavoro, quello di proletari comunisti-PCm, che è riuscito a conquistare anche alcuni intellettuali.

La questione della "fase non rivoluzionaria" rischia però di indebolire la ripresa teorica ricacciandola nella difensiva, enfatizzando le sconfitte, mettendola al servizio di un "programma minimo", una tattica nel quadro di accumulazione di forze al servizio di un programma "massimo". Indubbiamente dal punto di vista oggettivo e soggettivo la definizione è corretta, ma in un sistema imperialista quand'è la fase rivoluzionaria? In particolare la fase oggi è la tendenza al moderno fascismo che perseguono sul piano interno le varie borghesie dimenandosi nella loro crisi strutturale: è compito dei comunisti inserirlo nell'elaborazione di un programma minimo, oppure no? Quanti comunisti leggono la fase in questi termini e indicano alla classe il percorso già praticato e vincente nella realtà storica del nostro paese, cioè la resistenza antifascista? Elezioni o il loro boicottaggio: chi fa parte del programma minimo? Le condizioni favorevoli alla rivoluzione esistono molto raramente, ma è il percorso individuale e collettivo dei comunisti che deve essere attraversato con l'autocritica: qual'è stato e qual'è il lavoro di massa, il lavoro per un sindacato di classe, tanto per cominciare. Chi vuole la rivoluzione dovrà organizzare la prima tappa, il Partito. Su quali basi teoriche costruirlo? Partito di quadri o Partito di massa? Bisogna che i comunisti lo dicano apertamente. Non è più il momento di chiedere a che punto è la notte, compagni? Ma lavorare per unire i comunisti oggi.

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