venerdì 18 settembre 2015

pc 18 settembre - Fascismo padronale alla guida di Confindustria

Confindustria, Rocca 
lancia Bonometti 

..Mentre apprendiamo che Gianfelice Rocca  presidente degli industriali lombardi, rinuncia alla candidatura per la successione di Squinzi alla presidenza della Confindustria ("a causa di impegni che ne richiedono la presenza alla testa del gruppo di famiglia Techint"…affari di cui continueremo ad occuparci), non manca però di indicare nel presidente dell'associazione industriali bresciani Bonometti (azienda OMR con commesse FIAT per 700 milioni nel 2014) , il candidato ideale per portare avanti la strategia dei padroni "veri" quelli delle aziende manifatturiere, e non è un caso che viene citato:"L’esempio di Fiat («ha spalancato la finestra sul cortile della concertazione, aprendo la strada al Jobs act e all’eliminazione dell’articolo 18») e le scelte di Marchionne («il rilancio di un marchio come Alfa e le fusione con Chrysler sono fatti e non parole») restano, nel giudizio di Bonometti, un paradigma significativo", oppure quale deve essere il ruolo nella politica di "Confidustria «deve tornare ad essere protagonista nel processo decisionale che deve orientare l’Italia verso una nuova crescita», ovvero la linea è il fascismo padronale che impone le scelte politiche del governo e i cambiamenti dello stato: "Ogni giorno deve essere un giorno di conquista, di difesa, di ricerca di nuovi successi. Se lo stato poi ci segue con le riforme - ha aggiunto - possiamo fare di più e meglio».  ( vedi articolo Il Sole 24 Ore 1 luglio 2015)
Brescia traccia la via della ripresa
Il tempo è scaduto. Se l’Italia vuole restare un paese a forte vocazione industriale, nei prossimi mesi dovrà prendere decisioni urgenti e coraggiose. Scelte che, però, devono arrivare soprattutto dal basso, dalle imprese, risalendo poi verso le organizzazioni imprenditoriali e la politica.
Dall’alto del suoi primato nell’export (con 14,5 miliardi nel 2014 sono stati battuti anche i record pre crisi) e nel valore aggiunto (con 10,1 miliardi prodotti ogni anno è la prima tra le dieci aree super-specializzate di tutta Europa), il sistema industriale bresciano indica la strada per riagganciare il treno della competitività. «Fermarsi ora significa pregiudicare il futuro - ha spiegato ieri il presidente dell’Associazione industriale bresciana, Marco Bonometti, durante l’assemblea annuale degli associati -. Non dobbiamo accontentarci di quello che stiamo facendo nelle nostre aziende. Ogni giorno deve essere un giorno di conquista, di difesa, di ricerca di nuovi successi. Se lo stato poi ci segue con le riforme - ha aggiunto - possiamo fare di più e meglio». Il presidente di Aib, che ha dovuto rinunciare all’atteso saluto dell’amministratore delegato di Fca Sergio Marchionne, bloccato dal mal di schiena («anche lui è un uomo, non è un marziano» ha spiegato Bonometti) si è rivolto all’industria, «quella vera» ha detto, che «non vive e non vuole vivere di assistenzialismo e di privilegi», ma che «sa vincere sul campo anche le sfide che appaiono impossibili». L’esempio di Fiat («ha spalancato la finestra sul cortile della concertazione, aprendo la strada al Jobs act e all’eliminazione dell’articolo 18») e le scelte di Marchionne («il rilancio di un marchio come Alfa e le fusione con Chrysler sono fatti e non parole») restano, nel giudizio di Bonometti, un paradigma significativo. «Tutti noi - ha sintetizzato - abbiamo bisogno di ragionare in termini nuovi per vincere le nuove sfide, e chiunque possa aiutarci è benvenuto». Nello specifico di Brescia, Bonometti ha affermato che «vuole e deve cambiare, per continuare a recitare un ruolo da protagonista nella competizione globale». Un esempio è la recente «battaglia» sull’abolizione dell’Imu sugli imbullonati, «problema che abbiamo fatto emergere - ha detto Bonometti - e sul quale continueremo a batterci, per arrivare all’abolizione». I numeri oggi danno ragione al Sistema Brescia, ma non è il momento di sedersi sugli allori. Secondo il leader di Aib «fermarsi significa pregiudicare il futuro», visto che gli stessi numeri che premiano il manifatturiero di questa provincia sanno anche essere impietosi: la crescita dell’1,9% della produzione a marzo, ha ricordato Bonometti, non basta a colmare il gap con il primo trimestre del 2008 (che resta a -28 per cento).
Anche Confindustria deve cambiare. «A Giorgio Squinzi va il nostro grazie per ciò che ha fatto» ha detto Bonometti. La riforma voluta dal presidente, che ieri ha chiuso i lavori assembleari «può rilanciare Confindustria, ma ad una condizione: che ci sia consapevolezza, tra gli imprenditori, che è lo strumento, non l’obiettivo».
Per Bonometti, Confidustria «deve tornare ad essere protagonista nel processo decisionale che deve orientare l’Italia verso una nuova crescita». Deve «assumere precise responsabilità, esigere la creazione di un contesto in un cui l’impresa possa crescere e prosperare». Una Confindustria autorevole, «snella nell’organizzazione, come snelle hanno dovuto diventare le aziende, reattive al cambiamento, facendo innovazione ed eliminando le inefficienze». Un’organizzazione, poi, che «rappresenti le imprese che producono, quale che sia il loro ambito di operatività», e che sia in grado di fare lobbying «per la crescita e che abbia meno velleità politiche» ponendo invece «la creazione di posti di lavoro al centro di ogni programma». Partendo dal presupposto che «c’è stato un cambiamento dell’economia dettato dalla tecnologia, dai mercati e anche dalla crisi», secondo Bonometti, «è necessario anche un cambiamento di Confindustria», affinchè possa «recitare un ruolo primario nel difficile processo di ripresa».

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