venerdì 14 agosto 2015

pc 14 agosto - SVALUTAZIONE DELLO YUAN - LA CINA: DAL MEGA SVILUPPO CAPITALISTA AL TENTATIVO DI RISPONDERE ALLA CRISI - MA ANCORA UNA VOLTA SI DIMOSTRA CHE IL SERPENTE DEL CAPITALE SI MANGIA LA CODA, PERCHE' LA VERA CAUSA E' NELLO STESSO MODO DI PRODUZIONE CAPITALISTA

Ancora un deprezzamento dello Yuan, il terzo in 72 ore. La Banca centrale cinese ha deciso di svalutare la moneta di un ulteriore 1% rispetto al dollaro. In sintesi, lo Yuan è stato svalutato in tre giorni del 4.65%. E' un tentativo di stimolare un'economia che non sta crescendo quanto sperato.
Con l'azione svalutativa viene immessa moneta nel sistema economico da parte della Banca centrale.
Questa svalutazione da una parte rende più costose le merci importate, dall'altra stimola la ripresa del mercato interno e rende più convenienti i prodotti esportati. Il bilancio complessivo di ricchezza derivante dai due effetti dipende dunque dall'ammontare congiunto dei flussi di import-export.
La svalutazione riduce i prezzi, in moneta estera, dei beni esportati favorendo le esportazioni e aumenta il prezzo, in moneta nazionale, dei beni importati riducendo le importazioni.

(Da L'Internazionale) 
  1. Il tasso di cambio cinese è meno soggetto alle fluttuazioni di altri tassi, perché è controllato dalle autorità di Pechino, che hanno fissato dei valori di riferimento entro i quali la moneta può fluttuare. Ogni giorno, a fine seduta, la Banca centrale cinese interviene per evitare che i valori di riferimento fissati siano violati. Ma negli ultimi anni il margine di oscillazione della moneta cinese è stato gradualmente allargato dalle autorità di Pechino. Nel 2014 il valore di riferimento è stato fissato al 2 per cento (precedentemente era all’1 per cento). Ogni giorno quindi la moneta cinese può perdere o guadagnare non più del 2 per cento. Ma negli ultimi due giorni la banca centrale cinese ha permesso che a stabilire la fluttuazione della sua moneta fosse il mercato e non è intervenuta a correggere l’oscillazione del valore dello yuan decretandone di fatto un deprezzamento.
  2. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) aveva chiesto alla Cina una maggiore liberalizzazione del cambio, come condizione per includere lo yuan tra le valute di riserva di cui fanno parte il dollaro, l’euro, la sterlina e lo yen, le monete di riferimento del mercato valutario mondiale. Questo è il primo motivo per spiegare la svolta di Pechino. La Cina vuole che la sua moneta entri nel gruppo delle monete di riserva, anche per allentare la sua dipendenza dalle fluttuazioni del dollaro. Ma per fare questo deve rispondere alle richieste di maggiore liberalizzazione del Fondo monetario.
  3. Inoltre, secondo gli analisti, dietro alla decisione di Pechino si nascondono dei timori per le esportazioni e per la salute dell’economia cinese, che rallenta dopo anni di crescita sostenuta. A luglio le esportazioni cinesi sono scese dell’8,3 per cento e nell’ultimo trimestre gli acquisti di auto sono scesi del 22 per cento su base annua. Secondo alcune previsioni, la crescita cinese, che è stimata al 7 per cento nel 2015, in realtà si attesterà solo al 5 per cento alla fine dell’anno.
  4. La svalutazione mette potenzialmente le imprese europee e statunitensi in una condizione di svantaggio rispetto alle concorrenti cinesi
  5. La decisione non è piaciuta agli Stati Uniti, che chiedono alla Cina da anni di non deprezzare la sua moneta.

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