lunedì 6 luglio 2015

pc 6 luglio - 8° DECRETO ILVA: IL DIRITTO ALLA LIBERTA' DELL'IMPRESA VAL BENE LE MORTI OPERAIE

L'8° decreto Ilva mostra in maniera chiara come il governo sia un comitato d'affari della classe dei capitalisti, e che per esserlo deve usare sempre di più metodi da dittatura.
Con questo decreto Renzi affossa la Costituzione e gli stessi poteri dello Stato. Esso, al di là del contenuto, dimostra esplicitamente, senza più veli, come il governo intende impostare i rapporti con il Diritto e la Magistratura: i giudici decidono un sequestro e le sue modalità e il governo con un decreto lo cancella, cancellando l'autonomia di un potere dello Stato borghese.
Proprio così, anche per la tempistica, finora non si era vista una tale formale e ufficiale messa da parte; in altre occasioni – sempre per l'Ilva, e il sequestro di tutta l'area a caldo fatto nel 2012 dalla Giudice Todisco, era stato un organo giudiziario superiore, la Cassazione, ad annullare provvedimenti di sequestro della magistratura di Taranto; ora, invece, è il governo che interviene “a gamba tesa”. Se tanto ci dà tanto, ad ogni provvedimento di magistrati che non andasse in sintonia con gli interessi immediati della classe imprenditoriale, interverrebbe il governo con l'arma del decreto a ripristinare “l'interesse supremo, strategico” quello della produzione, del mercato.
Scrive un giornalista sul Corriere della Sera “Ai giudici non si chiede di abdicare al proprio ruolo e di diminuire la propria potestà ma di ampliare la ricognizione sui mutamenti della struttura economica, sulle discontinuità che la Grande Crisi ci lascia e quindi di accrescere il grado di consapevolezza degli effetti di questa o di quella interpretazione della norma”...

Basta, quindi, con un tratto di penna scrivere nel decreto che, nonostante la situazione che permane a rischio viene ripristinata la facoltà d'uso dell'Afo2, o per la Fincantieri di Monfalcone che “i depositi temporanei fatti sulla banchina di Monfalcone, anziché sulla nave, sono legittimi”, che situazione da illegittima diventa “legittima” per non intralciare l'interesse del capitale.

Se non siamo di fronte ad un “colpo di Stato”, poco ci manca.
Renzi – si scrive sul CdS – ha “una sorta di irritazione strutturale per quegli eccessi di intervento di alcuni organi dello Stato, dalle sopraintendenze alla stessa Magistratura, nell'attività di impresa o in senso lato nel settore economico. Interventi o lentezze che a suo giudizio hanno più volte contribuito più che a tutelare interessi pubblici, a danneggiare altri interessi di pari se non superiore rilievo: il diritto alla libertà di impresa, quello alla continuità aziendale, (e, en passant...) la tutela dell'occupazione, la salvaguardia di interessi di sviluppo economico che troppo spesso finiscono per essere pregiudicati...”!

Quindi, le stesse leggi di questo Stato, quelle poche che ancora possono risultare “fastidiose”, devono essere stravolte se fanno da ostacolo alla legge del capitale.
E' evidente, infatti, come il decreto, fatto dopo un gravissimo infortunio mortale, si fa beffe del TU 81/08 e seguenti sulla sicurezza. Ma con esso il governo Renzi, dichiarando che le aziende di interesse strategico nazionale sono terreno in cui legge, divieti, obblighi costituzionali non devono entrarci, dà di fatto una legittimità ad uccidere.
Cercare poi di attutire l'effetto del decreto, scrivendo che entro 30gg l'Ilva deve presentare un piano di messa in sicurezza è quasi una provocazione: quantomeno vuol dire che per 30gg l'AFO2 non è in sicurezza ma comunque gli operai ci possono lavorare e possono rischiare la vita. Come è sicuramente una provocazione, e mai come in questo caso vale il detto: 'fare dello spirito ad un funerale', scrivere nel decreto che “il blocco della produzione vale soltanto quando c'è un conclamato rischio imminente alla sicurezza e al rischio ambientale”, e contemporaneamente escludere da questo blocco proprio l'Ilva che è stata ed è tuttora l'esempio più lampante di questi rischi (nella sua relazione il Gip di Taranto, Rosati, ha scritto a proposito dell'Afo2: “privo dei più elementari dispositivi destinati e idonei alla protezione dell'incolumità dei lavoratori...”).

Ma chiaramente questo non vale solo per l'Ilva o per Fincantieri, ma per tutte le fabbriche di rilevanza strategica: “quando scatta una misura di sequestro ad opera della magistratura, il provvedimento non deve impedire la prosecuzione dell'attività dell'impresa... purchè l'azienda presenti un piano di messa in sicurezza” - e già si dice che con questo decreto ci sarebbe “una moratoria per alcune centinaia di impianti di depurazione privi al momento dell'Aia”. Dichiarando apertamente che questo Stato mette a rischio decine, centinaia di persone, lavoratori, cittadini.

Se neanche le leggi di questo Stato borghese non hanno più senso, allora vuole dire che siamo di fronte a una “dittatura economica e politica”! In cui è chiaro cosa questo governo, questo Stato, questo parlamento intende per “rilevanza strategica”: rilevanza per il profitto della classe padronale, rilevanza per il posto dell'economia italiana capitalista sul mercato internazionale, rilevanza per il peso dell'imperialismo italiano...
In questo, la vita degli operai NON HA RILEVANZA!

Il fatto semplice che le fabbriche, l'Ilva, vanno avanti con il lavoro degli operai viene cancellato – e gli operai appaiono nudi e crudi come forza-lavoro (muscoli, ossa, nervi, mani, testa...) da sfruttare fin quando non si consumano, o muoiono.

Ma l'altra realtà è che con gli 8 decreti per l'Ilva dei governi, si sta semplicemente prolungando un'agonia della fabbrica, senza risolvere alcuno dei problemi reali.
Parafrasando un film, intitolato “Dead man walking”, si potrebbe dire per l'Ilva “Dead factory walking”.
Questa morte la stanno accompagnando i governi della borghesia che prima non hanno imposto ai Riva i risanamenti, i fondi necessari, e ora col governo Renzi e i suoi commissari fanno anche di peggio, uniscono interventi dittatoriali a improvvisazione, sprovvedutezza, irresponsabilità, con cui lasciano andare una grande fabbrica e 12 mila operai alla deriva, senza procedere ad un effettivo risanamento (anche i tempi già lunghi dell'AIA non vengono rispettati), senza una meta, costruendo una situazione in cui pur regalandola, nessun padrone ora si arrischierebbe a prenderla.
Questa morte l'hanno prodotta negli anni i sindacati confederali che sapevano e sottoscrivevano accordi con Riva, e ancor prima con l'Italsider di Stato, conquistandosi posizioni di forte privilegio, parassitismo (soprattutto con la fabbrica pubblica); questa morte la stanno accompagnando ora, plaudendo ad ogni decreto salva Ilva, fino a quest'ultimo.
Bentivogli della Cisl dichiara: “Il governo ha fatto bene ad intervenire. Stavolta non ha fatto come in passato, quando annunciava il decreto e poi passavano settiane prima che vedesse luce...”; Barbagallo della Uil parla di “scelta apprezzabile”.
Il segretario della Cgil di Taranto di fronte a un decreto che dà libertà di uccidere ancora, dichiara: “la nostra priorità è di capire se l'impianto è in sicurezza (?!)...”. E subito dopo la morte di Alessandro Morricella, Landini si compiaceva che i suoi delegati Fiom di Taranto avevano fatto un esposto indicando tutte i problemi di irregolarità dell'Afo2 – senza aggiungere però che prima che morisse Alessandro l'avrebbero dovuto fare e senza chiedersi cosa facevano prima i suoi Rsu, Rls!
Per non parlare di Rappa, segretario della Fiom che, senza rendersi conto del ridicolo, plaude al cambiamento portato dai commissari del governo, rispetto ai tempi di Riva, sul problema della sicurezza (!?) (per capirci, nei giorni successivi l'infortunio mortale vi sono stati altri due gravi incidenti che per miracolo non hanno portato ad altri operai morti).

Ma questa “morte della fabbrica”, loro malgrado, la stanno per ora accompagnando nel silenzio anche gli operai, concedendo troppa tranquillità all'azienda. 
Così pensano di salvaguardare il posto di lavoro, ma si sbagliano! Non c'è nessun altro che può difendere lavoro e imporre il risanamento degli impianti e le bonifiche ambientali, se non una lotta dura, prolungata degli operai, che usi tutti i mezzi della guerra di classe.

Se siamo di fronte a una politica da “colpi di Stato”, che scavalca e straccia leggi, legalità, Costituzione, per far prevalere esplicitamente, senza mediazioni, l'interesse della classe padronale; se siamo di fronte al rivendicare esplicitamente l'interesse al solo sfruttamento di uomini e impianti, allora è l'illegalità che si deve praticare.


Se la loro legalità è morte, è distruzione anche di una grande fabbrica, allora gli operai non hanno altra strada che essere “illegali”!

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