domenica 31 maggio 2015

pc 31 maggio - Materiali per il 2 giugno - La guerra alla Libia è la guerra ai migranti


Ecco perché bisogna essere contro la missione Eunavfor Med

L’avvio delle missione militare dell’Ue, “Eunavfor Med”, contro gli scafisti, è in realtà il primo atto di guerra alla Libia. L’operazione sarà affidata all’Italia. Alla sua guida ci sarà, infatti l’ammiraglio Enrico Credendino, che già aveva comandato la missione navale europea Atalanta, quella che mirava a colpire i pirati al largo delle coste somale, un’operazione che ha prodotto gravissimi danni ai pescatori somali.
L’arrogante Renzi può festeggiare un altro dei “successi” raggiunti: incassare i soldi necessari e il sì dell’Ue per organizzare l’intervento militare in Libia ormai in programma da mesi. Manca solo l’avvallo dell’Onu, più difficile da ottenere, anche perché l’assenza di un accordo su questa operazione militare da parte degli attuali due governi libici costringe ad una nuova risoluzione Onu «Capitolo VII». La Mogherini, tuttavia, sta già lavorando per ricevere il via libera necessario a poter intervenire direttamente nei porti libici per colpire le imbarcazioni “sospette” e colpire gli scafisti prima che carichino le loro imbarcazioni in acque libiche. Può essere questione di ore.
La macchina propagandistica messa in moto dopo l’ennesima tragedia avvenuta sul canale di Sicilia ha, quindi, ottenuto uno dei primi effetti desiderati: la messa in moto dell’intervento militare. Altroché salvare gente innocente che fugge da guerre, fame, persecuzioni e carestie come in un primo momento aveva fatto credere il governo Renzi, pronto a dar battaglia affinché i paesi membri si facessero carico dell’accoglienza dei profughi già presenti e di quelli che arriveranno.
In realtà le istituzioni europee non hanno varato nessuna misura concreta in tal senso. Non vi è stata nemmeno nessuna revisione dei trattati europei, da Schengen a Dublino, che sono la vera origine dei flussi migratori gestiti dai trafficanti. Sulle quote di accoglienza i diversi paesi non hanno, infine, raggiunto alcun accordo, agitando lo spettro del terrorismo per richiamare la necessità della fermezza.
In realtà, l’obiettivo della diplomazia italiana era il si all’intervento, e questo infine è stato ottenuto senza remore. Il segnale è chiaro: si vuole far passare l’idea che in un modo o nell’altro bisogna lasciare una buona parte di coloro che sono arrivati in Libia al loro destino.
Eppure l’intervento in Libia è ritenuto una follia da più parti, sia in ambiti militari come dal Presidente della Repubblica Mattarella che, almeno per una volta, ha espresso davanti al parlamento tunisino una posizione dissimile da quella del governo asserendo che “l’Italia come la Tunisia è convinta che non vi possa essere una soluzione militare alla crisi e che invece urgente raggiungere in tempi brevi, e grazie all’azione di mediazione del rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite, Bernardino Leon, un compromesso politico che consenta la nascita di un governo di unità nazionale”. Si tratta della stessa linea che aveva suggerito in un primo tempo Prodi a Renzi, che evidentemente ora ritiene impraticabile e foriera di pochi consensi.
Per l’arrogante Presidente del Consiglio, a questo punto, l’importante è esserci. Aggiungere un altro tassello ai suoi presunti successi. A prescindere da qualsiasi rischio, anche in termini di vita umane. In Libia, d’altro canto, gli interessi italiani sono ancora forti e vanno tutelati dando un segnale chiaro. Non dimentichiamo che l’ Eni rimane l’unica grande società energetica rimasta sul territorio libico. Eppure, come osserva l’ambasciatore libico all’Onu, Ibrahim Dabbashi: “sarà molto difficile distinguere le barche dei pescatori da quelle dei trafficanti. Potrebbe essere un disastro per i pescatori”. Il disastro, aggiungiamo noi, potrebbe essere più grande come del resto è testimoniato dagli ultimi sciagurati interventi militari imperialisti che alla fine hanno alimentato lo stesso terrorismo islamico.
La risposta all’immane tragedia dei profughi non può essere l’intervento militare unito al rafforzamento delle frontiere, interne e esterne all’Unione Europea.
Per queste ragioni Sinistra anticapitalista invita a mobilitarsi contro l’intervento in Libia, per richiedere la soppressione di di Frontex, che tante tragedie ha favorito nel corso degli ultimi anni; garantire immediatamente corridoi umanitari per soccorrere coloro che fuggono dalla guerra; per l’abolizione immediata del sistema dei visti di ingresso e l’istituzione di un diritto di asilo senza confini che abolisca la logica del Regolamento di Dublino, permettendo l’effettiva libertà di movimento per chi chiede asilo e garantendone il diritto di restare dove sceglie.
Comunicato di Sinistra Anticapitalista

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