domenica 17 maggio 2015

pc 17 maggio - Iniziative in diverse città italiane per l'anniversario della NAKBA

15 maggio 1948, la Nakba

Il 15 maggio del 1948 iniziava per i palestinesi la Nakba: la catastrofe.
Lo Stato di Israele nasceva sul sangue versato dal popolo palestinese: distrutti 541 villaggi, 11 cittadine, 20 quartieri arabi in città a popolazione mista, 750.000 palestinesi, l’80 % dei residenti della Palestina storica, espulsi o costretti ad abbandonare le proprie case.

In questi sessantasei anni per questo popolo la Nakba non ha mai avuto fine. I profughi di allora, divenuti quasi  5 milioni, continuano a vedersi negato il diritto al ritorno nelle proprie terre (previsto dalla risoluzione 194 delle NU) e sono costretti a vivere in condizioni miserabili nei campi profughi sparsi in tutto il Medio Oriente, impossibilitati a rifugiarsi presso i parenti in Cisgiordania o a Gaza anche quando sono obbligati a fuggire da teatri di guerra. E’ il caso del campo profughi di Yarmuk in Siria, martirizzato nell’ indifferenza della comunità internazionale, da cui sono sfollati circa 150.000 abitanti forzati a tentare la sorte sui barconi nel Mediterraneo.

Per i palestinesi rimasti in Palestina la feroce occupazione portata avanti dallo Stato sionista  si sta caratterizzando sempre più come un vero e proprio genocidio. Mai, infatti, si sono fermate le stragi per mano dell’esercito israeliano. Solo dal 2009 ad oggi le operazioni militari, succedutesi in nome della “sicurezza di Israele”, hanno fatto contare nella striscia di Gaza, trasformata in una immenso lager a cielo aperto, quasi 4 mila vittime, migliaia di case distrutte e centinaia di migliaia gli sfollati. Una mattanza di civili, donne e bambini, volutamente procurata dall’esercito israeliano con l’uso indiscriminato di bombardamenti ed armi micidiali, denunciata persino da organizzazioni israeliane come Breaking the Silence, che proprio in questi giorni ha presentato il rapporto “Così abbiamo combattuto a Gaza”, realizzato attraverso più di sessanta interviste ad altrettanti militari israeliani.
Altre centinaia sono i palestinesi uccisi dagli attacchi mirati, dalla mancanza di cure sanitarie e dalla sempre più grave carenza di cibo.

Una pulizia etnica che si va via via rafforzando con i nuovi insediamenti ebraici nelle terre palestinesi, in particolare in Cisgiordania, che stanno di fatto relegando i palestinesi in piccoli fazzoletti di terra divisi dai villaggi dei coloni e dal Muro, rendendo sempre più impossibile la vita in aree soffocate dalla presenza asfissiante delle truppe di occupazione. La stessa Gerusalemme Est, viene brutalmente giudaizzata con la cacciata dei palestinesi e la costruzione di colonie.
Ogni giorno il popolo palestinese è vessato da rastrellamenti e arresti arbitrari, deportazioni, dalla distruzione dei mezzi di sostentamento; depredati delle loro case, dei loro beni, della loro acqua, delle loro speranze.

Nelle prigioni israeliane sono rinchiusi circa seimila prigionieri politici palestinesi. Di essi almeno 163 sono minorenni, inclusi 13 al di sotto di sedici anni. Almeno 17 sono membri del Consiglio Legislativo (il Parlamento) Palestinese. Tra questi: Marwan Barghuthi, prestigioso esponente del Fatah, leader della prima e della seconda Intifada, e Ahmad Sa’adat, segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.
L’arresto amministrativo di sei mesi rinnovabili, senza processo e senza imputazioni, è uno strumento repressivo che secondo il diritto internazionale vigente, può essere giustificato solo eccezionalmente e per motivi straordinari. Israele, “unica democrazia” del Medio Oriente secondo la stampa mainstream,  invece vi ricorre quotidianamente. Circa 500 sono oggi i prigionieri politici sottoposti ad arresto amministrativo. Con questo strumento è stata arrestata il 2 aprile 2015 Khalida Jarrar, deputata del FPLP e membro della Commissione parlamentare per i prigionieri politici.
Il suo arresto da parte del reparto militare israeliano, avvenuto a Ramallah, in Cisgiordania, zona sotto totale amministrazione dell’ANP, è stato possibile, come denunciano alcune organizzazioni palestinesi, solo nell’ambito degli accordi di cooperazione sulla “sicurezza” fra Israele e l’ANP. Una collaborazione che si ritorce solo contro i palestinesi e che il FPLP e Khalida Jarrar rifiutano.
Dal 4 maggio la compagna Khalida è in stato di detenzione in quanto sottoposta a processo. Le sono stati contestati dodici capi d’imputazione tutti politici tra cui l’appartenenza al FPLP, l’aver esposto pubblicamente le proprie idee e l’aver difeso i prigionieri palestinesi che vivono in condizioni disumane, subendo torture che tante volte hanno causato danni fisici irreparabili o la morte.

Tutto questo è evidentemente possibile grazie al palese appoggio degli USA ed alla complicità di Europa ed ONU e grazie al silenzio dei media internazionali. In nome del diritto ad esistere di Israele l’intero Occidente tace sull’oppressione e la mattanza di un popolo, quello palestinese, e sullo sfruttamento ignobile delle altre minoranze. Nessuna voce, infatti, si è levata contro il “Piano Prawer”  con cui si è attuata  l’espulsione forzata di circa 70.000  beduini,  cittadini di Israele, dal Negev con la distruzione 35 villaggi e la confisca di 210 mila ettari di terra. Nessuna critica in questi giorni è stata fatta al governo israeliano per la sua dura repressione delle proteste dei cosiddetti ‘falasha’, gli ebrei  etiopi, portati in Israele per popolare alcune aree strappate ai palestinesi  e poi discriminati e relegati ai margini della società, vittime, come gli altri immigrati africani, di pogrom razzisti.
In questo appoggio incondizionato alla politica coloniale di Israele si distingue il governo italiano che non a caso condanna chiunque osi criticare la politica israeliana, in perfetta coerenza con le aspirazioni e gli interessi dello stato sionista e degli interessi dell’imperialismo italiano.
Non possiamo, infatti, dimenticare che proprio il governo e l’industria italiana sono tra i primi fornitori, in area UE, di armi a Israele.

Con gli accordi commerciali e militari sempre più numerosi tra l’Italia e lo Stato sionista, significativi diventano, infatti, gli interessi delle imprese italiane anche quelle del Mezzogiorno.
Il 30 marzo è stata inaugurata la linea aerea bisettimanale Napoli – Tel Aviv, da parte della compagnia israeliana “Sun d’or”, società controllata dalla compagnia di bandiera “El-Al”. L’apertura di questo nuovo collegamento è stata spacciata per “un’occasione” per l’Italia e per il turismo della città di Napoli, mentre legittima e rafforza uno stato responsabile della politica razzista e coloniale sulla Palestina.
Molti di questi affari, infatti, riguardano, direttamente o indirettamente, la presenza di aziende israeliane nei Territori Palestinesi Occupati che sfruttano, come nel resto di Israele, per pochi spiccioli la forza-lavoro palestinese

Non possiamo più assistere in silenzio al genocidio di un popolo, né alle complicità dell’Occidente.
·         Uniamoci alla campagna internazionale per il BDS – Boicottaggio, Disinvestimenti e Sanzioni – per il boicottaggio della economia coloniale di Israele. Cominciando con il boicottaggio del volo bisettimanale Tel Aviv – Napoli della compagnia Sun d’or controllata dalla compagnia di bandiera israeliana El-Al.
·         Chiediamo al governo italiano l’immediata cessazione di ogni collaborazione militare ed economica con lo stato di Israele.
·         Chiediamo il rispetto del diritto al ritorno per tutti i profughi palestinesi
·         Chiediamo la scarcerazione immediata di Marwan Barghuthi, Ahmad Sa’adat, Khalida Jarrar e di tutti i prigionieri politici palestinesi, in qualunque carcere siano detenuti.
·         Chiediamo l’abolizione del trattato di cooperazione con l’ANP per la sicurezza di Israele.

COMITATO A SOSTEGNO  DELLA  RESISTENZA  PALESTINESE-NAPOLI

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