mercoledì 25 febbraio 2015

pc 25 febbraio - La Rete a processo a Ravenna per avere protestato contro i padroni assassini e contro la precarietà che uccide: sebbene assolti gli attivisti per alcuni reati, di fronte alla violazione della "sacra" proprietà privata, il Tribunale invece emette la condanna a favore dei padroni

Presidio della Rete davanti al Tribunale



Venerdì scorso si è concluso il processo che vedeva accusati 7 attivisti della Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro del nodo di Ravenna per aver, secondo l'accusa, infranto un vetro nei pressi della sede della agenzia interinale Intempo durante una protesta e per aver invaso lo spiazzo a lei adiacente all'interno della compagnia portuale e facendo violenza privata nei confronti di alcuni dirigenti della stessa intervenuti sul posto. I fatti  sono risalenti al 2008, il 13 marzo, in occasione dell'anniversario della strage dellla Mecnavi giorno per il quale la rete aveva deciso di mobilitarsi all'interno della serie di iniziative indette in tutta Italia per la marcia-carovana contro gli omicidi sul lavoro e per la sicurezza. In quella occasione la Rete di Ravenna decise di commemorare attivamente sia i caduti sul lavoro della Mecnavi che il giovane operaio "affittato" dall'agenzia interinale, Luca Vertullo, da qualche mese ammazzato dalle logiche di profitto e sfruttamento nel porto di Ravenna, schiacciato nella stiva del traghetto Catania al suo primo giorno di lavoro durante la sua prima ora di lavoro. Il Pm ha aperto il dibattimento partendo dal fatto che tutto questo era completamente da non considerare perché ininfluente e non importante ai fini processuali, da qui poi il suo impianto accusatorio che voleva condanne di 1 mese di reclusione per 4 attivisti, 2 mesi per i due responsabili della rottura del vetro e 4 mesi per chi aveva esercitato la violenza privata su Rubboli, impedendogli di svolgere il proprio intento e la propria volontà. Naturalmente a ciò si aggiungeva la richiesta di risarcimento del vetro rotto. L'avvocato della parte civile, la compagnia portuale, si allinea in toto con il pm aggiungendo che la Rete e il sindacato Slai Cobas per il sindacato di classe non avevano i requisiti per esercitare diritti sindacali all'interno del porto. L'avvocato Monica Miserocchi a difesa degli imputati apriva l'arringa difensiva ribaltando completamente l'impianto accusatorio del pm, sottolineando fin da subito che in quella sede era di fondamentale importanza considerare le motivazioni per cui gli attivisti della Rete erano intervenuti alla Intempo e quindi nello spazio della Compagnia portuale. Intanto quello era il luogo da cui era partito Vertullo per andare a lavorare il suo primo ed ultimo giorno di lavoro ed è li che la Rete poteva incontrare i lavoratori per sensibilizzarli sulle stragi e gli infortuni che avvengono ogni giorno nei posti di lavoro, dopo di che l'avvocato ha snocciolato tutti i dati della regione, poi della provincia e poi del comune di Ravenna sui morti sul lavoro sostenendo che nessun tribunale di un paese democratico può evitare di tenere in considerazione tali dati all'interno di un processo che vede i suddetti "reati" (secondo la logica dei padroni) commessi per protestare contro questa continua strage. L'avvocato ha rimesso al centro subito, quindi, la questione principale dei morti sul lavoro e della battaglia della Rete, parlando anche della carovana e delle diverse altre città che in quei giorni si mobilitarono. Di seguito sono state poi smontate una per una le accuse, il tutto appoggiandosi al fatto che il video girato dagli attivisti chiariva limpidamente e in maniera inconfutabile che Rubboli (presidente allora della Compagnia Portuale) aveva aggredito un attivista della Rete e che non c'era violenza privata da parte degli stessi nel cercare di frapporsi tra lui e l'aggredito ma anzi...che il vetro infranto si era rotto perché gli attivisti erano stati spintonati verso la porta del vetro e con un asta accidentalmente, per colpa delle spinte, avevano probabilmente urtato il vetro e che quindi non c'era interesse né volontà di infrangerlo; quella che veniva definita occupazione non era tale perché non si era preso possesso di alcuna sede per un tempo di ragionevole durata e che la violazione della proprietà privata era necessaria per poter entrare in contatto con i lavoratori all'interno ma il tutto si è svolto nell'arco di 30 minuti senza violenza nei confronti delle dipendenti della Intempo che hanno tutto il tempo e la tranquillità per chiudere la porta e rimanere all'interno, dopo che con assoluta calma, come si vede dal video, gli era stato spiegato il perché di quei cartelli appesi, dei volantini e della presenza degli attivisti.
La sentenza del giudice ha ritenuto gli imputati da assolvere per tutti i reati contestati tranne che per la violazione della proprietà privata, quindi accollandogli un risarcimento danni pari a mille euro in favore della compagnia portuale più 2 mila per il pagamento dell'avvocato della parte civile...più l'iva, per un totale circa di 4 mila euro.
Adesso seguirà il ricorso in Appello....la lotta continua.

Rete per la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e nei territori-nodo di Ravenna

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