lunedì 23 febbraio 2015

pc 23 febbraio - In Italia i ricchi vivono sei anni più dei poveri – la salute è di classe - Un libro bianco “EQUITA’ NELLA SALUTE” spiega perché i meno abbienti si ammalano di più e muoiono prima

Si potrebbe dire che sembra la scoperta dell’acqua calda, dato che questo tipo di statistiche si ripropongono periodicamente in tutti i campi della vita. Dovrebbe saltare agli occhi, quindi, che dire i “cittadini in condizioni di svantaggio sociale” come dice il dottor Costa, significa parlare di una classe, quella che non ha accesso al benessere, appunto, significa che non “siamo tutti nella stessa barca” e frasi del genere, ma cercare di coprire con le parole che si tratta della differenza tra le classi, che esistono le classi e che in questa società divisa in classi non si possono risolvere davvero i “problemi” senza abolire le classi…
La salute non è uguale per tutti. Nonostante la nostra Costituzione riconosca la tutela della salute come diritto
universale, nei fatti le differenze sociali ed economiche influenzano il benessere psicofisico delle persone e possono portare la stessa malattia a esiti molto diversi. «Numerosi studi hanno dimostrato che i cittadini in condizioni di svantaggio sociale tendono ad ammalarsi di più, a guarire di meno, a perdere l’autosufficienza e a morire prima» spiega I'epidemiologo Giuseppe Costa, dell'Università di Torino, che ha coordinato i lavori per la stesura del libro bianco Equità nella salute. «In altri termini» aggiunge «esiste un gap fra soggetti più o meno abbienti che si traduce, in Italia, in una riduzione di cinque-sette anni nella speranza di vita».

Il libro bianco evidenzia che le diseguaglianze sono ovunque, anche se più diffuse nelle regioni del Sud Italia, e producono effetti su quasi tutte le malattie: «le più sensibili alle differenze di ceto, reddito e istruzione sono però quelle legate alle dipendenze da alcol, droga, fumo, al sovrappeso e all'ipertensione. E poi il diabete, alcune malattie cardiovascolari e alcuni tumori, per esempio quelli a laringe e polmone».
Secondo Eurostat, le persone a rischio di povertà o esclusione sociale in Italia, nel 2013, hanno raggiunto il 28,4 per cento della popolazione. E sono le più vulnerabili perché hanno maggiori probabilità di essere esposte ad alcuni fattori di rischio. «Sia ambientali, come inquinamento, qualità dell'aria, rumore, sia comportamentali, come sedentarietà, cattiva alimentazione, abuso di alcol, sesso non protetto» dice Costa. «In generale, inoltre, povertà materiale e povertà di reti di aiuto, disoccupazione o lavoro poco qualificato e basso titolo di studio sono fattori, spesso correlati l'un l'altro, che minacciano la salute degli individui". A mano a mano che si risale lungo la scala sociale la salute media migliora. «Tanto che, se con un colpo di bacchetta magica si potessero eliminare le disuguaglianze sociali, si potrebbe ridurre di circa il 10 per cento la mortalità fra le donne e del 25 per cento fra gli uomini”

Per una volta però l'Italia non è fanalino di coda: l'intensità delle disuguaglianze di salute è meno marcata da noi che nel resto d'Europa, «perché il nostro sistema sanitario, per sua natura universalistico, consente di affrontare meglio che altrove le situazioni di emarginazione e disagio, e perché abbiamo un'altra risorsa: la dieta mediterranea». La cattiva alimentazione aumenta notevolmente il rischio cardiovascolare e quello di alcuni tumori, «e in Italia ricchi e poveri consumano più olio che burro e mangiano più o meno tutti pasta, frutta e verdure». Ciò non toglie, dice Costa, che la politica dovrebbe impegnarsi di più per contrastare gli stili di vita insalubri, migliorare i luoghi dove la gente vive e lavora, garantire un accesso ancora più equo ai servizi sanitari e investire in politiche sociali.

“Bisognerebbe, per esempio, promuovere le visite domiciliari in occasione della nascita di un figlio: l’homevisiting rappresenta un intervento a basso costo ed efficace nell'identificare precocemente i problemi di salute del bambino, che guarda caso sono più concentrati nelle famiglie a basso reddito. Questo consentirebbe di pianificare una serie di interventi di supporto integrando I'attività di consultori, pediatri e assistenti sociali. E darebbe risultati importanti: una parte significativa delle diseguaglianze di salute nasce dalle condizioni di svantaggio nei primi anni di vita”
Il venerdì 9/1/15

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