giovedì 19 febbraio 2015

pc 19 febbraio - FORMAZIONE OPERAIA - RISPOSTE SU IL CARATTERE DUPLICE DEL LAVORO - UTILIZZANDO ANCHE UN FUMETTO

Una lavoratrice scrive:

"Lo scoglio maggiore l'ho incontrato nella comprensione della dicotomia del lavoro in lavoro concreto e in lavoro astratto...quando si parla di lavoro "utile" (associandolo al valore d'uso) ci si riferisce al lavoro concreto?
In particolare, quando, si parla del duplice carattere del lavoro rappresentato nelle merci (http://proletaricomunisti.blogspot.it/searchq=il+duplice+carattere+del+lavoro+rappresentato+nelle+merci): "Quindi il lavoro utile diventa fonte più abbondante o più scarsa di prodotti in rapporto diretto con l'aumento o con la diminuzione della sua forza produttiva. Invece, un cambiamento della forza produttiva non tocca affatto il lavoro rappresentato nel valore preso in sé e per sé."A quale valore ci si riferisce?
Non credo si riferisca a quello di scambio della merce, né a quello d'uso, perchè se aumenta la forza produttiva, ad esempio con l'introduzione di un macchinario che la potenzia, più merci vengono prodotte nell'unità di tempo, quindi il valore d'uso aumenta quantitativamente e la grandezza di valore diminuisce.

PROVIAMO A RISPONDERE

Marx spiega che il lavoro ha un duplice carattere:
- è lavoro concreto, qualitativamente definito, volto a produrre questo o quel valore d’uso; e quindi quando si parla di "utilità" ci si riferisce effettivamente al lavoro concreto;
- è lavoro astratto, cioè pura estrinsecazione di lavoro umano, che prescinde da ciò che concretamente viene prodotto, quindi dagli aspetti qualitativi e dalle determinazioni specifiche riferite all’utilità dei singoli lavori, e la cui quantità determina il valore creato (quindi che l'operaio con il suo lavoro produca mobili o aerei è indifferente, ciò che conta è il lavoro umano impiegato per produrre quella merce).
La quantità di lavoro astratto per produrre una merce è data dal tempo di lavoro socialmente necessario, secondo l’intensità e la produttività prevalente in quel ramo produttivo, per produrre le merci.

Per meglio spiegare questa importante questione, riprendiamo proprio dal testo ricordato dalla lavoratrice, pubblicato nel blog il 4 dicembre 2014:
"DUPLICE CARATTERE DEL LAVORO RAPPRESENTATO NELLE MERCI"
"La merce è al contempo valore d'uso - e per fare questo serve lavoro concreto, specifico, lavoro utile (per es. falegnameria) - e dall'altro valore - e per fare questo basta il lavoro inteso in senso generale, astratto, dispendio di nervi, cervello, muscoli, forza lavoro umani, quel lavoro che permette lo scambio di cose di qualità differenti (dato che è assurdo scambiarsi la stessa cosa).
Prendiamo per esempio due merci: 1 abito e dieci braccia di tela.
Marx fa l'ipotesi che l'abito ha valore doppio della tela e cioè 1 abito = venti braccia di tela.
Di dove viene questa differenza fra le loro due grandezze di valore? Dal fatto che la tela contiene soltanto la metà del lavoro dell'abito, cosicché per la produzione di quest'ultimo la forza-lavoro deve essere spesa durante un tempo doppio di quello occorrente per la produzione della tela.

Sull'altra domanda che riguarda il rapporto tra cambiamento della forza produttiva e valore d'uso e valore, quello a cui si riferisce la frase "un cambiamento della forza produttiva non tocca affatto il lavoro rappresentato nel valore preso in sé e per sé" è il "valore", come dispendio di lavoro umano in senso astratto.  
Vediamo perchè:
Se la forza produttiva di tutti i lavori utili richiesti per la produzione di un abito, rimane immutata, la grandezza di valore degli abiti cresce col crescere della loro quantità. Se 1 abito rappresenta x giornate lavorative, 2 abiti rappresentano 2 x giornate lavorative, ecc. Ma ammettiamo che il lavoro necessario alla produzione di un abito cresca del doppio o diminuisca della metà. Nel primo caso un abito ha altrettanto valore quanto in precedenza ne avevano due, nel secondo caso due abiti hanno tanto valore quanto in precedenza ne aveva uno, benché nell'uno e nell'altro caso un abito renda prima e dopo gli stessi servizi e il lavoro utile contenuto in esso rimanga prima e dopo della stessa bontà. 
Una quantità maggiore di valore d'uso costituisce in sé e per sé una maggiore ricchezza materiale, due abiti sono più di uno. Con due abiti si possono vestire due uomini, con un abito se ne può vestire uno solo, ecc. 
Quindi il lavoro utile diventa fonte più abbondante o più scarso di prodotti in rapporto diretto con l'aumento o con la diminuzione della sua forza produttiva
Invece, un cambiamento della forza produttiva non tocca affatto il lavoro rappresentato nel valore preso in sé e per sé. E cioè, l'invenzione di un attrezzo, per esempio, agevola sì il lavoro per cui in meno tempo si fanno più cose, ma questo non cambia il fatto che un'ora di lavoro vale sempre un'ora di lavoro! E un oggetto che contiene un'ora di lavoro sarà valutato socialmente per un'ora di lavoro.



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