sabato 19 aprile 2014

pc 19 aprile - ILVA Taranto - incredibile faccia tosta dei sindacati confederali, vogliono essere parte civile al processo contro padron Riva di cui sono stati complici per decenni

 scandalo a taranto

Le burocrazie sindacali di cgil-fiom locali, il cui comportamento i lavoratori hanno già sanzionato con il loro giudizio con lo stesso voto RSU; le burocrazie sindacali responsabili per l'isolamento e la successiva espulsione dei loro delegati combattivi, Rizzo, Battista, Ranieri, ecc., che combattevano in fabbrica per la sicurezza; le burocrazie  sindacali sponsorizzate da Vendola presso il faccendiere pro RIVA ARCHINA' come pienamente affidabili tanto da farne "interlocutore privilegiato"; le burocrazie sindacali firmatarie dell'accordo mof che ha provocato la morte di Claudio Marsella; le burocrazie sindacali firmatarie di tutti gli accordi in fabbrica nei periodi di massimo inquinamento e massima insicurezza in fabbrica..., ora pretendono di voler essere parte lesa, quando avrebbero dovuto essere nel processo come imputati per concorso

Processo Ilva, “Fiom e Cigl parte civile”

Il sindacato dei metalmeccanici ionici e nazionale scende in campo Stefanelli: Siamo da sempre in lotta per difendere la salute umana

Donato Stefanelli, segretario generale Fiom Cgil Taranto
Donato Stefanelli, segretario generale Fiom Cgil Taranto n.c.
La Fiom e la Cgil si costituiscono parte civile nel processo contro l’Ilva di Taranto.
La decisione è stata assunta sia dal sindacato dei metalmeccanici a livello  locale e nazionale, sia dalla Camera del Lavoro di Taranto della Cgil nazionale. “Sono tantissimi i casi che come Fiom con l’avvocato Massimiliano Del Vecchio abbiamo condotto nelle aule del tribunale con diagnosi mediche o perizie epidemiologiche che certificavano quanto le lavorazioni all’interno del siderurgico avessero pesato su carcinomi o mesoteliomi di centinaia di operai dell’Ilva” è quanto ricorda Donato Stefanelli, segretario generale della Fiom Cgil Taranto che annuncia per il prossimo 23 aprile una conferenza stampa in cui saranno spiegate le ragioni della scelta di costituirsi parte civile.

pc 19 aprile - NO TAV - processo da tribunale speciale fascista -









Processo ai No Tav: finiranno sotto scorta i giudici popolari
Giudici popolari sotto scorta, in un clima che ricorda quello degli anni di piombo: è con queste premesse che si aprirà a Torino, il prossimo 22 maggio, il processo che vede come imputati i quattro No Tav accusati di terrorismo, Chiara Zenobi, , Mattia Zanotti, Claudio Alberto, e Niccolò Blasi. Per loro è stato disposto il giudizio immediato. E dato il reato contestato  -  "attentato con finalità terroristiche, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, oltre che detenzione di armi da guerra e danneggiamenti", il processo si celebrerà in Corte d'Assise.
La prima udienza, fissata inizialmente il 14 maggio, è poi slittata al 22 dello stesso mese per la concomitanza con la finale dell'Europa League. Trattandosi di Corte d'Assise la giuria sarà composta da giudici popolari, oltre che togati. E visti gli ultimi episodi  -  l'irruzione in aula da parte di una quarantina di anarchici con urla, slogan, insulti e pesanti minacce nei confronti dei pm e dei giudici, avvenuta lo scorso 10 aprile durante un'udienza a carico di tre antagonisti  -  i giudici (per l'esattezza dodici popolari, due cancellieri e tre togati) saranno accompagnati nell'aula bunker delle Vallette tutti insieme, a bordo di un pullmino che sarà scortato.
Una decisione presa in via precauzionale, dato il clima che si è creato negli ultimi giorni. Non solo. Il comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza sta anche valutando se mettere sotto scorta i gip chiamati a giudicare sulle vicende No Tav e i pm che si occupano di criminalità organizzata.
I quattro attivisti, tutti di area anarchica, in carcere dal 9 dicembre scorso per terrorismo, sono accusati, nel dettaglio, di aver pianificato e portato a termine, la notte fra il 13 e il 14 maggio, un attacco paramilitare al cantiere di Chiomonte. In quell'occasione furono lanciate bombe molotov a pochi metri dal tunnel dove erano al lavoro gli operai e i fumi provocati dall'incendio di un generatore causarono principi di intossicazione tra i lavoratori, bloccati nella galleria. Lo scorso 13 gennaio il tribunale del riesame di Torino ha confermato l'arresto dei quattro e l'ipotesi di reato formulata dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo. I quattro No Tav avevano come base operativa due centri sociali occupati di Torino, che sono stati perquisiti dalla polizia. Nell'atto di citazione a giudizio dei pm compare anche il lungo elenco di persone offese che si potranno costituire parte civile al processo: ci sono anche l'Unione Europea, tramite la Commissione europea, e la Presidenza del Consiglio dei ministri, oltre a Ltf, la società che si occupa dei lavori del Tav e a 105 tra poliziotti, carabinieri, finanzieri, alpini e operai presenti nel cantiere quella notte.
In vista dell'apertura del processo, i No Tav hanno già annunciato una manifestazione popolare che si terrà a Torino. La data resta confermata per il 10 maggio, con ritrovo alle 14 in piazza Adriano. Il percorso al momento ipotizzato toccherà corso Vittorio Emanuele, costeggiando il Palazzo di Giustizia, e proseguirà, passando davanti a Porta Nuova, fino in centro, con l'idea di sciogliersi in piazza Vittorio Veneto. Proprio la vicinanza dell'itinerario con il tribunale fa sì che l'allarme sia alta. Per i giorni precedenti al corteo gli attivisti hanno organizzato anche una campagna di informazione itinerante in Italia.
Le date del tour sono state pubblicate sui siti del movimento di oppositori della ferrovia ad alta velocità: in Piemonte, dopo Ivrea, l'iniziativa "No Tav Tour Colpevoli di esistere" farà ancora tappa a Asti e nella val Varaita, in provincia di Cuneo.

pc 19 aprile - sul 12 aprile: “la repressione alimenta la ribellione”, “la lotta sociale non si può arrestare finché al potere c’è il capitale”. da lavoratori e lavoratrici policlinico Palermo

Il 12 aprile scorso, durante l’importante e combattiva manifestazione nazionale di Roma indetta dai movimenti contro il governo Renzi (l’ennesimo e più pericoloso “comitato d’affari della grande borghesia”), contro la precarietà, l’austerity, il MUOS, il TAV, il jobs act; per il diritto alla casa, al lavoro, al reddito, alla dignità, il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Lupi, ex Pdl, ora Ncd, indagato due volte per abuso d’ufficio, compare di merende…di Berlusconi e Dell’Utri - il fior fiore della melma, campioni di corruzione e malaffare, pluricondannati- ha avuto la spudoratezza di affermare che chi occupa abusivamente case è un delinquente

Ma da che pulpito…!

I ladri di Stato, delinquenti abituali, legalizzati, che si arricchiscono derubando e affamando sistematicamente i proletari e le masse popolari, osano criminalizzare le lotte sociali e chiamare delinquenti finanche coloro che occupano le case per bisogno, per il sacrosanto diritto all’abitare.

Le gravissime esternazioni di Lupi rappresentano la beffa oltre il danno, a fronte del dilagare allegramente nelle istituzioni, dal nord al sud del Paese, di corruzione, malaffare, arricchimento illecito e ruberie di ogni sorta, a cominciare dalla Sicilia che detiene il primato (non dimentichiamo anche i 97 parlamentari indagati lo scorso gennaio, per peculato, per “spese pazze”, coi fondi pubblici).

Tanto la corruzione è oramai di casa nei palazzi del potere (la Corte dei Conti ne ha quantificato il costo in circa 60 miliardi di euro, che costituisce il 3% del PIL annuale), che nel mese di gennaio u.s., è stato approvato il PIANO TRIENNALE PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE (P.T.P.C.) 2014-2016, nella P.A..

Ma non serve a nulla!!!1!!! Anche l’arresto di oggi del prefetto di Benevento dimostra palesemente ciò. Del resto, la storia ci insegna che la corruzione del sistema politico non è un fenomeno per nulla nuovo nel nostro Paese. Fin dal 1861, anno della proclamazione dell’Unità d’Italia, intrallazzi, latrocini, clientelismo e legami con la mafia, sono via via divenuti una normalità, parte integrante del sistema. La TANGENTOPOLI degli anni ’90, che vide coinvolti centinaia di senatori, ministri, sottosegretari, politici di ogni colore, a cominciare da Craxi, ha messo ancora più a nudo la natura CRIMINALE, truffaldina e lercia, della società in cui ci costringono a sopravvivere, dove il più “pulito” dei politicanti e rappresentanti istituzionali ha la rogna.
I veri criminali e delinquenti sono Stato,governi,padroni,partiti, che con la complicità dei sindacati di regime, per continuare ad arricchirsi e mantenere i propri privilegi, peggiorano e devastano la vita dei proletari e delle masse popolari, oltreché, colpiscono ed opprimono doppiamente le donne, considerate ammortizzatori sociali ed incubatrici, strumento di piacere sessuale e proprietà degli uomini - uomini che decidono della vita e della morte delle donne. Gli ultimi due episodi, in ordine di tempo: Giuseppina Corvi, di Terni, uccisa ieri a martellate dal marito, e Rosalba Gucciardi, di Palermo, accoltellata, ieri, dall’ex compagno.
L’assedio di massa del 12 aprile del ministero del lavoro, contro il jobs act e le politiche della macelleria sociale incarnate e ulteriormente accelerate dal governo Renzi; l’attacco e la resistenza dei manifestanti contro la feroce repressione messa in atto dal nuovo esecutivo, dimostrano che “la repressione alimenta la ribellione” e che “la lotta sociale non si può arrestare finché al potere c’è il capitale”.
Ma l’avanzata del MODERNO FASCISMO, dello STATO DI POLIZIA e del MODERNO MEDIOEVO, contestualmente mostrano la necessità e l’urgenza di una NUOVA RESISTENZA POPOLARE e di una lotta dura e a tutto campo, nei luoghi di lavoro e nel sociale, con perenne assedio dei palazzi del potere, per affermare i bisogni e i diritti di donne, operai, lavoratori, disoccupati,precari,giovani,studenti,pensionati, e per farla finita, una volta per tutte, con i governi dei sacrifici, della miseria, del carovita,della disoccupazione, della precarietà a vita. Per mettere fine al sistema capitalistico che è alla base della subordinazione, oppressione e mattanza delle donne.
Le lavoratrici, le precarie, le disoccupate, le giovani, devono essere in prima fila in questa lotta, proprio perché, quelle doppiamente colpite, massacrate sotto ogni aspetto, uccise.

Lavoratrici Policlinico aderenti SLAI Cobas s.c. ed MFPR

pc 19 aprile - disoccupati in lotta a Palermo


Manifestazione gioved' pomeriggio a Palermo di disoccupati  organizzata dallo Slai Cobas per il sindacato di classe.

Da Piazza Croci fino alla prefettura i disoccupati,con le donne in prima fila,  con striscione, bandiere, distribuendo alle gente i volantini, hanno attraversato la città facendo sentire con forza la rabbia.
In lotta già da oltre un anno e mezzo come  "Comitato indipendenza" hanno deciso di iniziare un percoso  con questa O.S. 

Questi disoccupati, nonostante siano riusciti ad incontrare alcuni esponenti delle istituzioni, da Crocetta al Prefetto, e nonostante abbiano presentato anche dei progetti di lavoro, hanno ricevuto risposte sempre negative, o meglio nessuna risposta "non è di nostra competenza, non possiamo farci nulla!"
Per le ultime manifestazioni la questura ha inoltre cominciato ad usare metodi intimidatori facendo scattare le denuncie per "manifestazione non autorizzata".



Durante la manifestazione è stato denunciata in modo ampio l'immane arroganza  di queste istituzioni che invece di risolvere i pesantissimi problemi sociali fanno ricorso alla repressione per spaventare chi protesta sperando così di fermarli. Ma si tratta di uomini e donne, anche giovani, che non hanno un lavoro e quindi non hanno un futuro e che continueranno a lottare, una goccia di un mare sempre più immenso, a livello nazionale partendo dai dati ufficiali, pubblicati in questi giorni dai giornali, la disoccupazione è tornata ai livelli del 1977! Perfino lo stesso presidente del consiglio Renzi si è "allarmato" ma solo a parole visto che il governo che guida sancisce la precarietà e la disoccupazione permanente con il Jobs act e che non ha perso tempo a rispondere ai problemi reali delle masse popolari con lo stato di polizia, vedi quanto successo a Roma il 12 Aprile !

Alcuni disoccupati al microfono hanno raccontato della durezza di una vita fatta di stenti, della disperazione di non potere sfamare i figli... una disperazione di porte sempre chiuse che porta anche al pensiero di uccidersi, ma anche con molto orgoglio hanno detto che per la dignità della vita occorre reagire lottando contro chi ci vuole affossare da tutti i lati... solidarietà è stata espressa da diverse persone lungo il tragitto




DISOCCUPAZIONE, PRECARIETA'  E LUTTO PAGHERETE CARO PAGHERETE TUTTO!
DISOCCUPAZIONE, MISERIA E CAROVITA CON QUESTI GOVERNI FACCIAMOLA FINITA!
CHIEDIAMO LAVORO CI DANNO POLIZIA E' QUESTA LA LORO DEMOCRAZIA!
LA DIGNITA' DI VITA NON SI TOCCA LA DIFENDEREMO CON LA LOTTA! tra gli slogan lanciati


E' stato detto chiaramente che non ci facciamo illusioni, che la strada è lunga e complicata, perché appunto i disoccupati aumentano ogni giorno, le istituzioni regionali e comunali non danno risposte e l'attuale crisi non permette più neppure ai vecchi e "nuovi" politici di promettere niente! Ma quali elezioni europee! Ma quale voto! andare a votare è inutile perché significa solo permettere al politico di turno, lui sì, di avere un "posto di lavoro" ben pagato costruito sulle disgrazie del proletariato, innanzi tutto. LA LOTTA E NON IL VOTO!




Alla prefettura dopo alcuni blocchi stradali a singhiozzo,  per il Prefetto  occupato in una riunione istituzionale era "normale" che i disoccupati potessero aspettare  "con pazienza", si è velocizzato invece l'incontro con il Capo di Gabinetto Dott.ssa Baratta: un incontro abbastanza duro che ha cercato di evitare le inutili chicchiere ponendo con forza la necesstià urgente che il prefetto faccia non la solita nota di invito alle isituzioni ma un documento di convocazione seria e urgente  al Presidente della Regione e al Sindaco Orlando per la convocazione di un tavolo specifico su quella che è un0emergenza sociale dilagante e  in cui trattare anche dei progetti di lavoro che in alcune forme i disoccupati hanno inziato a elaborare.

Dopo Pasqua la lotta proseguirà!

Disoccupati in lotta  
Slai cobas per il sindacato di classe Palermo
Via G. del Duca 4 – Palermo
091 203686 – 338.7708110

venerdì 18 aprile 2014

pc 18 aprile - NO TAV Le idee e la libertà per i pm di Torino sono reato


Schermata 2014-04-17 a 21.15.04La crociata della procura di Torino contro i notav non conosce nè limiti nè soste. Ormai è un fatto personale, quello che incarnano i pm con l’elmetto Padalino e Rinaudo ed ogni giorni cercano fatti, atti, dichiarazioni e sopratutto persone da iscrivere nel registro degli indagati e calendarizzare un bel processo.
Abbiamo notato come l’Appello: Contro la vendetta di stato, per la giustizia. Con Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, per tutte e tutti noiabbia dato fastidio a quel mondo variegato che sostiene il tav e la repressione contro i notav e quindi cosa ci dovevamo aspettare se non un atto della magistratura? Ormai è questo il copione, i vari politici o affaristi vari non hanno che da muoversi nei loro recinti di consenso: in parlamento votano leggi blindati e le spacciano per un successo, nella società sbraitano e si muovono, convinti di guadagnare consensi e indebolire il movimento, spalleggiati da forze dell’ordine e magistratura. Politicamente hanno perso da tempo, tecnicamente anche e culturalmente non c’è mai stata partita tra noi e loro.
Quindi ieri è i pm con l’elmetto hanno messo una crocetta su Gianni Vattimo, europarlamentare ,  a giudizio per una visita a un No Tav in carcere, forse il primo caso in Italia. Oggi è toccato ad Erri De Luca, a processo il 5 giugno per le dichiarazioni di appoggio al movimento notav.
Tutto è reato dalle parti della procura di Torino, tutto quello e sopratutto chi si espongono a favore del movimento notav e contro la lobby che vuole il treno ad alta velocità dopo aver arrestato più persone possibili, un’anomalia che trova però linfa vitale in una società come quella torinese sopratutto, attenta a non inimicarsi troppo il potere.
Ha ragione Erri quando dice che è in corso” Una repressione su scala di massa è in corso a opera di un reparto della Procura di Torino che si occupa esclusivamente di reprimere la resistenza della Val Di Susa”, ed ora ne è vittima anche lui, che da sempre non ha avuto paura di manifestare le proprie idee. 
Abbiamo sempre più ragione quando diciamo che è in gioco la libertà di tutti noi, la libertà di opporci, di circolare, di manifestare le proprie idee; e che ci dobbiamo attrezzare sempre meglio per riuscire a farlo, ci dobbiamo attrezzare per resistere, nel tempo e forse anche oltre.

pc 18 aprile - Le lotte operaie in Cina - uno scenario importante della situazione internazionale

Cina. Operai della Yue Yuen caricati dalla polizia

In corteo dalla fabbrica verso il centro della città di Dongguan, nella provincia del Guangdong (sud della Cina), verso i palazzi del governo, e improvvisamente l’attacco della polizia che scioglie il corteo. Il video è del 15 aprile, loro sono i lavoratori della taiwanese Yue Yuen, in Cina, che produce scarpe per i più grandi marchi mondiali. Sono in sciopero dal 14 aprile – non è la prima volta - per rivendicare diritti: aumenti salariali, migliori contratti, il pagamento delle assicurazioni, della previdenza sociale e alloggi (alcuni lavoratori non hanno mai ricevuto né alloggi né pasti gratuiti, nonostante il contratto lo prevedesse). E quando in Cina a incrociare le braccia e bloccare la produzione sono le migliaia di lavoratori della Yue Yuen che produce scarpe per Nike, Reebok, Asics, New Balance, Puma, Converse, Salomon e Timberland e che ha fabbriche in Cina, Indonesia, Vietnam, Stati Uniti, in Messico e altrove in Asia … i vari committenti-padroni cominciano a preoccuparsi. “Questa è una lezione costosa alle multinazionali che ignorano i diritti dei lavoratori", ha dichiarato un lavoratore all’agenzia Reuters. Appunto. Perché alla Yue Yuen, che impiega di circa 70mila lavoratori, parliamo di questi numeri: 300 milioni di paia di scarpe prodotte lo scorso anno, equamente diviso tra Cina, Indonesia e Vietnam, per un utile netto di 434,8 milioni di dollari nel 2013.

Gli operai della Yue Yuen avevano scioperato già il 5 di aprile, poi dopo il blocco dei negoziati con l’azienda le proteste sono riprese più forti di prima fino ad arrivare allo sciopero del 14 aprile, che probabilmente – dice il China Labor - rappresenta uno dei più grandi scioperi dei lavoratori cinesi nella storia recente. Al centro della protesta, oltre alla richiesta di migliori condizioni di lavoro, il pagamento delle assicurazioni e della previdenza sociale.
I lavoratori, che provengono per lo più da altre province della Cina, secondo quanto stabilisce la legge cinese non possono trasferire in un’altra provincia la loro assicurazione, pagata in parte da loro e in parte dall’azienda, a meno che non venga pagato un supplemento. L’azienda però non ne vuole sapere di pagare.
Negli ultimi 10 anni il China Labor Watch ha condotto più di 400 indagini in proposito e non ha trovato neanche una fabbrica che rispettasse la legge cinese per quanto riguarda le assicurazioni. Una rivendicazione che va avanti da tempo, un “problema” di vecchia data, dunque, con la consapevolezza dei lavoratori che invece cresce e una protesta che si diffonde. Mentre lavoratori denunciano botte e arresti la fabbrica minaccia: i lavoratori che continuano a scioperare saranno licenziati!. Gli ultimi scioperi a Yue Yuen si aggiungono all’ondata di scioperi degli ultimi mesi in Cina, che hanno riguardato i lavoratori di multinazionali come Wal-Mart Stores Inc., Nokia, e International Business Machines Corp. e Samsung, che dopo (gli scioperi), è stata costretta ad aumentare i salari.  Sia Nike che Adidas “preoccupate degli eventi”, sembra stiano monitorando da vicino l’evolversi della situazione, mentre Puma ha negato qualsiasi rapporto di lavoro con l'impianto di Dongguan. Lo sciopero continua, e aumenta il numero dei lavoratori che incrociano le braccia

da contropiano

pc 18 aprile - Polizia di picchiatori impuniti... lo dice anche Amnesty International



Italia. Amnesty International preoccupata per l'atteggiamento della polizia in piazza
Italia. Amnesty International preoccupata per l'atteggiamento della polizia in piazza
Amnesty International-Italia ha diffuso un comunicato su quanto avvenuto sabato a Roma in occasione della manifestazione:
"I filmati realizzati nel corso della manifestazione di Roma di sabato 12 aprile e successivamente diffusi dagli organi d'informazione hanno destato la preoccupazione di Amnesty International Italia circa ciò che appare un uso eccessivo della forza da parte di rappresentanti delle forze di polizia.

"Mentre apprezziamo la rapidità con cui i vertici delle forze di polizia hanno stigmatizzato il comportamento di un artificiere che ha calpestato una ragazza a terra e hanno annunciato sanzioni nei suoi confronti, ravvisiamo la necessità di accertamenti e adeguati provvedimenti nei confronti degli agenti ripresi mentre colpivano ripetutamente, con calci e manganelli, un altro manifestante che giaceva a terra inerme" - ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia.

Secondo le norme e gli standard del diritto internazionale, qualunque uso della forza ad opera di appartenenti alle forze di polizia dev'essere soggetto a revisione. Laddove da tale revisione emerga che vi è stato un uso eccessivo della forza, o nel caso in cui esso sia stato denunciato, dev'essere avviata un'indagine rapida, indipendente e imparziale. Se questa rileva che è stato fatto un uso eccessivo della forza, i responsabili devono essere sottoposti a procedimento disciplinare e penale. L'uso arbitrario o eccessivo della forza da parte degli appartenenti alle forze di polizia dev'essere considerato un reato. Inoltre, le vittime di violazioni dei diritti umani devono avere accesso a forme adeguate di riparazione.

"Purtroppo, l'individuazione degli agenti responsabili di violazioni dei diritti umani potrebbe risultare problematica a causa della perdurante assenza di codici d'identificazione sulle uniformi. Tale lacuna nell'ordinamento interno ha già in passato prodotto effetti negativi, con l'impossibilità di risalire all'identità di appartenenti alle forze di polizia ripresi nell'atto di compiere atti di violenza durante le manifestazioni" - ha commentato Marchesi.

"Alla base di questi comportamenti, vi è la diffusa sensazione di poter beneficiare dell'impunità che in Italia è spesso causa di violazioni dei diritti umani da parte delle forze di polizia. L'assenza del reato di tortura nel nostro ordinamento è una delle ragioni di tale impunità" - ha concluso Marchesi.

Garantire la trasparenza delle forze di polizia e introdurre il reato di tortura fanno parte delle richieste contenute nell'Agenda in 10 punti per i diritti umani in Italia, che Amnesty International Italia ha sottoposto, in occasione delle ultime elezioni politiche, ai leader delle coalizioni in lizza e a tutti i candidati. 

L'Agenda era stata sottoscritta, integralmente o quasi, da moltissimi candidati, che avevano accettato di prendere un impegno formale, scritto e pubblico, con Amnesty International Italia e soprattutto con i propri elettori: 117 candidati firmatari sono ora parlamentari della Repubblica". 
 Roma, 16 aprile 2014
Amnesty International

pc 18 aprile - TREZZO - UNA IMPORTANTE GIORNATA DI UNITA' DELLE LOTTE NELLA LOGISTICA - CONTRO IL NUOVO SCHIAVISMO, A DIFESA DEI POSTI DI LAVORO















Riuscito lo sciopero e la manifestazione degli operai delle cooperative logistiche che hanno ribadito forte e chiaro che la vertenza in difesa dei posti di lavoro non è chiusa, anche perchè esiste un verbale di accordo sindacale, ottenuto dalla lotta di questi mesi, che attende di essere siglato in Prefettura e che la LDD e le cooperative hanno disatteso unilateralmente giovedì 3 aprile. 
Un accordo che a differenza di quello che normalmente succede garantisce il mantenimento dell'occupazione e non accetta che la soluzione sia l'elemosina della mobilità, come invece spesso accade anche nelle fabbriche.
E' questa una caratteristica che rende questa vertenza  importante in quanto  vede gli operai decisi ad andare fino in fondo nella difesa del lavoro, anche perchè in questi magazzini il lavoro c'è eccome, visto che si lavora anche 12/14 ore o come nel caso della ND-METRO  dove se è vero che va via il cliente è altrettanto vero che il lavoro nel magazzino rimane.













Per questo non accetteremo nessun accordo che preveda la mobilità e tutte quelle iniziative sindacali che vanno nella direzione dei licenziamenti, come il prossimo incontro in Regione previsto tra la LDD e la CGIL, proprio in un momento delicato di una  vertenza che invece si può e si deve risolvere mantenendo il lavoro per tutti.
Quindi contrasteremo chiunque si ponga in questa direzione contraria agli interessi dei lavoratori e anche le organizzazioni sindacali confederali diventano inevitabilmente degli obbiettivi della lotta dei lavoratori, in quanto la loro azione è evidentemente indirizzata solo a rompere l'unità dei lavoratori.

per lo slai cobas s.c. 
Sebastiano Lamera

Breve cronaca della giornata e interviste ai lavoratori:
Oggi i facchini della logistica LD sono ritornati a Trezzo, dove il 04/04 erano stati assaliti da una squadraccia di autisti e altri loschi figuri organizzati da capi e capetti delle cooperative interne al polo logistico LD.  

Sono ritornati davanti ai cancelli a testa alta, accompagnati dai colleghi di altre logistiche bergamasche (ND-IPER-KN) e bresciane (SMA) e di una delegazione della FAO la federazione autisti operai.

La rivendicazione è sempre la stessa, un lavoro, indebitamente scippatogli 3 mesi fa, col pretesto della chiusura dei magazzini di Vignate e Capriate.



Ad attenderli, uno spropositato dispiegamento di forze, che però non è riuscito ad intimidirli.
Al grido “la lotta è dura ma non ci fa paura”, “non molliamo mai”, “lavoro diritti dignità”, “se toccano uno toccano tutti”, per 4 ore hanno bloccato viale Lombardia nella zona industriale, causando pesanti difficoltà alla circolazione.
Allo sciopero hanno partecipato diversi lavoratori del Cobas della Metro/ND, che a loro volta, tra pochi mesi vedranno svanire il loro impiego a causa di un trasferimento del magazzino a Pavia. 



Come si deduce osservando le vicende che li vedono protagonisti, cambiano i nomi, ma i problemi sono gli stessi.
Il sistema caporal/mafioso delle cooperative, grazie alla copertura di leggi vergognose, schiavizza migliaia di lavoratori in tutto il paese.
In risposta a questa situazione, non passa giorno che non esploda una giusta lotta, per la riaffermazione di diritti primari.
Allo stesso modo crediamo che sia sacrosanto il diritto a una casa e a una vita dignitosa, per questo abbiamo apprezzato particolarmente la partecipazione all’iniziativa di oggi di una delegazione del comitato per il “Diritto all’abitare” di Bergamo.
Riteniamo fondamentale unire tutte queste vertenze, innanzitutto perchè direttamente collegate e poi perchè solo uniti possiamo rafforzarci a vicenda e vincere. Auspichiamo che il piccolo passo fatto oggi, verso l’unificazione delle lotte, sia la scintilla che può incendiare la prateria.
Le mobilitazioni non si fermano, durante l’assemblea che ha concluso la mattina fuori dai cancelli di ND, si sono individuati diversi obbiettivi che andremo a toccare nei prossimi giorni.


RADIO POPOLARE DIRETTA DA TREZZO STAMATTINA
dal minuto 12.48 prima intervista a Lamera e poi allo storico del lavoro S. Bologna e poi l'avvocato M. Tagliabue
http://podcast.radiopopolare.it/localmentemosso_17_04_2014_1.mp3
RADIO ONDA D?URTO
Manifestazione a Trezzo. Unire le lotte è l'unica risposta. Grazie a chi c'era, è stato un grande giorno.
Ce n'est qu'un début, continuons le combat



giovedì 17 aprile 2014

pc 17 aprile - TREZZO, RIUSCITO SCIOPERO E BUONA MANIFESTAZIONE DEGLI OPERAI DELLA LOGISTICA - PRIMO COMMENTO DA RADIO ONDA D'URTO

LOGISTICA: SCIOPERO E BLOCCHI A TREZZO DEI FACCHINI LDD e ND

trezzo 17 aprile

Facchini ipersfruttati a Trezzo sull’Adda hanno scioperato oggi 17 aprile per 4 ore nei pressi dei magazzini della ND-Metro e Ldd.  Uno sciopero territoriale  indetto dallo  per il sindacato di classe, con manifestazione nella zona industriale della cittadina milanese.
Protestano da settimane dopo che l’azienda ha deciso di non rispettare gli accordi presi in precedenza. Con lo smantellamento dei capannoni a Vignate e a Capriate per convogliare l’attività a Trezzo, più di 160 lavoratori hanno perso il posto. Una manovra che sembrava essere incomprensibile a fronte di un andamento positivo delle entrate. Inoltre l’azienda stava pure facendo nuove assunzioni.
Il sindacato dello Slai Cobas sc e i lavoratori si sono opposti, accusando l’azienda di voler eliminare i lavoratori scomodi, conflittuali e con più diritti, privilegiando contratti più convenienti, precari e con meno tutele. Negli ultimi giorni la nuova mossa padronale, con il mancato rispetto degli impegni presi ai tavoli della trattativa e in particolare la conferma della non ricollocazione dei lavoratori delle due cooperative (Logicservice e Progress).
Durante la manifestazione abbiamo raggiunto telefonicamente Gaetano, redattore di BgReport, grazie al quale abbiamo intervistato Sebastiano Lamera, del sindacato Slai Cobas sc, e raccolto le testimonianze di due lavoratori

AGGRESSIONE SQUADRISTA Il corteo però nasce anche “per denunciare nuovamente il sistema caporal/mafioso dei subappalti, per dare forza alle diverse vertenze che a decine sono esplose nei magazzini di tutta Italia” e “in risposta all’attacco del presidio dei lavoratori Ld, picchiati fuori dal magazzino la scorsa settimana” durante un picchetto.
Oltre un centinaio di lavoratori e numerosi solidali hanno partecipato alla manifestazione che ha raggiunto i cancelli dei due magazzini, dando anche vita ad un blocco della zona. Numerosi i camion in coda bloccati dalla mobilitazione, come ci racconta dopo la conclusione della manifestazione Gaetano, redattore di BgReport.

pc 17 aprile - ULTIME DAGLI OPERAI MARCEGAGLIA

L'assemblea dei lavoratori della Marcegaglia in lotta di questa notte ha deciso che domani e dopodomani rientriamo a lavorare. La battaglia contro la Marcegaglia durerà almeno tre, quatro mesi e comunque probabilmente fino a dicembre.
Restiamo in stato di agitazione permanente e articolato con iniziative improvvise di blocco, di sciopero.
Attualmente il presidio ai cancelli è stato sospeso. Nei giorni inn cui lavoreremo è stata comunque indetta una drastica autoriduzione dei ritmi di lavoro.
Grazie a tutti dei messaggi di solidarietà la lotta continua.

L'ASSEMBLEA DEI LAVORATORI MARCEGAGLIA

pc 17 aprile - Fascisti stragisti a Brescia da sempre coperti e protetti da Stato, padroni e governi



Strage di Brescia. La Cassazione annulla l'assoluzione di Maggi e Tramonte


Strage di Brescia. La Cassazione annulla l'assoluzione di Maggi e Tramonte
La Corte Cassazione, il 21 febbraio scorso aveva annullato le assoluzioni del neofascista Carlo Maria Maggi e “dell'uomo dei servizi” Maurizio Tramonte per la Strage di Brescia del 28 maggio del 1974. Secondo la sentenza, le cui motivazioni sono state rese note ieri, adesso dovrà essere celebrato un nuovo processo d’appello a carico di due fascisti assolti in appello per la strage di piazza della Loggia. Con questa sentenza la Cassazione ha quindi accolto il ricorso della Procura generale di Brescia contro le due assoluzioni. Nel nuovo processo non ci sarà però Delfo Zorzi, il fascista teorico del misticismo dei samurai che da anni vive in Giappone, del quale è diventato cittadino, dove fa l'uomo di affari. Nel suo caso la Cassazione ha respinto il ricorso della Procura generale di Brescia e delle parti civili contro la sua assoluzione, che è diventata quindi definitiva. Assolto dalle accuse anche il generale dei Carabinieri Francesco Delfino.

La decisione della Cassazione di non chiudere il sipario sulla strage di piazza della Loggia ma anzi di annullare due assoluzioni mostra che “dopo 40 anni i fatti vengono storicamente accertati” – ha dichiarato Manlio Milani presidente dell'Associazione delle Vittime che nella strage del 1974 ha perso la moglie – “La Cassazione è andata ben oltre le nostre richieste, annullando anche l’assoluzione di Maurizio Tramonte. Questo certifica che nella strage ci sono stati i depistaggi e, a nostro modo di vedere, è importante perché la Cassazione ha voluto dire che Tramonte non aveva solo un ruolo di informatore ma il suo ruolo era ben più pregnante”. La Corte di Cassazione denuncia anche come siano state sottovalutate le dichiarazioni del collaboratore Carlo Digilio (deceduto e teste chiave dell'inchiesta del giudice Salvini sulla Strage di Piazza Fontana, NdR) e “liquidata troppo frettolosamente la ritrattazione di Tramonte”.

E' importante sottolineare che con questa decisione la Cassazione ha annullato anche la sentenza della Corte d’assise d’appello di Brescia nella parte in cui condannava le vittime, costituitesi parti civili, al pagamento delle spese processuali in ragione dell’assoluzione degli imputati. Il nuovo processo in appello che dovrà essere celebrato dovrà anche pronunciarsi su questo punto.

Interessanti alcuni passaggi della sentenza della Corte di Cassazione sulla strage del 18 maggio 1974 dove vengono criticate le conclusioni “assolutamente illogiche e apodittiche” raggiunge dai giudici della Corte di Assise di Appello di Brescia nel verdetto assolutorio del 14 aprile 2012, Tramonte era un soggetto troppo “intraneo” alla destra eversiva per essere un semplice informatore, che peraltro “non raccontava al maresciallo Felli tutto ciò che sapeva o aveva fatto”.

Quanto a Maggi, sono stati “sviliti” numerosi indizi, come il sostegno allo stragismo eversivo di destra del quale era un “propugnatore”. Ad esempio, sulla circostanza – “un dato di fatto importantissimo che muta notevolmente il quadro indiziario rispetto al giudizio di primo grado” – che “l’ordigno esplosivo sia stato confezionato utilizzando la gelignite di proprietà di Maggi e Digilio, conservata presso lo Scalinetto”, la Corte di Appello “non ha tratto da questa diversa ricostruzione in fatto le necessarie implicazioni sul piano probatorio”. L’”erronea applicazione della legge processuale” è – scrive il relatore Paolo Giovanni Demarchi Albengo – “un vizio ricorrente nel processo per la strage di Piazza della Loggia se si pensa che anche nel procedimento cautelare sulla misura irrogata a Tramonte, Zorzi e Maggi, la Cassazione ebbe a osservare l’esasperata opera di segmentazione del quadro complessivo” che “rifuggiva dalle regole di coerenza e completezza”.

Ingiustificabili e superficiali” sono, per la Cassazione, le conclusioni assolutorie tratte per Maggi, nonostante la “gravità indiziaria” delle dichiarazioni di Battiston che unite ad altri elementi finiscono per fornire una “visione complessiva” di “straordinaria capacità dimostrativa” delle accuse. E ancora: la presenza di Tramonte nella piazza, poco dopo l’esplosione, è “certamente un elemento di grande rilievo, sia al fine di stabilire il suo ruolo nella vicenda, sia ai fini di valutazione di attendibilità delle dichiarazioni relative alla organizzazione ed esecuzione della strage”. Eppure non sono stati fatti approfondimenti. Comunque, sottolinea la Cassazione, il giudice del rinvio potrà anche stabilire che Tramonte era un “infiltrato non punibile” ma deve tenere conto che solo dal 2006 esiste una normativa che lo scriminerebbe mentre per gli anni Settanta non esisteva nulla del genere, anzi si era “restii” a riconoscere la “collaborazione dei soggetti privati, estranei agli organismi di polizia giudiziaria, e soprattutto in assenza di formali autorizzazioni e di rigida regolamentazione dei limiti di operatività”.
Una sentenza, quella della Corte di Cassazione, decisamente importante ma drammaticamente tardiva.
Qui di seguito la ricostruzione cronologica dei processi per la Strage di Brescia
2 giugno 1979 – I giudici della Corte d’assise di Brescia condannano all’ergastolo Ermanno Buzzi e a dieci anni Angelino Papa mentre assolvono gran parte delle 16 persone incriminate dal pm Francesco Trovato e dal giudice istruttore Domenico Vino o li condannano a pene inferiori ma per detenzione di esplosivi o per altri attentati.
18 aprile 1981 – Buzzi, personaggio in bilico tra criminalità comune e neofascismo, è strangolato dai ‘camerati’ Mario Tuti e Pierluigi Concutelli nel supercarcere di Novara. I due motivarono l’omicidio con il fatto che Buzzi fosse “pederasta” e confidente dei carabinieri, ma il sospetto è che temessero fosse intenzionato a fare dichiarazioni nell’imminente processo d’appello.
2 marzo 1982 – I giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia assolvono tutti gli imputati, compreso Angelino Papa; nelle motivazioni definiranno Buzzi “un cadavere da assolvere”.
30 novembre 1984 – La Cassazione annulla la sentenza di appello e dispone un nuovo processo per Nando Ferrari, Angelino e Raffaele Papa e Marco De Amici.
23 marzo 1984 – Il pm Michele Besson e il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi aprono la cosiddetta ‘inchiesta bis’. Imputati i neofascisti Cesare Ferri, il fotomodello Alessandro Stepanoff e Sergio Latini. La nuova pista è aperta dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti tra cui Angelo Izzo.
20 aprile 1985 - La Corte d’assise d’appello di Venezia, davanti alla quale è celebrato il nuovo processo di secondo grado, assolve tutti gli imputati del primo processo bresciano.
23 maggio 1987 – I giudici di Brescia assolvono per insufficienza di prove Ferri, Latini e Stepanoff. Ferri e Latini sono assolti anche dall’omicidio di Buzzi che, secondo i pentiti, avrebbero fatto uccidere perche non parlasse.
25 settembre 1987 - La Cassazione conferma la sentenza di assoluzione dei giudici della Corte d’appello di Venezia e pone fine alla prima inchiesta sulla strage.
10 marzo 1989 – La Corte d’assise d’appello di Brescia assolve, questa volta con formula piena, Ferri, Stepanoff e Latini.
13 novembre 1989 - La prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, conferma e rende definitive le assoluzioni di Ferri, Stepanoff e Latini. I primi due saranno anche risarciti per la carcerazione subita.
23 maggio 1993 - Il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi proscioglie gli ultimi imputati dell’inchiesta bis. Quello stesso anno sarebbe cominciata la terza inchiesta.
16 novembre 2010 - I giudici della Corte d’assise di Brescia assolvono tutti i cinque imputati, Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti. L’assoluzione interviene in base all’articolo 530 comma 2 assimilabile alla vecchia insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare nei confronti dell’ex ordinovista Delfo Zorzi che vive in Giappone.
14 aprile 2012 - La Corte d’appello di Brescia conferma la sentenza di primo grado mandando assolti i quattro imputati, Zorzi, Maggi, Tramonte e Delfino, per i quali era stato proposto ricorso dalla procura. Dai pm una dichiarazione che, dopo 38 anni, sembra una resa: “Abbiamo fatto tutto il possibile. È una vicenda che va affidata alla storia”.
20 febbraio 2014 – La vicenda approda in Cassazione, dopo il ricorso del pg di Brescia (per tutti, tranne che per Delfino). Il sostituto pg della Cassazione Vito D’Ambrosio chiede di annullare le assoluzioni disposte in secondo grado per Zorzi, Maggi e Tramonte e di celebrare nuovamente il processo. Carlo Maria Maggi, in particolare, sarebbe “l’esecutore e il mandante” della strage.

da contropiano