sabato 6 dicembre 2014

pc 6 settembre - India - Uniamoci per fermare la guerra al popolo scatenata dallo Stato, pagata dai padroni! - in preparazione una Delegazione Internazionale in India e una 3 giorni internazionale per il 29-30-31 gennaio 2015 - info csgpindia@gmail.com

by JNU Forum against War on People

Come è oggi evidente, l’accoppiata Modi-Rajnath ha fretta di portare avanti lo stesso modello di “sviluppo” targato Manmohan-Chidambaram, ma con più furia e determinazione. In quanto nuovo “uomo forte”, da Modi ci si aspettano le soluzioni che multinazionali e grandi imprese attendono, che spianino ogni possibile dissenso e tutto ciò che “blocca la strada” dello ‘sviluppo’. Questo, naturalmente, significa morte, distruzione, deportazione per le persone e devastazione irreversibile per l’ambiente. Ripartendo da dove l’UPA si era fermato, l’attuale governo ha già avviato i suoi foschi piani per aggirare, gabbare, diluire o abrogare tutte le garanzie relative alle concessioni su foreste / ambiente / tutela della fauna selvatica e all’acquisizione di terreni per uso di estrazione / industriale / progetti di Zone Economiche Speciali (SEZ). E, per assicurarsi che sia sedata con la forza ogni possibile resistenza a questo modello di ‘sviluppo’ antipopolare e non sostenibile ecologicamente che favorisce profitto e razzia, l’attuale governo non solo è pronto ad aggiungere ancora più risorse alla Operazione Green Hunt in corso nella parte centrali e orientale del paese, ma sta anche estendo a nuove aree questa guerra al popolo fascista spalleggiata dai padroni.
Una di queste nuove aree su cui le grandi compagnie e lo Stato indiano hanno messo gli occhi sono i Ghat occidentali.
Poco prima delle elezioni del parlamento del Maharashtra, Modi “assicurava” agli investitori che il suo governo avrebbe rimosso tutti gli ostacoli fiscali esistenti alla politica della Zona Economica Speciale. Va considerato che in Maharashtra c’è il più alto numero di proposte di SEZ - molte insistono nei Ghat occidentali, regioni ecologicamente sensibili. “Ho chiesto al mio ministro di individuare tutti i problemi per l’attuazione di questa politica e li risolveremo in pochi giorni” proclamava Modi alla cerimonia di posa della prima pietra di una SEZ basata su investimenti per 60 miliardi di rupie. E ancora assicurava alla India Inc. che il suo governo è impegnato a facilitare il processo di concessione delle varie licenze nei Ghat occidentali. All’allora primo ministro del Maharashtra che chiedeva chiarimenti dal governo centrale circa l’attuazione del rapporto del Dr. Madhav Gadgil della Commissione sui Ghat occidentali, Modi ha risposto: “Certe vecchie malattie sono guarite solo da dottori nuovi”. C’è da capire ciò che cosa intende per “malattie” e quale “guarigione” portano i “dottori nuovi”. Per farlo, diamo uno sguardo alla situazione dei Ghat occidentali e alle avvertenze contenute nella relazione della commissione Gadgil a proposito delle minacce che il “modello di sviluppo” dello Stato indiano rappresenta per questa regione ecologicamente fragile.

I Ghat occidentali: qual è la posta in gioco?
Lungo la costa sud-occidentale dell’India si distendono 1.600 chilometri di catena montuosa, con foreste più antiche dell’Himalaya: i Ghat occidentali. Queste montagne sono uno dieci siti “più ricchi di biodiversità” al mondo, e l’UNESCO ha recentemente riconosciuto la regione come Patrimonio dell’Umanità. Queste colline coprono 160.000 kmq e formano il bacino di raccolta di complessi sistemi di canali fluviali che raggiungono quasi il 40% dell’India. Il rapporto Gadgil la definisce come la “torre d’acquedotto della penisola Indiana”. Nell’area sono presenti oltre 7.400 specie di piante fiorite, 139 specie di mammiferi, 508 specie di uccelli, 179 specie di anfibi e 288 specie di pesci d’acqua dolce; è probabile che molte specie ancora sconosciute vivano nell’area dei Ghat occidentali. Se c’è una ragione per proteggere i Ghat occidentali, è il fenomeno dell’endemismo. Pur se questa area copre appena il 5% del territorio dell’India, in essa si trovano il 27% di tutte le specie di piante superiori dell’India. La regione è dimora di almeno 84 specie di anfibi, 16 specie di uccelli, 7 mammiferi, e 1.600 piante da fiore che non si trovano in nessun’altra parte del mondo! Storicamente, i Ghat occidentali erano in gran parte inaccessibili e ricoperti di fitte foreste che fornivano cibo e habitat naturale a centinaia di migliaia di indigeni adivasi. Tra questi: i Kotas, Badagas, Kurumbas e Todas in Nilgiris; i Soligas, Halakki Vokkals e Siddis in Karnataka; i Paniyas, Adiyas, Kuruchiyas, Kathinayakas e Kurumas in Wayanad; i Gaudes, Velips, Dhangars e Kunbis in Goa; e i Bhils e Warlis nelle propaggini centro-settentrionali dei Ghat occidentali. Popolazioni che per secoli hanno convissuto in serena armonia con l’ambiente naturale di queste pendici, ricche di saperi tradizionali e di vita culturale. In realtà, ciò è sorprendente dei Ghat è che rappresentano una straordinaria scheggia di diversità biologica, sopravvissuta grazie alla vita delle comunità.

Il rapporto della Commissione Gadgil: uno sforzo vano
Le minacce contro l’ambiente e i popoli dei Ghat occidentali risalgono alla colonizzazione britannica, che portò un massiccio disboscamento delle foreste per farne piantagioni e ricavare legname. Se questo processo è continuato senza sosta, anche dopo il 1947, con l’attuale “sviluppo” fatto di razzia indiscriminata rivestita dalla retorica della “crescita economica”, le minacce si sono moltiplicate. Preoccupati da queste, il gruppo di esperti dell’ecologia dei Ghat occidentali guidato dal noto ecologista Madhav Gadgil, ha presentato un’analisi approfondita dell’impatto della miriade di “progetti di sviluppo” per l’area che proliferano come funghi.
Il rapporto Gadgil analizza gli effetti negativi dei vari progetti di centrali idroelettriche, ad esempio il progetto in Athirappilly e Gundia, di miniere, centrali nucleari e industrie inquinanti, ad esempio nei distretti di Ratnagiri ed Sindhudurg in Maharashtra, nonché la famigerata mafia delle miniere di Goa. La produzione di minerale di ferro in Goa è aumentata dai 12,1 milioni di tonnellate del 1992 ai 41 milioni di tonnellate del 2009, con un aumento di 20 milioni di tonnellate solo negli ultimi 5 anni! Circa 10 milioni di tonnellate di minerale provengono da miniere illegali. Il rapporto denuncia inoltre la natura di questo modello di “sviluppo”, dimostrando che il 100% del minerale estratto a Goa viene esportato, circa l’89% in Cina e circa l’8% in Giappone.
La commissione Gadgil si è presa la briga di dimostrare come “le attività dei progetti, attuati e proposti, di miniere, centrali energetiche e insediamenti industriali sono in grave conflitto con i settori economici tradizionali dell’agricoltura, dell’orticoltura e della pesca”. Il rapporto esplora nei minimi dettagli i danni causati all’ecologia, alle acque potabili, all’agricoltura, alla popolazione adivasi, alla biodiversità da questo uso del suolo, sollevando dubbi anche sulla stessa fattibilità tecnica di questi progetti. Facendo solo alcuni esempi, denuncia la violenza e l’inganno usati, nel completo disprezzo per le popolazioni, per acquisire i terreni dei progetti in questione. Nella zona Jaitapur le terre sono state tolte ai contadini applicando norme di emergenza che hanno provocato il terrore di massa. Nel distretto di Ratnagiri, il progetto della PTIANA prevede la costruzione una centrale elettrica a carbone su terreni venduti con l’accordo che erano acquistati per costruirvi un resort di ecoturismo. La Finolex sta chiudendo con la forza l’accesso dei pescatori alle loro tradizionali zone di pesca. I residenti del villaggio Tamboli nel distretto di Sindhudurg raccontano di aver improvvisamente scoperto che nel 2006 sui documenti catastali delle loro terre tra gli “altri diritti” è stata inserita anche l’estrazione mineraria, senza nemmeno informarli. Esprimono anche la loro angoscia perché “mentre non si prende alcun provvedimento contro l’inquinamento illegale di Lote, il Governo ricorre alle forze di polizia per reprimere le manifestazioni del tutto legittime e pacifiche contro l’inquinamento”. Il rapporto Gadgil contiene anche indicazioni concrete per un approccio dal basso, per la conservazione e lo sviluppo sostenibile, in cui è fondamentale la partecipazione e il consenso delle popolazioni al disegno del loro sviluppo. Infine, gran dispetto per la lobby dello “sviluppo”, il rapporto richiede di dichiarare tutti i Ghat occidentali “zona ecologicamente sensibile”. Raccomanda la divisione dei Ghat occidentali in zone ecologicamente sensibili (ESZ) di I, II, e III categoria. Nelle ESZ di I categoria, raccomanda di non impiantare nuove miniere, centrali energetiche, dighe, industrie, ferrovie / strade né insediamenti di eco-turismo e la graduale chiusura delle miniere esistenti entro il 2016. Lo stesso vale per i nuovi progetti minerari, industrie inquinanti e dighe nelle ESZ di II categoria, con rigorosa regolamentazione delle altre attività. Si raccomanda di non consentire monocoltura o piantagioni né l’uso di pesticidi, ecc. Solo nelle ESZ di III categoria queste attività / progetti potrebbero essere consentiti, sempre sotto rigorosa regolamentazione.

Respinto Rapporto Gadgil, si adotta il Rapporto Kasturirangan: “crescita” e “sviluppo” vincono su vita e sostenibilità
Tutte queste preoccupazioni circa il benessere della biodiversità di questa regione e della sua gente sono virulentemente osteggiate dalle grandi compagnie, affamate di profitti, e dalle mafie delle miniere. E sono proprio queste preoccupazioni, che osano pretendere di escludere il 70% dei Ghat occidentali dai “progetti di sviluppo”, che Modi chiama “vecchie malattie”. Tutti i governi di Kerala, TN, Karnataka, Goa, Maharashtra e Gujarat hanno chiesto all’unisono di respingere il Rapporto Gadgil. Il parlamento del Kerala ha perfino approvato all'unanimità una risoluzione per censurarlo. Quanto al governo centrale UPA., tanto per cominciare, per lungo tempo ha perfino rifiutato di renderlo pubblico. Per aggirarlo, poi, il Governo UPA ha infine incaricato un cosiddetto “Gruppo di lavoro di alto profilo” guidato da uno scienziato spaziale (l’ex presidente ISRO K. Kasturirangan) di “revisionare” il rapporto Gadgil! Come previsto, Kasturirangan respinto le raccomandazioni di Gadgil per un decentramento democratico dei poteri decisionali, osservando che le comunità locali non possono avere alcun ruolo nelle decisioni economiche! Ha respinto anche le altre raccomandazioni e ha qualificato solo il 37% dei Ghat area ecologicamente sensibile, aprendo la parte restante agli squali delle grandi compagnie. Il Tribunale Verde nazionale ha poi decretato che, in seguito all’accettazione da parte del Ministero dell'Ambiente e delle Foreste (MoEF) delle raccomandazioni di K. Kasturirangan, il parere del rapporto Gadgil non era più vincolante sulle decisioni di concessione dei progetti. Oggi, ovviamente, Modi e i suoi “nuovi dottori” invocano come via per la “guarigione” ulteriori concessioni e di una regolamentazione ancora più ridotta.

Green Hunt arriva nei Ghat
Da quando le grandi aziende e lo Stato indiano hanno messo gli occhi su questa regione, sono iniziati i preparativi per espropriare tutti quegli adivasi che si trovano lungo la strada del loro modello di “sviluppo”. E, dato che questi provvedimenti incontrano l’inevitabile e giusta resistenza degli adivasi, che combattono a difesa della loro vita, sussistenza e dignità, lo Stato sta estendendo a queste regioni la sua guerra al popolo. La soluzione del dibattito sopra descritto tra fautori di uno sviluppo sostenibile e della razzia indiscriminata a favore di questi ultimi ha ulteriormente accelerato il processo. Negli ultimi cinque anni (2009-2014), la Operazione Green Hunt era stata per lo più confinata entro il cuore adivasi dell'India centrale e orientale, per facilitare il bottino delle grandi compagnie negli stati di Jharkhand, Chattisgarh, Odisha, Bengala, Maharashtra e Telangana. Ma oggi si va estendendo e intensificando anche negli stati di Kerala e Karnataka, per reprimere la resistenza che si sta sollevando contro il “terrorismo dello sviluppo” che lo Stato impone nei Ghat occidentali. Da un lato, nelle foreste dei distretti di Wayanad, Kannur, Malappuram e Kasargod, in Kerala, lo scorso anno la polizia ha lanciato massicce operazioni combinate di rastrellamento “Anti-Naxaliti”. A questo scopo è stata allestita forza speciale di commandos chiamata “Kerala Thunder Bolt”, che si aggiunge ai micidiali corpi speciali Cobra, Jaguar, Greyhound, C60 impiegati nel corso di Green Hunt nei diversi stati. Negli ultimi due anni simili movimenti di truppe si sono intensificati anche nello stato del Karnataka, nei fitti tratti foresta dei Ghat occidentali. Dall’altro lato, il governo del Kerala ha dichiarato la sua intenzione di metter su una sua forza stile Salwa Judum, reclutando adivasi per “operazioni anti-sovversive” nelle foreste del nord del Kerala, portando così allo scoperto il suo piano di utilizzare gli adivasi come Guardia Civile e “informatori” assoldati a 500 rupie al giorno. L’obiettivo dichiarato dal ministro degli Interni sarebbe “assicurarsi che i maoisti non li strumentalizzino”. In nome della “politica di comunità”, la polizia e il Ministero per la Fauna e Foreste hanno presentato un piano congiunto di “comitati di vigilanza forestale”, o Jagritha Samitis. Questi applicano lo stesso modello del Salwa Judum che, con la connivenza dei colossi minerari, ha provocato disastri in Chattisgarh, provocando centinaia di migliaia di profughi e scatenando il terrore più brutale, con saccheggi, incendi, massacri, torture e stupri sugli abitanti dei villaggi adivasi.

Aggiungendo ulteriore impulso alle misure prese da Chidambaram, Modi oggi si affanna per soddisfare le lobby delle grandi aziende e questo scopo estende e intensifica la Operazione Green Hunt. Si può avere il senso della sua fretta se si pensa che, da quando è in carica, il MoEF ha autorizzato 175 progetti nel tempo record di appena un mese. O che il Consiglio Nazionale per la Fauna Selvatica, reso più “agile” e “aperto agli investimenti”, in soli due giorni ha approvato 133 dei 160 progetti in attesa di autorizzazione. Allo stesso tempo, per mettere in pratica questi drastico cambio di passo, si rafforzano anche gli squadroni della morte, per schiacciare violentemente la resistenza del popolo. Ad esempio, nel solo distretto di Bastar sono stati aggiunti altri 10 battaglioni di CRPF a cui si sommano, solo in questo distretto, altri circa 30000 paramilitari, facendone una delle terre più militarizzate del subcontinente. Con l’estendersi a nuove aree, come i Ghat occidentali, di questo modello di “terrorismo dello sviluppo” cresce anche la forza la lotta del popolo che si batte per il suo Jal-Jangal-Jameen. Quelli che tra noi, tra i settori democratici e progressisti, hanno ancora a cuore la conservazione della nostra ecologia contro il rapace assalto dell’alleanza stato-padroni, quelli che tra noi che credono in un forma partecipativa e sostenibile di sviluppo dalla parte del popolo, devono unirsi. Dobbiamo stare dalle parte delle lotte del popolo ed esigere che si metta fine alla guerra al popolo chiamata Operazione Green Hunt che da cinque anni devasta questo paese.
A quanto pare, siamo oggi più inglesi degli inglesi quando affermiamo che un approccio amico della natura del mondo della cultura è il solo rimedio per impedire che i ricchi e potenti di questo paese e del mondo globalizzato si approprino di tutte le terre e le acque per sfruttarle e inquinarle a loro piacimento nella corsa a una crescita economica che non rispetta legge né dà lavoro!” – dalla lettera aperta di Madhav Gadgil’s a K. Kasturirangan.

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