lunedì 24 novembre 2014

pc 24 novembre - Il Lunedì del "Che fare" di Lenin - gruppo di studio al Circolo di Palermo

Vi invitiamo a partecipare

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Sul “Che Fare?” dal capitolo 2° ­

Sulla spontaneità delle masse e la coscienza della socialdemocrazia (oggi diciamo la coscienza comunista).

Iniziamo subito con un virgolettato del Raboceie Dielo (il giornale che incarnava la tendenza economicista) che accusa il giornale di Lenin (l'Iskra) di “sottovalutazione dell'importanza dell'elemento oggettivo o spontaneo dello sviluppo”.

Lenin risponde in polemica, che questa frase individua esattamente il problema: il risveglio delle masse c'è, e questo è l'elemento oggettivo e di forza, mentre la debolezza è nella mancanza della coscienza d'iniziativa dei dirigenti rivoluzionari, niente quindi a che vedere con quella spontaneità di cui il R.D. e una buona parte dei giovani intellettuali russi si fanno portatori.

Il movimento spontaneo della classe operaia si diffondeva infatti con contagioso entusiasmo in tutta la Russia e ciò che di positivo si leggeva in questa spontaneità, è che gli operai  si ribellano con un'ondata  di scioperi e proteste che mettevano in campo contro le condizioni di sfruttamento e oppressione in fabbrica . . . ma dice Lenin, “c'è spontaneità e spontaneità” . . . il valore di questa spontaneità sta, dice Lenin, nella forma embrionale della coscienza.

Lenin fa una lucidissima analisi dello spontaneismo per criticare coloro che sostengono la “corrente” economicista che a questo danno un valore assoluto.

Lenin insiste nel dire che gli scioperi e la ribellione degli operai se rimangono allo stato embrionale rimangono all'interno della lotta tradunionista (economica/rivendicativa).... si è ancora lontani dalla maturazione di una coscienza di classe rivoluzionaria.

Gli errori, ricorda Lenin, cui andarono incontro i primi socialdemocratici (fondatori dell'Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia) furono dettati soprattutto dalla mancanza di esperienza rivoluzionaria e di preparazione pratica ma proprio per questo “non è nostra intenzione muovere rimproveri nei confronti dei militanti...” ma risultava chiaro che per trarre profitto dall'esperienza bisognava “rendersi conto delle cause e del significato di questa o quella deficienza...”

Ciò rappresentava quindi una prima esperienza su cui trarre un bilancio per non ricadere negli stessi errori che rischiano di diventare “totali” nel momento in cui ci si sottomette servilmente alla spontaneità perchè scrive Lenin riprendendo una lunga citazione di Kautsky circa il progetto di un nuovo programma del partito socialdemocratico austriaco (1901-1902) “la coscienza socialista è un elemento importato nella lotta di classe del proletariato dall'esterno e non qualcosa che ne sorge spontaneamente. Il vecchio programma di Hainfeld diceva dunque molto giustamente che il compito della socialdemocrazia è di permeare il proletariato di coscienza della sua situazione e della sua missione...”

Lo sviluppo spontaneo del movimento operaio che sfocia nella lotta tradunionista (sindacale) non mette in discussione il sistema borghese, la vendita della forza lavoro ai padroni ad un prezzo migliore da parte dei sindacalisti, è, dice Lenin, asservimento ideologico alla borghesia.
E' quindi “nostro compito, afferma Lenin, combattere la spontaneità, allontanando il movimento operaio dal tradunionismo impedendogli di finire sotto l'ala della borghesia (che ha tantissimi mezzi per imporre la sua ideologia più antica e elaborata di quella socialista) e attraendolo sotto l'ala socialdemocratica...” 

Ma, dice Lenin “...quanto più giovane è il movimento socialista di un determinato paese, tanto più energica deve essere la lotta contro tutti i tentativi di consolidare l'ideologia non socialista (espressa dalla tendenza economicista con posizioni di questo tipo, che la sola lotta possibile per gli operai è quella sindacale, che la lotta politica deve seguire docilmente la lotta economica al massimo per ottenere qualche riforma migliorativa...). 
Il compito dei rivoluzionari è quello di allargare la visione degli operai, dei proletari al fatto che se con la lotta sindacale si può anche ottenere per esempio un miglioramento della propria condizione di lavoro, resta però fermo l'impianto sistemico che produce ogni giorno lo sfruttamento sul lavoro, il sistema del Capitale,  per cui rimane nostro compito lottare per eliminare queste condizioni, cioè distruggere la sottomissione del lavoro al capitale.

da uno scritto di un compagno

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Appunti sulla discussione

Lo studio del Che fare di Lenin, come tutti “i mestieri”, va fatto più volte, occorre prenderci la mano per arrivare ad una sorta di “automatismo” considerando sempre le fasi che la lotta di classe ci pone di volta in volta.

Questa parte del Che fare di Lenin comincia a dare risposte nette e chiare ai dubbi e posizioni non rivoluzionarie sul rapporto tra partito/sindacato...
I comunisti rivoluzionari, che sono un prodotto storico di questa società, sono quelli che fanno un passo indietro e vedono anni e anni di storia, di lotta, vedono e studiano tutta l'agitazione importante messa in campo dalla classe operaia contro sfruttamento e oppressione padronale (embrione di coscienza) che ha portato alla conquista di diritti e miglioramenti nella condizione di lavoro, ma ciò, ci insegna Lenin, è sempre all'interno del sistema borghese capitalistico.
Ma la sola coscienza di sfruttati per gli operai, i lavoratori non basta né quella che spinge a ribellarsi, dice Lenin “occorre avere piuttosto coscienza che l'antagonismo tra gli interessi degli operai e di tutto l'ordinamento politico-sociale capitalistico è irrimediabilmente inconciliabile...”

Prima e durante lo sciopero del 14 novembre, verso gli operai in fabbrica, i settori di lavoratori e precari organizzati nello Slai in particolare.... il lavoro fatto è stato quello di orientare verso parole d'ordine e denuncia contro il governo al servizio di questo sistema dei padroni (partendo sì dai vari aspetti specifici di attacco nei diversi ambiti) ma che quindi non riguardano solo la circoscritta condizione degli operai in fabbrica o dei precari delle Cooperative per esempio, ma allargando alla necessità generale, della classe appunto, della cacciata del governo Renzi, come tappa di un percorso che deve portare alla rivolta sociale contro ogni governo dei padroni, dando alle masse la prospettiva della lotta rivoluzionaria come unica soluzione per rovesciare il sistema che produce tutti gli attacchi al lavoro e nella vita in generale.

Solo l'idea del blocco della produzione in fabbrica fa tremare, vedi Renzi che dice “le fabbriche non si occupano... io le apro” o la nuova segretaria della CISL Furlan che butta un anatema su uno sciopero generale che possa mettere in campo il blocco della produzione capitalistica... questo dimostra dove sta il vero cuore del problema: fa paura il blocco del sistema capitale/lavoro salariato al fine del profitto, fa tremare il solo pensiero di un risveglio della classe operaia... 

Non sottovalutare o aggirare: in merito allo sciopero “sociale” dei movimenti e alla tendenza che dibatte sui nuovi “segmenti della classe”, intendendo nuovi settori di lavoratori precari e/o settori proletari come i disoccupati, i senza casa.... che si mobilitano e lottano creando conflitto, non ci si può porre in modo superficiale o banale nell'analisi ma necessario è contrastare chi afferma che essi sostituiscano o ridimensionino quello che è il segmento centrale di essa, la classe operaia, produttrice di reale ricchezza, il cui blocco alla produzione incide eccome sulla questione dei rapporti di forza...

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Circolo proletari Comunisti Palermo

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