venerdì 14 novembre 2014

pc 14 novembre - LE CAMICETTE NEI LUCCICANTI NEGOZI CHE GRONDANO DI SUDORE

Nella regione di Petrich salari da fame nell’industria tessile: 129 euro al mese. A Batman, in Turchia, donne kurde e siriane al lavoro dalle 9 alle 24. La denuncia di Clean Clothes: aziende che producono per Adidas, H&M, Hugo Boss e Zara
La  regione di Petrich, nella Bul­ga­ria sudo­rien­tale... si cal­cola che metà della popo­la­zione lavori (in fab­bri­che di grandi dimen­sioni, in scan­ti­nati o a domi­ci­lio) per conto di agenti greci che a loro volta ope­rano per conto di grandi mar­chi e distri­bu­tori...
Una lavo­ra­trice, occu­pata da 18 anni in una fab­brica che pro­duce per Tom Tai­lor e Zara, ha rife­rito ai ricer­ca­tori della cam­pa­gna Clean Clo­thes di gua­da­gnare 179 euro netti, com­prese cin­que ore di straor­di­na­rio medie al giorno. Un’altra ha rac­con­tato di cucire a domi­ci­lio per­line sulle cami­cette di Benet­ton o Max Mara e di rice­vere non più di un euro e mezzo per un’ora e mezza di lavoro. Una donna slo­vacca ha spie­gato ai ricer­ca­tori che il suo sala­rio è stato ridotto da 430 euro a 330...
in molti casi i com­mit­tenti sono, col solito mec­ca­ni­smo del lavoro in subap­palto, mul­ti­na­zio­nali dell’abbigliamento...
Quello che emerge dal dos­sier è che i paesi post-socialisti fun­zio­nano come bacino di lavoro a buon mer­cato per i mar­chi e i distri­bu­tori occi­den­tali della moda. A essere impie­gate sono nella stra­grande mag­gio­ranza donne (in Tur­chia addi­rit­tura il 90 per cento) che, come rac­conta una ricer­ca­trice geor­giana, «sono retri­buite per quan­tità di pro­dotto rea­liz­zato e le loro paghe non supe­rano i 104–124 euro al mese», men­tre gli uomini lavo­rano «pre­va­len­te­mente nel taglio e nella logi­stica e hanno un sala­rio fisso di 124–145 euro mensili»...

a gua­da­gnarci, in que­sti anni, sono state solo le mul­ti­na­zio­nali che hanno spo­stato la pro­du­zione dove il lavoro costa meno, i sin­da­cati sono più deboli e i con­trolli meno strin­genti. I ricer­ca­tori met­tono in evi­denza come i più noti mar­chi della moda siano riu­sciti a gua­da­gnare dalla crisi eco­no­mica. I pro­fitti per le big com­pa­nies sono schiz­zati alle stelle: dagli 11,8 miliardi di fat­tu­rato del 2008 ai 16,98 del 2013 per H&M; da 10,41 miliardi del 2008 a 16,72 per Adi­das, i cui lavo­ra­tori rice­vono nove euro al giorno (per dieci ore di lavoro) in Bosnia e cin­que (per otto ore di lavoro) in Geor­gia...

Fra il mag­gio 2013 e il gen­naio 2014 sono state inter­vi­state 40 lavo­ra­trici in diverse aziende croate e tur­che che pro­du­cono vestia­rio per conto del mar­chio Hugo Boss. Le denunce riguar­dano i salari da fame, l’abuso degli straor­di­nari, la libertà di asso­cia­zione negata e l’assenza di con­trat­ta­zione col­let­tiva, la repres­sione dell’attività sin­da­cale, con mole­stie, atti inti­mi­da­tori e ten­ta­tivi di cor­ru­zione, l’obbligo per le donne di non avere gra­vi­danze. I ricer­ca­tori sono andati nella città turca di Bat­man, dove esi­ste un sistema di sub­for­ni­tura simile a quello bul­garo di Petrich. In un pic­colo labo­ra­to­rio che impiega una ven­tina di donne kurde e alcune siriane hanno sco­perto con­di­zioni di lavoro al limite della schia­vitù: dalle 9 di mat­tina fino a mez­za­notte, senza straor­di­nari e, in caso di ordini urgenti, fino al mat­tino suc­ces­sivo. Al nero e per 130 euro al mese... (da Il Manifesto)

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