martedì 11 febbraio 2014

pc 11 febbraio - "Terre dei fuochi": dalla Campania alla Sicilia, dal nord al sud del paese: il capitalismo dei padroni e i loro governi trasformano la terra, il lavoro e la vita in veleno per i profitti

Inchiesta in Sicilia
Viaggio nei luoghi dove si sono consumati i 4 mila reati ambientali accertati lo scorso anno
Dall'Eternit alla diossina, l'Isola dei veleni


Fondali marini, spiagge, terreni, fiumi: ogni angolo della Sicilia è a rischio contaminazione. Una montagna di rifiuti viene illegalmente smaltita, fatta sparire su container dentro navi che poi affondano, oppure spedita verso i porti del Senegal, del Corno d'Africa, dell'Europa dell'Est (Romania, Bulgaria, Ucraina) o della Turchia.

Eternit, diossina, fusti tossici, quanti veleni fra terra e mare
Discariche nel verde, petrolio sulle coste: mappa degli sfregi

Fanghi inquinanti sono riversati nelle acque dei porti, nelle aree marine protette, nelle riserve naturali. Non solo. Nei campi, lungo le trazzere, è stato trovato di tutto: idrocarburi, arsenico, mercurio, metalli pesanti, diossine, eternit, oli lubrificanti usati. Palermo, Trapani, Agrigento, Gela, Ragusa, Siracusa, Catania, Messina, Termini Imerese: questa la mappa delle discariche a cielo aperto, dei roghi tossici. Per non parlare della cementificazione abusiva. E quasi nessuna città siciliana sembra salvarsi.

L'anonima inquinatori
Sono cinquantasette i comuni condannati dall'Unione Europea perché privi di servizi depurativi adeguati o ancora peggio: senza alcuna rete fognaria. Ed è proprio nella più grande isola del Mediterraneo che si commette l'11,8 per cento delle infrazioni a danno dell'ecosistema. Sono 4.021 i reati ambientali accertati, secondo il dossier di Legambiente "Ecomafie 2013". E 39 i clan mafiosi coinvolti nel ciclo illegale dei rifiuti.
La Sicilia orientale, da Porto Ulisse in provincia di Catania alle aree costiere siracusane, è deturpata da cumuli d'immondizia. I carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) e la Dia di Catania hanno sequestrato lo stabilimento della società Ortogel di Caltagirone, un'industria di trasformazione e di alimenti surgelati: 75 mila tonnellate di pastazzo, scarti di lavorazione degli agrumi, finivano in un bacino artificiale da 17 mila metri quadrati utilizzato come discarica abusiva, mentre in un altro invaso – 23 mila metri quadrati - confluivano il percolato dei rifiuti e le deiezioni animali delle vicine stalle.

Le riserve sfregiate
Da  parte di chi inquina non c'è alcuno scrupolo neppure per le aree protette, come il tratto di costa antistante all'Isola delle Correnti. Qui le costruzioni abusive stanno mutando il volto del paesaggio.  Nel litorale di Capo Passero si è costruito persino sulla sabbia. Una chiesa è stata tirata su a tempo record, in meno di un anno. Due milioni di euro il costo. Autore dell'opera l'ingegnere Paolino Greco, ex assessore ai Lavori pubblici, in quota Forza Italia, al Comune di Pachino. Sempre l'ingegnere Greco è proprietario del lido "Scialai Comfort Beach Cafe", uno stabilimento di 110 metri quadrati con docce, wc, bar, ristorante, lettini, ombrelloni e parcheggio, sorto tra le dune mediterranee proprio di fronte al'Isola delle Correnti. Qui è vietato per legge edificare con qualunque tipo di materiale, essendo la zona riserva naturale dal 1991 e dal 2003 vincolata dall'Unione europea come Sito d'importanza comunitaria (Sic) e Zona di protezione speciale (Zps).

L'isola di cemento
Ma il business delle costruzioni illegali vale 19,4 miliardi di euro. Un affare lucrosissimo, senza rischio demolizioni. In undici anni è stato effettuato solo il 10,6 per cento delle 46.760 ordinanze di demolizione. E per garantire il business basta corrompere. In Sicilia i casi di corruzione accertata, secondo i dati della relazione a Palermo della Dia (primo semestre 2013), sono stati 40. Un fenomeno in continua crescita, come dimostra l'inchiesta della procura di Patti che coinvolge 18 persone tra componenti del consiglio direttivo dell'Ato Messina 1 rifiuti (in carica nel 2008) e alcuni vertici delle ditte che componevano la Nebrodi Ambiente, società consortile costituita da Cns di Bologna, Messina Ambiente, Fasteco, Enia. L'accusa per loro di traffico illecito di rifiuti, frode, mancato adempimento di numerosi obblighi di contratto in pubbliche forniture. Scarico nelle aree di Acquedolci, Ficarra, Longi, Mirto, Raccuja, Sinagra, Tortorici di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi.

Il "Golfo della morte"
Chi vive nel triangolo Augusta-Melilli-Priolo sa di trovarsi in una delle aree più inquinate d'Italia. "Il golfo della morte" lo chiamano. Qui si trovano depositi di armi chimiche degli eserciti italiano e statunitense. Sulla costa una selva di raffinerie e oleodotti ha avvelenato aria e acqua con arsenico, mercurio, metalli pesanti, diossine, idrocarburi, scorie cancerogene. Lungo i pontili del porto passano 31,5 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi. Stessa storia vale per la zona industriale di Gela che per tutte le emissioni nocive prodotte è al quinto posto in Italia per inquinamento.

Il mare colore del petrolio
Ma è il mare, secondo Legambiente, a subire l'attacco più grave. A Siracusa l'impianto Sai8 di depurazione delle acque reflue è stato sequestrato. "L'amministratore delegato della Sai8 – spiega Paolo Tuttoilmondo, di Legambiente Siracusa - è stato rinviato a giudizio per immissione in modo incontrollato di rifiuti in acque superficiali, in un territorio in cui vige lo stato di emergenza nel settore smaltimento rifiuti. Per questo siamo pronti a costituirci parte civile nel processo". E Gianfranco Zanna, responsabile di Legambiente Sicilia, incalza: "A gestire in maniera criminale i depuratori è stata anche la società Caltaqua, che ha sversato in mare circa 180 mila litri al giorno di reflui. C'è poi l'oleodotto Isab di Priolo che ha scaricato nel fiume circa 400 mila litri di pericolosi idrocarburi".

Le navi dei veleni
Tra gli altri gravi illeciti, segnalati da Legambiente, non mancano le cosiddette "navi a perdere" o dei veleni, inabissate con il loro carico di scorie radioattive nel Mediterraneo. Ed è impressionante quello che si troverebbe nei fondali: 12 navi sospette di trasportare rifiuti chimici, 10 navi con rifiuti radioattivi, 33 con carico sconosciuto. Quarantasei le persone morte, 63 i dispersi. "Dell'intero settore dei trasporti, quello marittimo rappresenta la minaccia principale – sostiene nel suo rapporto la Dia di Catania – perché interessa la maggior parte del traffico merci internazionale e risulta difficile da controllare". Ogni anno un milione 200 mila Tir transitano via mare. Il "giro-bolla" o la falsificazione dei codici Cer (Catalogo europeo dei rifiuti) sono i trucchi utilizzati dai boss per nascondere il carico di sostanze velenose. A Palermo sono stati scoperti container con oltre 200 tonnellate di rifiuti speciali: dai rottami meccanici agli oli esausti. Dai moli di Trapani alcune navi in partenza per Porto Said, in Egitto, erano cariche di rimorchi con macchine demolite. Ma dentro i Tir possono trovarsi anche scorie radioattive come quelle provenienti dal petrolchimico di Priolo.
La nave "Venezia" della Grimaldi Lines, con 200 fusti di cobalto, salpa di notte dall'estremo Sud della Sicilia, nonostante l'allerta maltempo. Giunta in prossimità della Toscana, nell'area del Santuario dei cetacei, la nave si inabissa. I rifiuti tossici, da tre anni, sono ancora in fondo al mare. Stesso destino per la "Marco Polo", sparita nel Canale di Sicilia con i suoi fusti radioattivi. Come affondano le navi lo spiegano bene due boss della 'drangheta, intercettati dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria: "Basta essere furbi, aspettare giornate di mare giusto e chi vuoi che se ne accorga? E il mare? Che ne sarà del mare se l'ammorbiamo? Ma sai quanto ce ne fottiamo del mare? Pensa ai soldi, con quelli il mare andiamo a trovarcelo da un'altra parte".

La Repubblica Palermo

9/2/14

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