sabato 4 gennaio 2014

pc 4 gennaio -12 INDAGATI DELLA CASERMA DI PAROLISI

Il Movimento femminista Proletario Rivoluzionario aveva immediatamente denunciato a maggio 2011, quando fu uccisa Melania Rea, il: "...buco nero dell'esercito, improntato e pregno comunque e sempre di una logica e prassi fascista, machista, sessista, di relazioni improntate ad uno spirito di oppressione/sopraffazione gerarchica che diventa a volte uso/abuso sessuale soprattutto quando vi sono donne (che o si adeguano a questo spirito e ne sono complici o ne vengono schiacciate dal rambismo maschilista), ma anche di difesa/omertà di corpo all'interno.

Questa difesa "di corpo" emerge anche in questo articolo del CdS in cui ciò che viene messo in evidenza è che con questa indagine "vacilla il rigore della disciplina di caserma". 

«Devi offrirti a me e agli altri»
Quelle notti tra caporali e allieve

Dodici indagati nella caserma di Ascoli per violenza, minacce e ingiurie. E nell’elenco c’è anche il nome del caporalmaggiore Salvatore Parolisi  

La magistratura ha raccolto testimonianze delle vittime che avrebbero ricevuto inviti espliciti a fare sesso, in particolare dopo la mezzanotte, quando le porte delle camerate devono restare chiuse.
La caserma «Clementi» è la stessa in cui prestava servizio Salvatore Parolisi, il sottufficiale condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio della moglie Melania Rea avvenuto il 18 aprile del 2011 nella pineta di Ripe di Civitella, in provincia di Teramo. Il corpo di Melania venne trovato a 18 chilometri di distanza, massacrato con numerose coltellate. Parolisi avrebbe ucciso la moglie dopo che quest’ultima aveva scoperto la sua relazione proprio con una delle soldate della «Clementi». Il caporal maggiore è indagato, seppure per un episodio minore, anche nella nuova inchiesta aperta dalla procura militare di Roma.

Fra le colline di Ascoli Piceno, quando scendeva la sera e il contrappello chiudeva la giornata militare della caserma Clementi, il sergente G. M. invitava l’allieva Simona nell’Ufficio del plotone e lì parlava, ammiccava e osava, pare con successo. Prima Simona, poi Anna per il bicchierino, poi Sara... Lui aitante, vulcanico e impaziente, loro giovani aspiranti soldate dell’esercito italiano di stanza al Reggimento addestramento volontari, cioè la caserma di Salvatore Parolisi. Il quale, al di là della grossa grana per l’omicidio di sua moglie Melania che gli è costata una condanna a 30 anni, dovrà vedersela anche per un episodio decisamente meno grave ma molto simile a quello del collega G. M.: sempre dopo la mezzanotte, sempre negli uffici del plotone, sempre per un bicchierino con le soldate e via.

Emerge lo spaccato di un mondo militare pruriginoso, dove il rigore della disciplina di caserma vacilla sull’incontro dei due sessi. Da una parte i soldati che addestrano e comandano, dall’altra le allieve che ascoltano e obbediscono. In mezzo, qualche tentazione. Il soldato Enza, per esempio, l’ha raccontata così al comandante della Clementi chiamato dalla procura a una relazione informativa: «Un giorno il caporal maggiore mi si è rivolto chiedendomi cosa gli potevo dare per sapere la mia destinazione. Dissi “nulla, aspetto altri due giorni e lo saprò”». E l’altro, sempre secondo l’allieva: «Devi offrire te stessa a me e poi agli altri istruttori. Mi devi dire se sei vergine o meno, perché se lo sei devo prendere delle precauzioni, altrimenti devo prenderne altre, ad esempio frustini...».
Naturalmente la stragrande maggioranza delle allieve non partecipava agli incontri proibiti, molte ne ignoravano pure l’esistenza, altre li rifiutavano. Come Monica: «Il sottufficiale si è avvicinato a me e mi ha abbassato leggermente la cerniera della giacca della tuta. Io mi sono allontanata riordinando l’uniforme - ha messo a verbale - Vedendomi infastidita mi ha detto che l’aveva fatto perché faceva molto caldo».
Fin qui, gli approcci. Poi c’è il capitolo «violenza contro inferiore, minacce e ingiurie», dove a farla da padrone è sempre il caporale G. M., rispetto al quale, in questo caso, sfigurerebbe anche il duro sergente Hartman di Full Metal Jacket, quello che chiamava l’allievo «palla di lardo». Ecco il suo vellutato sistema di addestramento: «Vi faccio sputare sangue, mi sembrate delle pecore, lo sapete cosa fa il pastore con le pecore... mi fate schifo... Tu sei una casalinga non idonea alla vita militare, hai i prosciutti al posto delle gambe, chiatta, balena... Siete delle galline, delle pappe molli, siete tutte z...», e avanti così... Il suo avvocato, Giovanni Falci dice che non bisogna sorprendersi: «Per una caserma si tratta di un linguaggio istituzionale. Stiamo parlando di addestramento al combattimento, di lancio di bombe, di piegamenti sulle braccia...».    

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