sabato 28 dicembre 2013

pc 28 dicembre - BASTARDI ASSASSINI, A BRINDISI UCCIDONO DI LAVORO A UDINE DI NON LAVORO...

...in nome del profitto è ora di rilanciare la battaglia per fare piazza pulita di questo sistema di sfruttamento e morte.
ieri a Brindisi al Petrolchimico
Incidente sul lavoro
al Petrolchimico di Brindisi
Autista muore schiacciato
 BRINDISI – Un uomo è morto poco dopo le 14 in un incidente sul lavoro all’interno del Petrolchimico di Brindisi. Secondo una prima parziale ricostruzione, l’uomo sarebbe rimasto schiacciato da un pullman di linea per il trasporto interno dei dipendenti del Petrolchimico mentre stava eseguendo lavori di riparazione sullo stesso mezzo. Sul posto al momento ci sono i vigili del fuoco e i soccorritori del 118.

La vittima dell’incidente avvenuto nel petrolchimico di Brindisi è Claudio Saraceno, 57 anni, autista della ditta Ciccimarra di Cisternino (Brindisi) che si occupa di trasporti con autobus. Era residente a Cellino San Marco (Brindisi). A quanto si è appreso, era sceso dal pullman utilizzato per il trasporto dei pendolari per riparare un guasto, quando per cause ancora non chiarite è stato travolto e schiacciato dallo stesso mezzo. L’esatta dinamica viene ricostruita in questi frangenti gli ispettori Spesal della Asl oltre con i poliziotti della questura di Brindisi. All’interno del Petrolchimico si sono recati anche i famigliari della vittima, giunti a Brindisi dopo aver ricevuto notizia della morte del 57enne. Il pullman è stato sottoposto a sequestro.


oggi a Udine un operaio si è suicidato per la paura di perdere il lavoro
Operaio delle Latterie si toglie la vita: temeva di perdere il posto
Udine, l’uomo è stato trovato morto in casa. Fino a ieri era al presidio di Campoformido. I sindacati: aveva manifestato forti preoccupazioni per il suo futuro. I colleghi: la dirigenza non si presenti ai funerali
UDINE. Vent’anni fa aveva perso il lavoro alla Danieli, ma era riuscito a ripartire, trovando un’occupazione alle latterie friulane di Campoformido.
Ora quegli antichi problemi sono riapparsi in tutta la loro gravità. Non ce l’ha fatta a reggere questo nuovo peso e a 54 anni Giuseppe Bassi di Godia, ha deciso di farla finita, togliendosi la vita nel garage della sua abitazione di Udine.
E’ morto così un operaio delle latterie friulane, che fino al giorno prima aveva partecipato ai presidi dei sindacati per difendere il posto di lavoro. Secondo la testimonianza di alcuni sindacalisti a lui vicini l’uomo in questi giorni aveva più volte manifestato una forte preoccupazione per il rischio di perdere nuovamente il lavoro.
Nello stabilimento la tensione è altissima e i sindacati temono di non riuscire più a gestire la protesta.
Dai colleghi dell’uomo è anche arrivato un duro monito ai dirigenti delle Latterie: “Non si presentino ai funerali”.
Bassi era anche impegnato nel sociale: era presidente della squadra di calcio dilettanti della Fulgor di Godia.
28 dicembre 2013


noi condividiamo la rabbia dei compagni di lavoro di Giuseppe Bassi ma i padroni non solo non li vogliamo ai funerali dei nostri morti ma vogliamo giustizia. Una giustizia che questo stato ci nega e che per ottenerla dobbiamo lottare insieme.
retesicurezzamilano@gmail.com

pc 28 dicembre - contro i CIE/CARA assediata a Roma la sede nazionale del PD

CHIUDERE TUTTI I CIE/CARA LAGER
LIBERTA' PER TUTTI I MIGRANTI
RIBELLARSI E' GIUSTO E NECESSARIO
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271272013 
fonte: infoaut
Questa mattina centinaia di persone hanno assediato la sede nazionale del Pd a Roma in solidarietà con i migranti e i rifugiati che nelle ultime settimane stanno partecipando alle proteste nei Cie e nei CARA di tutta Italia. Un appuntamento organizzato dai movimenti per il diritto alla casa e dalle Reti antirazziste romane che non solo ha voluto dimostrare la vicinanza con chi si trova rinchiuso nei Cie e nei Cara ma anche per dare una spinta ulteriore per la messa in discussione dell'intero impianto delle politiche sull'immigrazione e sull'asilo adottato dal nostro paese. Dalla legge Bossi-Fini ma anche dalla Turco-Napolitano che ha di fatto istituito i Cie e associato il permesso di soggiorno con il contratto di lavoro.
Il Pd quindi assediato e individuato come uno dei responsabili di quello che sta accadendo, incapace di andare oltre agli inutili proclami e a iniziative di subdola e ipocrita propaganda, come dimostra l'ultima trovata del deputato del Pd Khalid Chaouki che si è rinchiuso qualche giorno fa nel nel centro di accoglienza di Lampedusa, emblema di un'operazione d'immagine fine a se stessa nella totale miseria del suo stesso partito politico.
Numerosi quindi i manifestanti che sono andati a citofonare direttamente alla sede nazionale di via sant'Andrea delle Fratte, completamente blindata. Una delegazione di migranti è riuscita a salire per un incontro con Chaouki, chiedendogli di passare ai fatti e di iniziare a risparmiare le promesse vane che abbondano negli ultimi giorni. Non avendo ricevuto risposte soddisfacenti, una volta scesa la delegazione, le centinaia di persone si sono mosse in corteo invadendo via del tritone e proseguendo per le vie limitrofe.
Dopo essere passato sotto la sede de Il Messaggero, blindata e protetta come un palazzo del potere, i manifestanti hanno raggiunto piazza Barberini, bloccandola e dando inizio ad un'assemblea all'interno della quale sono state decise le prossime iniziative come quella prevista per gennaio con l'obiettivo di assediare e chiedere la chiedere la chiusura definitiva di tutti i Cie, a partire da quello di Ponte Galeria a Roma, dove la protesta delle labbra cucite è finita. Notizia di quest'oggi è infatti che anche l'ultimo immigrato che ancora proseguiva nel forte gesto accusatorio, si é fatto togliere il punto di sutura dalla bocca. Nel frattempo però 15 immigrati hanno deciso di protrarre la protesta, continuando a dormire in cortile.



pc 28 dicembre - TURCHIA - SOTTO LA CENERE PUO' SPRIGIONARSI LA SCINTILLA CHE INCENDIA LA PRATERIA

In Turchia è rivolta, a Istanbul tornano le barricate
Come era prevedibile, la giornata di mobilitazione convocata ieri ad Istanbul dal Coordinamento ‘Taksim Solidarietà’ e nel resto della Turchia da un vasto arco di forze sociali, comitati territoriali e forze politiche e sindacali si è trasformata in una prova di forza. Da una parte migliaia di manifestanti, dall’altra un enorme schieramento di Polizia che ha tentato di impedire le manifestazioni convocate dalle opposizioni oppure le ha attaccate.
Ovunque la folla è tornata in piazza chiedendo a gran voce le dimissioni del premier liberal-islamista Recep Tayyip Erdogan, accusato di autoritarismo e di restringere ogni spazio di democrazia in nome di un modello di gestione dell'economia basato sulla speculazione edilizia, sulla distruzione del territorio e l'imposizione di una morale islamista reazionaria.
Ad accrescere nelle ultime settimane la rabbia dei dimostranti l'elevato grado di corruzione del governo e delle alte sfere del mondo finanziario e imprenditoriale messo a nudo da una maxi inchiesta che dal 17 dicembre sta investendo in pieno l'Akp, provocando la sostituzione di dieci ministri e le dimissioni dal partito di numerosi esponenti della principale forza politica turca, compresi ex ministri e deputati vicini al predicatore Fethullah Gulen.
Nel centro di Istanbul pesantemente militarizzato i reparti antisommossa hanno cominciato a bersagliare i dimostranti non appena questi hanno tentato di avvicinarsi alla proibitissima piazza Taksim.
Già intorno alle 19, ora fissata per il concentramento nella spianata al centro dei quartieri europei di Istanbul, i Toma e gli Scorpioni hanno cominciato a disperdere la folla con gli idranti, mentre gli agenti sparavano gas lacrimogeni e pallottole di gomma contro migliaia di persone che anche questa volta hanno resistito ed hanno continuato a manifestare su Via Istiklal - addobbata per le feste di fine anno - e nelle vie adiacenti. I manifestanti esponevano striscioni e cartelli con gli slogan che hanno caratterizzato i moti popolari della scorsa estate - "Taksim ovunque, resistenza dappertutto" - e con altri nuovi contro la corruzione.
Gli scontri sono cresciuti di intensità con il calare della notte e sono proseguiti per ore, con migliaia di persone che pian piano sono affluite intorno a Taksim mentre barricate venivano erette e incendiate e fuochi d'artificio sparati contro i poliziotti, a difesa dei dimostranti e nel tentativo di ostacolare le scorribande dei reparti antisommossa. Per tutta risposta la polizia ha letteralmente gasato tutto il centro della città, compresi bar e ristoranti pieni di avventori sia nella zona di Istiklal che intorno all'ospedale tedesco nel quartiere di Cihangir.
I video della serata mostrano numerosi feriti e intossicati, compresi alcuni giornalisti - tra questi Elif İnce, reporter del giornale di sinistra Radikal - attaccati di proposito dagli agenti per impedire che documentassero le violenze contro i dimostranti. 
Mentre il premier Erdogan, di ritorno da un viaggio all’estero, atterrava all’aeroporto di Istanbul accolto da migliaia di suoi sostenitori (per l’occasione il sindaco liberal-islamista ha regalato ai clienti della metropolitana un viaggio gratuito) la polizia rastrellava il cuore di Istanbul alla ricerca di dimostranti e già a metà serata si aveva notizia di parecchie decine di persone arrestate, compresi alcuni avvocati attivi nella difesa dei diritti umani.
Folla in piazza anche sulla sponda asiatica della metropoli sul Bosforo e nel quartiere di Okmeydani.
Manifestazioni e scontri si sono verificati anche in altre città turche, ieri: ad Ankara la manifestazione convocata a Kizilay è stata attaccata e dispersa e alcuni dimostranti sono stati arrestati; anche a Izmir migliaia di persone hanno manifestato fino a notte nonostante le cariche della polizia; manifestazioni e scontri anche ad Antakya (Antiochia), nel sud del paese al confine con la Siria.


pc 28 dicembre - CONDANNATI I PESCI PICCOLI, MA E' IL RAZZISMO ISTITUZIONALE, LO STATO DI POLIZIA CHE GENERA I "MOSTRI".

Rachel morì per disidratazione, indagati anche sette infermieri
Cernusco sul Naviglio, 28 dicembre 2013 - C’è una nuova inchiesta giudiziaria per l’assurda fine di Rachel Odiase, la bimba nigeriana di 14 mesi lasciata morire tre anni e mezzo fa per disidratazione all’ospedale di Cernusco sul Naviglio. Ora la procura contesta il concorso nell’omicidio colposo della piccola anche a sette infermieri. Dopo la condanna di due medici e l’assoluzione di un terzo, adesso si apre il capitolo che riguarda gli infermieri professionali e pediatrici, sette in tutto che nei due giorni fatali che precedettero la morte di Rachel si alternarono inutilmente attorno al suo lettino.

Collaboratori sanitari già sentiti come semplici testimoni in uno dei processi ai medici, ma le cui parole non convinsero il giudice Anna Maria Gatto, che spedì gli atti in Procura. E gli inquirenti, dopo ulteriori accertamenti disposti, si sono convinti che quegli infermieri non avrebbero detto tutta la verità, davanti al tribunale, non tanto per coprire le responsabilità dei medici coi quali lavoravano, quanto per salvare se stessi. E dunque, chiuse le nuove indagini, ora il magistrato contesta a sette infermieri di turno il 3 e 4 marzo 2010 nella pediatria di Cernusco, dove avvenne la tragedia, una serie di omissioni che avrebbero contributo alla morte di Rachel. Stando al capo d’imputazione, non le avrebbero somministrato la terapia reidratante prescritta sul diario medico. Nessuno di loro avrebbe poi pensato di verificare con regolarità se la bimba facesse normalmente la pipì oppure no. E, secondo l’accusa, nemmeno uno dei sette pensò di dover segnalare ai medici che, pur in mancanza di terapia e in assenza di liquidi assunti per via orale, Rachel comunque continuava ad essere devastata dalla diarrea.

La bimba era arrivata in ambulanza al pronto soccorso dell’ospedale Uboldo 39 minuti dopo la mezzanotte del 3 marzo 2010 con vomito e dissenteria inarrestabili. I genitori allarmati avevano chiamato il 118. Ma quando si erano trovano davanti l’internista, si erano sentiti dire che non era nulla. Il medico dimise la bambina in sei minuti, prescrivendo una serie di farmaci. Solo dopo l’arrivo dei carabinieri chiamati dal padre disperato, Rachel venne ricoverata alle 2 di notte. Ma da lì in poi nessuno si preoccupò della lenta disidratazione, unica causa della sua morte. La mamma Linda chiese ripetutamente che qualcuno facesse qualcosa per lei, ma all’alba del 5 marzo, dopo una flebo fatta la sera del 4, Rachel morì. In primo grado il medico Barbara Grassi è stata condannata a 4 anni per omicidio colposo; il suo collega Gianluca Dotti a 1 anno e mezzo anche in appello. La dottoressa Manuela Arteconi, invece, è stata assolta.
 
mario.consani@ilgiorno.net



pc 28 dicembre - 28 DICEMBRE 1943-28 DICEMBRE 2013, 70° DELL'ECCIDIO DEI FRATELLI CERVI!

UNA GRANDE FAMIGLIA PARTIGIANA, FULGIDO ESEMPIO DI ANTIFASCISMO!

Sette fratelli come sette olmi,  alti robusti come una piantata. I poeti non sanno i loro nomi, si sono chiusi a doppia mandata : sul loro cuore si ammucchia la polvere e ci vanno i pulcini a razzolare.
I libri di scuola si tappano le orecchie. Quei sette nomi scritti con il fuoco brucerebbero le paginette
dove dormono imbalsamate le vecchie favolette approvate dal ministero.
Ma tu mio popolo, tu che la polvere ti scuoti di dosso per camminare leggero, tu che nel cuore lasci entrare il vento e non temi che sbattano le imposte, piantali nel tuo cuore i loro nomi come sette olmi :
Gelindo, Antenore, Aldo, Ovidio, Ferdinando, Agostino, Ettore.
Nessuno avrà un più bel libro di storia, il tuo sangue sarà il loro poeta dalle vive parole, con te crescerà la loro leggenda come cresce una vigna d'Emilia aggrappata ai suoi olmi con i grappoli colmi di sole.

Vecchio nodoso come un olmo antico, pianta potata dai miei sette rami, che dura scorza gli anni e il nemico
hanno fatto al mio volto, alle mie mani.
I Cervi, è buona terra : ara, nemico, affonda il vomero nelle mie carni, coi pugnali dell'erpice colpisci: morte puoi darmi, male non puoi farmi.
E' buona terra questa carne antica.
mieti, nemico, le mie sette spighe :
il grano non muore nel pane, non sono morti i miei sette figli che hanno dato la vita alla vita.
In tutto ciò che vive sono vivi, in tutto ciò che spera sono vivi, in tutto ciò che soffre e lotta vive i miei figli per sempre sono vivi.






Rosa della Libertà
...è questo il fiore del Partigiano morto per la Libertà...
La Rosa della Libertà nasce e cresce a Casa Cervi. Nasce e cresce per richiamare i valori di Libertà, Democrazia, Uguaglianza che hanno animato la Resistenza, a prezzo di una lotta che non ha risparmiato il sacrificio di tante donne e uomini, spesso giovanissimi. Fra tutti è esemplare quello dei Sette Fratelli Cervi e Quarto Camurri.
Quei valori parlano ancora oggi; parlano a tutti coloro che nell'Antifascismo individuano un senso di appartenenza da declinare ogni giorno. Parlano attraverso i luoghi, le storie, i simboli.
La Rosa della Libertà rappresenta tutto questo: simbolo di vissuti e memorie ma anche invito a fare rifiorire nell'oggi quei valori senza i quali non si può avere nè Libertà nè vera Umanità.


La pianura dei sette fratelli

E terra, e acqua, e vento
Non c'era tempo per la paura,
Nati sotto la stella,
Quella più bella della pianura.
Avevano una falce
E mani grandi da contadini,
E prima di dormire
Un padrenostro, come da bambini.
Sette figlioli, sette,
di pane e miele, a chi li do?
Sette come le note,
Una canzone gli canterò.
E pioggia, e neve e gelo
e vola il fuoco insieme al vino,
e vanno via i pensieri
insieme al fumo su per il camino.
Avevano un granaio
e il passo a tempo di chi sa ballare,
di chi per la vita
prende il suo amore, e lo sa portare.
Sette fratelli, sette,
di pane e miele, a chi li do?
Non li darò alla guerra,
all'uomo nero non li darò.
Nuvola, lampo e tuono,
non c'e perdono per quella notte
che gli squadristi vennero
e via li portarono coi calci e le botte.
Avevano un saluto
e, degli abbracci, quello più forte,
avevano lo sguardo,
quello di chi va incontro alla sorte.
Sette figlioli, sette,
sette fratelli, a chi li do?
Ci disse la pianura:
Questi miei figli mai li scorderò.
Sette uomini, sette,
sette ferite e sette solchi.
Ci disse la pianura:
I figli di Alcide non sono mai morti.
E in quella pianura
Da Valle Re ai Campi Rossi
noi ci passammo un giorno
e in mezzo alla nebbia
ci scoprimmo commossi.

venerdì 27 dicembre 2013

pc 27 dicembre - PER QUELLI CHE "LA CLASSE OPERAIA NON C'E'" E CHE HANNO UNA VISIONE LOCALISTA...

....QUESTI SOGGETTI DIMENTICANO IL FATTO CHE LA CLASSE OPERAIA NON HA NAZIONE, MA è INTERNAZIONALISTA
Cambogia: scontri tra lavoratori tessili e polizia
  • Venerdì, 27 Dicembre 2013 11:10
Ancora scontri questa mattina nella capitale della Cambogia dove continuano le manifestazioni dei lavoratori che rivendicano aumenti salariali. A mobilitare decine di migliaia di operai delle manifetture tessili la richiesta di aumento del salario minimo fino a 160 dollari al mese, mentre il governo è disposto a concedere solo un aumento dagli attuali 80 dollari statunitensi fino a 95.
Le fonti locali segnalano questa mattina almeno sette feriti e altrettanti arrestati a Phnom Penh per nuovi scontri tra lavoratori del settore dell’abbigliamento e i reparti antisommossa della polizia. 
Per disperdere i lavoratori che bloccano le aree industriali la polizia ha fatto uso di manganelli, lacrimogeni e anche delle armi da fuoco. Da parte loro i lavoratori organizzati da due delle maggiori organizzazioni sindacali della Cambogia hanno risposto con pietre e bastoni ed hanno bloccato le strade davanti alla sede ministero del Lavoro. Le multinazionali straniere e gli imprenditori locali riuniti nell'Associazione delle manifatture dell'abbigliamento hanno deciso intanto di realizzare una serrata per evitare che gli operai occupino o danneggino gli stabilimenti.



pc 27 dicembre - DA BRESCIA A MILANO LA SCUOLA "MODELLO" LOMBARDIA...

....PRECARIETA' E AMIANTO

Brescia scuole senza fondi reclutano ex docenti in pensione. Che lavoreranno gratis
Gli insegnanti dovranno soprattutto fornire assistenza agli studenti stranieri, ma tra di loro potrebbero esserci anche ex ingegneri e musicisti. Dura la reazione dell'Anief: "Dopo la carta igienica pagata dalle famiglie, arriva il prof che lavora senza compenso"
24 dicembre 2013
BRESCIA - Pensionati e scuola: un binomio che, fino ad oggi, faceva venire in mente solo il giubbotto arancione con cui i più anziani aiutavano i bambini ad attraversare la strada e gestivano il traffico. A Brescia, invece, i pensionati torneranno persino tra le mura scolastiche: ex docenti e professionisti lavoreranno gratuitamente, secondo una proposta arrivata dalle stesse scuole e approvata dall'assessore comunale alla Pubblica Istruzione Roberta Morelli.

Per questi ex insegnanti sarà creato un albo ad hoc e gi interessati dovranno solo consegnare il loro curriculum al Comune. Le loro richieste saranno poi comunicate ai singoli istituti e il loro compito sarà soprattutto quello di fornire assistenza agli studenti stranieri, che in quest'anno scolastico sono, solo a Brescia, oltre il 25 per cento di tutti gli iscritti alle scuole statali elementari e medie della città.

La soluzione bresciana di fronte alla mancanza di fondi destinati all'istruzione, in particolare all'assunzione di nuovi insegnanti, ha subito scatenato le reazioni dell'Anief, l'associazione sindacale che raggruppa docenti e ricercatori: "Dopo la carta igienica pagata dalle famiglie, le minacce di ridurre i riscaldamenti, i ritardi nel pagamento dei supplenti e il tentativo di assicurare gli aumenti di stipendio con il taglio delle attività extra-didattiche, arriva il professore in quiescenza che torna a lavorare senza compenso: la carenza di soldi nelle scuole sta producendo delle soluzioni sempre più ingegnose. Ma che a volte sembrano oltrepassare il buon senso". L'Anief si è scagliata contro il ritorno dei docenti in pensione affermando che questo "è solo un modo per evitare di pagare dei professionisti, una deriva che trae origine dai tagli ai finanziamenti per le scuole e dalle inadempienze dei pagamenti da parte del Ministero delle Finanze".

La protesta dell'Anief procede soprattutto su due fronti: da un lato, l'associazione si chiede perché "non si sia neppure aspettato lo stanziamento dei fondi del Miur (ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca), previsti dall'ultima legge per gli studenti alloglotti, destinati alla formazione dei docenti impegnati nell'insegnamento dell'italiano come seconda lingua"; dall'altro sottolinea la riduzione delle risorse destinate al Mof (fondo per il miglioramento dell'offerta formativa). "Nell'anno scolatisco 2013-14 è stato infatti eliminato il 25 per cento del Mof - fa sapere l'Anief - che serviva per il recupero, come assegno ad personam, dei mancati aumenti di stipendio che da contratto sarebbero dovuti essere previsti per il 2011".

Tra i pensionati pronti a lavorare gratuitamente nelle scuole bresciane ci saranno non solo ex docenti ma anche ingegneri e musicisti, che potrebbero potenziare l'insegnamento della matematica e organizzare varie attività.


Amianto a scuola, scontro tra Comune e genitori. L’opposizione: «Perizie errate, qualcuno paghi»

Dati opposti dalle analisi dell’Arpa e di Palazzo Marino. L’assessore Rozza: «Le famiglie firmino una liberatoria»
 caso delle elementari di viale Puglie arriva a Palazzo Marino. Sulla scuola chiusa l’estate scorsa per amianto adesso ci sono due relazioni con conclusioni opposte: «C’è amianto in quantità elevate», secondo la Veram, società incaricata per i controlli dal Comune. «Nessuna presenza del materiale», è il risultato dei test eseguiti dall’Arpa, commissionati dai genitori degli alunni, che erano stati subito trasferiti in via Oglio. Famiglie contro amministrazione, allora. Ma lo scontro adesso è anche politico. «Il tribunale dirà se ci sono responsabilità per l’emergenza creata e per i soldi spesi», attacca la Lega. E l’ex assessore Mariolina Moioli (Milano al Centro): «E adesso come ci regoliamo sulle altre scuole con amianto? Prima di spendere un euro si facciano tutte le verifiche necessarie».

INCONTRO URGENTE - A chiedere di vedere le carte subito è l’assessore ai Lavori pubblici, Carmela Rozza, che ha fissato per domani un incontro con i tecnici della società che ha eseguito i controlli. «Disporremo nuove verifiche, con la Veram, con l’Arpa e con la Asl - anticipa Rozza -. Ma è pazzesco essere accusati di eccesso di precauzioni, con i bambini poi». L’assessore intanto ha chiesto una relazione anche ieri, arrivata dalla Veram in serata. Nel documento si legge: «Siamo stati nella scuola quattro volte, e su dieci campioni raccolti, in due casi abbiamo riscontrato la presenza di amianto». Il punto verrà fatto domani.
LEGA ALL’ATTACCO -
Intanto la Lega chiede: «Vogliamo sapere quali sono le aziende che hanno eseguito le verifiche con nomi e cognomi dei responsabili», dice il capogruppo Alessandro Morelli. Ecco la spiegazione dell’assessore: «Il Comune deve avere un responsabile per il rischio amianto nei suoi immobili. C’è stata una gara pubblica vinta dalla società Veram che ha fornito il tecnico, si tratta dell’ad della società, Danilo Terradura, che ha firmato le relazioni».
La Veram ha svolto indagini per l’amministrazione sulla presenza di amianto in 900 edifici, comprese 320 scuole. «Sono sereno - dice Terradura -. Ho rivisto le analisi di viale Puglie, svolte in parte da noi e in parte da un laboratorio esterno abilitato, la Delta Aps. L’amianto c’è e lo ha trovato anche l’Arpa in un campione. Il punto non è la concentrazione, ma la presenza».
FORTI DISCREPANZE -
I risultati delle analisi sono diversi e non di poco. Concentrazioni anche del 18% in pannelli e guarnizioni per la Veram che parla di «rischio massimo». Sotto l’1% e solo in un campione per la Teicos, che ha incaricato l’Arpa e la valutazione dell’agenzia per l’ambiente è: «Il campione non può essere classificato come contenente amianto». Caso ancora aperto allora. Ed è polemica anche sulle parole di Carmela Rozza dopo l’attacco dei genitori con la contro perizia. Venerdì l’assessore aveva dichiarato: «Se le famiglie firmano una liberatoria possono tornare nella loro scuola». «Comportamento pilatesco», dice il leghista Morelli. «Provocazione assurda. Non tocca ai genitori valutare la sicurezza», il commento di Moioli.
LE RICHIESTE DEI GENITORI -
Intanto le famiglie degli alunni di viale Puglia sollecitano una risposta dal Comune sul futuro della loro scuola, uno dei prefabbricati a rischio demolizione. «Aspettavamo una comunicazione per luglio, la decisione poi è slittata a febbraio. Intanto i nostri bambini sono nei locali di via Oglio e la convivenza fra piccoli e adulti del Ctp non va bene».
23 dicembre 2013
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pc 27 dicembre - Ancora FEMMINICIDI! Dal 6 luglio allo sciopero delle donne... la doppia lotta della maggioranza delle donne deve continuare

Spara alla madre, a un’altra donna e ferisce figlio e marito di quest’ultima Duplice omicidio a Latina, preso killerRoberto Zanier fermato dopo la fuga: ha sparato alla madre e a una donna romena. L’ex guardia giurata ha tentato di uccidere ancora, ma la pistola si è poi inceppata
Uccisa dal marito che poi si suicida  Uccide la moglie e si spara con la pistola di lei, guardia giurata. Omicidio-suicidio a Loreto, piccola frazione di Oleggio, in provincia di Novara. 
Cento coltellate alla moglie: il prof di religione insegnava a Castiglione L’ultimo incarico del trentanovenne era stato al tecnico commerciale Caduti della Direttissima


Omicidio a Custonaci, la vittima è una prostituta nigeriana - Prima di essere strangolata è stata picchiata di . Categoria: Cronaca 26 dicembre 201

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Più di 128 femminicidi, più di 128 donne uccise, massacrate, la cui vita è stata spezzata da mariti, compagni, fidanzati, conviventi, ex...  all'interno della cosiddetta SACRA FAMIGLIA nel nostro "bel paese" solo nel 2013, un bollettino di guerra che continua in modo sempre più tragico, perchè di vera e propria guerra si tratta contro la maggioranza delle donne! 
E proprio ieri 26 dicembre, in un servizio trasmesso dal Tg3 nazionale sull'ennesimo femminicidio la giornalista si sorprendeva!? sulla non riduzione dei femminicidi in Italia nonostante il decreto legislativo contro i femminicidi emanato dal Governo Letta/Alfano e nonostante le donne abbiano iniziato a scendere in piazza... come riportava la stessa.
Ma la "sorpresa" o le mancate risposte della giornalista della Rai dinnanzi ad  una barbarie sempre più drammatica quale quella dei femminicidi  deriva dal fatto che si vogliono chiudere gli occhi su quella che è una profonda BARBARIE SOCIALE,  che non può certamente essere eliminata con la riduzione del grave problema all'aumento della repressione, delle pene (che in diversi casi invece per gli assassini e stupratori dentro le aule dei tribunali borghesi rimangono irrisorie), riferendoci al decreto governativo che di fatto considera le donne ancora una volta meri oggetti deleganti soprattutto alle forze di polizia la soluzione della violenza subita.  Ma come si vede i femminicidi non dimuiscono comunque. 
E' sì poi vero che le donne hanno iniziato a scendere concretamente in piazza per protestare in diverse forme contro femminicidi e violenza ma anche qui la discriminante è se lo si fa  guardando solo alla superficie del problema, il solo aspetto culturale/educativo da dovere cambiare, e non alle cause profonde di esso legate a tutta la società in cui viviamo nel suo complesso, di cui femminicidi, stupri e violenza sono l'aspetto più becero e marcio, questa società capitalista che,  se la condizione delle donne  è da considerare  come una cartina di tornasole del grado di civiltà di una società,  deve essere cambiata sin dalle sue radici con una lotta che non può che essere a 360 gradi, che deve toccare tutti gli aspetti, sociale, culturale, ideologico, sessuale... e  in cui la maggioranza delle donne deve essere parte determinante con il protagonismo diretto, al di fuori della logica della delega  a questo Stato che è causa e non soluzione delle uccisioni e violenza contro le donne.

Dal 6 luglio a Roma contro femminicidi, stupri, e violenza allo sciopero delle donne del 25 novembre scorso che ha visto scendere in diverse città centinaia di donne lavoratrici, operaie, precarie, disoccupate, casalinghe, giovani, studentesse... è stata una forte scintilla di questa lotta che deve necessariamente continuare per un  cambiamento rivoluzionario della vita della maggioranza delle donne.
Riportiamo stralci dell''opuscolo su "LE UCCISIONI DELLE DONNE, OGGI" delle compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario 
Serve inquadrare il clima politico, ideologico, sociale in cui e per cui avvengono oggi le uccisioni delle donne, a dimostrazione del fatto che non si tratta affatto di casi isolati, da vedere in sé per sé, ma si tratta di una tendenza che andrà purtroppo accentuandosi e che può trovare come risposta soltanto una mobilitazione diretta delle donne.
Il fatto che le uccisioni delle donne stiano assumendo dimensioni allarmanti, una “guerra di bassa intensità” contro le donne, fa sì che la stessa giurisprudenza inizi a parlare di femminicidio.
Noi abbiamo usato il titolo di un libro per parlare del nuovo livello del rapporto uomo/donna. Gli “Uomini che odiano le donne” esprime -  sia pur nei limiti di un titolo di romanzo - questi rapporti nella fase del moderno fascismo.
Il moderno fascismo è l’edificazione a sistema di tutto ciò che è reazionario, maschilista.
In questo senso le uccisioni non si potranno fermare, né ci sono interventi di legge, di controllo che possano frenarli. Il moderno fascismo le alimenta a livello di massa: le uccisioni hanno la caratteristica di essere ripetitive, emulative – più se ne parla, più vengono prese ad esempio. La stampa, la televisione berlusconiana sono in questo uno strumento fondamentale: amplificano o minimizzano o nascondono, su alcune vicende costruiscono dei talk show osceni, su altre fanno calare il silenzio; in questo modo indirizzano e/o deviano l’attenzione, impongono idee, giudizi, con criteri di scelta/selezione spesso razzisti, di classe o che comunque rispondono all’utilizzo di tali uccisioni e violenze per rafforzare la politica, l’ideologia, i “valori” dominanti e nasconderne la cause sociali, lì dove invece i motivi di questa recrudescenza di uccisioni delle donne vanno visti sempre come espressione della condizione generale delle donne e della realtà sociale. Spesso si tende a motivare il femminicidio come vicenda privata, frutto della gelosia, o di un raptus di follia. Ma anche esaminando specifici episodi, vediamo che le singole persone che uccidono trovano l’humus adatto, favorevole, che in un certo senso li fa sentire legittimate, niente affatto in colpa, anzi, quasi autorizzate. Questo humus è il moderno fascismo e questo rende differente oggi la questione della violenza sulle donne ed in particolare le uccisioni.
Certo le uccisioni, le violenze ci sono state anche negli anni passati, il problema è perché oggi. Noi dobbiamo denunciare e lottare contro le caratteristiche attuali delle uccisioni, delle violenze sessuali, interne a: clima politico – humus sessista-razzista - reazione alle donne che si vogliono ribellare, che vogliono rompere legami oppressivi - ruolo della famiglia.
Oggi dobbiamo affrontare questa guerra, che ha questi terreni di combattimento.

Se prima le donne sopportavano in silenzio una violenza anche continua, oggi gli uomini non possono come prima contare su questo silenzio. Oggi le donne sopportano meno, rompono i rapporti, si ribellano, cacciano i fidanzati, i mariti ecc. “Tu devi essere mia, o sei mia o non sei”, questo è quanto ha detto un uomo prima di uccidere la sua ex fidanzata; è la rottura di questo concetto di possesso, di proprietà, che c’era anche prima ma che oggi, da parte delle donne viene messo in discussione, non viene accettato.
Queste uccisioni e violenze come reazione degli uomini alle donne che vogliono rompere i precedenti legami, la precedente vita sono delitti fascisti, perchè mossi da una concezione fascista di attacco ad ogni spinta di ribellione. Come fascista è spesso il clima generato di complicità diffusa pre e post uccisioni, in cui gli uomini vengono considerati perbene, e chi sa non parla e copre non solo perchè ha una concezione individualista, ma perchè ha la stessa concezione maschilista, fascista verso le donne.

L’altra questione che rende “nuovo” il femminicidio è il ruolo oggi della famiglia. La famiglia è stata sempre terreno di oppressione per la donna, di tomba dell’amore, di ghetto. Noi diciamo “in morte della famiglia” perché la maggior parte delle uccisioni avvengono nell’ambito familiare o di rapporti familiari. Che cos’è la famiglia? Perché la famiglia è morte? In termini sociali è la cellula della società, che esprime in sintesi processi, contraddizioni che avvengono poi nell’intera società. Il problema è che ora la famiglia, da un lato effettivamente è in crisi, non riesce più a conservare, ad essere un elemento di conservazione, nello stesso tempo viene iper-esaltata dalla Chiesa, dal governo, dallo Stato. Anche questo aspetto rende in un certo senso diversa, moderna la questione delle uccisioni delle donne.

Il governo, lo Stato usano strumentalmente le uccisioni delle donne per varare provvedimenti che non aiutano affatto le donne ma aumentano il clima di controllo e repressione. Sulla uccisione nel 2007 della donna di Roma Giovanna Reggiani, il governo di allora, di centrosinistra, pose le basi per il pacchetto sicurezza tanto voluto da leghisti e sindaci sceriffi di destra e di sinistra.
In quella occasione scrivemmo: “... Il clima securitario, le misure di sicurezza, da ordine pubblico già adottate dai sindaci in alcune città come Bologna, Firenze, la stessa Roma, che hanno come bersaglio principale gli immigrati, che mettono sotto controllo le città, desertificandole, sono in realtà il miglior humus delle violenze. C’è un rapporto diretto tra aumento delle misure di sicurezza e l’aumento degli stupri e delle uccisioni delle donne.”
Sia negli anni precedenti, sia più recentemente, ogni misura del governo contro le uccisioni, violenze ecc, in realtà non ha prodotto una diminuzione delle stesse ma, anzi, in un certo senso ha prodotto un effetto contrario, sia con le misure essenzialmente repressive, sia con quelle poche misure che potrebbero essere utili ma per come vengono gestite sono negative fino ad essere controproducenti. La legge sullo stalking della Carfagna, ad esempio. Ci sono decine e decine di denunce di donne, che però non sono mai state prese in considerazione, gli iter burocratici per cui si attivano le forze di polizia o la magistratura sono complessi e lunghi e l’intero apparato deputato ad applicare la legge se ne disinteressa; ma è soprattutto la concezione che guida i poliziotti, i carabinieri che fanno le indagini che è bacata in partenza, impregnata, e come non potrebbe esserlo, di una ideologia maschilista, machista, congenitamente distante/contraria alle donne, alla loro vita, e ai loro bisogni, ribellioni.

Affrontare la questione della violenza con le misure repressive, togliendo quegli elementi di socialità, di apertura e solidarietà che ci aiutano a combatterla, puntando invece alla chiusura, alla fascistizzazione della società, alla desertificazione delle città, favorisce la violenza. Nelle città hanno creato un deserto e alle 9 di sera non c’è più gente per strada, e poi si meravigliano che una donna che giri da sola in questa condizione è a rischio? Ma chi ha creato questa condizione?
Queste misure creano un clima oscurantista, sempre ideale per la coltivazione di idee e pratiche fasciste, maschiliste, di sopraffazione e quindi hanno un effetto opposto, di incoraggiamento delle violenze sessuali a tutti i livelli; creano città sotto controllo, invivibili, in cui sono bandite le normali libertà, la socialità tra i giovani, tra le persone, l’uso normale delle città. E quando questo accade, sempre le città si desertificano dalla gente e diventano terreno pericoloso soprattutto per le donne, perché impediscono, addirittura criminalizzandolo, il senso collettivo, sociale della città e dei problemi, spingendo a una concezione individualista, antisociale, compagna di strada della sopraffazione, di un’ideologia comunque reazionaria, razzista e fascista, che nei confronti delle donne si esprime sempre come maschilismo e violenza...

La violenza sulle donne non fa che proseguire la discriminazione, l’ingiustizia, il doppio  fruttamento e oppressione di cui siamo vittime nella società capitalista.

Eva Gabrielsson, compagna dello scrittore Stieg Larsson de “Uomini che odiano le donne”, di fronte alla domanda di un giornalista che chiedeva quali sono le radici di questo odio contro le donne, ha risposto: “Come diceva Von Clausewitz, la guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi. La stessa cosa avviene per la violenza sulle donne, che non fa altro che proseguire, su un diverso terreno, la discriminazione e l’ingiustizia delle quali siamo vittime nella nostra società. Per questo la violenza alle donne è una violenza a tutti i cittadini, non un fatto privato tra individui”. 

Il padronato, il governo agiscono per ricacciare a casa le donne. Tante nel nostro paese in questi mesi sono state colpite sul piano dell’occupazione, lavoratrici licenziate, operaie messe in cassa integrazione, precarie sempre più precarizzate, disoccupate in lotta per il lavoro caricate dalla polizia e multate, donne super sfruttate fin quasi a condizioni di moderno schiavismo. Lo Stato direttamente con l’attacco alla scuola sta portando avanti il più grande licenziamento di massa in un settore a stragrande maggioranza femminile. Nello stesso tempo, con un discorso tanto ipocrita “sulla parità” quanto di primo passo di un attacco generalizzato, viene innalzata l’età pensionabile delle lavoratrici. Tutto ciò non ha fatto altro che peggiorare le già pesanti e discriminanti condizioni di lavoro e di salario delle donne, e l’Italia si posiziona tra gli ultimi paesi per tasso di occupazione delle donne.Vengono scaricate sulle donne i tagli e i peggioramenti ai servizi sociali, la gestione della crisi nella famiglia. E sono proprio le donne e i bambini a pagare i tagli alla sanità e la logica puramente produttivista e  utilitarista che vi regna, con il ritorno delle morti per parto.
Mentre  riprende il bombardamento ideologico e attacco pratico da parte di governo e Vaticano contro la libertà di scelta delle donne, contro il loro diritto di decidere in tema di maternità; i recenti tentativi di bloccare nel nostro paese l’uso della pillola Ru486 costituiscono un nuovo attacco contro le donne ancora accusate di essere assassine, di praticare la violenza attraverso l’aborto.
Questa politica fatta da Stato, padroni, Governo, Chiesa contro le donne, per le donne ha come inevitabile conseguenza l’aumento dell’oppressione, del maschilismo fascista, della violenza sessuale contro le donne...  

Per le donne nessun passo in avanti è duraturo e definitivo senza rivoluzione e la rivoluzione nella rivoluzione.
Questa realtà dimostra che nella società borghese nessun passo in avanti delle donne è duraturo e definitivo che solo una lotta rivoluzionaria, in cui la ribellione e la lotta delle donne è una forza poderosa e imprescindibile; solo un nuovo potere proletario basato sui principi e la pratica per legge della piena emancipazione e liberazione delle donne, e sulla lotta ideologica e l’educazione di massa, può rendere definitive quelle conquiste. Per questo non basta instaurare un governo socialista, o pensare che la rivoluzione risolva dall’oggi al domani tutte le concezioni maschiliste. L’esperienza del movimento comunista ha dimostrato, e ha elaborato con la Rivoluzione culturale proletaria in Cina, che occorre la rivoluzione nella rivoluzione, un periodo in cui si combini la legge che impedisce che pratiche e concezioni maschiliste e imponga altre pratiche, e l’educazione, la convinzione a livello di massa.

Scrive Bebel su “L’emancipazione della donna” che la forma della famiglia esistente in un’epoca determinata non può essere disgiunta dalle condizioni sociali esistenti. Marx scrive che la famiglia contiene in sé in miniatura tutti gli antagonismi che si svilupperanno più tardi largamente nella società e nel suo Stato. Engels dice che la famiglia monogamica fu la forma cellulare della società civile e in essa possiamo già studiare la natura degli antagonismi e delle contraddizioni che nella civiltà si dispiegano con pienezza.

Nell’attuale condizione sociale in cui la borghesia può produrre solo distruzione, guerre con orrori che sono la negazione dell’umanità, in cui il sesso, fatto anche dalle iene ridens delle soldatesse americane, viene usato per perpetrare le più brutali torture ai prigionieri irakeni, in cui il governo, lo Stato sta marciando verso un moderno fascismo, un sistema sociale in cui le donne valgono meno di un embrione, in cui la scienza viene usata contro la scienza, non per far progredire l’umanità e quindi il benessere, la salute, ma per costruire mostruosità, la famiglia e i rapporti uomini/donne cambiano in rapporto e funzionalmente a questo moderno medioevo e nello stesso tempo ne contengono in embrione tutte le contraddizioni. In questo senso non si tratta di una famiglia “arretrata” rispetto ad una società avanzata, non si tratta di rapporti uomo/donna apparentemente inconcepibili rispetto ai progressi delle donne, come a volte viene detto; ma si tratta di una famiglia fino in fondo moderna, nel senso adeguata a quello che oggi è il sistema sociale capitalista esistente, e a cui serve.
Non è possibile lottare contro questa famiglia senza rovesciare questo sistema sociale che la produce e di cui se ne fa puntello. Questa lotta non ha niente a che fare (e anzi deve smascherare) con la politica del femminismo piccolo borghese che vuole liberarsi dalla famiglia in una logica tutta individualista, né può essere ridotta a mera lotta contro gli uomini.
Nella famiglia, anche proletaria, gli uomini sono privilegiati rispetto alla condizione delle donne, ma quanto miseri sono questi privilegi! La famiglia è una catena ed è insopportabile anche per i proletari, per i giovani, che restano in famiglia scaricando il loro peso sulle donne, che spesso usano la famiglia, ma non vedono l’ora di scappare da questo carcere arrivando ad odiarla.

Questa lotta, se non può che essere fatta innanzitutto in prima persona dalle donne, che subiscono tutte le catene, non è però interesse solo delle donne, ma di tutti i proletari, perché è una lotta per una nuova umanità, nuovi rapporti sociali.
Per noi comuniste “in morte della famiglia” vuol dire fare della famiglia, invece che puntello del sistema capitalista e oggi della marcia verso il moderno fascismo, leva della ribellione delle donne per rovesciare il sistema.

Noi odiamo gli “Uomini che odiano le donne”
Noi abbiamo detto “noi odiamo gli “uomini che odiano le donne”. Queste parole le abbiamo prese dal romanzo di Stieg Larsson, che ha alcuni aspetti emblematici:
E’ ambientato in Svezia, una società in cui le donne hanno fatto delle conquiste, si sono emancipate e però lì, guarda caso, negli ultimi 2-3 anni sono usciti molti scrittori e scrittrici di gialli ambientati in Svezia, molti dei quali hanno al centro le donne: le donne violentate, le donne uccise ecc. (nella realtà e non solo nei romanzi). Sono dei libri che parlano di uccisioni moderne, di uccisioni che avvengono nelle società capitaliste più avanzate, non quelle più arretrate e che per questo smentiscono che le violenze oggi siano il frutto solo di una realtà sociale arretrata; che mostrano il marciume di un imperialismo arrivato alla frutta, che non può portare a nulla di progressivo, ma solo a un moderno medioevo.
La protagonista del romanzo, Lisbeth Salander, è una ribelle ad ogni tentativo di “normalizzazione”/considerata diversa per eccellenza, ha tentato di uccidere il padre quand’era ragazzina perché violentava la madre, ecc. Lisbeth è ribelle a ogni regola e questa ribellione è insopportabile per gli altri, soprattutto per gli uomini che la devono “domare”, fino a violentarla e tentare di ucciderla.
Ma chi sono questi uomini? Sono grandi manager di industria, fascisti, nazisti, che odiano le donne.
Lisbeth a un certo punto, a fronte dell’altro protagonista del libro, un giornalista che tenta anche di giustificare il violentatore/assassino, facendo un’analisi psicologica, esclama: “cazzate, questo odia le donne!”. “Cazzate!”, appunto, perchè dobbiamo respingere le interpretazioni/giustificazioni che spesso vengono fatte dopo uccisioni perchè servono solo a mettere un cappello sopra; diverso è raccogliere alcune di queste interpretazioni ma per mostrarne il loro carattere assolutamente sociale, comune  a migliaia di uomini e spiegabili solo con un’analisi sociale, di classe e di genere.

Questo romanzo, indipendentemente anche dalla volontà dello scrittore, aiuta a capire quello che stiamo dicendo. Oggi effettivamente c’è una sorta di “odio” verso le donne, come verso gli immigrati, verso gli omosessuali ecc. Questo odio tout court verso le donne, in quanto donne che pensano, che agiscono, che decidono, è fascista. Questo odio fa alzare il tiro, mette in moto la violenza.
“Gli uomini che odiano le donne” esprime l’immagine del sistema capitalista, nella sua fase di crisi, di putrefazione imperialista, di un sistema che non ha più nulla di costruttivo, ma è solo distruzione. E proprio per questo deve essere distrutto. E LE DONNE HANNO DOPPIE RAGIONI PER FARLO!

pc 27 dicembre - Programma Refit, ovvero i padroni di tutta Europa hanno trovato un altro modo per uscire dalla crisi, attaccando come un carro armato le leggi sulla sicurezza sul lavoro per smantellarle tutte

Questa fine anno vede altri passi avanti del moderno fascismo a livello europeo in tutti i campi, dai diritti relativi alle “libertà democratiche”, ai diritti delle donne, a quelli alla salute e del lavoro

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Bilanci di fine anno

Sicurezza sul lavoro: il bulldozer dell'Europa

Bloccare tutte le nuove regole e demolire le attuali tutele. Questo l’obiettivo del programma Refit già approvato dalla Commissione Ue. "Troppi lacci danneggiano le imprese", dicono da Bruxelles. E questo è solo l'inizio DI DIEGO ALHAIQUE*
Il programma Refit lanciato dalla Commissione europea è un attacco molto pericoloso ai diritti dei lavoratori. La stampa non ne fa menzione. Il silenzio dei nostri politici nazionali ed europei è assordante. Di fronte, c’è un governo dell’Unione che annuncia che sta per bloccare tutte le nuove norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, dicendo che ci sono già troppe regole, che tutte le norme di sicurezza destinate a proteggere i lavoratori stanno danneggiando le imprese. Troppi oneri amministrativi. Troppi costi. Così è stato bloccato tutto il lavoro preparatorio svolto da esperti, funzionari e parti sociali. Ed è solo l’inizio, perché la Commissione sta cercando di vedere come liberarsi anche delle norme esistenti. Così i datori di lavoro avranno molta più libertà d’azione, senza essere gravati dagli adempimenti in materia di prevenzione.

Ecco la soluzione per tirarci fuori dalla crisi. Così si può riassumere ciò che il 2 ottobre 2013 ha annunciato José Barroso, presidente della Commissione Ue, durante il vertice europeo dei capi di Stato e di governo, ottenendo una risoluzione che approva questa linea e lo invita ad avanzare proposte concrete. Il primo ministro britannico, David Cameron, ha colto l’occasione per mettere su uno spettacolo per le telecamere, e la stampa del Regno Unito ha salutato il suo trionfo: è riuscito a frenare la fame di Bruxelles per la regolamentazione! Questo perché, internamente, la demolizione delle norme europee è come una manna dal cielo per i conservatori britannici. Il governo dei Paesi Bassi ha reagito allo stesso modo, perché uno degli obiettivi previsti negli accordi di governo è quello di ridurre il numero delle norme europee. Così, per il suo spettacolo, il primo ministro del Regno Unito ha potuto contare sulla compagnia di Barroso e del primo ministro olandese Rutten, del cancelliere tedesco Angela Merkel e del nostro Letta. Hanno preso le distanze solo il premier belga Di Rupo e François Hollande.

Nel frattempo, l’intera macchina dell’Europa è a un punto fermo in materia di sicurezza sul lavoro. E ci sono crescenti movimenti in corso per avviare una retromarcia. La comunicazione ufficiale da parte della Commissione, nota come “Refit”, si riferisce alla necessità di riadattare la normativa Ue per rendere l’economia europea più dinamica e per “eliminare i ben noti ostacoli amministrativi che stanno fermando i datori di lavoro dal creare nuovi posti di lavoro”. L’ascia si è abbattuta sulla legislazione della sicurezza sul lavoro. Barroso ha fatto sapere che la sua Commissione non avrebbe portato avanti altre eventuali nuove norme in tale materia. Il testo fa esplicito riferimento all’accordo raggiunto recentemente tra le parti sociali sulla prevenzione nell’attività dei “saloni di bellezza” (parrucchieri ecc.), che avrebbe dovuto essere presentato al Consiglio dei ministri Ue per diventare vincolante. Non si tratta solo di parrucchieri.

Tutto ciò che a che fare con la salute e la sicurezza sul lavoro è stato bloccato. Anche la proposta avanzata delle unità competenti della Commissione, volta, su consiglio degli esperti e delle parti sociali, a migliorare la regolamentazione sugli agenti cancerogeni, non sarà adottata. Il suo scopo era quello di garantire che le norme di protezione dei lavoratori contro le sostanze cancerogene si applicassero anche a quelle in grado di provocare malformazioni genetiche (agenti mutageni e tossici per la riproduzione). Si era inoltre cercato di aggiungere 22 nuove sostanze all’elenco dei soli tre cancerogeni per i quali attualmente esistono norme europee vincolanti, in termini di concentrazioni massime nell’aria sul posto di lavoro, e di classificare anche le fibre ceramiche in questa categoria. Così come per la silice cristallina, che è la ragione per cui la sabbiatura provoca il cancro, come era già stato proposto undici anni fa dal panel europeo di esperti in quel campo.

L’inserimento nella lista nera delle sostanze cancerogene riguardava anche il tricloroetilene (un solvente ampiamente utilizzato per processi come la sgrassatura e pulitura a secco), i gas di scarico dei motori diesel o il cloruro di vinile. Niente di tutto questo. I datori di lavoro devono poter avere più libertà nell’attività imprenditoriale, mentre le misure di questo tipo sono un freno alle aziende. Il risultato è che tutto è a un punto morto. Altre proposte sono state ugualmente bloccate. Norme europee erano in preparazione con l’obiettivo di ammodernare la vecchia direttiva sul lavoro al videoterminale e per fare qualcosa per le cause più comuni di malattia professionale: i disturbi muscolo-scheletrici dovuti a lavoro troppo faticoso o a sforzi ripetuti.
Non se ne farà nulla. Né ci saranno eventuali nuove regole europee per i retrovisori da installare sui vecchi camion per eliminare il “punto cieco”, che determina tanti incidenti stradali. Niente sul fumo di tabacco nei luoghi di lavoro, né sull’inquinamento del suolo. Il settore della pesca aveva raggiunto, come i parrucchieri, un accordo sulle misure di sicurezza. Anche la loro iniziativa è stata fatta fallire. La Commissione non ha solo messo uno stop alle nuove regole: vuole anche rivedere l’intera legislazione europea in materia di sicurezza in modo da eliminare molti adempimenti di prevenzione. Per fare questa operazione, essa prevede di basarsi su una procedura di valutazione, ai fini della quale tutti gli Stati membri devono presentare le loro relazioni sull’applicazione della normativa entro la fine del 2013. E sembra già affare fatto.

La Commissione europea, con Refit, ha annunciato anche altre iniziative per limitare o abolire le norme europee in molte altre aree, come la parità di trattamento per i lavoratori temporanei, le norme in materia di pubblicazione dei bilanci annuali e quelle in materia d’informazione e consultazione dei lavoratori in caso di licenziamenti di massa. O la “direttiva Renault”, che impone ai datori di lavoro di informare e consultare i lavoratori in anticipo in occasione di importanti modifiche nell’organizzazione del lavoro. Interventi di questo tipo rendono l’Europa sociale più lontana che mai.

La Confederazione europea dei sindacati ha già lanciato una campagna di manifesti, con cui chiede ai deputati e ai candidati alle prossime elezioni europee di far conoscere la loro posizione. Sono, o non sono, a favore di bloccare le normative europee in materia di sicurezza sul lavoro? Sono o non sono in favore di accordi vincolanti europei tra datori di lavoro e lavoratori, a partire da quelli per i parrucchieri e i pescatori? Vogliono o no respingere le proposte inglesi di abolire la valutazione scritta del rischio per le piccole e medie imprese?

Vogliono estendere le norme di protezione dei lavoratori contro le sostanze cancerogene alle sostanze che causano malformazioni genetiche? Vogliono o no ascoltare i consigli degli esperti di sicurezza europei che cercano di aumentare il numero di sostanze classificate come cancerogene, o stanno seguendo i datori di lavoro che stanno optando per un blocco per motivi economici? La battaglia è quella di fare in modo che tali temi, centrali per i lavoratori e per i cittadini europei, entrino a far parte della discussione nella prossima campagna per le elezioni europee.

*direttore scientifico di 2087
tratto da:

http://www.rassegna.it/articoli/2013/12/20/107848/sicurezza-sul-lavoro-il-bulldozer-delleuropa