giovedì 21 novembre 2013

pc 21 novembre - POVERETTE...

 Lea Melandri, da femminista de "L'infamia originaria" a signora borghese niente affatto "originaria".



Giusto per distrarci un poco dal grande, bello, coraggioso lavoro che tante donne, lavoratrici, ragazze, compagne stiamo facendo per lo storico "sciopero delle donne" del 25 novembre - una sfida aperta agli uomini, padroni, governo, Stato, che odiano le donne, ma anche a tutti quei "sepolcri imbiancati" che non vogliono vedere il nuovo; e una scintilla per accendere la ribellione/lotta di massa delle donne - riportiamo uno scambio di e mail tra due "signore" della Libera Università delle Donne di Milano. 

Crediamo che un commento serio sia superfluo (abbiamo fatto solo dei brevi appunti), tanto è evidente la distanza che queste donne, chiuse nella loro "coperta riscaldata",  hanno con la maggioranza delle donne, con le donne uccise, violentate, con le lavoratrici doppiamente sfruttate e oppresse che in tante realtà stanno lottando, con le ragazze ribelli e manganellate/"gasate" dalla polizia, con le donne che devono sopportare il peso della "sacra famiglia", con le donne che dicono NO... 

 

Ma facciamo un gioco: chi sa trovare la differenza tra le cose che scrivono queste della LUD e ciò che normalmente si legge in giornalacci borghesi, in alcuni interventi di politici, di maschi...?   

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Uno scambio di mail tra le socie della Lud di Milano -  A proposito del "25 novembre. Sciopero delle donne":

“Care amiche,
a proposito dello sciopero delle donne, è intercorso un interessante scambio di mail, riporto la mia opinione, se volete contribuite.
Io sono un po' perplessa.
La cosa del drappo rosso, e dell'indossare qualcosa di rosso, mi vede concorde (tanto che rischiano? ndr). La definizione di "sciopero": no. Sciopero da chi? Chi sono "i datori di lavoro" verso cui manifestiamo?
Mi pare che nella definizione di sciopero si sottolinei una definizione di donna come subalterna, come lavoratrice che presta (veramente la "vende"- ndr) la sua forza lavoro a qualcuno, gerarchicamente sopra di lei, per la produzione di qualcosa. Io non mi rispecchio in questa definizione. (Veramente non è una "definizione" ma una realtà. Ma l'analisi del sistema capitalistico, queste signore che si spacciano anche per intellettuali la conoscono; o dalle loro comode poltrone pensano che fuori non si sia costretti in questo sistema di sfruttamento, del lavoro salariato a lavorare per mangiare?- ndr) 
Se il "lavoro" in questione è quello di cura, be'. Sono assolutamente persuasa che il lavoro di cura non spetti (d'elezione) alle donne. (Ah no? E quelle milioni di donne che non lo sanno... e continuano a sobbarcarsi i lavori domestici... Ma guarda un pò!...- ndr). Se è altro... non so immaginare cosa si intenda con "lavoro"? L'amore? L'accoglienza? La storia sessuale? Non capisco. Non ho mai vissuto la vita di coppia come un compito che spettava a me (aspetta, ora proviamo a spiegarglielo, pur se è un pò imbarazzante: sembra di parlare con una che non ha mai messo "il naso fuori"; allora, significa "farsi il mazzo ogni giorno", non per "amore" ma per obbligo, con ogni tanto anche ammazzamento al seguito - ndr).
E in ogni caso non vedo rapporti analoghi al lavoro nella violenza di genere.
Estenderei il drappo rosso anche agli uomini, prima di tutto perché non sono d'accordo con la contrapposizione uomini/donne in generale; secondariamente perché la violenza sulle donne è un tema che riguarda tutti, senza distinzioni di genere (includendo nella parola "genere" tutti i generi), e del resto non è solo sulle donne (e te pareva...! Era quasi scontato che si andava a parare al fatto che "in fondo la violenza riguarda anche i poveri uomini...- ndr); ed infine perché credo che il posizionamento vittima donna/carnefice uomo, non ci aiuti ad uscire dalla mentalità che nutre la violenza (capito? Sono le donne che se la vanno a cercare con la loro mentalità...- ndr); e invece mi piacerebbe vedere, sentire, sperimentare, e lavorare a qualcosa di nuovo che cambi veramente la cultura e la visione (ma cara signora, il nuovo lo stanno facendo le donne, le ragazze che si ribellano, il nuovo è lo SCIOPERO DELLE DONNE! Il nuovo sarà la forza poderosa delle donne nella rivoluzione e che continua nella "rivoluzione nelle rivoluzione" - ma a questo punto crediamo che la nostra signora si tappi occhi e orecchie scandalizzata... - ndr).
Concludendo, la violenza sulle donne è un tema ormai di moda (lo vada a dire alle donne ammazzate, stuprate!! - ndr), abusato al punto di diventare strumento di marketing (vedi campagna Coconuda con la Tatangelo), quando non direttamente prodotto (le tante iniziative dalle origini fumose, e i bei discorsi politici); quindi ho cominciato a diffidare dall'aderire alle campagne contro la violenza. Ma mi rendo questo che questa è una mia scelta personale, opinabile e forse un po' pregiudiziale.
Sono aperta al dibattito, e anzi, accolgo volentieri delucidazioni sulle cose che non ho capito.
Alessandra Ghimenti (giornalista, video maker, socia e docente di riprese video alla Lud)


“Cara Alessandra,
non avrei potuto esprimere meglio le mie perplessità sulla scelta dello ‘sciopero’- una pratica sindacale che presuppone una controparte, una trattativa - quando si tratta di affrontare un tema così complesso e sfuggente alla logica delle ‘rivendicazioni’, quale è la violenza maschile contro le donne in tutte le sue forme, invisibili e manifeste: dall’illusione amorosa di appartenenza intima a un altro essere ai maltrattamenti, dalla misoginia diffusa nella cultura alta come nel senso comune agli omicidi domestici (tante parole, aggettivi per mettere insieme nient'altro che miserie, stupidi luoghi comuni - certo, da una femminista intellettuale una si dovrebbe aspettare altro... Qui non ci sarebbero controparti? Ma la questione è che ce ne sono molte di controparti, non una sola. Lo sciopero del 25 novembre è uno "sciopero delle donne", non l'abbiamo chiamato "sciopero sindacale". E' quest'altra "intellettuale" che non capisce che lo sciopero, anche in altri momenti della storia, non ha avuto affatto solo un carattere "sindacale". Detto questo, noi pretendiamo, eccome, anche dei risultati immediati che non sono affatto in contraddizione con una lotta rivoluzionaria perchè tutta la vita cambi - ndr). 
Accomunare quelli che sono obiettivi di lotta o di contrattazione legati al lavoro, alla persistente marginalità delle donne nella sfera pubblica, in una iniziativa che proclama di essere innanzi tutto “contro gli uomini che odiano le donne”, non so che senso abbia, tanto più quando si mettono insieme con “i padroni, lo Stato, il governo, le istituzioni che odiano le donne, che non ci difendono” (è veramente imbarazzante spiegare a Lea Melandri che gli uomini che uccidono, stuprano le donne sono pienamente interni, espressione, frutto di questo sistema sociale marcio. Separare le due cose, di fatto significa nè più nè meno fare l'eco a chi, la maggioroparte, dice che i femminicidi sono frutto di singoli uomini, che quindi non è una "guerra sociale di bassa intensità contro le donne" - ndr) .

Quello che si capisce è che il “25 novembre” ormai va bene per tutti e tutte, per chi fa spettacoli sugli aspetti più morbosi della violenza contro le donne, e per chi pensa di passare sopra alle consapevolezze, agli interrogativi – ma anche alle difficoltà, ai conflitti - che ha dovuto affrontare finora il movimento delle donne ricorrendo alla logica di consenso immediato quanto fuorviante della ‘vittima e del carnefice (lo "SCIOPERO DELLE DONNE" è proprio in netto contrasto a chi fa il 25 novembre spettacoli, Tavoli, conferenze, ecc. Ma le egregie signore non vogliono fare niente! Se non pascersi negli "interrogativi"; bene, fatelo. Ma per piacere nel vostro tranquillo ghetto, lontane dalle donne che il 25, prima e dopo, lottano! - ndr).
Le socie e le amiche della Lud, che hanno risposto alla tua mail, condividono quanto hai scritto”.
Lea Melandri

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