lunedì 5 agosto 2013

pc 5 agosto - Berlusconi 'chiagn' e fotte' - patetica e ridicolo adunata di 500-1000 sudditi a pagamento a ROMA


.....P. Oddio: non che ce ne sia molta, di gente. Via del Plebiscito,
che non è propriamente l’Avenue des Champs-Élysées, è piena per metà.
Cinquecento persone? Mille?








A palazzo Grazioli pure nostalgici del fascismo (video
 




  «Io non ci credo che è un evasore», dice un altro: «È un padre di famiglia come noi». Arriva Michaela Biancofiore che, non conoscendo ancora quello che il capo dirà fra un po’, spiega perché mollerebbe subito il governo: «Il cuore, per me, viene prima delle poltrone». Le si avvicina una signora, «sono Mariella di Varese», e le chiede di registrare sul cellulare un messaggio da far poi sentire al Cavaliere. La Biancofiore acconsente e la sciura Mariella parte: «Forza Silvio, le donne del Pdl di Varese sono con te, non lasciarci mai. E vogliamo anche dirti che siamo contente che al tuo fianco c’è la Francesca. L’abbiamo vista in tv, è una persona riservata, un tesoro».

il senatore Lucio Malan. Dice: «L’uomo che ha pagato più tasse nella storia d’Italia condannato per evasione fiscale. Assurdo. La domanda di grazia è pienamente giustificata».
Si canta il vecchio inno, «e siamo tantissimi...» ma alle cinque e mezza non ci sono più di due-trecento persone. Ecco che arriva la Polverini in tenuta balneare: abbronzatissima, canottiera e bermuda. Ecco la Carfagna di bianco vestita. Arriva anche un eroico Raffaele Fitto in giacca. Ogni tanto compare la Santanchè che è la più applaudita. Arriva la Gelmini. Arriva la Mussolini con una maglietta che sintetizza la situazione in partenopeo : «C’hann scassat o’ cazz».

Faccio la diretta su Twitter e ogni volta che digito l’hashtag «Berlusconi» esce in automatico «berlusconicondannato» e «berlusconipregiudicato»: anche i social forum, come il caldo, sono un po’ comunisti. Ma ormai manca poco. La gente si ammassa sotto il balcone aspettando un’apparizione: fa un po’ effetto pensare che siamo a pochi metri da un altro fatidico balcone, quello di palazzo Venezia. Da questo balcone, al piano nobile di palazzo Grazioli, un tempo abitato dall’Infanta di Spagna e duchessa di Lucca Maria Luisa di Borbone, si affacciano ora - in un tripudio di hurrà - la Santanchè, Capezzone, Cicchitto, Verdini, Gasparri, Bondi. L’attesa continua e c’è qualcosa di peggio del caldo: la ripetizione ossessiva, all’infinito e a volume assordante, dei due inni - quello di Forza Italia e «Meno male che Silvio c’è». La usassero i magistrati come tortura, ogni imputato confesserebbe qualsiasi cosa.

Ma eccolo, finalmente. Sul palco, però, non sul balcone. Abbronzatissimo anche lui, in giacca e maglia girocollo blu. Certo che ha un’energia pazzesca. È più in forma di come l’avevamo visto giovedì al videomessaggio. Comincia ringraziando chi gli è stato vicino («Per me queste sono state le giornate più angosciose di tutta la mia vita»), poi subito la rassicurazione: «Nessuno può venire a dirci che siamo degli irresponsabili, perché abbiamo detto chiaro e tondo che il governo deve andare avanti e deve approvare i provvedimenti di cui il Paese ha bisogno». Qua non c’è un grande applauso perché forse chi è venuto fin qui, sfidando la disidratazione, è davvero tanto arrabbiato e si aspettava una dichiarazione di guerra.

Che lui fa, ma rivolta ai magistrati, non al governo né al Quirinale: «La magistratura non è un potere dello Stato perché non è elettivo. È un ordine, fatto di impiegati che hanno fatto un compitino per vincere un concorso... Una parte della magistratura è fortemente ideologizzata e politicizzata». Aggiunge che per questa magistratura c’è democrazia «solo se al governo c’è la sinistra», e usa il termine «regime». «Io sono innocente, ve lo dico guardandovi negli occhi», assicura tornando a toccare le corde del cuore: «Ricorderò per sempre questo abbraccio».

Finisce con una promessa: «Io sono qui, io resto qui, io non mollo». Poi se ne va, dopo appena un quarto d’ora scarso di discorso, sotto braccio alla Pascale. Qualcuno giura di averlo visto che piangeva, mentre rientrava in casa.
 

 

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