mercoledì 7 agosto 2013

pc 7 agosto - il movimento studentesco si prepara per l'autunno.. CAU napoli

Noi, il nostro lavoro e il ministro Carrozza.


Fine anno, tempo di scrutini.

Un altro anno è passato. Un ennesimo anno di battaglie serrate, di analisi, di incontri e di scontri, di ragionamenti e sperimentazioni nel costante tentativo di fare dell’università un luogo di costruzione e di organizzazione della rabbia contro questo modello di istruzione e contro questo modello di società.
Anche quest’anno, in tutta l’Europa e l’Italia, sono stati tantissimi i luoghi che sono stati scenario di lotte e resistenze e anche noi, come Collettivo Autorganizzato Universitario, abbiamo cercato di dare il nostro piccolo contributo.
E’ stato un anno per molti versi esaltante nel quale, nonostante l’assenza di un forte movimento studentesco, si è riusciti nel continuare a portare avanti quotidianamente battaglie dentro e fuori le mura delle facoltà. Si è cercato di respingere gli attacchi che vengono sferrati contro l’università (sempre meno) pubblica e contro i diritti degli studenti che la vivono, avendo contemporaneamente cura di “affilare gli artigli” per gli anni a venire dotandosi di tutti quelli strumenti e spazi di azione che ci potranno permettere in questo scenario di contrattaccare con sempre maggiore incisività.
Ripercorrendolo per sommi capi, quello che abbiamo alle spalle è un anno a dir poco pieno e ricco, iniziato alla grande con il lavoro fatto in città per la partenza dell’Estelle, la Freedom Flotilla, ospitata e spinta in mare da Napoli da un corteo di migliaia di persone scese in piazza al fianco del popolo palestinese. Da quel momento, poi, sono state tante le iniziative e i momenti di dibattito che ci hanno permesso di seguire e interfacciarci con le lotte che hanno costellato il mondo. Oltre alla resistenza palestinese, anche ciò che sta accadendo in Turchia, l’enorme mobilitazione egiziana e l’esempio di costanza datoci dai compagni nei Paesi Baschi è entrato in forme diverse nelle nostre aule e nei cortili delle nostre facoltà.

Passando dal mondo all’Italia, abbiamo incontrato le numerose esperienza di resistenza che stanno attraversando il paese, ascoltando chi anima il presidio del No Muos di Niscemi, ospitando i lavoratori dell’Ilva di Taranto e quelli della logistica in lotta, dialogando a distanza e portando la nostra solidarietà alla Val di Susa e al movimento No TAV. Non si sono inoltre mai trascurate la lotta alla repressione, contro il fascismo e contro il sessismo, che in forma diversa ci siamo trovati ad affrontare nel tentativo di far di tutto per spazzare via queste dinamiche e chi se ne fa portatore.
E passando dall’Italia alle nostra “trincea”, dentro l’università sono state più del solito le battaglie per il diritto allo studio e contro lo smantellamento dell’istruzione che hanno vivacizzato le nostre facoltà. Ciò ha segnato elementi di controtendenza a questa università, specialmente in due momenti, sia riuscendo a ottenere la vittoria della riapertura della biblioteca Brau , sia gettando le basi per portare avanti la battaglia per l’aumento delle borse di studio con maggiore incisività negli anni a venire.

Avendo costantemente davanti agli occhi l’obbiettivo di riuscire a essere sempre più un problema per chi lavora giorno dopo giorno nella creazione di un’università (sempre più) di classe all’interno di una società di classe, ci siamo dotati di “strumenti” che ci permetteranno, fin dal prossimo anno, di rilanciare le nostre lotte. È in questa ottica che va letta l’occupazione e la nascita dell’aula occupata Vittorio Arrigoni, l’inchiesta fatta tra gli studenti sulle loro condizioni di studio e di lavoro (a settembre pubblicheremo dati e analisi fatti su un campione di circa 500 studenti), il ciclo di presentazione di libri che ci ha permesso di affrontare e discutere di temi attuali quanto imprescindibili (come le esperienze conflittuali nel sud del mondo, le condizioni di sfruttamento dei lavoratori, i movimenti che hanno investito gli anni trascorsi, i loro limiti e le strategie per superarli).
Ed è all’interno di questo orizzonte che abbiamo deciso di scrivere questo testo, che possa permetterci di condividere con tutti il bilancio di questo ultimo anno e che possa gettare qualche spunto su quale è la direzione che ci troveremo ad affrontare anche l’anno prossimo. Abbiamo scelto di farlo analizzando chi è e cosa pensa il nuovo ministro dell’Istruzione, Carrozza, per poterci così, equipaggiare ancora meglio e, come facciamo ogni anno, tentare di trovare le strategie migliori per “disturbare il manovratore”.
Tutto questo lavoro può dare fastidio a qualcuno e questo anno la cosa è stata lampante quando si è riusciti a “rovinare la festa” ad una serie di personaggi venuti a Napoli per le loro saltuarie passerelle elettorali e\o istituzionali. Questi figuri, tra i più importanti esponenti della nostra controparte, non sono riusciti a raccogliere applausi come speravano ma hanno dovuto scontrarsi con la rabbia di tutti quei settori, studenti compresi, che reagiscono alle loro misure chiamate “anti-crisi” ma in realtà “anti-noi”.
Molti sono le “celebrità” con le quali durante l’anno ci scontrati. Dal ministro del lavoro Fornero, a Bersani (15 novembre - 21 febbraio), da Napolitano, a Montezemolo, passando per la complice Cgil (14 novembre - 1 maggio). Tra questi, non poteva mancare di certo la Carrozza, il Ministro dell’Istruzione al quale rilanciamo la sfida.
Andiamo ad analizzare chi è questo ministro non tanto perché sia più importante degli altri ma perché è la prima controparte e la più diretta che come collettivo universitario ci troveremo di fronte l’anno prossimo (sempre che questo “mostro bicefalo” del Governo Pd-Pdl, regga fino a dopo l’estate). Ciò che pensa e la visione di università della quale si fa portatore sarà uno dei bersagli quotidiani che l’anno prossimo ci troveremo a contrastare. Inoltre, questa scelta vuole essere un omaggio alla sua “disponibilità al dialogo” mostrata in occasione della sua prima visita ufficiale a Napoli, quando facendosi strada con le manganellate delle forze dell’ordine e blindandosi nei palazzi istituzionali (mentre all’esterno gli studenti erano caricati e aggrediti da polizia e fascisti) ha mostrato ancora una volta, confermando un andazzo di cui, certo, non ci stupiamo), come si vuole rispondere alle rivendicazioni degli studenti in lotta. A settembre di tutto questo ci ricorderemo. Pronti a non indietreggiare ma a prepararci al nuovo anno di battaglie e proteste nel mondo della formazione e nell’intera società, siamo fiduciosi che l’autunno prossimo possa dar vita a un nuovo movimento studentesco che permetta agli studenti di riprendersi la parola e che possa contrastare le logiche di cui la Carozza è espressione. A lei e a tutti coloro che ci vorrebbero ubbidienti e disciplinati, diamo appuntamento a settembre. Sempre più preparati per il prossimo anno accademico! Sempre più preparati per il prossimo anno di lotta! Prenderemo ottimi voti.


Chi è il ministro dell'istruzione Carrozza? Da dove viene e chi ce l’ha mandata?


“L’istruzione è dunque tanto più fertile e proficua per l’economia quanto più quest’ultima è ricettiva
al suo potenziale. Non a caso uno studioso come Pissarides afferma come solo in una economia ove forte è la dinamicità del mercato, dove siano assenti inutili regolazioni e barriere alle imprese, essa si trasforma in crescita e sviluppo”
Maria Chiara Carrozza

Sono passati alcuni mesi dall’insediamento del nuovo Governo, ma fin dall’inizio sapevamo cosa aspettarci da quel Pd che senza ritegno ha condiviso e appoggiato le feroci politiche del precedente governo Monti e che si è rivelato disposto perfino ad allearsi con il partito di Berlusconi (dopo anni passati a strillargli contro) pur di riuscire a portare avanti le misure spacciate per “anti-crisi” ma in realtà “contro chi questa crisi la subisce”. Se sul piatto della bilancia c’è la possibilità di trovare strategie che affossino i diritti dei lavoratori, dei disoccupati e degli studenti meno facoltosi, e che al contempo favorisca aziende e padroni, allora si è disposti a tutto, persino ad allearsi con quello che ci è stato presentato per tanti anni come il “nemico” ma che adesso si invita ad accomodarsi al loro fianco sulle varie poltrone da spartirsi.
Ma per fare tutto questo in maniera più subdola non c’è niente di meglio che spargere la solita retorica sulla “competitività” e della “meritocrazia” che trova uno dei laboratori di sperimentazione più pervasiva nella scuola e nelle università. Niente di nuovo.
Su questo il neo-ministro dell’istruzione Carrozza svolge un ruolo di primo piano. Un ministro che dalla sua prima apparizione ha messo le cose in chiaro: analizzando la sua prima audizione di fronte alle commissioni di Camera e Senato, notiamo da subito che è riuscita a pronunciare ben 13 volte la parola “impresa”, almeno 10 volte il termine “meritocrazia” (e i suoi derivati: meritevole, meritocratico, ecc…) e 5 discrete citazioni ottiene la parola “competizione. Davvero niente male per chi voleva porsi in discontinuità con l’operato dei precedenti governi in materia di istruzione! Al contrario saltano all’occhio quelle stesse parole d’ordine e quelle stesse linee programmatiche portate avanti dai precedenti esecutivi di ogni colore pur se, ma anche questa non è una novità, indorate con una retorica del “cambio di pagina”. Oramai anche questa non è più una sorpresa, ma la routine di ogni legislazione.
Ma andiamo nel dettaglio a vedere cosa ci offre di vecchio il nuovo ministro. Togliendo tutti gli orpelli del documento, volti a far digerire con più facilità la pillola, è chiaro immediatamente il primo intento del ministro: basandosi su leggi che predicano la tutela del carattere plurale del nostro sistema d’istruzione, richiede maggiori finanziamenti alle scuole private. Ciò non ci sorprende: era infatti già chiara la posizione del ministro Carrozza, la quale si era espressa, nel caso del referendum di Bologna sul finanziamento alle scuole private, contro il quesito referendario, all’unisono del resto con il suo partito, ma anche con il Pdl e i vari potentati nazionali. La discontinuità continua a sfuggirci.
Ma andiamo avanti. Scorrendo le pagine, si può leggere: “Ritengo anche importante implementare strumenti, regole e incentivi che stimolino le università all’autofinanziamento che, tenendo conto delle diverse vocazioni e collocazioni territoriali, instaurino un meccanismo virtuoso di apertura delle università a collaborazioni con istituzioni pubbliche e private”.  Si parla, cioè, di forme di autofinanziamento a discrezione dei vari atenei, ovvero finanziamenti che non provengono dal Fondo di Finanziamento Ordinario bensì da terze persone: imprese, aziende, ecc… Ecco che si spinge così, ancora una volta, per l’ingresso in grande stile dei privati all’interno delle nostre università. Al solito le imprese tenteranno di manovrare a  proprio piacimento un’università già asservita alle loro richieste e ai loro interessi e nel farlo trovano un ministro che lavora notte e giorno per facilitargli il lavoro. E in base a quale criterio le varie imprese sceglieranno dove investire il loro capitale? Naturalmente in quelle università che meglio di altre gli forniranno tutto quello che gli serve: studenti formati per essere sfruttati al meglio in un determinato settore, ricerche che aumentano il profitto dei padroni e imprenditori di turno, ricerche che dimostrano come la tale azienda sia green o eco anche se magari, ad esempio, porta avanti la ricerca bellica. Con queste università -tu chiamale se vuoi “meritevoli”- si osserva come si legittima il gettito di fondi ripartito non certo avendo come fine la tutela e l’estensione del diritto allo studio, ma per dotare i privati di alcuni poli di eccellenza orientati a loro piacimento verso la ricerca del profitto. Si allargherà quindi la forbice fra queste ultime e le cosiddette “università parcheggio”, sempre più dequalificate, colpite con maggior forza dai tagli e dalle inique ripartizioni di finanziamenti, dove gli studenti non meritano il benché minimo diritto allo studio o formazione di qualità. Piove sempre sul bagnato.
Qualche altra chicca della presunta discontinuità del ministro Carrozza? Il capo del dicastero dell’Istruzione, ad esempio, conferma il giudizio positivo sul numero chiuso e appoggia l’introduzione del prestito d’onore, contrapposto al diritto allo studio di modo che faccia entrare i laureati (dopo essere stati formati “a puntino” tramite finanziamenti di privati) in una sorta di nuova schiavitù per debiti verso i medesimi privati, durante la quale potranno ripagare gli studi ai quali avrebbero dovuto avere semplicemente diritto e magari libero accesso. E ancora; il “nostro” nuovo ministro parla del suo operato come di “un’opportunità per le imprese”, cerca a più non posso la “sinergia con il mondo imprenditoriale” fiduciosa che, in una università caratterizzata dalla “cultura della imprenditorialità”, possano formarsi i nuovi “business angels” e “venture capitalist”. Nomi tanto incomprensibili quanto inquietanti per chi spera di incontrare nelle aule un minimo di sapere critico e non ammaliato dalle spinte del mercato.
Quindi, non ci viene lasciata nessuna opportunità? In realtà, gli studenti potranno (dovranno) lavorare, cioè, come ci viene spiegato dal ministro imparare qualcosa (ma la maggior parte delle volte, nemmeno) lavorando nel frattempo in qualche azienda “generosa” che accogliendo stagisti e tirocinanti a basso costo, riescono ad aumentare i loro profitti ricevendo, come se non bastasse, sgravi fiscali che li premino per la loro bontà sociale. Quando il ministro annuncia “Tutti gli universitari devono fare stage, non si può arrivare a 25 anni senza aver lavorato neanche un giorno. Tutti devono aver fatto stage ed avere esperienze di tirocini", le aziende già vedono forza-lavoro fresca e pimpante, ma ancora inesperta, da sfruttare e sottopagare.
Nel frattempo non sembra un emergenza che in Italia ottiene una borsa di studio solo il 7% degli studenti, che negli ultimi cinque anni questo dato sia calato del -11,2% e che dei già così pochi studenti che hanno diritto alla borsa di studio sono riusciti a ottenerla solo il 67%.
Toccherà a noi far sì che questi dati diventino un’emergenza dal momento che il governo sembra al solito preoccupato esclusivamente alla crescita delle percentuali che indicano il profitto di aziende, amministratori delegati e padroni. Le volontà di questo governo non passeranno all’ombra dei riflettori e siamo pronti fin da subito rilanciare la lotta contro i suoi ministri e gli interessi economici di cui sono portatori.

Sappiamo cosa ci aspetta, ma sappiamo ancora meglio cosa ci spetta, come studenti e come proletari. Solo la lotta paga, e l’autunno che ci si prospetta dinanzi sarà caldo, molto più di quanto immaginino loro.

Solo la lotta paga!
Riprendiamoci ciò che ci spetta!


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