domenica 7 luglio 2013

pc 7-8 luglio - striscione all'ambasciata indiana a Roma il 6 luglio

Solidarietà al movimento di lotta delle donne in India contro stupri e femminicidi



Le brigate con divisa rossa delle donne indiane

A Midiyav, un quartiere poverissimo di Lucknow, la capitale dell'Uttar Pradesh, 480 chilometri a sud est di Nuova Delhi, gli uomini adesso le guardano con sospetto arcigno. Sono le donne della "Brigata
rossa". Quando le vedono in strada con la loro "divisa" rossa e nera gli abitanti di sesso maschile
sussurrano "Khatre ki ghanti" e cioè "allerta, pericolo!". La Brigata sta intervenendo. Insegue uno dei tanti "Romeo da strada" che si è meritato la sua attenzione.
Spesso la ricerca sfocia in una punizione corporale. Di solito si realizza in questo modo. Il maschietto che ha passato il segno con le sue attenzioni sessuali o con i palpeggiamenti (o peggio) viene circondato dalla pattuglia. Le ragazze lo prendono per le braccia e per le gambe e lo alzano in aria per mostrarlo ai passanti. Quando lo appoggiano a terra comincia il "trattamento". Qualcuna lo prende a pugni, senza esagerare. Altre lo percuotono con le scarpe. Poi lo abbandonano. Si spera che il Romeo da vicolo abbia imparato la lezione: è meglio comportarsi con rispetto per l'altra metà del cielo.
La fondatrice del gruppo è un'insegnante di 25 anni. Si chiama Usha Vishwakarma. Suo padre è un falegname. "Tutto è cominciato - ricostruisce - quando avevo 18 anni. Un mio collega insegnante di
punto in bianco mi ha stretto fra le sue braccia e ha tentato di sfilarmi la cintura e di aprirmi i jeans. I pantaloni mi hanno salvato. Erano troppo attillati. Io gli ho tirato un calcione nell'inguine, lo spinto per terra e me la sono data a gambe. A scuola nessuno ha voluto prendermi sul serio. Mi dicevano: dimentica. Oppure: smettila di agitarti, vuoi creare guai? Qualche mese prima una mia alunna di 11 anni mi aveva raccontato di essere stata volentata dallo zio. Ero traumatizzata. Per due anni non sono riuscita a reagire in nessun modo".

Nel 2009 Usha ha aperto, con i soldi del padre e della madre, una piccola scuola tutta sua, nel giardino della casa dei genitori. E si è accorta che quello che le era successo non era un caso isolato, ma un'esperienza che la accomunava a tante altre donne. Ha pensato alle sue alunne, ai loro progetti. Anche sulle loro vite incombeva lo stesso incubo. "Qualche genitore - si scandalizza - arriva a tenere le figlie a casa, per evitare che corrano rischi. Mi sono detta: basta. Era il momento di prendere in mano il nostro destino. Eravamo in quindici. Abbiamo comprato indumenti rossi, per evocare pericolo e allerta, e neri, il colore della protesta. Nella testa degli uomini c'è il concetto che le donne sono oggetti e che è sempre stato così. Pensano che, se sei sexy, è perché vuoi sesso".

Preeti Verma, 17 anni, una seguace di Usha, racconta la sua storia di persecuzione messa in atto da un vicino di casa: "Viviamo in uno slum poverissimo. Eravamo troppo poveri per permetterci di avere il bagno in casa. Io andavo nei campi. Tutte le volte che mi vedeva uscire un vicino di casa mi tirava delle pietre. Voleva vedermi mentre mi spogliavo. Gli gridavo: ma non ti vergogni, non hai una madre o una sorella a casa tua? Ho raccontato tutto a Usha Vishwakarma. L'uomo ha ricevuto una visita della Brigata Rossa prima e poi della polizia. Ha smesso di tormentarmi". "Prima - spiega Usha - tentiamo di percorrere la via dei metodi pacifici, della ramanzina. Se non funziona, passiamo alla lezione in pubblico". Le sue seguaci sono ora un centinaio di età compresa fra i 16 e i 25 anni. Le donne salvate sono una quindicina. Le componenti della Brigata Rossa stanno imparando le arti marziali "per autodifesa e per insegnarlo alle altre".

Il 29 di ogni mese manifestano con cartelli che ricordano la ragazza di 23 anni picchiata a morta assieme al fidanzato su un bus della capitale il 29 dicembre del 2012. Usha descrive la molla che l'ha spinta a fondare le Brigate Rosse: "Abbiamo deciso che eravamo stufe di lamentarci soltanto. Era arrivato il momento di combattere per la nostra vita".

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