martedì 25 giugno 2013

pc 25 giugno - INTERVISTA sull'Ilva di Taranto da parte di uno studente universitario

Intervista ad Ernesto Palatrasio, Coordinatore Provinciale Slai Cobas per il sindacato di classe a Taranto da parte di uno studente per una tesi universitaria

- Per iniziare, mi daresti una valutazione complessiva degli ultimi fatti all'Ilva e a Taranto?
- Da all'incirca più di anno, Taranto vive una situazione estremamente grave, in cui si sono sviluppate un po' tutte le contraddizioni accumulate dal 1960 sino ad oggi, dalla nascita dell'Italsider prima, all'Ilva dopo. Gli ultimi avvenimenti sono stati scatenati essenzialmente da un momento, il 30 Marzo dell'anno scorso, quando il Giudice Todisco, che aveva avviato un'inchiesta sul disastro ambientale, ha sequestrato sostanzialmente numerosi reparti dell'area a caldo ed ha incriminato i proprietari dell'azienda ed i dirigenti dello stabilimento. In questa occasione la città si spaccò in due, perché gli operai organizzati direttamente dall'azienda manifestarono in massa per difendere il lavoro, mentre, una parte allora non numerosa di ambientalisti, giovani e così via, chiedeva che l'inchiesta andasse in fondo e che l'azienda chiudesse.
Dopo questa vicenda si sono susseguite una serie di iniziative della magistratura che ha portato avanti l'inchiesta arricchendola di ulteriori provvedimenti giudiziari relativi al blocco degli impianti e delle merci e alla persecuzione dei responsabili dell'azienda. Successivamente si è aggiunto un altro filone d'inchiesta che ha analizzato i rapporti tra l'azienda e gli esponenti politici, istituzionali e della stampa, per cui risulta che questi signori operavano in collusione con l'azienda, ricevendone incambio, ora favori, ora soldi. Quindi ci sono stati due filoni dell'inchiesta: uno che ha perseguitol'azione della fabbrica, i fumi che da essi uscivano e di conseguenza il rapporto tra questi e la salute dei cittadini, in particolare dei quartieri contigui all'azienda; un altro che ha perseguito le relazioni fra l'azienda e gli esponenti politici ed istituzionali che l'hanno favorita.
Detto questo, la partecipazione della popolazione è cresciuta enormemente, per via dell'emergenza salute; fra i lavoratori, invece, si è partiti da una difesa tout court del lavoro, che si è via via sviluppata in una posizione critica verso l'azienda, a cui domanda essenzialmente la messa a norma.

- A proposito della popolazione e della differenza che si tende a conservare nei confronti dei lavoratori, mi sorge il dubbio che esista una strategia per cui la nuova dirigenza dell'azienda abbia tentato di allontanare l'operaio, che lavora in Ilva e che vive del reddito industriale derivante, dalla città.

- No, questo in un certo senso non dipende dalla privatizzazione. Da sempre, per le dimensioni che la città ha avuto e che la fabbrica ha avuto – un grande stabilimento siderurgico, il più grande d'Europa ed uno dei più grandi al mondo; per di più nella fase della sua nascita, ampliamento e raddoppio è arrivata ad avere anche 30.000 operai stabili, con un'ulteriore dimensione, che andava ben oltre l'indotto, di circa 50.000 operai - l'Ilva è sempre stata una città nella città, soprattutto come estensione, in quanto è quasi il doppio della città vera e propria. L'Ilva è una fabbrica troppo grande per una città comunque troppo piccola! E quando dico che questa distanza tra città e fabbrica c'è sempre stata, come due città nella città, mi riferisco anche al fatto che tutti gli avvenimenti dell'Ilva in questi anni hanno riguardato un grande impianto industriale che si misura con la concorrenza mondiale, mentre le vicende che hanno riguardato il Comune di Taranto sono state di basso profilo. In sostanza, l'unico rapporto che c'è tra l'Ilva e la città e che l'Ilva dava lavoro a tantissimi tarantini, a gente della Provincia di Taranto, oltre a quelli di altre provincie e regioni. Gli operai dell'Ilva provengono da 3 regioni e 5 provincie e, soprattutto nei primi anni, questo è stato un fenomeno molto grande, poi via via molti operai si sono trasferiti in città o nella provincia, e quindi si è riequilibrato il numero di operai che vive materialmente in città rispetto a quelli che vivono fuori.
Ciò che è cambiato con la privatizzazione è stato soprattutto il ruolo che ha assunto l'industriale che ha acquisito l'Ilva; Riva ha considerato che il problema principale – l'ha sempre detto – è di produrre acciaio! Essendo questo tipo di proprietà legata alla matrice nordista dell'azienda (Genova-Milano), inizialmente l'Ilva ha teso a cambiare completamente l'organigramma, i responsabili, i referenti a livello di fabbrica ed in questo senso è diventato, il managment e la dirigenza dell'azienda, una cosa calata dall'alto, in un certo senso, che ha tolto una serie di riferimenti nel rapporto tra fabbrica e città. Però questo è stato un fenomeno anche positivo, per un certo verso. Durante il periodo delle Partecipazioni Statali, infatti, all'Ilva esisteva un regime estremamente consociativo tra direzioni sindacali, sistema politico e Partecipazioni Statali, tale che ne faceva un'azienda gestita in forme più vicine allo Stato che ad un'azienda di Stato. Tant'è vero che questo ne provocò una grave crisi; infatti, quando l'Ilva è stata presa da Riva, l'azienda era in profonda crisi e si cercò in tutte le maniere di venderla al migliore offerente che in un primo momento non si trovò. Ci provarono i Giapponesi, la Lucchini e così via, ed ogni organizzazione sindacale e partito politico faceva parte delle cordate di coloro che avrebbero dovuto acquisire l'Ilva. Alla fine questa gara a ribasso la vinse Riva, ma perché Riva ci mise i soldi all'epoca. Pochi, per quanto valeva lo stabilimento! Infatti si parla di uno stabilimento regalato con quattro soldi, ma la verità è che quei quattro soldi, Riva li ha messi, mentre gli altri non li volevano nemmeno mettere.
Inoltre, il sistema di legame con il territorio era altrettanto di tipo clientelare, soprattutto per quanto riguarda il fenomeno delle assunzioni, ma toccava tutti i campi dell'azienda, compreso il settore degli acquisti e delle forniture e nell'appalto del sistema di gestione, di assunzione delle commesse e dei lavoratori.
Nell'appalto si consolidò un sistema malavitoso: delle grandi famiglie malavitose controllavano l'indotto e facevano il bello e cattivo tempo nel rapporto con l'azienda di Stato, per il tramite dei politici e dei sindacati. Nell'epoca pre e post tangentopoli, a Taranto come in tutto il Sud, si acquisisce un segno malavitoso, con casi di sindacalisti che son stati anche sparati, perché mettevano in discussione il controllo dell'appalto.
L'arrivo di Riva spazzò via tutto questo e quindi è stato un fenomeno positivo per quanto riguarda il rapporto Ilva, produttività, il taglio di un sistema consociativo sindacale ancora peggiore di quello che attualmente viviamo, ed il sistema dell'appalto.
Là dove, invece, questo cambio ha avuto i suoi effetti totalmente negativi è stato sul fronte della gestione delle relazioni tra operai, sindacati e lavoratori, nonché il clima in azienda di ricatto, pressione e di comando dispotico e la gestione dei problemi della sicurezza e dell'inquinamento che si sono ulteriormente accentuati, ma erano ben presenti anche nell'epoca precedente.

- A proposito, invece, dell'appalto e della sua estensione, in che modo è cambiato con la
privatizzazione?

- Inizialmente, Riva risocializza tutto l'appalto continuo; cioè tutte le aziende più grandi in seno all'appalto che facevano un lavoro continuativo vengono assorbite direttamente dall'Ilva. Perché, la proprietà ritiene che dietro l'assegnazione dell'appalto vi fossero meccanismi, come dicevo, controllati dalla malavita e che costavano anche di più. Quindi, le grandi aziende dell'appalto in seno alla zona industriale, che lavoravano nell'Ilva, vennero inizialmente assorbite; le cosiddette “socializzate”. Chiaramente questo processo di socializzazione portò un numero rilevante di operai ad essere assunti direttamente dall'Ilva; questo avviene attraverso un meccanismo che ne disperde i diritti acquisiti e i livelli salariali. In questa socializzazione gli operai vennero assunti dall'Ilva come se fossero “nuovi assunti”, quindi con una riduzione di salari e livelli assai notevole.Gli operai assorbiti dall'appalto perdono nel passaggio dall'appalto all'Ilva intorno ad un milione di vecchie lire, Quindi, inizialmente, Riva non fa affatto una terziarizzazione, mentre, in netta controtendenza, fa una socializzazione, cioè assorbe l'appalto e tende a ridurre la quantità di operai.
Una volta assorbito però l'appalto continuo, con riduzione di salari e di redditi dei lavoratori, il discorso cambia, perché tutto il resto dell'appalto viene lasciato praticamente allo stato brado e prevale, inizialmente, perfino il fatto che le commesse e gli appalti vengono assegnati a ditte non esistenti sul territorio ma portate da Riva direttamente tramite i suoi canali. Quindi accorrono molte aziende non del territorio in seno all'appalto!
Una volta prodotta la socializzazione, per tutto il resto l'Ilva usa ampiamente il sistema del massimo ribasso nel dare gli appalti che si traduce in un meccanismo a catena che fa sì che le aziende acquisiscano questi appalti e li diano in subappalto, con un sistema che va verso il basso, che diventa un sistema in-out. Cioè di aziende che entrano ed escono, di aziende che non risulta nemmeno abbiamo ricevuto quest'appalto, perché dipendono dall'azienda che l'ha ricevuto prima, e così via. Ciò produce gravissimi danni per quanto riguarda i problemi della sicurezza e i problemi dei livelli salariali e normativi esistenti nell'appalto.

- In cosa si è tradotto il passaggio al privato per quanto riguarda le condizioni materiali di lavoro? E soprattutto che differenze ci sono tra le cooperative e le aziende in appalto e i lavoratori diretti dell'Ilva?

- Sin dai tempi dell'Italsider la situazione è sempre stata abbastanza diversa tra gli operai dell'Ilva e gli operai dell'appalto. I livelli salariali e normativi degli operai sociali, quelli diretti, sono stati notevolmente superiori rispetto a quelli dell'appalto, sempre! Nell'ordine di un 30% in più in termini salariali, ma soprattutto riguardo ai livelli di stabilità. Evidentemente nell'appalto sono prevalsi, abbastanza sistematicamente contratti precari e gestioni dirette delle aziende che hanno penalizzato salari, normative e sicurezza. Infine, però, nella fase di privatizzazione l'appalto è un po' andato fuori controllo. Nel senso che, effettivamente, una volta operato il rapporto di socializzazione degli appalti continui, il problema delle condizioni dell'appalto sono state notevolmente peggiori. Però anche in seno all'Ilva, insieme all'eliminazione di un sindacato consociativo, vi è stata una stretta nella gestione dell'attività produttiva che ha provocato un'intensificazione dello sfruttamento degli operai e una sistemazione dei livelli cristallizzata; cioè i livelli, da passaggi più o meno automatici che avvenivano dopo un certo periodo, sono diventati gentile concessione ottenuta tramite meccanismi di ricatto che si riversavano sugli operai per il tramite delle organizzazioni sindacali. Quindi i livelli dei lavoratori sono rimasti abbastanza cristallizzati per tanti anni anche all'interno dello stabilimento principale.

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