martedì 2 aprile 2013

pc 2 aprile - I PADRONI DELL'ILVA, TRAMITE FERRANTE, DENUNCIANO I GIUDICI...!


Mentre gli operai continuano ad infortunarsi o a morire e i sindacati confederali continuano a fare regali al padrone Riva con accordi a perdere, il “nuovo” dirigente dell'Ilva, Ferrante (che in questo caso ha deciso di rappresentare un bel po' di delinquenti già in galera) si è subito impegnato nel tentativo di sconfessare l'operato della Magistratura e proprio a ridosso dell'udienza della Corte Costituzionale, prova rafforzare la propria posizione con un esposto-denuncia sui presunti abusi dei giudici che si sarebbero accaniti contro Riva!
Gli operi non possono e non devono certo aspettare i balletti tra una istituzione e l'altra!

Riportiamo l'articolo del sole 24 ore di oggi che rifà a modo proprio anche una cronologia dei fatti.

***
Acciaio. Azione verso pm e gip di Taranto

Esposto dell’Ilva contro i giudici

A pochi giorni dall’udienza della Corte Costituzionale (è in programma il 9 aprile) che dovrà pronunciarsi sulla legge 231/2012 che riguarda l’Ilva di Taranto, lo scontro che da nove mesi oppone l’azienda alla Magistratura torna ad infiammarsi. L’Ilva, attraverso il presidente Bruno Ferrante, ha infatti presentato un esposto-denuncia alla Procura di Potenza competente a indagare sui giudici di Taranto) affinché accerti se pm e gip hanno compiuto degli “abusi” nell'inchiesta sul siderurgico e nell’emissione dei relativi provvedimenti. L’esposto-denuncia ricostruisce i diversi passaggi della vicenda. Si parte dal 26 luglio, giorno in cui scattarono il sequestro senza facoltà d’uso degli impianti e otto arresti ai domiciliari (in parte poi revocati qualche giorno dopo dal Tribunale del Riesame), e si prosegue col 26 novembre, quando ci fu il sequestro di un milione e 700mila tonnellate di merci ritenute frutto di produzione “illecita” proprio perché altiforni e acciaierie erano sotto sequestro. E ancora si fa riferimento al 14 febbraio, quando il gip Patrizia Todisco ha ordinato la vendita coatta delle merci, affidandola ai custodi giudiziari e privando l’Ilva del relativo incasso, operazione, questa, che qualche settimana fa è stata “stoppata” dal Tribunale dell’appello essendo appunto in arrivo il verdetto della Consulta.
Per il fatto che l’Ilva abbia prodotto nel periodo in cui gli impianti erano sotto sequestro sia il presidente Ferrante che l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Adolfo Buffo (ha retto l’incarico da luglio sino a metà febbraio) sono stati iscritti nel registro degli indagati, ma sul punto la risposta dell’azienda – sottolineata anche nell'esposto-denuncia presentato a Potenza – esclude ogni responsabilità diretta. Si rileva, infatti, che tutta l’area a caldo in quei mesi era sotto la gestione dei custodi giudiziari e non dei dirigenti aziendali. E che l’Ilva è stata reimmessa nel possesso degli impianti, pur restando il sequestro, solo dopo il varo del decreto n.171 da cui è poi nata la legge ora al vaglio della Consulta. Contestata anche la volontà di pm e gip di accelerare la vendita diretta delle merci nonostante la legge preveda che l’Ilva possa commercializzare quanto prodotto prima del 3 dicembre, giorno in cui sulla “Gazzetta Ufficiale” è stato pubblicato il decreto.
Più volte, in questi mesi, Ferrante ha parlato di “accanimento” dei magistrati di Taranto verso l'azienda. “L’accanimento è nei fatti – ha detto recentemente Ferrante -. Le decisioni dell’autorità giudiziaria non hanno bisogno di commenti, chiunque voglia dare una lettura lo può liberamente fare e formarsi un convincimento. Per esempio, aver sequestrato i prodotto realizzati in passato dall’azienda, ci ha nuociuto molto e ha messo in discussione il pagamento degli stipendi ai lavoratori. Così come – ha aggiunto Ferrante – aver deciso di far vendere subito questi stessi prodotti dai custodi giudiziari quanto il 9 aprile ci sarà l'udienza della Corte Costituzionale che si pronuncerà sulla legge che ci autorizza sia a produrre che a commercializzare”.

Nessun commento:

Posta un commento