giovedì 18 aprile 2013

pc 18 aprile - Mc Donald Bologna.. "Spiati, minacciati e sottopagati" i lavoratori

BOLOGNA - "Intimidazioni". "Minacce ai lavoratori immigrati". Uso delle telecamere di sicurezza come "strumento di controllo". Migliaia di euro di straordinari non pagati. Nero su bianco, queste denunce raccontano le vite dei dipendenti del McDonald’s di via Indipendenza. E illustrano il generale "clima di umiliazione" che una dozzina di loro ha deciso di denunciare alla Cgil, esponendosi così a una faida interna che ha spaccato gli stessi dipendenti e innescato l’ira dei gestori dell’attività in franchising. Paola, 25 anni, è la rappresentate dei lavoratori del fast food. Fino all’estate scorsa era “manager”, poi è stata declassata. Seduta al tavolo di un bar, racconta: "Facevo i salti mortali per vivere con mille euro al mese, stringevo i denti. Poi un giorno mi accorgo che non mi erano state pagate un sacco di ore di straordinario". Così, a giugno dell’estate scorsa, la situazione esplode. Lei e altri undici colleghi (su un totale di 40) si iscrivono alla Cgil, l’unico sindacato che per la prima volta varca le mura di via Indipendenza.
E partono le lettere alla direzione della società, dove si chiede conto delle "numerose intimidazioni dopo l’iscrizione al sindacato" e delle "minacce di rispedire al proprio paese i lavoratori immigrati" che hanno aderito. "Siamo riusciti a sistemare qualche cosa - dice Gaia Stanzani della FilcamsCgil - le buste paga adesso sono regolari, rimangono le migliaia di euro di crediti dei lavoratori". Prima regnava il caos: "Quei ragazzi non avevano neppure il fondo per la previdenza sanitaria o le visite del medico. Resta il problema dell’uso inappropriato delle telecamere". "Siamo sempre controllati  scandisce Paola  "Ci guardano per vedere se siamo sorridenti, veloci, se non abbiamo salutato un cliente".
Se sbagliano, scatta la convocazione dei superiori. Con una lettera inviata di recente alla direzione, i dipendenti hanno chiesto che "non ci si avvicini minacciosamente a loro con il corpo o parti di esso". Altri tre colleghi di Paola scuotono la testa: "Certi comportamenti prima non c’erano. Il capo ci diceva: “Sono io il vostro sindacato”. I rapporti sono degenerati anche con gli altri ragazzi che non si sono voluti esporre e che ora ci odiano. Ma non avevamo nemmeno una busta paga regolare, né i permessi per fare gli esami all’università".


(18 aprile 2013)

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