mercoledì 27 febbraio 2013

pc 27 febbraio - il grande sciopero generale in india

sciopero generale dei lavoratori dell'India del 20-21 febbraio

l'appello del Fronte Democratico Rivoluzionario RDF [Revolutionary Democratic Front]

Partecipiamo allo sciopero generale dei lavoratori dell'India del 20 e 21 febbraio, 2013!

Il Fronte Democratico Rivoluzionario (RDF) estende la sua solidarietà ai lavoratori dell'india che entreranno in sciopero generale per due giorni, il 20 e 21 febbraio.
Dato che tutti i principali centri sindacali affiliati ai vari partiti della classe dominante del paese si sono riuniti per indire questo sciopero a causa della pressione delle masse lavoratrici, anche le organizzazioni sindacali rivoluzionarie e militanti hanno separatamente fatto un appello allo sciopero per questi due giorni.

Questo sciopero è un'opportunità per i lavoratori dei diversi settori delle regioni e dell'economia per unirsi ed evidenziare i problemi scottanti delle loro comuni preoccupazioni, che richiedono una urgente risistemazione. Tutte le organizzazioni e individui progressisti, democratici e favorevoli al popolo del paese così come i contadini, gli studenti, gli insegnanti, gli intellettuali, dipendenti del governo e dipendenti privati, hanno bisogno di essere solidali con i lavoratori in sciopero nella lotta per realizzare le loro giuste e fondamentali richieste. L'appello allo sciopero arriva in un momento in cui l'economia mondiale imperialista sta attraversando la peggiore crisi dopo la Grande Depressione degli anni '30.

E' venuta pienamente in luce la contraddizione intrinseca dell'economia capitalistica tra
produzione socializzata e profitto privatizzato, che porta alla sovrapproduzione su vasta scala, la distruzione senza precedenti delle forze produttive, alti livelli di disoccupazione, l'inflazione galoppante e l'impoverimento di massa. Il collasso dell'economia imperialista è stato evitato quando il capitale finanziario monopolistico ha fatto ricorso al fascismo in Europa e attraverso la massiccia militarizzazione e spesa nella seconda guerra mondiale, che è stata il risultato diretto della crisi del capitalismo.

Durante questo periodo, i risultati che il movimento operaio internazionale aveva ottenuto in forma di diritti dei lavoratori in decenni di terribili lotte sono stati quasi azzerati. Nel periodo post-bellico, una ripresa delle lotte delle masse lavoratrici e lo spettro del comunismo e i movimenti di liberazione nazionale hanno costretto i governi nei paesi imperialisti, borghesi e semi-coloniali a riconoscere i diritti dei lavoratori sotto la veste di "economia del benessere" [welfare state].

Il cosiddetto socialismo di Nehru adottato dalle classi dominanti feudali e compradore in India non era altro che un tentativo di nascondere la loro continua sottomissione all'imperialismo con una nuova maschera. Dopo il trasferimento di poteri e la vergognosa dichiarazione di indipendenza nel 1947, lo Stato indiano si è limitato a portare avanti l'approccio dei dominatori coloniali britannici nei confronti dei lavoratori - riconoscendo nominalmente alcuni dei loro diritti in risposta ai movimenti di classe militanti dei lavoratori - ma in realtà facilitando lo sfruttamento sfrenato degli operai da parte dei grandi capitalisti nazionali ed esteri. la borghesia compradora e i capitalisti stranieri preservano i prevalenti rapporti sociali semi-feudali e semi-coloniali per lo sfruttamento di manodopera a basso costo e saccheggio delle risorse naturali del paese.

Mantengono i salari ad un livello inferiore a quello di sussistenza, privando le masse lavoratrici perfino dell'indispensabile, tenendoli dipendenti dall'agricoltura e altre attività per la sopravvivenza legate alla terra, tenendoli incatenati a legami feudali, e nella trappola del debito perpetuo, sottoponendoli a coercizione extra-economica, e così via. Dal momento in cui l'attuazione delle leggi sul lavoro incidono sui loro profitti, i padroni violano queste leggi impunemente in connivenza con la macchina dello stato. Non sorprende, quindi, che la dignità, il rispetto sociale, i diritti politici e legali, la sicurezza sociale e il potere politico - vale a dire, lo stato generale e la condizione dei lavoratori vissuti come individui o come classe nei paesi un tempo socialisti come l'Unione Sovietica e la Cina - sono in netto contrasto con quella dei lavoratori dell'India.

In assenza anche di una trasformazione democratica borghese a causa del morso coloniale seguito dalla persistenza di una economia semi-feudale e semi-coloniale, la condizione degli operai industriali del paese rimane di gran lunga peggiore pure rispetto ai loro omologhi dei paesi capitalisti. Sia nelle aree urbane che nelle zone rurali, la predominanza di rapporti pre-capitalisti di produzione ha portato ad una grande massa di lavoratori non organizzati. La loro occupazione continua ad essere determinata più dalla casta, religione o regione, ecc, e meno per libera scelta.

Queste crepe sono abilmente utilizzate e manipolate dai padroni per minare la coscienza o l'azione di classe dei lavoratori anche di quei 50 milioni di operai industriali politicamente avanzati - di per sé un numero impressionante. Nonostante questi fattori negativi, la classe operaia industriale dell'India ha combattuto lotte eroiche tra cui storici scioperi per il miglioramento della propria vita e per l'indipendenza del paese dal dominio coloniale. Ma dal momento in cui la direzione del movimento operaio in India è tradizionalmente rimasta legata alle classi dominanti (che includono i partiti di 'Sinistra' revisionista come il CPI [Partito Comunista dell'India] e il CPM [Partito Comunista Marxista]), i lavoratori hanno spesso fallito nel tutelare i propri interessi di classe contro l'assalto implacabile dei padroni e del governo.

Né potevano svolgere il ruolo di avanguardia rivoluzionaria nella lotta di classe contrastando il Congresso e la linea capitolazionista del Partito Comunista ancora uniti prima e dopo il trasferimento dei poteri. Solo nella rivolta di Naxalbari e la successiva formazione del CPI (ML)
negli anni '60, i lavoratori dell'India finalmente hanno trovato il giusto orientamento ideologico-politico e la forma organizzativa. Tuttavia, anche prima che il messaggio di Naxalbari potesse raggiungere le grandi masse di lavoratori in tutto il paese e questi potessero riorganizzarsi sulla base ideologica del marxismo-leninismo-maoismo, il movimento è stato brutalmente represso.

Tuttavia, sono stati in primo luogo i lavoratori insieme con i contadini poveri che hanno portato avanti il movimento rivoluzionario in India, da allora in poi, proteggendolo negli ultimi quattro decenni dai due pericoli, quello delle classi dominanti e quello dei revisionisti. Un modo di produzione arretrato e regressivo ha fatto sì che il settore industriale in India sia marginale nell'economia nel suo complesso. Per quanto riguarda la sua percentuale in materia di occupazione e PIL, il settore industriale è rimasto indietro all'agricoltura e perfino al settore dei 'servizi'.

Come per gli schemi dettati dagli imperialisti, per esempio la Rivoluzione Verde in agricoltura, gli sforzi da parte dello stato indiano di aumentare la produzione industriale attraverso i Public Sector Undertakings-PSU [Iniziative dei Settori Pubblici] sono in gran parte finiti con un fallimento. Nel contesto globale del collasso del socialimperialismo sovietico e l'ascesa degli Stati Uniti come la più forte potenza imperialista, le classi dominanti indiane negli anni '90 hanno gettato via anche la foglia di fico dello Stato 'sociale' e aperto le porte alla liberalizzazione, privatizzazione e globalizzazione.

I dipendenti della Banca Mondiale, i consulenti del FMI e altri agenti compradores vengono installati dalle potenze imperialiste in posti chiave del governo, come il Primo Ministro, il Ministro delle Finanze, i membri della Commissione di pianificazione, il responsabile economico ecc. per attuare le loro politiche. privatizzazione del diritto del lavoro, outsourcing [esternalizzazione], sweatshops [industrie ad altissimo sfruttamento], SEZ [Zone Economiche Speciali], vendita di PSU, 'Disinvestimento', afflusso e deflusso senza controllo degli Investimenti Esteri Istituzionali (FII) e degli Investimenti Esteri Diretti (IDE) in quasi tutti i settori dell'economia, deregolamentazione della moneta e dei prezzi del carburante, ritiro dei sussidi e delle misure di sicurezza sociale, ecc. hanno seguito in questa scia.
Con l'economia indiana che ondeggia con i flussi e riflussi degli sconvolgimenti economici del mondo, i governanti del paese sembrano totalmente incapaci di controllare la spirale dell'inflazione, il prezzo del riso alle stelle, o la crescente disoccupazione e miseria del popolo. In effetti, le classi dirigenti indiane sono diventate i tanto disprezzati strumenti delle forze imperialiste nell'estrazione di lavoro e risorse dalle masse lavoratrici del paese. La stretta integrazione dell'economia indiana con l'economia globale imperialista ha oscurato l'ombra minacciosa del moribondo capitale finanziario, contribuendo non solo ad una crescente crisi agraria, ma anche ad un settore industriale stagnante, con gravi conseguenze per i lavoratori e i contadini del paese, così come per la piccola e media borghesia.

La crisi economica globale, che ha paralizzato i principali paesi imperialisti ha iniziato ad avere un impatto eloquente sulla complessiva economia indiana - a prescindere dalle affermazioni contrarie fatte dai governanti - e la 'storia della crescita del 10%' ha già iniziato a diventare vecchia. La produzione è stata duramente colpita dal crollo della domanda, e rispetto alla crescita del 6,9% mostrato dall'Indice della produzione industriale (IPI) nel mese di aprile-giugno 2011, l'IIP per lo stesso periodo del 2012 è sceso a -0,1%, ed è segnato ancora in bilico attorno all'1%.

Colpite da una crisi così grave, le industrie hanno perso gran parte della loro capacità di creare occupazione, e hanno fatto ricorso a drastiche misure di riduzione dei costi come il ridimensionamento, politiche di ricorso al lavoro precario [assumi-e-licenzia], abbassamento artificiale dei salari reali, rifiuto di stipulare per legge le prestazioni di sicurezza sociale, come ESI-PF [benefici per gli impiegati statali], indennità, pensione, sanità, prolungamento delle ore di lavoro, e così via.
Il peggioramento delle condizioni di lavoro e dei contratti di lavoro hanno portato ad una serie di lotte attive dei lavoratori in tutto il paese negli ultimi tempi.

Nella sola industria dell'auto, ci sono state tutta una serie di lotte – Maruti Suzuki, Manesar (2011), Allied Nippon, Sahibabad (2010), Mahindra, Nasik (2009), Hyndai, Chennai (2011-12), PRICOL, Coimbatore (2009), Bosch Chasis, Pune (2009), Moto Honda, Gurgaon (2009), Volvo, Hoskote (2010), MRF Pneumatici, Chennai (2010, 2011), General Motors, Halol (2011), Graziano, Noida
(2008), e così via. In molti casi, gli operai hanno distrutto macchinari, bruciato le fabbriche e perfino ucciso dirigenti, come espressione del loro scontento e rabbia. Tali proteste militanti sono spesso precedute da negazione di richieste di lunga data dei lavoratori, da intimidazioni nei loro confronti, umiliazioni, brutto trattamento e la violenta repressione da parte della direzione, inazione delle autorità e collusione con il management, ecc

Com'era prevedibile, lo Stato si è accanito pesantemente sui lavoratori per schiacciare la loro 'indisciplina' e i 'disordini'. Il ruolo dei sindacati affiliati ai partiti delle classi dominanti e ai partiti 'comunisti' rinnegati come il CPI e il CPM è spesso quello dell'intermediario che cerca di placare la direzione aziendale e lo Stato regnando all'interno nei movimenti militanti dei lavoratori. Non sorprende che nella maggior parte dei casi, le azioni di protesta militante sono state guidate da sindacati indipendenti dei lavoratori che hanno rifiutato di rispettare i diktat delle centrali sindacali. Le politiche anti-popolari e anti-operaie perseguite dallo stato indiano negli ultimi due decenni hanno portato ad un declino generale nel livello di vita, costringendo le masse lavoratrici del paese in una situazione di impoverimento acuta, la malnutrizione e l'indigenza che è peggio di quella dei paesi sub-sahariani. La disparità economica ha toccato nuove vette, con il 77% della popolazione che sopravvive con meno di 20 rupie [circa 30 centesimi di euro] al giorno.

Le classi possidenti e il governo del paese stanno sempre più facendo ricorso a metodi fascisti per affrontare questa situazione esplosiva. Non solo diritti politici e democratici fondamentali, ma anche i diritti legali statutari delle masse lavoratrici sono stati negati o sovvertiti. Il diritto di sciopero stesso, un'arma legittima di lotta ha subito attacchi senza precedenti.
Ad esempio, il governo del West Bengal [Bengala Occidentale] guidato da Mamata Banerjee ha emesso delle circolari nel 2012 che vietano ai dipendenti statali di indire o partecipare a scioperi.

Lo sciopero dei lavoratori della Società Blue Star a Wada nel distretto di Thane che ha avuto inizio il 7 febbraio 2013, per un aumento dei salari è stato dichiarato illegale.
Il governo del Karnataka ha anche minacciato medici e operatori sanitari, in sciopero lo scorso mese, di denuncia ai sensi della Legge sulla Sicurezza Nazionale dopo aver dichiarato illegale lo sciopero. Nelle oltre 1000 Zone Economiche Speciali (SEZ) approvate dal governo - che sono state propagandate come 'motori di una rapida crescita industriale' - il diritto dei lavoratori di organizzarsi in sindacati o per indire scioperi è stato completamente eliminato.

Anche altre forme di lotta collettiva dei lavoratori vengono indebolite.
È questo peggioramento della condizione dei lavoratori del paese - in particolare i lavoratori dell'industria - e la loro richiesta di una lotta contro le politiche anti-operaie del governo che hanno costretto le centrali sindacali ad unirsi e fare un appello per uno sciopero generale di tutta l'India di due giorni il 20 e 21 febbraio 2013. Cerchiamo di riconoscere i nostri nemici e i nostri amici. Tutte le richieste fatte dai sindacati per l'appello allo sciopero di due giorni sono realmente collegate ai problemi che i lavoratori del paese hanno oggi. Tuttavia, è ironico che questi stessi sindacati sono
direttamente collegati ai partiti politici della classe dominante al potere - siano essi il Congresso, BJP, CPM, e così via. Questi partiti sono direttamente responsabili dell'attuazione di una serie di politiche anti-operaie negli ultimi due decenni. Lo sciopero per loro è una semplice concessione simbolica e una mossa calcolata per ingannare i lavoratori in nome della lotta.

Se da un lato è necessario combattere le classi dominanti e le loro politiche, è altrettanto pertinente denunciare e distruggere le macchinazioni dei sindacati reazionari e revisionisti. Uno sciopero è un'arma nelle mani del lavoratori. Ai sindacati affiliati ai poteri dominanti non dovrebbe essere consentito l'uso improprio o smussato di questa arma. Mentre la crisi economica mondiale diventa più profonda e le potenze imperialiste ci spingono ancora una volta sull'orlo della guerra e del fascismo, le classi dominati in India stanno intensificando il loro assalto contro i lavoratori, i contadini, le minoranze religiose e nazionali, i Dalit, gli Adivasi e gli altri popoli oppressi del paese.

Solo una grande ondata di lotte rivoluzionarie e democratiche da parte delle masse popolari saranno in grado di contrastare questo assalto imminente. L'RDF fa appello agli operai e ai loro sindacati militanti a prendere l'iniziativa, intensificare la lotta per rivendicazioni economiche immediate e completare con la lotta politica per una trasformazione sociale rivoluzionaria rompendo le due catene che legano il popolo indiano - il feudalesimo e l'imperialismo.

Uno sciopero di due giorni che abbia successo, il 20 e 21 febbraio 2013, con l'obiettivo di aumentare i salari secondo le esigenze di base dei lavoratori, la piena attuazione dei diritti del lavoro, contro la privatizzazione dei servizi e altre relative richieste saranno un passo in questa direzione. L'RDF invita inoltre gli operai e tutte le altre forze combattenti ad intensificare questa lotta democratica, non limitandosi ad un sciopero una volta l'anno, ma ad espanderlo alle forti battaglie in campo per costringere con successo le oligarchie dominanti del subcontinente indiano ad accettare le loro richieste e anche trasformare questa lotta in una grande lotta politica per il cambiamento del sistema.

In solidarietà,

Varavara Rao Presidente, RDF 09676541715

Rajkishore Segretario Generale, RDF 09717583539

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