sabato 21 luglio 2012

pc 21 luglio - ILVA TARANTO: AGLI OPERAI CHE VOGLIONO PENSARE CON LA PROPRIA TESTA


"Alcuni capi avrebbero invitato i lavoratori a non abbandonare i propri posti e a presidiare gli impianti dello stabilimento siderurgico - Tam-tam di sms allarma l'Ilva "attenti, arrivano i carabineri". Ore di tensione tra gli operai, si pensava che il sequestro dovesse avvenire ieri" - Dalla Gazzetta del mezzogiorno del 21.6

 Comunicato 3

Sottrarsi e contrastare la guerra che Ilva e capi stanno portando avanti. Stanno facendo dell’allarmismo psicologico per portare gli operai a farsi difensori di padron Riva, a farsi pecore.
Quando ancora nulla è stato fatto dalla magistratura, sono azienda e capi che si stanno “tirando dietro” sequestri e provvedimenti, per avere una preventiva assoluta attitudine servile degli operai.
Tra un po’ saranno gli operai ad essere “sequestrati” in fabbrica per “presidiare gli impianti e non mollare la guardia” – come dicevano giovedì notte gli sms dei capi mandati agli operai.
In nessuna altra fabbrica, anche di fronte a situazioni di questo tipo, è accaduto questo.

Occorre chiedersi a chi serve questa guerra allarmista. Sta di fatto che ora già Riva ha incassato il sostegno e la comprensione di tutte le istituzioni politiche locali, dei politici e parlamentari jonici, dei sindacati confederali e dello stesso governo; sta scaricando i costi delle bonifiche parziali e insufficienti -300 milioni di euro quasi già stanziati – a cui padron Riva doveva partecipare per i danni fatti, almeno quelli durante la sua gestione all’ambiente, e alle persone, prima di tutto alla salute e alla vita degli operai. I Riva da essere indagati, e già condannati per altri processi, cercano di passare ora per vittime. Ormai tutti parlano dell’Ilva come se fosse un’Istituzione, in cui tutti sono uniti negli stessi interessi, non ci sono responsabili di ciò che accade dentro, ecc.
Tutto questo clima a favore dei padroni dell'Ilva verrà sicuramente usato molto presto da Riva quando dovrà mettere nuovamente gli operai in cassintegrazione (e non per i sequestri della magistratura, ma per lo scaricamento della crisi economica finanziaria provocata da banche e padroni sulla pelle degli operai), e quando tornerà a parlare per le stesse ragioni di esuberi (e anche qui non c'entrano nulla gli eventuali provvedimenti del Giudice).
Gli operai in tutto questo rischiano di uscire “cornuti e mazziati”.

Il vero problema che hanno gli operai dell'ilva in questo momento è che sono senza organizzazione sindacale di classe, senza un vero sindacato nelle mani degli operai e questo li rende alla mercè del padrone e incapaci di difender i loro interessi reali come lavoratori.. Questa “guerra provocata” sta facendo ribaltare gli schieramenti normali: gli operai invece di unirsi agli altri operai, proletari, giovani, gente dei quartieri martoriati – spesso loro stessi familiari; si vogliono far unire come pecore al padrone attraverso l'uso dei capi e di settori di operai asserviti e coccolati dall'azienda. Questa è una logica dei tempi dello Stato corporativo fascista che si vuole ricostruire e da cui sempre gli operai hanno avuto batoste.
Più si indeboliscono come forza di classe autonoma dagli interessi padronali, dalle logiche istituzioni, dalla politica ufficiale divenuta un mercato, e più non riusciranno a difendere né posto di lavoro, né salario, né diritti e neanche quella cosa che dovrebbe essere importante per tutti, la dignità!
Gli operai oggi sono in mezzo, tra un “sindacato” del padrone, organizzato dal padrone con i suoi capi, e i sindacati ufficiali che proprio perché sono collaborativi e innocui oggi sono come parte della direzione aziendale e partecipi in questa veste ai Tavoli, e utilizzati dal nuovo presidente l'ex Prefetto Marco Ferrante.
Senza un loro sindacato di classe – che all'Ilva di Taranto non può che essere, come sappiamo bene tutti, lo Slai cobas già presente in fabbrica in costruzione, attivo nonostante che l'azienda non lo vuole riconoscere e i sindacati confederali gli fanno ostracismo e guerra – gli operai non possono far pesare il loro punto di vista, i loro effettivi interessi e condurre questa “guerra”.
Questo il vero problema a cui senza perdere tempo gli operai più coscienti devono mettere il loro impegno, le loro forze, le loro teste. Perchè dovremmo avere paura? Si può vivere sempre con la paura e la testa abbassata ?
Non abbiamo da perdere che le nostre catene e un mondo da conquistare per noi e i nostri figli !

In concreto
Lo Slai cobas per il sindacato di classe dice chiaro che I POSTI DI LAVORO NON SI TOCCANO!, che neanche mezzo posto di lavoro deve essere messo in discussione.
Questo è possibile anche a fronte di eventuali provvedimenti della magistratura. Chi l’ha detto che una fabbrica siderurgica per andare avanti deve per forza far ammalare e far morire, o se deve rispettare la salute e l’ambiente deve chiudere?
Se alcuni impianti vengono chiusi, se la produzione ne viene rallentata, gli operai non devono essere mandati a casa ma devono essere impiegati – loro che la fabbrica la conoscono – a fare quelle opere di ristrutturazione, di risanamento ambientale della fabbrica, di riorganizzazione degli impianti che possono abbattere le sostanze pericolose e inquinanti e salvaguardare il lavoro. Non c’è una impossibilità oggettiva, c’è una logica capitalista, di cui sempre Riva è stato ed è uno dei principali esponenti, che vuole tagliare i costi di produzione, che vuole comunque fare profitti, una logica per cui ogni investimento che non procuri immediato utile non va fatto – la copertura dei parchi minerali per esempio non ha altra motivazione che quella che “servono troppi soldi…”.
E’ chiaro che il capitalista Riva ogni soldo (per lui “improduttivo”) che è costretto ad uscire, lo vuole poi far pagare agli operai. Ma questa è la lotta di classe. Il problema è sempre: il padrone fa il suo interesse e gli operai che fanno?

SPETTA ORA AGLI OPERAI ALZARE LA TESTA!
NOI DELLO SLAI COBAS per il sindacato di classe per questo SIAMO PRONTI!

Slai COBAS ILVA per il sindacato di classe
via Rintone, 22 TA – cobasta@libero.it
3475301704 – T/F 0994792086


pc 21 luglio - india operai che bruciano i padroni - ad amburgo il 24 novembre conferenza internazionale - delegazioni operaie dall'italia - info csgpindia@gmail.com

india operai che bruciano i padroni - ad amburgo il 24 novembre conferenza
internazionale - delegazioni operaie dall'italia - info csgpindia@gmail.com
mozione approvata da assemblee e incontri di operai, lavoratori, precari, disoccupati di taranto,ravenna,marghera,torino, palermo nel corso della campagna di sostegno alla guerra popolare in India dello scorso anno

 India, il paese dove “gli operai bruciano i padroni”

Noi operai, lavoratori, precari, disoccupati salutiamo la lotta delle masse popolari indiane contro il regime reazionario indiano e l’imperialismo che lo sostiene.

In India le masse lottano contro i padroni che licenziano e sfruttano, contro il carovita, la corruzione e il terrorismo di Stato, con grandi scioperi e manifestazioni, occupazioni di fabbriche, attacchi ai padroni.
In India il governo è deciso a vendere le risorse naturali e umane alle multinazionali imperialiste occidentali, ai nuovi monopoli dei padroni delle grandi fabbriche automobolistiche e siderurgiche, come Tata, Essar, Jindal, Mittal, ecc., che traggono dallo sfruttamento selvaggio di operai, spesso donne e bambini, i profitti che permettono loro di divenire acquirenti e partecipanti dei grandi monopoli internazionali del settore, in alleanza anche con i padroni italiani.

Contro tutto questo le masse popolari indiane si ribellano e sviluppano una guerra di popolo guidata dal partito della classe operaia indiana, il Partito Comunista dell’India maoista.

Il governo indiano e l’imperialismo scatenano contro le masse ribelli una repressione che, sotto il nome di “operazione Green Hunt”, è fatta di massacri, esecuzioni sommarie, repressione verso interi villaggi e settori della popolazione, per cercare di cancellare quello che i padroni del mondo definiscono “la più grave minaccia interna e un pericolo per il sistema internazionale”, la guerra di popolo che ha invece per obiettivo quello di stabilire un governo popolare basato sull’unità di operai e contadini, rovesciando gli imperialisti, la borghesia e le classi feudali.

La lotta per i diritti dei lavoratori e dei popoli, la lotta per il lavoro, i salari, le condizioni di vita; la lotta per la libertà, per la democrazia; la lotta per rovesciare il potere dei padroni e per il potere nelle mani dei lavoratori e delle masse popolari, è una lotta internazionale che ci unisce in ogni angolo del mondo.

Per questo esprimiamo la massima solidarietà alle masse popolari indiane, al Partito che le guida, perchè respingano gli attacchi del nemico e avanzino fino alla vittoria. 

Giovedì 19 Luglio 2012
Il direttore del personale di una fabbrica del gruppo indiano Maruti (la cui maggioranza azionaria è di proprietà della giapponese Suzuki) è stato bruciato vivo e decine di altre persone sono rimaste ferite nel corso dei violenti scontri scoppiati tra gli operai e i responsabili dell'azienda. Il corpo carbonizzato del responsabile, Avnish Kumar Dev, è stato identificato dopo il suo ritrovamento nella sala conferenze della fabbrica a Manesar, località a 50 chilometri dalla capitale Nuova Delhi, dopo gli scontri avvenuti ieri.

Secondo l’azienda i disordini sono scoppiati ieri mattina, quando un dipendente ha colpito con violenza un caporeparto. Ma secondo i sindacati è il caporeparto che ha maltrattato l'operaio scatenando la reazione dei suoi compagni che poi si è trasformata in una vera e propria sommossa violenta. La Maruti ha riferito che i dipendenti armati di spranghe hanno poi colpito dei responsabili «alla testa, alle gambe e alla schiena, provocando emorragie e svenimenti».

«La produzione è totalmente sospesa», ha dichiarato un responsabile, precisando di non sapere quando la filiale, dalla quale escono 55mila veicoli ogni anno, riaprirà i battenti. Intanto il titolo del gruppo è precipitato a fine giornata di circa il 9% alla Borsa di Bombay, con gli investitori preoccupati per una possibile chiusura prolungata dello stabilimento.

Maruti Suzuki è il marchio indiano da tempo in fase di avvicinamento al gruppo Fiat. Lo scorso novembre era stato raggiunto un importante accordo per la fornitura di 100mila motori all'anno per tre anni da parte del Lingotto. Fiat India, la joint venture tra Fiat Spa e Tata Motors, è in grado di assemblare fino a 300 mila propulsori a gasolio l'anno nello stabilimento di Ranjangaon, vicino Pune.

COMUNICATO STAMPA

19 luglio 2012

Il Sindacato degli Operai della Maruti Suzuki [Maruti Suzuki Workers Union (MSWU)] è angosciato dagli avvenimenti recenti alla fabbrica Maruti Suzuki, IMT Manesar, dove i dirigenti hanno fatto ricorso ad attività anti-operaie e anti-sindacali in un modo premeditato che hanno portato alla violenza e alla chiusura della fabbrica ieri.

Abbiamo avuto una dura lunga lotta con la forte unità dei nostri operai a tempo indeterminato e a contratto per imporre il nostro sindacato e portarlo alla contrattazione l'anno scorso, e avevamo di recente, ad aprile 2012, presentato la piattaforma delle richieste alla direzione della Maruti Suzuki, e il negoziato sui salari e altre richieste erano in corso. Ma il management ha fatto da tempo tutto il possibile per far deragliare il processo e sta cercando di spezzare lo spirito di unità degli operai e la legittimità del sindacato.

È a causa di questo, e del continuo atteggiamento vendicativo e in modo premeditato, che ieri, nel pomeriggio del 18 luglio, un supervisore in officina ha abusato e fatto commenti relativi alla casta contro un lavoratore dalit facente parte degli operai a tempo indeterminato, contestato legittimamente dall'operaio.
Invece di prendere misure contro il suddetto supervisore, la direzione ha immediatamente sospeso l'operaio interessato, senza alcun accertamento come richiesto dagli operai. Quando gli operai insieme con i rappresentanti sindacali sono andati ad incontrare i responsabili dell'ufficio personale per protestare nei confronti del supervisore e revocare l'ingiusta sospensione dell'operaio, i funzionari si sono categoricamente rifiutati di ascoltare le nostre argomentazioni, e non c'era l'atmosfera giusta per risolvere la questione amichevolmente.

Mentre la trattativa stava andando avanti con i leader del sindacato all'interno dell'ufficio, la direzione ha chiamato all'ingresso centinaia di buttafuori sul suo libro paga dall'esterno dello stabilimento per attaccare gli operai, e bloccare l'uscita.
Si è trattato di un'azione completamente illegale e vendicativa fatta con lo spirito della cospirazione
per costringerci alla sottomissione anche se le nostre richieste e metodi sono legittimi e pacifici. Le porte di uscita sono state chiuse dalla sicurezza per volere della direzione e i buttafuori hanno brutalmente e duramente attaccato gli operai con armi e bastoni. Essi, insieme a una parte del personale dirigente e poi della polizia, hanno picchiato un certo numero di operai che hanno dovuto essere ricoverati in ospedale con lesioni gravi. I buttafuori, che sono elementi anti-sociali mercenari, hanno anche distrutto beni di proprietà dell'azienda e dato fuoco ad una parte della fabbrica. I cancelli sono stati successivamente aperti per cacciare fuori gli operai e imporre una serrata da parte dell'azienda.

Con il benessere della società e degli operai nella testa noi abbiamo lavorato per questo obbiettivo dopo la risoluzione della controversia l'anno scorso, e vogliamo denunciare l'attuale violenza su di noi in quanto ingiusta, e che dovrebbe essere oggetto di indagini accurate. Noi siamo ancora disposti a dialogare con l'azienda e vogliamo sederci al tavolo con la direzione della società e il dipartimento del lavoro del governo per risolvere in via amichevole la questione e riportare la pace industriale nella fabbrica.

Ram Meher
Presidente, Maruti Suzuki Workers Union (MSWU)




pc 21 luglio - grande lotta delle popolazioni indigene colombiane nel dipartimento di Cauca - numero speciale di Revolucion Obrera - organo dei maoisti colombiani - richiedere in redazione

Váyanse con su guerra a otra parte”.

Esta es el justo reclamo con el que se hanlevantado los pueblos indígenas del Cauca contra la guerra reaccionaria, cansadosde los bombardeos del Ejército, detenciones ilegales acusándolos de guerrilleros,de los asesinatos selectivos a indígenas y campesinos, las tomas guerrilleras, ymasacres paramilitares. Han dicho ¡
NO MÁS!
a una guerra que no les pertenece,demostrando así el gran poder que tienen las masas cuando se organizan y luchan.La justa actuación de los pueblos indígenas, valiente y decidida, su denuncia a laguerra reaccionaria ha contado y cuenta con el apoyo irrestricto del semanario
 Revolución Obrera,
órgano que ha denunciado esta guerra y sus nefastasconsecuencias para las masas trabajadoras del campo. Por ello, este periódico, vozdel proletariado revolucionario, llama a la clase obrera y a todo el pueblotrabajador a apoyar la lucha de los hermanos indígenas mediante manifestacionesen las calles, expresando la solidaridad mediante comunicados y rechazando lasmentiras y calumnias de los reaccionarios.Los pueblos indígenas necesitan el apoyo de los trabajadores porque enfrentanuna lucha contra el Estado burgués, terrateniente y proimperialista, la cual haceparte de la lucha general que el pueblo colombiano viene librando contra elterrorismo de Estado, contra el despojo de los pobres del campo, contra el hambrey la miseria, por salud, educación y vivienda…movimiento que tiende hacia ungran enfrentamiento de todo el pueblo contra el Estado o Huelga Política de Masas.Los hermanos indígenas, con beligerancia rechazan la guerra reaccionaria,porque en ella no están en juego los intereses del pueblo, sino las multimillonariasganancias del negocio de la cocaína, la explotación de oro y el control de las rutaspor donde transportan droga, oro y armas; este es un capítulo de una larga luchacontra la expropiación que de sus tierras ancestrales han hecho los Mosquera, losChaux -viejos terratenientes del Cauca; es otro episodio de rechazo a las masacresdel ejército, los paramilitares y los “pájaros”, como las del Nilo y el Naya; es parte ycontinuación de décadas de lucha contra sus centenarios enemigos explotadores yopresores.Levantamiento majestuoso contra
el Plan Cauca
del Gobierno Santos, hechopara explotar tierras ricas en oro, fuentes de agua, desarrollar cultivos para la



 
industria de los biocombustibles, en beneficio de los capitalistas nacionales yextranjeros, siendo estos los nuevos motivos de la ofensiva de los señores de laguerra.Intereses económicos, que hacen que el Estado burgués, terrateniente yproimperialista, defienda a sangre y fuego la sacrosanta propiedad privada que lespermita a los capitalistas apropiarse de las ganancias; así como también explicanla actuación de los guerrilleros de las FARC, que no están con el pueblo, y enpalabras de la Asociación de Cabildos Indígenas del Norte del Cauca (ACIN),
solose cuidan ellos mismos… no impiden que lleguen las transnacionales; para conseguir los recursos que sostengan su ejército, hacen acuerdos con ellas.”
El gobierno de Santos miente descaradamente: no está en el Cauca paraproteger la población, está para cometer atrocidades contra el pueblo a nombre dela ley, para matar compañeros como Fabián Eduardo Guetio, asesinado por elejército en Caldono, a nombre de la defensa de la patria y sus instituciones.Los compañeros están confrontando uno de los pilares del Estado, el ejército, yhan puesto a temblar a todo el mundo, especialmente al gobierno de los “falsospositivos” de Santos, que no ha ordenado una masacre (como anteriormente lohizo la burguesía en el Nilo y el Naya) por la movilización y beligerancia de lasmasas, por el estado de ánimo de todo el movimiento; no se han atrevido a ejecutaruna nueva masacre, a pesar de los medios de comunicación reaccionarios que,como Caracol, han promovido todo el tiempo la mano dura, han llamado a ejercerla autoridad “legítima” de las armas, han manipulado la información y hanocultado los ríos de sangre de campesinos e indígenas masacrados por todo eldepartamento y el país.Es una lucha contra el ejército, contra el Estado y por ello no deben hacersefalsas ilusiones de lograr la paz sin destruir ese Estado que defiende los privilegiosde los que viven del trabajo ajeno; deben prepararse para luchar junto con sushermanos obreros y campesinos, para barrer con la violencia revolucionaria de laguerra popular, la guerra de las masas, el podrido Estado de los explotadores, y así eliminar la causa de esta guerra reaccionaria, cuyo fondo es la lucha por la rentadiferencial del suelo que produce la explotación capitalista del campo.La justa rebeldía de los pueblos indígenas contra la guerra reaccionaria, contrael ejército burgués y la guerrilla, exige la unión de todos los explotados yoprimidos, para derrocar el poder de la burguesía y los terratenientes por mediode la Revolución Socialista, y construir el nuevo Estado de los Obreros y losCampesinos, única garantía de que los pueblos indígenas y las masas trabajadoras,puedan vivir en paz y armonía.Reiteramos nuestro apoyo a la reivindicación de los compañeros indígenas:
¡Váyanse con su Guerra a Otra Parte!¡Contra el Despojo de los Pobres del Campo:Viva la Alianza Obrero Campesina!
Comité EjecutivoUnión Obrera Comunista (MLM

Colombia. Indigeni sgomberano e occupano base militare

di  Nuova Colombia


Nuovi scontri fra indigeni e soldati nel dipartimento del Cauca: dopo aver duramente contestato il Presidente “Jena” Santos lo scorso 11 luglio, le popolazioni originarie del Cauca hanno affrontato i militari del Battaglione di Alta Montagna n.8 della “Forza Tattica Apollo”, sgomberando il presidio militare che mantenevano sulla collina El Berlín, a una trentina di km ad ovest di Toribío.
Come atto simbolico della ribellione gli indigeni hanno sollevato e lanciato giù dalla collina un sergente, che è atterrato dopo un volo di dieci metri.
Alcuni soldati hanno poi esploso dei colpi in aria, e sparato gas lacrimogeni, senza però ottenere la ritirata degli indigeni, che hanno invece intimato ai militari di uscire dal loro territorio entro la mezzanotte.
Già da almeno una settimana le comunità indigene del Cauca avevano cominciato ad affluire verso la collina El Berlín, dove i militari presidiavano un'antenna per le comunicazioni dell'Esercito.

Il governo ha poi mandato gli antisommossa per reprimere gli indigeni, provocando violenti scontri con un saldo di diversi feriti.
Sempre nel Cauca, gli indigeni hanno marciato sulla base militare di Huasanó, occupandola ed obbligando i soldati ad andarsene, mentre a Caldono hanno arrestato oltre 30 militari dopo che l’Esercito aveva assassinato un giovane.
Questa regione, territorio ancestrale di indigeni, vive una crisi profonda causata dall'abbandono assoluto dello Stato, e dal dominio della vecchia oligarchia narcolatifondista, che vive di rendita sulle spalle di una forza lavoro pesantemente sfruttata. La maggior parte dei suoi abitanti versa in condizioni di povertà, la disuguaglianza è impressionante, mancano servizi scolastici, case, sanità. E’ un’area in cui si manifestano tutti i problemi che vive l'intero paese: la necessità di una vera riforma agraria, la diseguaglianza, la miseria, la discriminazione razziale, la concentrazione della ricchezza, il paramilitarismo, la corruzione politica, la militarizzazione completa del territorio.
Ma questa regione è anche la dimostrazione lampante del fallimento del regime terrorista colombiano...

pc 21 luglio - Stato spagnolo - ore di scontri con forme di 'guerra di guerriglia' da parte dei minatori sostenuta da parte della popolazione

scenario de 'guerra total', más de diez horas de cortes en las carreteras y otras tantas de 'guerra de guerrillas' entre GRS y mineros, tres detenidos y la sensación de que la población respalda más que nunca la lucha minera.
Ese es el balance provisional de los duros enfrentamientos mantenidos de madrugada entre mineros y efectivos antidisturbios de la Guardia Civil.
Tras los cortes de la Nacional VI y la A-6 Madrid-La Coruña a la altura de San Román de Bembibre las escenas de guerra urbana se extendieron tanto a esta localidad como a la capital del Bierzo Alto.
El lanzamiento de cohetes artificiales, las barricadas y las piedras que volaban de un lado a otro propiciaron que en esta ocasión la Guardia Civil iniciara una larga persecución a los mineros que se extendió durante toda la madrugada.
Pasadas las tres de la mañana patrullas antidisturbios recorrían las calles de Bembibre en busca de compañeros de los tres mineros detenidos.
A esa hora los vecinos de las localidades ya habían habíerto sus puertas para que los componentes de los mineros se refugiaran en las viviendas.
La normalidad en la circulación tanto en la A-6 y como en la Nacional VI fue recuperada pasadas las siete de la mañana, desconociéndose si hoy se vivirá una nueva, y tensa, jornada de protesta.

Los GRS avanzan hacia Bembibre recibiendo 'voladores' a su paso. (Foto: César Sánchez)

      






massimo sostegno alla grande lotta dei minatori che ha contagiato tutta la spagna
il











 

pc 21 luglio - manifestazioni e scontri in tante citta dello stato spagnolo - immagini dalla Galizia

Estado español: Multitudinarias manifestaciones contra el gobierno reaccionario.

correovermello-noticias
Madrid, 20.07.12
Como estaba previsto millones de trabajadores y trabajadoras de todos los sectores han participado en cientos de manifestaciones por todo el Estado. La participación unitaria de las diversas centrales sindicales fortaleció la movilización contra la política de recortes hambreadores del gobierno de la banca y el capital.
Las mas numerosas fueron las de Madrid, Barcelona y Valencia según informan medios informativos asi como las movilizaciones en Euskadi  y  Andalucia.
En Galiza se calcula según fuentes de los sindicatos que mas de trescientos mil trabajadores y trabajadoras se manifestaron en las principales ciudades.
Las siguientes imagenes corresponden a la manifestación en A Coruña que nos han enviado nuestros camaradas.


La manifestación a la altura de la Delegación del Gobierno en Galicia.
Banderas de los maoístas.

pc 21 luglio - lo stato della strage fascista di brescia ha assolto ma nelle sue carte l'altra verità

Brescia, i giudici condannano a futura memoria: la strage la fec


(umt) Al tg3 lombardo delle 19.30 di ieri, 19 luglio, il presidente della Casa della Memoria di Brescia, Manlio Milani ha commentato la sentenza sulla strage di piazza della Loggia, dopo averla letta e riletta con gli avvocati. Una sentenza pesante perché - sulla falsariga della celebre pronuncia della Cassazione che dichiarò colpevoli per piazza Fontana gli improcessabili Freda e Ventura (perché già assolti definitivamente per lo stesso reato) - la corte d'assise d'appello di Brescia ha condannato tre morti (Soffiati, Digilio, Buzzi), ha affermato la matrice nella strage di Ordine nuovo veneto, ha puntato il dito sui depistaggi che non hanno permesso l'individuazione dei colpevoli prima della strage dell'Italicus.
Per il Corriere della Sera, invece, i condannati a futura memoria sono due: "Se fossero ancora vivi - ha scritto qualche giorno fa Mara Rodella - sarebbero gli unici su cui peserebbe una condanna all'ergastolo. E Brescia, 38 anni dopo, potrebbe scrivere due nomi alla voce «colpevoli» per la strage di piazza della Loggia che il 28 maggio del 1974 uccise otto persone e ne ferì 102. Per i giudici della corte d'assise d'appello - presieduta da Enzo Platè - Carlo Digilio (ex agente della Cia) e Marcello Soffiati, entrambi ordinovisti veneti, hanno giocato un ruolo cruciale nell'organizzazione dell'attentato. Hanno operato rispettivamente come artificiere e fattorino della bomba destinata a Brescia. Le conclusioni emergono nelle 600 pagine di motivazioni della sentenza (giudice relatore Massimo Vacchiano) che lo scorso 14 aprile ha assolto Carlo Maria Maggi, medico mestrino a capo di On nel Triveneto (per l'accusa la mente della strage), Delfo Zorzi (a capo della cellula di Mestre), Francesco Delfino (ex generale dei carabinieri) e Maurizio Tramonte (alias «fonte Tritone» dei servizi segreti). L'epilogo dibattimentale conclude - per ora - una vicenda giudiziaria che conta cinque istruttorie e otto fasi di giudizio. L'ultimo capitolo segna a suo modo una svolta storica riannodando anche le trame delle inchieste precedenti".
Per Marco Toresini "i giudici della Corte d'assise d'appello non si sono limitati, come avevano fatto i colleghi di primo grado, a buttare a mare le contraddizioni di un'indagine, ma hanno voluto offrire un contributo alla lettura di quegli eventi armati di ago e filo per cucire assieme storie separate solo da una finzione dettata da necessità processuali (gli ordinovisti veneti a confezionare l'ordigno, i milanesi ad appoggiare l'azione e il bresciano Buzzi a far da basista). Una scelta che farà discutere (i protagonisti della nuova verità, da Digilio a Buzzi, sono morti). Una opzione che dice, però, una cosa importante: la verità era a un soffio già nel 1974. Tanto prossima che l'interrogativo di sempre brucia ancora di più: chi lavorò per renderla inafferrabile?"

pc 21 luglio - Lo Stato saccheggia, devasta e uccide democraticamente ogni giorno.


Lo Stato saccheggia, devasta e uccide democraticamente ogni giorno.
Le contestazioni in occasione degli incontri al vertice dei governi e delle organizzazioni mondiali dell’economia e del commercio, avvenute tra il 1999 e il 2001 in tutto il pianeta, hanno espresso il rifiuto globale del sistema economico capitalista, basato sulla devastazione dell’ecosistema, sul saccheggio delle risorse delle popolazioni colonizzate, sul ricatto del debito economico, sulla guerra permanente e sulla miseria generalizzata.
Le durissime condanne per le compagne e i compagni accusati di saccheggio e devastazione durante la rivolta di Genova del Luglio 2001 sono l’ennesima prova di quale sia il vero volto dello Stato democratico, mandante dell’omicidio di Carlo Giuliani, delle violenze indiscriminate sui manifestanti, dell'uso massiccio di armi non convenzionali come i gas CS, del massacro della Diaz e delle torture avvenute nella caserma di Bolzaneto.
Il comportamento degli apparati repressivi a Genova e queste condanne esemplari fanno parte dello stesso piano preordinato dello Stato per eliminare potenziali forme di conflittualità nelle piazze e con lo scopo di fermare sul nascere un movimento di opposizione radicale al capitalismo.
La prima forma di dominio sta nella mente di chi è dominato piuttosto che nella coercizione costante. E Genova, nelle intenzioni di chi detiene il potere, deve servire da lezione. La violenza adoperata ha infatti condizionato psicologicamente tutti gli anni a seguire istillando una paura generalizzata che sembra essere stata superata solo recentemente in questo paese, anche sulla scia delle mobilitazioni di massa avvenute negli ultimi anni negli altri Stati colpiti dalla crisi.
Inoltre, tramite i media e parte della società civile, si è cercato di addossare la colpa del comportamento delle forze dell’ordine a coloro che avevano attaccato i simboli del potere, facendo passare del tutto in secondo piano che le direttive eseguite invece erano proprio quelle decise a tavolino dai vertici degli Stati democratici. Infatti il meccanismo di criminalizzazione dall’interno, che ha contraddistinto le giornate di
Genova, ha funzionato anche nei più recenti episodi di rivolta del 14-12-2010 e del 15-10-2011, creando dissidi tra gli stessi manifestanti e maggiori problemi repressivi a causa dei fan delle attuali tecnologie di riproduzione/manipolazione della realtà.
Il dato che possiamo trarre dalle sentenze giudiziarie e dalle campagne mediatiche condotte dai benpensanti, è che per lo Stato le merci e la proprietà privata valgono più della vita umana.
Sembrerebbe superfluo infatti ricordare che i danni provocati dai manifestanti alla città ammontano ad una cifra irrisoria rispetto a quanto è stato speso per organizzare il G8 e blindare la città costruendo la zona rossa, o anche solo per allestire la nave su cui si tenne la cena di gala del summit. Oppure ricordare che i mandanti delle torture sono stati promossi ad incarichi di maggiore responsabilità subito dopo i fatti, come premio, e ora hanno ricevuto condanne, che nemmeno sconteranno, di gran lunga inferiori rispetto ai manifestanti.
L’ingiustizia è uno dei tratti caratteristici di questo Stato fondato sullo sfruttamento del lavoro salariato e sulla disuguaglianza sociale e quindi non ci aspettavamo un atteggiamento diverso dagli organi giudiziari, che come quelli repressivi sono fatti apposta per difendere con tutte le armi a disposizione i recinti della proprietà privata e le ricchezze della classe dominante.
La crisi che stiamo attraversando, a questo punto, può risultare ulteriore stimolo per riprendere il discorso di fondo della rivolta di Genova. Il sistema capitalista non concederà mai il benessere che promette. La mondializzazione dell’economia rende simili gli sfruttati di ogni parte del pianeta.
Vivere costa troppo. E’ ora di organizzare nuovi percorsi per l'autonomia di classe, per disertare definitivamente questo modello produttivo e superarlo.
E’ il momento di togliere materialmente il potere decisionale a chi nuota nel lusso mentre il resto del mondo vive nella totale precarietà e lotta ogni giorno per la sopravvivenza.
Con Carlo nel cuore e nella nostra rabbia. Solidarietà a tutti/e i/le condannati/e. Libertà per tutte/i.

20 luglio 2012, ASSEMBLEA CITTADINA PER L’AUTORGANIZZAZIONE, Roma.

pc 21 luglio - morte e processo alla marlane di praia a mare

Gli ex operai della Marlane-Marzotto di Praia a Mare, in provincia di Cosenza, continuano a morire per gli effetti dell’amianto, ma il processo va a rilento. Iniziato ufficialmente il 19 aprile 2011, a causa di errori di notifica degli atti e legittimi impedimenti invocati dagli avvocati della difesa, ha subito 5 rinvii in soli 10 mesi. Lo scorso 8 giugno il giudice ha accolto la richiesta dei Pm di una perizia suppletiva sulle cause dei decessi. La nuova udienza è fissata per domani. 
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19 luglio 2012 - 17:30
COSENZA – Un enorme scheletro di amianto, circondato da ammassi di ferraglia arrugginita e carcasse di auto abbandonate. Alle spalle il cimitero, di fronte la ferrovia, poi la strada provinciale. Tutt’intorno campi verdi, forse ancora coltivati. Si presenta così l’ex stabilimento tessile Marlane-Marzotto di Praia a Mare (Cosenza), una struttura dove ancora oggi i tetti sono in amianto, nonostante la fabbrica sia dismessa ormai dal 2004.
La chiusura della struttura risale a 8 anni fa, quando la produzione venne spostata in Repubblica Ceca. Marlane oggi significa soprattutto amianto, di cui è ricoperto da cima a fondo quello stesso capannone che negli anni ’60 impiegava circa 400 operai. Da qui venivano prodotte lenzuola, tovaglie e fazzoletti distribuiti in tutta Italia. Al momento però la fabbrica, situata quasi al centro di Praia a Mare, è totalmente abbandonata. E oggi non si parla più di tovaglie e lenzuola, ma di processi e udienze.
Le decine di decessi per tumore di ex dipendenti dello stabilimento tessile hanno portato all’apertura di tre diversi filoni di indagine, il primo dei quali risale al 1999. Successivamente sono state aperte altre due inchieste, la prima nel 2006 e la seconda nel 2007. Infine le inchieste sono confluite nel processo attualmente in corso nel Tribunale di Paola (Cosenza), che vede 15 ex dirigenti e tecnici (due dei quali nel frattempo deceduti), rinviati a giudizio per omicidio colposo plurimo e disastro ambientale.
Proprio come all’Eternit di Casale Monferrato, alla Marlane gli operai lavoravano a stretto contatto con l’amianto, che si sprigionava dai freni delle macchine e si diffondeva sugli altri impianti. Infatti, come hanno più volte affermato le associazioni dei parenti delle vittime, la sottile polverina del materiale cancerogeno veniva spazzata via con una pistola ad aria compressa, che però spargeva i frammenti dappertutto. Ma a Praia non c’era solo l’amianto. Nello stabilimento Marlane è stato rinvenuto anche il cromo esavalente, causa prima di leucemie e altri tipi di tumori.
Lo stabilimento venne rilevato nel 1987 dai Marzotto, storica famiglia di industriali veneti. Conosciuti nel vicentino per la loro attività tessile, l’anno scorso hanno festeggiato i 175 anni di attività, con un fatturato di 316 milioni di euro e oltre 4mila dipendenti. Oggi però, due persone chiave del Gruppo, Pietro Marzotto e Antonio Favrin, sono coinvolte nel processo di Paola per la morte di oltre 80 ex lavoratori dello stabilimento di loro proprietà a Praia a Mare e per altri 60 operai oggi malati di tumore, dopo aver lavorato per anni nella stessa fabbrica.
L’inchiesta principale è durata dieci anni ed è stata coordinata dal procuratore Bruno Giordano (lo stesso che istruì l’indagine sulle navi dei veleni). Nell’ottobre 2009 vennero chiuse le indagini e nel Novembre 2010 furono rinviate a giudizio 15 persone tra ex funzionari e dirigenti dello stabilimento, chiuso dal 2004. Il processo è cominciato ufficialmente il 19 aprile 2011 a Paola, ma –  a causa di errori di notifica degli atti e legittimi impedimenti invocati dagli avvocati della difesa – ha subito ben 5 rinvii in soli 10 mesi.
Del collegio difensivo fa parte anche l’onorevole-avvocato Niccolò Ghedini, noto legale dell’ex Premier Silvio Berlusconi. Nell'udienza dello scorso 8 giugno è stata disposta una nuova perizia tecnica dello stabilimento della fabbrica Marlane-Marzotto, ormai dismessa nel 2004. Il giudice ha accolto la richiesta del pm Bruno Giordano in merito alla necessità di predisporre una perizia suppletiva, in grado di accertare meglio le cause delle morti che continuano a verificarsi tra ex dipendenti ed operai dello stabilimento, e che potrebbero essere collegate alla loro attività all'interno della fabbrica. La nuova udienza è stata fissata per domani.
Durante un’udienza dello scorso ottobre, nella quale stava per essere fissato l’ennesimo rinvio, la seduta venne interrotta dalla notizia della morte per tumore di Franco Morelli, 70enne ex impiegato del reparto filatura della Marlane, entrato come operaio ed uscito come caporeparto. 
Tra gli imputati risulta anche l’attuale sindaco di Praia a Mare Carlo Lomonaco del Pdl, accusato di omicidio colposo plurimo e disastro ambientale, per aver ricoperto la carica di responsabile del reparto tintoria e dell’impianto di depurazione dal 1973 al 1988. Lomonaco è imputato anche in qualità di responsabile della fabbrica dal 2000 al 2003.
Paradossalmente il 28 marzo 2011 il Comune di Praia a Mare ha deciso di costituirsi parte civile nel processo in corso di svolgimento presso il tribunale di Paola. In pratica la Giunta ha votato a favore di un provvedimento che, all’interno dello stesso processo, vedrà l’amministrazione comunale contrapposta al sindaco imputato.
A parte il sindaco Lomonaco, Pietro Marzotto e Antonio Favrin, gli altri imputati sono: Silvano Storer, Vincenzo Benincasa, Attilio Rausse, Ernesto Fugazzola, Salvatore Cristallino, Giuseppe Ferrari, Jean De Jaegher, Lamberto Priori e Lorenzo Bosetti. Tutti gli imputati sono accusati di omesso controllo sulla sicurezza all’interno dell’ ex fabbrica dei Marzotto, mentre alcuni di loro sono chiamati a rispondere anche di delitto e omicidio colposo.
Pietro Marzotto gestisce ancora direttamente le fabbriche e i dipendenti dell’ omonimo Gruppo, Favrin è vicepresidente vicario di Confindustria Veneto, Storer è stato dirigente di marchi importanti come Benetton e De Jaegher è consigliere di Hugo Boss e Zucchi. E’ quello che riportano Francesco Cirillo, Giulia Zanfino e Luigi Pacchiano nel libro Marlane: la fabbrica dei veleni (editore Coessenza). Inoltre, gli autori scrivono nel libro che Calabria e Sicilia non hanno ancora fornito una mappatura del rischio amianto all’interno dei loro territori.
A parte il quotidiano Il Manifestoche ha seguito spesso la vicenda dell’ex stabilimento tessile di Praia a Mare, il processo per le decine di morti di ex operai della fabbrica del cosentino è stato ignorato dai media nazionali, probabilmente anche a seguito dei numerosi rinvii del dibattimento. Tuttavia Praia a Mare arriva dopo Casale Monferrato, quasi a voler ricordare che la storia dei processi per amianto in Italia è ancora tutta da scrivere e da seguire.
 

pc 21 luglio - OPERAI INNOVA: PRESIDIO E BLOCCO CAMION ALL'ALFA DI ARESE


Arese, 20 luglio 2012 - Lo avevano annunciato, «fino a quando non sarà convocato l’incontro con le proprietà dell’area e non saranno individuate soluzioni occupazionali faremo iniziative di protesta tutti i giorni». E così anche ieri mattina, dopo il blocco della portineria sud-ovest di mercoledì, i sessanta lavoratori licenziati il 12 febbraio 2011 dall’Innova Service di Arese, l’azienda che gestiva le portinerie e la manutenzione dell’area ex Alfa Romeo, hanno bloccato dalle 10 alle 11 i cancelli di Automotive.
Armati di bandiere del sindacato e sedie hanno fatto un presidio di protesta davanti all’ingresso dell’ex silos della automobili prodotte nelle catene di montaggio dell’Alfa Romeo di Arese che da alcuni mesi è diventato un centro di vendita e assistenza di auto di tutte le marche.
In fila, seduti, arrabbiati, per un’ora i licenziati hanno bloccato i camion carichi di macchine diretti al deposito, creando qualche disagio al traffico. «Se non alziamo la voce si dimenticano di noi», spiega una delle ex operaie.
«Andremo avanti anche nei prossimi giorni, fino a quando il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, non ci comunicherà la data dell’incontro con le proprietà dell’area - spiega Corrado Delle Donne, coordinatore nazionale dello Slai Cobas - i tempi dovrebbero essere brevi, auspichiamo che i padroni dell’area vogliano sedersi ad un tavolo per discutere sul futuro occupazionale dei sessanta lavoratori che sono da 17 mesi in mezzo alla strada».
Ai toni polemici si aggiunge anche la nostalgia, «qui vengono portate le macchine prodotte dalla Fiat in altri stabilimenti, anche all’estero, è una vergogna. Hanno chiuso le attività produttive ad Arese, licenziato migliaia di operai e ora come beffa portano qui le auto fatte da altri», conclude Delle Donne. Secondo il sindacato di base nell’area ex Alfa Romeo il lavoro c’è dunque aziende, proprietà dell’area e le istituzioni che hanno sottoscritto gli Accordi per la reindustrializzazione devono impegnarsi per trovare un posto di lavoro alle sessanta persone licenziate da Innova Service. Per loro il nuovo Accordo di Programma in discussione in Regione è un miraggio troppo lontano, non possono aspettare così a lungo anche se discussione sulla Valutazione Ambientale Strategica è ripartita e l’approvazione dell’Adp potrebbe arrivare per la fine del 2012.
Il calvario di questi lavoratori è iniziato nel 2004 quando sono stai assunti dalla società Rina per la gestione della portineria, pulizie e piccole manutenzioni. Nel 2009 alla Rina è subentrata Innova Service, «ma - ricorda un’operaia - fin dal primo giorno abbiamo capito che voleva sbarazzarsi di noi. Prima con i provvedimenti disciplinari, poi ci hanno negato i diritti sindacali fondamentali, poi la cassa integrazione annullata dall’Inps, infine il 2 febbraio dello scorso anno il licenziamento».
di Roberta Rampini

venerdì 20 luglio 2012

pc 20 luglio - proletari comunisti speciale sentenza G8


pc 20 luglio - Speciale India - documento del CC del PCI maoista - Settimana della Memoria dei Martiri 28 luglio-3 agosto 2012


IL “SALUTO ROSSO” DEI MAOISTI INDIANI AI COMPAGNI RIVOLUZIONARI CADUTI NELLA LOTTA.

Avanzare con risoluta determinazione nel sentiero della guerra popolare per realizzare gli scopi dei nostri grandi martiri!
Comprendiamo e schiacciamo la politica dell’inganno del nemico e salvaguardiamo la direzione e le nostre forze soggettive!
Rafforziamo il Partito e avanziamo nella guerra popolare!

Appello del CC del PCI (Maoista) al Partito, ai comandi e ai combattenti dell’Esercito Popolare-EPGL e alle masse rivoluzionarie a celebrare con spirito rivoluzionario una “Settimana della Memoria dei Martiri” dal 28 luglio al 3 agosto 2012.

Cari compagni,
nella lotta fino all’estremo sacrificio per la vittoria della Rivoluzione di Nuova Democrazia in India lungo la via della guerra popolare di lunga durata mostrataci dai fondatori del nostro partito, dai nostri grandi dirigenti e martiri, Compagno Charu Mazumdar e Compagno Kanhai Chatterji, per la instaurazione del socialismo fino al comunismo, più di 150 degne figlie e figli del proletariato e masse hanno dato le loro vite inestimabili. Molti di loro hanno perso la vita in falsi scontri armati, assassinati dalle forze armate governative. Il Comitato Centrale del nostro Partito rende il suo umile e rosso omaggio a tutti i nostri amati martiri e si dedica ancora una volta al conseguimento dei loro obiettivi. Il CC chiama il Partito, l’EPGL, i Comitati Popolari Rivoluzionari (CRP), le organizzazioni di massa e le masse rivoluzionarie a celebrare con spirito rivoluzionario la Settimana della Memoria dei Martiri, per i nostri amati martiri, dal 28 Luglio al 3 Agosto 2012, per tenere alto il loro sacrificio e ribadire il nostro impegno a realizzare i loro obiettivi. Celebriamo queste giornate di memoria rivoluzionaria per rendere omaggio ai martiri mentre abbiamo ancora vivo il loro ricordo, per impegnarci ancora alla realizzazione dei loro sogni e avanzare per raggiungere le nostre mete, riempiendo i nostri cuori del loro esempio. Giorni, allo stesso tempo, pieni di dolore smisurato, di esempio immortale e responsabilità imprescindibili.
Superiamo ogni tipo di difficoltà e ostacoli creati dalle classi nemiche per impedirci di celebrare la Settimana della Memoria dei Martiri come un’occasione rivoluzionaria per imparare dalle loro vite e dalla loro pratica ispiratrici e dedicarci a portare i loro alti scopi, superando anche il nostro dolore. Teniamo alta la bandiera rossa che ci hanno lasciato questi valorosi combattenti che hanno dato la vita in battaglia, puntiamo i nostri fucili contro i nemici e avanziamo con la massima determinazione nella oppressiva per le masse. I nostri amati martiri hanno dato la vita combattendo valorosamente contro di essa. La maggior parte di loro ha perso la vita difendendo le conquiste della guerra popolare, del popolo, del partito e dell'esercito popolare, difendendo ed espandendo le nuove emergenti zone di guerriglia e sostenendo gli organi del nuovo potere democratico nelle zone di guerriglia e nelle basi guerrigliere. Hanno combattuto valorosamente il nemico e dato la vita, aggiungendo nuovi capitoli alla storia della guerra popolare. Alcuni compagni sono morti per incidenti e malattie, caduti principalmente per la mancanza di assistenza medica per la repressione del nemico. Altri sono morti a causa della torture per mano del nemico e in carcere. Comunque siano morti, l’esempio, la pratica disinteressata e il sacrificio di tutti questi martiri hanno lo scopo di liberare il popolo del nostro paese e le masse oppresse del mondo da ogni tipo di sfruttamento e oppressione. Ecco perché il loro martirio è più alto dell'Himalaya e merita di essere ricordato.
Quest'anno la Settimana della Memoria dei Martiri ci reca il dolore insopportabile e supremo di un grande martire, dirigente della rivoluzione indiana, comandante della guerra popolare, membro del nostro Politburo e amato dirigente delle masse oppresse, il compagno Mallojula Koteswara Rao, alias Kishenji, assassinato in un falso scontro il 24 Novembre 2011, caduto nella trappola tesagli dai servizi segreti e dai governi dello Stato centrale e del Bengala. Questo barbaro assassinio da parte della cricca guerra popolare!
Le classi dominanti reazionarie indiane, col massimo sostegno, guida e aiuti di ogni tipo degli imperialisti, in particolare gli imperialisti USA, stanno portando avanti in tutto il paese e su più fronti l'Operazione Green Hunt, che nella sua seconda fase sta diventando sempre più mortale, terribile e Sonia-Manmohan-Chidambaram Pranab Mukherji-Jairam Ramesh, cricca fascista della classe dominante, in combutta col primo ministro del Bengala Occidentale Mamta Banerji, ha causato una perdita immensa per il movimento rivoluzionario indiano.
Il compagno Koteswarlu era nato nel 1954 da una famiglia piccolo borghese della città di Peddapally, distretto di Karimnagar, in Andhra Pradesh. Nei suoi 38 anni di vita rivoluzionaria crebbe da semplice organizzatore a membro del Politburo e si conquistò un posto permanente nel cuore delle masse, come dirigente molto popolare. Sviluppò la sue attività rivoluzionarie in Andhra Pradesh, Dandakaranya, Bengala e altri Stati indiani del Nord. Come membro fondamentale dei comitati di Partito superiori (statale e centrale) che prendono le decisioni che possono trasformare e far avanzare il movimento, assunse responsabilità importanti e svolse un grande ruolo. Era creativo e pieno di impegno rivoluzionario. Ebbe un ruolo esemplare nell’assumere con fermezza la linea del partito e nel condurre la lotta tra le due linee nel partito contro l'opportunismo che rialzava la testa nel partito, e nel rafforzare il partito impartendo educazione ideologica e politica attraverso il marxismo-leninismo-maoismo. Ebbe un ruolo eccezionale e di grande ispirazione nello sviluppo delle zone di guerriglia del Nord Telangana e Dandakaranya, nella prospettiva di svilupparle in basi d’appoggio; nella costruzione dell'esercito popolare; nell’estensione e sviluppo del movimento rivoluzionario nel Nord e nell'Est dell'India; nella costruzione del potere di nuova democrazia che emergeva in forma embrionale, sviluppando e rafforzando il partito nel mantenere rapporti di solidarietà con le organizzazioni rivoluzionarie estere; nello scatenare l'onda della rivolta popolare del Lalgarh.
Da dirigente di partito, lavorava giorno e notte per sviluppare la guerra popolare in tutti i settori in cui ha operato. Dedicò particolare attenzione alla propaganda rivoluzionaria e alla pubblicazione di scritti rivoluzionari e riviste per incoraggiare il popolo indiano ad aderire alla pratica rivoluzionaria, insegnandogli la politica rivoluzionaria. Dedicò la sua penna alla liberazione delle masse oppresse, scrivendo articoli, poesie e traduzioni. Il livello senza precedenti delle reazioni delle masse, dei partiti e intellettuali rivoluzionari, di vari settori di popolo che dalle diverse parti del nostro paese e a livello internazionale hanno duramente condannato il complotto attraverso cui le classi dominanti indiane lo hanno assassinato, e che gli hanno reso omaggio, lo definiscono come un grande dirigente. L'odio del nostro partito, dell’EPGL e delle masse rivoluzionarie contro le classi dominanti che hanno assassinato il nostro amato dirigente, lo hanno torturato nel modo più disumano e crudele, si è moltiplicato. Se per il movimento rivoluzionario indiano la sua perdita è irrimediabile, il movimento, il partito e l’EPGL, cresciuto grazie al sacrificio di migliaia di nostri martiri, compreso il compagno Kishenji, le inestimabili esperienze che ci hanno lasciato e gli ideali che hanno affermato sono garanzia del fatto che molti altri dirigenti come il compagno Kishenji si faranno avanti. Teniamo alte le idee e i valori affermati dal compagno Kishenji nella sua vita, nella lunga pratica rivoluzionaria e anche nella sua morte. Rendiamole ad ogni passo parte della nostra pratica e avanziamo.
Nell’ultimo anno abbiamo perso due dirigenti di livello centrale, uno in Dandakaranya e l'altro in Nord Telangana e un compagno dirigente di Comitato Regionale in Asom. Il compagno Harak (Srikanth), del Comitato Speciale di Zona (CSZ) del Dandakaranya Committee è morto all'età di 48 anni il 26 febbraio 2012, per una grave malattia cardiaca. Il compagno Gundeti Sankar (Seshanna) della CSZ del Nord Telangana è morto improvvisamente a 47 anni per il morso di un serpente il 18 marzo 2012. Il compagno Srikanth aveva militato nel partito Bandiera Rossa e nel 1993 si unì al nostro partito. Ha operato nelle aree urbane e nella pianura di Chhattisgarh, tra i lavoratori, i giovani, gli studenti, e nel settore culturale. Dal 1998 ha lavorato nella divisione Gadchiroli del DK e nel 2005 è stato eletto nel CSZ del DK. Ha diretto il movimento della divisione Gadchiroli fino alla fine, diventando un dirigente amato dalla gente del posto. Nonostante i malanni dovuti alla grave malattia cardiaca, era sempre sorridente e l’allegria che diffondeva conquistava l'amore dei quadri. Era redattore della rivista Prabhat (organo politico di zona DK) e diede il suo contribuito al lavoro della rivista e di propaganda. La morte prematura del compagno Seshanna, a causa del morso di serpente, mentre stava lavorando instancabilmente per rilanciare il movimento del Nord Telangana è una grave perdita per il partito e in particolare per il movimento del NT. Seshanna aveva 30 anni di esperienza nel movimento ed era cresciuto da compagno di cellula a dirigente di livello statale. Era un combattente coraggioso che non ha mai abbandonato il popolo, neppure sotto il fuoco delle campagne repressive del nemico. E' stato autore di molti scritti letterari, soprattutto sui martiri. Ha lavorato nelle sfere politica, militare e di propaganda e ha diretto quadri e le masse. Nonostante questa sia una grave perdita per il movimento del NT la storia ha dimostrato che questa terra di lotte può dare alla luce tanti dirigenti come Seshanna.
Quasi 30 compagni sono caduti martiri in combattimenti con forze nemiche nelle Zone Speciali di Bihar, Jharkhand, Nord Chhattisgarh. Alcuni compagni sono caduti per mano delle bande armate contro-rivoluzionarie come la PLFI e la Jan Jharkhand Mukti Parishad. Come in altre aree di movimento rivoluzionario, anche in queste zone speciali le classi dominanti indiane stanno intensificando l'offensiva militare in forme senza precedenti, realizzando anche riforme e accentuando la guerra psicologica, per intensificare i loro sforzi per spianare la strada alla razzia delle immense risorse minerarie, forestali e idriche del suolo. Anche il reazionario Piano d'azione Saranda” è parte di ciò. Gli adivasi e le altre masse oppresse stanno avanzando lungo la via rivoluzionaria sotto la guida del Partito e dell’EPGL, combattendo valorosamente le campagne repressive del governo.
Tutti i compagni caduti martiri in BJ, come i compagni Yogendra Oraon, Pancham Paswan, Gulach Munda, Bhagabat Marandi, Sri Krishna Mahato, Tapeswar Ganju, Anil Ram e altri hanno dato la vita in combattimento contro il nemico per difendere le ricchezze naturali che appartengono di diritto solo al popolo e per difendere il potere politico popolare che lì sta nascendo.
La repressione si è intensificata negli stati di Bengala, Orissa e di tutto il Nord-Est, campo d’azione dell’East Regional Bureau del nostro partito. Nel Bengala, oltre all’assassinio del compagno Kishenji, altri tre compagni sono stati uccisi in falsi scontri in Lalgarh. In Asom, dove la diffusione del movimento rivoluzionario si sta rafforzando, esercito, paramilitari e polizia nel maggio 2012 hanno inscenato un falso scontro e ucciso a sangue freddo quattro nostri compagni. P. Chidambaram che strillava contro l'espansione del movimento maoista in Asom e dintorni, ha così placato la sua sete di sangue. Uno dei compagni martiri è il compagno Siddharth Burgohain, dirigente del comitato di Asom. Gli altri tre sono i compagni Rajiv Gogoi, Arup Chetia e Kamla Gogoi. In precedenza, il compagno Pavel, comandante, era caduto martire in Asom durante un'azione militare. Queste perdite sono per noi gravi per l’importanza strategica dei movimenti delle nazionalità oppresse e del movimento rivoluzionario del Nord-Est, per il movimento rivoluzionario non solo indiano ma di tutto il Sud Asia. Tuttavia, non c'è dubbio che altri dirigenti cresceranno dai popoli del Nord-Est che giorno dopo giorno si mobilitano sempre più largamente per i loro diritti, contro le grandi dighe e le deportazioni, all’interno delle loro rivendicazioni per la liberazione nazionale.
Nel gennaio 2012, in uno scontro con la polizia, è caduto il compagno Mitu (ACM), del Comitato Organizzativo di area dello Stato di Orissa. Il compagno Ungal, della Compagnia Centrale Regionale, è caduto martire nell’esplosione accidentale di una mina il 4 gennaio 2012 e il compagno Ravi è caduto per malattia nel dicembre del 2011 mentre la sua compagnia stava andando nello stato di Orissa per realizzarvi delle azioni militari.
In Dandakaranya, il comandante del LGS Kangerghati, compagno Mahesh è morto da eroe durante un’imboscata contro le forze nemiche l’11 Ottobre 2011 nei pressi di Netanar. Il 16 agosto 2011, i compagni Badru, Gopi, Akash e Ramsai hanno valorosamente resistito alle forze di polizia che li avevano circondati e sono caduti martiri dopo aver ucciso un nemico. La polizia ha selvaggiamente bombardato con fitto lancio di granate la casa in cui si trovavano e, infine, l’ha incendiata.
I compagni Paklu e Mangli sono caduti mentre combattevano coraggiosamente contro il nemico in un’imboscata tesa dall’EPGL vicino Bhejji il 26 marzo 2012. Il comandante della squadra d’azione del West Bastar, compagno Pramod è caduto per mano di una guardia del corpo nell’attentato per eliminare il nemico del popolo Rajkumar Tamo.
Il compagno Mangu Paddam (Sukku), del DVC che lavorava per l'espansione del movimento rivoluzionario nell’India centrale nella zona di frontiera tra gli stati di Chhattisgarh e Odissa è caduto martire in uno scontro con le forze nemiche nel distretto di Raigarh del Chhattisgarh, il 27 gennaio 2012. Aveva combattuto a lungo nell’area del Nord Bastar del DK e nell’EPGL e dalla metà del 2010 operava nella zona di espansione. È questa una grande perdita per il movimento dell'area di espansione.
Nel Nord Telangana, i compagni Sukkal (ACM) e Somal (Militia) sono stati uccisi in un falso scontro a Charla, distretto di Khammam. Il compagno Sutari Papa Rao (comandante LGS) è caduto in combattimento a Sayannapalli, distretto di Khammam.

Nell’ultimo anno abbiamo perso anche alcune compagne di valore. La compagna Svarupa (Sunita) da 28 anni al servizio dell’apparato nel comitato dello stato dell’AP e CC e in DK negli ultimi anni, è morta per un cancro al seno nel marzo 2012. Una militante clandestina, disinteressata, che ha servito il popolo, ha protetto i più alti dirigenti del partito come la pupilla dei suoi occhi durante la sua lunga militanza nell’apparato. In tutta la sua vita rivoluzionaria affrontò diversi problemi come la malattia, la perdita dei suoi compagni di vita, il patriarcato, la solitudine, ecc., ma li superò grazie all’esempio dei martiri e allo spirito bolscevico di mettere in pratica l’ideale. Il 20 agosto 2011, la compagna Ramko Hichami (Ranita) è stata circondata dalle forze nemiche nel villaggio di Makadchuvva, distretto Gadchiroli di DK, ma non ha esitato un secondo e con grande coraggio col suo fucile 303 ha eliminato tre commandos CoBRA/C-60 e ferito altri quattro paramilitari, prima di morire da eroina. Un battaglione le ha tirato contro migliaia di proiettili, decine di bombe a mano e colpi di mortaio, che lei ha affrontato con grande determinazione bloccando per ore il nemico sulle sue posizioni e infliggendogli gravi perdite. La compagna Ranita era la presidente dell'Area Chadgaon Janatana Sarkar, una combattente coraggiosa e figlia amata delle masse oppresse che ha scritto una pagina di coraggio e il suo nome in lettere rosse nella storia della guerra popolare e della nascita della società di Nuova Democrazia. Il 31.5.2012 le compagne Sameera, Ameela e Aruna sono cadute in combattimento contro forze nemiche nell’area di Mainpur al confine tra Chhattisgarh e Orissa. La compagna Sameera era nata nel distretto di Nalgonda, in AP. Militava nel plotone di protezione del comitato di Stato AP ed è stata una valorosa combattente che per anni ha messo a rischio la sua vita per difendere la direzione del partito. Dal 2009 ha preso parte al movimento DK e ha lavorato tra le donne nell’East Bastar. In seguito ha lavorato nell’area LOS di Gobra, nella divisione Mainpur, diventando segretaria di AC e conquistando un posto nel cuore delle masse oppresse come una delle dirigenti più amate. La compagna Aruna era nata in DK ed ebbe lì la formazione di rivoluzionaria. Era un’importante ACM che aveva conquistato la fiducia del partito e del popolo del Mainpur. La compagna Ameela era una grande artista culturale, anche quando era molto impegnata in DK come attivista del ACM. La divisione Manipur sta giocando un ruolo cruciale nell’espansione del movimento rivoluzionario nell’India centrale, fronteggiando perdite irreparabili come questa. Questi affidabili e amate giovani donne martiri per il partito e il popolo continueranno a vivere per sempre nei nostri ricordi. I loro nomi sono scritti in lettere rosse. La compagna Sombari della divisione Darbha è morta in modo straziante, per le ustioni, durante un'azione militare. A questa giovane donna combattente è stato reso grande omaggio da parte del popolo e dei suoi compagni, combattenti dell’EPGL.

Il compagno BSA Satyanarayana è stato un leader del movimento della classe operaia, direttore del giornale operaio “Sramajeevi”, dirigente e avvocato del popolo e lavorava instancabilmente per la liberazione dei prigionieri politici. È morto il 22 giugno 2012. I suoi quasi quarant’anni di pratica rivoluzionaria al servizio dei diritti dei lavoratori, dei diritti civili e dei prigionieri politici hanno un valore inestimabile e sono un esempio da emulare per tutti quelli che si schierano dalla parte degli oppressi. Il nostro CC rende umile e rosso omaggio alla sua grande memoria.
Nell’ultimo anno si sono verificati diversi episodi di persone comuni, attivisti di organizzazioni di massa e degli organi di governo popolare rivoluzionario morti sotto il fuoco della polizia, per torture mentre erano in custodia o morti in falsi scontri dopo essere stati sequestrati dalle loro case e assassinati a sangue freddo. In particolare, in una sparatoria forsennata che ha ricordato il massacro di Jallianwalah, nella zona di Basaguda, distretto di Bijapur in DK il 28.6.2012 le famigerate forze COBRA e la polizia hanno circondato la folla da ogni lato e ucciso 17 persone inermi tra cui donne, bambini e ragazzi delle scuole dei villaggi di Sarkinguda, Penta Raju e Kothaguda. Altre decine di loro sono stati feriti. Due altri abitanti del vicino villaggio di Imlipenta sono stati uccisi, portando il totale a 19. Sarà ricordato come un altro esempio della natura sempre più fascista e della ferocia del nemico. I compagni Sodi Nani (vice comandante di plotone della milizia), Venjam kelu (membro della milizia), del villaggio di Madkami Maasa del Chikpal in Sud Bastar, Podiyami Maasa, l’anziano attivista delle organizzazioni di massa, compagno Yadav Negi del villaggio Innar nell’Est Bastar e alcune altre persone sono state assassinati in falsi scontri o in posti di blocco della polizia in varie zone del DK. Come parte della Operazione Haka condotta da circa 3000 tra paramilitari e polizia nella area di Maad, Dunga Dhurva del villaggio di Toke è stato picchiato a morte. Akali Devi e suo figlio sono stati uccisi dal fuoco di un mercenario nel villaggio di Tirra, distretto di Gumla, in Jharkhand.

Compagni,
la crescente intensificazione della crisi economica imperialista sta colpendo profondamente anche l'economia indiana. Per uscire dalla loro crisi gli imperialisti, in particolare gli imperialisti americani, e le classi compradore al potere nei paesi semi-coloniali e semi-feudali cercano di schiacciare senza pietà qualsiasi tipo di forza che si riveli essere un ostacolo ai loro investimenti, alla razzia delle risorse e dei mercati. L'occupazione dell'Iraq e dell'Afghanistan, l’intervento diretto in Libia e i continui interventi in Pakistan e Siria, le minacce verso l'Iran e la Corea del Nord, il lancio nelle Filippine e in l'India delle più reazionarie operazioni estese a tutto il paese e su più fronti, come la Operazione Oplan Bayanihan e l'Operazione Green Hunt, rispettivamente in Filippine e in India, per sopprimere ferocemente i movimenti rivoluzionari, sono tutti finalizzati a realizzare i loro interessi economici e politici. Stati del centro, orientali e del Nord-Est dell’India, ricchi di immense risorse minerarie, forestali e idriche, sono in particolare presi di mira. Nel tentativo di sopprimere brutalmente ogni tipo di forza rivoluzionaria, democratica e patriottica che si opponga alla rapina indiscriminata delle risorse di tutto il paese, allo sfruttamento e all’oppressione, le classi dominanti portano avanti una massiccia offensiva militare mirata contro il nostro partito che sta armando il popolo, contro l’EPGL e contro gli organi del nuovo potere popolare rivoluzionario.
Anche se in questa offensiva abbiamo subito gravi perdite in termini di dirigenti e forza soggettiva, nelle nostre aree di forza il movimento rivoluzionario si mantiene e sfida il nemico, provocando perdite alle forze nemiche nel corso di diverse campagne di contro-offensiva tattica.
Il movimento rivoluzionario si sta estendendo in nuove aree e in alcune zone cresce all’interno delle zone di guerriglia. Ci stiamo impegnando duramente per Bolscevizzare il partito. Inoltre, in particolare, il nostro partito sta denunciando ideologicamente e politicamente il modello di falso sviluppo delle classi dominanti. In DK, BJ, Bengala e AOB si è costruito, anche se in forma embrionale, un modello di sviluppo alternativo. In DK si sono formati e stanno lavorando Janatana Sarkars a livello di divisione.
Il nostro partito sta cercando di combattere unitariamente con i movimenti di liberazione nazionali del nostro paese e con gli altri movimenti di masse e comunità oppresse che si schierano a loro sostegno. Dai tempi dei movimenti di Naxalbari e Srikakulam a oggi, tutti i provvedimenti, le leggi o le riforme riguardo i diritti dei contadini poveri e degli adivasi sono state tutti decisi dalle classi dominanti allo scopo dichiarato di ridurre l'influenza dei movimenti maoisti. A tutt’oggi non si può discutere di sviluppo senza discutere il modello di sviluppo alternativo maoista e l'alternativa politica ed economica rappresentata dai maoisti. La ragione che sta dietro è il significato della linea politica del nostro partito e della pratica della guerra popolare. Dato che il nostro partito, per i suoi immensi sacrifici e la sua corretta alternativa politica, è considerato dalle masse oppresse del nostro paese un raggio di speranza, lo Stato sta cercando di schiacciare nel più breve tempo possibile il nostro partito e la sua direzione. È per questo che ricorre alla massiccia offensiva militare contro di noi.
I successi politici ottenuti, l’avanzata della Guerra popolare, l’espansione della guerra di guerriglia e del movimento rivoluzionario, l’istituzione e sviluppo del potere politico popolare, il sostegno e la solidarietà che la nostra Rivoluzione di Nuova Democrazia (RND) sta ottenendo nel nostro paese e all'estero non sarebbero stati neppure immaginabili senza il sacrificio dei martiri, gli ideali e i valori che hanno impartito alla società e che hanno affermato all'interno del partito. È grazie all’ispirazione e al grande esempio pratico dei compagni Charu Mazumdar, Kanhai Chatterji e delle migliaia di martiri, con lo spirito del loro sacrificio, che il nostro partito è in grado di superare ogni tipo di situazione sfavorevole e di avanzare verso la vittoria della RND.

Compagni,
la situazione oggettiva nel nostro paese e nel mondo diventa sempre più favorevole alla rivoluzione. Tutti i tipi di contraddizioni sociali si stanno acutizzando e fanno sì che il popolo si unisca sempre più ai movimenti e lo porta a scegliere la via rivoluzionaria. Se vogliamo far avanzare la rivoluzione nel nostro paese verso la vittoria utilizzando questa eccellente situazione rivoluzionaria, allora dobbiamo realizzare i seguenti compiti immediati con l'obiettivo di assolvere il compito centrale indicato dal nostro 9° Congresso, il Congresso dell’Unità, e cioè sviluppare la guerra di guerriglia in guerra di movimento e sviluppare l’EPGL in EPL trasformare il Dandakaranya e il Bihar-Jharkhand in aree liberate.
Se vogliamo far avanzare la rivoluzione verso la vittoria, utilizzando l’eccellente situazione oggettiva, dobbiamo migliorare ancor più rapidamente la nostra situazione soggettiva. Evitare le perdite delle nostre forze soggettive, in particolare evitare le perdite ai livelli superiori della direzione, è uno dei compiti più importanti che il nostro partito ha di fronte. È vero che il popolo genera i capi rivoluzionari nel corso della rivoluzione. Ma è altrettanto vero che una volta che si perdono questi capi, dirigenti che per decenni hanno maturato una vasta esperienza e hanno guidato il partito con incrollabile fiducia nel popolo e nella rivoluzione, non è tanto facile generare nuovamente tali dirigenti. È un principio generale della guerra che l’obiettivo è preservare le nostre forze per quanto possibile, e infliggere perdite alle forze nemiche per quanto possibile. Dobbiamo assumere seriamente la salvaguardia della nostra direzione, la riduzione delle perdite delle nostre forze soggettive e la prevenzione di perdite inutili e sforzarci di ottenere ciò osservando il principio generale già detto.
Errori e carenze nello studio della strategia del nemico e nell’applicare contromisure tattiche, comprendendo le tattiche adottate dal nemico di annientare la nostra direzione e le forze soggettive, come parte della sua strategia, sono le ragioni delle gravi perdite che stiamo subendo. Per questo ci deve essere un cambiamento nei nostri metodi di lavoro, in accordo con la situazione oggettiva, il livello del movimento e i nostri compiti. I nostri metodi di lavoro devono essere migliorati in modo che le tre armi magiche per la vittoria della rivoluzione il partito, l'esercito popolare e il fronte unito - si consolidino e si rafforzino. Ciò creerebbe la base per la riduzione delle nostre perdite. Allo stesso modo, dobbiamo bolscevizzare il partito ideologicamente, politicamente, militarmente e organizzativamente per preservare le nostre forze soggettive e rafforzarle.
Aumentare la nostra base di massa è fondamentale per risolvere tutti i problemi che stiamo affrontando oggi. Una forte base di massa sarà anche precondizione fondamentale per superare le perdite che abbiamo subito. Dobbiamo quindi cercare di sostenere e costruire una forte base di massa. A questo scopo dobbiamo mobilitare politicamente il popolo e consolidarci. Dobbiamo mobilitare le masse in vari movimenti e lotte, e in particolare dobbiamo mobilitare i contadini in forma ampia e militante in un movimento agrario rivoluzionario. In generale, dobbiamo mobilitare attivamente le masse rivoluzionarie nella guerra popolare. Dobbiamo mostrare grande abilità nel battere i programmi d'azione civica, le finte riforme, gli attacchi di bande assassine e la guerra a tradimento che applicano nel quadro della strategia LIC, mobilitare strati di classe media e gli intellettuali basandoci su operai e contadini.
Dobbiamo ulteriormente intensificare la guerra di guerriglia nelle zone del nostro paese in cui già infuria impetuosamente. Dobbiamo espanderla a un’area più vasta. Il nemico impiegherà ogni tipo di azione contro-rivoluzionaria per limitare le nostre zone di guerriglia e le zone di movimento in aree sempre più piccole per porre fine alla guerra nel minor tempo possibile (annientandoci o indebolendo qualitativamente la nostra forza di combattimento). Dobbiamo sconfiggere i loro sforzi mobilitando ampiamente le masse, intensificando ed espandendo la guerra di guerriglia, consolidare e ampliare gli organi di potere del popolo e le basi della guerriglia, ampliando le aree di guerriglia, sviluppando il movimento passo dopo passo, sostenendo i successi della guerra popolare ed estendendo la guerra in modo che continui in forma prolungata.
Armare ulteriormente il popolo per rafforzare il potere politico popolare e le basi guerrigliere dove le abbiamo costruite, ed espanderle ad altre aree, è uno dei compiti più importanti che dobbiamo affrontare. Dobbiamo sviluppare tutti i tipi di agitazione di massa e lotte di classe, in particolare le lotte per la terra e contro le deportazioni, armare il popolo che si aggrega in queste lotte e incoraggiare il popolo a costruire il potere politico popolare, rifiutando il potere statale delle classi dominanti e stabilire le aree liberate attraverso la costruzione di un forte esercito popolare. Per fare ciò e decisivo mobilitare attivamente il popolo nella guerra popolare.
Il dispiegamento dell’esercito in Bastar, l’apertura di scuole di addestramento dell'esercito, l’addestramento speciale di forze di brigata, la formazione di nuovi battaglioni ogni anno, l’enorme crescita della spesa militare, la costruzione delle infrastrutture necessarie per l’impiego della forza aerea, l'acquisto-noleggio e l'utilizzo di elicotteri e UAV, sono tutti parte della massiccia offensiva militare multilaterale detta Operazione Green Hunt (OGH). Il dispiegamento dell'esercito in Bastar non serve solo a cancellare il movimento esistente ma anche a colpire i movimenti in Andhra Pradesh, Maharashtra e Orissa, che confinano col Bastar e perfino i movimenti in Jharkhand, Bihar, e gli altri Stati indiani del Nord ed Est e i movimenti nell’India meridionale e occidentale, puntando così ad annientarci in tutto il paese. Ecco perché dobbiamo produrre uno sforzo particolare per costruire un movimento di massa vasto e militante nelle nostre aree di movimento, nel paese e all'estero di opposizione al dispiegamento dell'esercito nelle aree di movimento e concretamente in Bastar.
Nelle massicce operazioni speciali recentemente realizzate in DK, Jharkhand, Bihare Orissa da forze nemiche a livello Brigata, sono stati utilizzati COB, AOB, UAV. Stanno completando tutti i preparativi per il loro impiego su una vasta scala (raccolta di informazioni, bombardamenti e mitragliamenti). Dobbiamo mobilitare su larga scala tutti i settori del popolo contro l'uso di aerei e droni. Dobbiamo legare questo ai movimenti che si stanno opponendo all'uso dei droni a livello internazionale, in particolare in paesi come Afghanistan, Pakistan, Yemen, Iraq, Palestina, ecc. Dobbiamo sforzarci di mobilitare la solidarietà internazionale contro il dispiegamento dell’esercito e l'uso dei droni nelle nostre aree di movimento. Infatti, le centinaia di migliaia di forze armate, paramilitari, forze di polizia e il numero di elicotteri impiegati nelle nostre aree di movimento è superiore al numero di forze armate, aerei o elicotteri delle Forze aeree della maggior parte dei paesi del mondo. Dobbiamo denunciare questo fatto al popolo del nostro paese e del mondo e mobilitarli.
Come i colonialisti prima del trasferimento del potere nel 1947, oggi i loro tirapiedi producono leggi brutali quali AFSPA, UAPA, MCOCA, CSPSA, oltre ad altre leggi draconiane quali il PD Act, l’NSA, Prevention of Arms Act, ecc., che negano il diritto alla vita e gli altri diritti fondamentali del popolo. Si sono intensificati i preparativi per la formazione del NCTC (National Counter-Terrorism Centre) che diventerà il più famigerato tra tutte le istituzioni repressive. Questo è modellato sul NCTC degli Stati Uniti e sarà costituito e gestito sotto la guida degli imperialisti americani. Il suo fine è sopprimere completamente chi lotta senza alcun controllo. Le classi dominanti intendono utilizzare questo come uno strumento per stabilire un tipo di potere militare, dittatoriale e di emergenza. Se questa istituzione sarà completata, i diritti civili perderebbero ogni significato. Ciò diventerebbe un pericolo non solo per il popolo indiano ma per tutti i popoli del Sud Asia.
L'obiettivo delle classi dominanti è non solo spazzare via il movimento rivoluzionario, ma schiacciare brutalmente anche le masse che lottano per le loro legittime richieste, i movimenti di liberazione nazionale del popolo del Kashmir e del Nord-Est, ogni tipo di movimento democratico e i movimenti anti-deportazione. Per questo stanno adottando leggi draconiane e trasformando il sistema giudiziario in senso più autoritario e intensificando la loro “guerra contro il popolo”.
Al momento uno degli aspetti più importanti dell’azione repressiva del nemico è arrestare i nostri compagni (dai membri CC ai militanti del partito, alla gente comune), montare contro di loro false imputazioni e rinchiuderli tutti in prigione per anni. Vengono loro inflitte condanne a morte o a vita, i loro appelli sono respinti o, se anche li vincono, vengono nuovamente arrestati alle porte della prigione e contro di loro sono mosse nuove accuse. Ai prigionieri politici sono negati i diritti fondamentali, in particolare l’assistenza medica, e sono torturati in diversi modi. Dall’altra parte, sono quotidianamente calpestati i diritti del popolo e si perpetrano massacri che ricordano quelli Hitleriani. Per questo costruire e rafforzare un forte e unito movimento per i diritti civili che riesca a combattere tutto ciò con forza è uno dei compiti più importanti che abbiamo di fronte.

Compagni,
celebriamo la Settimana della Memoria dei Martiri con spirito rivoluzionario in ogni angolo del nostro paese. Per sconfiggere l’offensiva generale della Operazione Green Hunt, portata avanti come parte della guerra LIC del nemico. Solleviamo in questa occasione come nella nostra vita quotidiana i valori, gli ideali, il sacrificio, il coraggio, il valore, la dedizione al popolo e l'impegno che abbiamo imparato dalla vita e dalla pratica dei nostri amati martiri. Propagandiamoli tra il popolo su vasta scala e in modo creativo, in diverse forme. Pubblichiamo le storie della vita disinteressata dei martiri, costruiamo monumenti ai martiri e rendiamo loro grande omaggio. Tingiamo di rosso le “colonne dei martiri” che abbiamo costruito e abbelliamo l’area intorno, in modo che il popolo possa rendere omaggio ai martiri di fronte ad esso, non solo in questa occasione ma anche in tutte le ricorrenze rivoluzionarie dell'anno. Pubblichiamo e diffondiamo diversi tipi di materiali di propaganda sui martiri in forma di opuscoli, manifesti, striscioni, cartoline, calendari, ecc. e facciamoli circolare largamente tra le masse.
Nelle aree di movimento in tutto il paese il popolo continua la tradizione rivoluzionaria di costruire colonne in memoria dei martiri in centinaia di villaggi. Tuttavia, in diversi casi polizia e paramilitari stanno distruggendo completamente o parzialmente queste colonne o costringono la gente a distruggerli. In molti villaggi il popolo si sta opponendo. Si stanno ricostruendo le colonne distrutte con nuova determinazione. Dobbiamo elevare ulteriormente la coscienza del popolo, denunciare la distruzione dei monumenti ai martiri, intensificare in diverse forme la resistenza per difenderli, costruirli e ricostruirli, inaugurare nuove “colonne dei martiri” in ogni villaggio e combattere con coraggio e valore per realizzare le mete dei martiri. Incontriamo in questa occasione le famiglie, parenti e amici dei martiri e facciamo partecipare alle riunioni e iniziative realizzate in questa settimana. Facciamoli inaugurare le nuove “colonne dei martirie tenere discorsi sulla vita dei martiri che diano un esempio. Incoraggiamoli a portare avanti gli stessi obiettivi dei martiri. Facciamo inchiesta sui problemi delle famiglie dei martiri, cerchiamo di risolverli e diamo loro la certezza che il movimento rivoluzionario starà sempre in loro sostegno. In generale, celebriamo queste giornate solenni e ispiratrici come occasioni per rinnovare il nostro impegno alla realizzazione degli obiettivi dei martiri.

Con Saluti rivoluzionari,
il Comitato Centrale,
PCI (Maoista)

5 luglio 2012.