sabato 31 marzo 2012

pc 31-1aprile -cronache di due assemblee fiat pomigliano

Slai cobas pomigliano

Molto partecipata e tesa l’assemblea operaia di stamattina svoltasi nella sede Slai cobas di Pomigliano in cui il sindacato ha messo a punto una vera e propria controffensiva a tutto campo a tutela dei livelli occupazionali e dei diritti dei lavoratori (3.000 dei quali - di Fiat Automobiles ed ex Ergom - solo a Pomigliano, dal luglio 2013 saranno a rischio licenziamento allo scadere della cassa integrazione per cessazione di attività). A differenza della Fiom, lo Slai cobas ha impostato la strategia giudiziaria non tanto sulla rivendicazione dei diritti per l’organizzazione sindacale quanto sulla tutela diretta dei diritti soggettivi dei lavoratori, diritti oggi messi fortemente in discussione da Marchionne di concerto con CGIL-CISL-UIL (accordo interconfederale “in deroga” quali del 28 giugno 2011 e trattativa in corso con la coppia Fornero/Monti sulla controriforma di mercato del lavoro e ammortizzatori sociali).



Intanto è già stata assegnata, al giudice Vincenzo Ciocchetti di Torino (lo stesso del ricorso Fiom di luglio 2011) la causa pilota di 4 operai di Fiat Automobiles Pomigliano con la richiesta di reintegro in Fabbrica Italia Pomigliano: l’udienza si terrà al Tribunale di Torino il prossimo 28 maggio. Analogo ricorso è stato presentato da altri 4 operai di Fiat Automobiles Pomigliano al Tribunale di Nola. Tutte le cause, in tribunali diversi (Nola, Napoli in corte di appello, e Torino) impugnano gli accordi di Pomigliano sia per la illegittima deroga dell’obbligo di rotazione dei lavoratori (per fungibilità di mansioni - tra i periodi di ‘cassa’ e ripresa lavoro) e a contrasto delle discriminazioni in atto per selezionare lavoratori secondo la loro aderenza o meno ai sindacati ‘graditi’ all’azienda, che per l’illegittima e strumentale costituzione della newco FIP (Fabbrica Italia Pomigliano) realizzata in violazione all’art. 2112 del cc e sostitutiva di Fiat Gruop Automobiles che ha ormai cessato l’attività produttiva diventando una vera e propria fabbrica fantasma con funzione strumentale di parcheggio/licenziatoio. A quest’ultimo proposito la Fiat non solo ha deliberatamente e grossolanamente violato le chiare normative di legge vigenti in Italia ma finanche quelle CEE, sulle quali la corte europea si è ripetutamente ed inequivocamente sempre pronunciata in questi anni in analoghe circostanze. Non è escluso, in caso di improbabile mancato accoglimento delle richieste Slai cobas il ricorso alla magistratura europea. E in quella sede né Monti, né Fornero, né CGIL-CISL-UIL faranno in tempo a controriformare le normative.


Per tutti i ricorrenti, inclusi i 116 del reparto confino di Nola iscritti allo Slai cobas, e tutti gli altri 200 addetti a tale unità produttiva ‘logistica’ lo Slai cobas, nell’appello presentato a breve al tribunale di Napoli ribadirà la richiesta di congruo risarcimento del danno salariale subito dai lavoratori e di conseguente reintegro a Pomigliano in newco FIP. A tal proposito il sindacato registra l’ anomalia del tribunale di Nola dell’era Marchionne, che da qualche anno respinge sistematicamente tutti i ricorsi proposti dallo Slai cobas contro Fiat per comportamento antisindacale, ricorsi poi tutti invece accolti favorevolmente dalla Corte di appello del Tribunale di Napoli, nel secondo grado di giudizio, in ‘riforma’ dei precedenti giudizi di Nola. Intanto nei prossimi giorni altri 14 operai di Nola presenteranno un nuovo ricorso per mancata rotazione al tribunale di Nola, che si sommano alle cause in corso di altri 20 operai.

Slai cobas Fiat Alfa Romeo e terziarizzate - Pomigliano, 30/3/2012 – www.slaicobas.it

da operai contro

FIOM (ASSEMBLEA
PUBBLICA il 29-03-2012 A POMIGLIANO DEI CASSI INTEGRATI ). Vado a leggere il
commento, cioè il testo dell’invito:
Siamo ormai giunti al dunque fra un anno circa scadrà la cassa integrazione per
cessazione attività ed il famigerato accordo sindacale che doveva salvaguardare i
posti di lavoro di tutti è evidentemente naufragato, come da tempo noi
sottolineavamo, il terrore di perdere il posto di lavoro oramai è fatto acclarato e
non abbiamo più molto da perdere. Ecco perchè vi chiamiamo a questa assemblea perchè
siamo stanchi dei proclami e delle promesse, vogliamo avere fatti concreti sul nostro
ritorno in fabbrica con tempi certi e siamo disposti a lottare fino in fondo per
ottenere questo.Il peggioramento delle condizioni interne alla fabbrica sembra ormai
assodato e quindi lotteremo per rientrare e per cambiare quelle condizioni disumane.
Per tutti questi motivi sopra elencati abbiamo bisogno di restare insieme e di
provarci non è più il tempo di aspettare, partecipare è un vostro obbligo se volete
ritornare a lavoro, noi vi spiegheremo cosa fino ad ora abbiamo prodotto e poi
insieme decideremo quale percorso intraprendere per tutelarci il nostro futuro è
nelle nostre mani.
Cazzo, dico fra me, si sono decisi finalmente a mettere in piedi delle iniziative di
lotta volte a rispondere seriamente all'arroganza di Marchionne! Il giorno
dell'assemblea mi appresto a raggiungere il luogo prestabilito pieno di speranza.
Sono presenti più di 100 operai e con i tempi che corrono, con l’azienda che sta
scegliendo uno ad uno quelli che rientrano al lavoro, il numero non è da poco.
L'introduzione inizia con ricordare le varie iniziative della Fiom nell'affrontare
l'attacco da parte dei vertici Fiat e che con la scadenza della cassa integrazione e
l'attacco sul articolo 18 c'è bisogno di fare in fretta per cercare di intraprendere
iniziative di lotta. Poi c'è stato l'intervento di Tommaso Pirozzi, un operaio ex
Fiom, poi ex Flmu, che ha sottolineato la poca incisività della Fiom
nell’intraprendere iniziative mentre adesso è arrivato il momento di fare sul serio e
di incominciare a presidiare con una tenda i cancelli della fabbrica. A queste parole
si sono susseguiti applausi di approvazione.
Gli interventi successivi specialmente quelli dei compagni della Fiom, compreso
quello del responsabile regionale dell'auto Amendola, sono tesi a sminuire la
proposta di Tommaso perché, per loro, non bisogna mettersi contro i compagni che sono
entrati in fabbrica ma si deve prima costruire un percorso per indire una
manifestazione a Pomigliano, contarci e poi eventualmente andare a presidiare.
Nell'intervento, Amendola inizia con sottolineare gli sbagli fatti precedentemente,
ad incominciare da quello del 2002 sul tmc2, cioè sull’aumento dei ritmi accettato
dalla Fiom con la promessa, mancata, del rilancio dello stabilimento. Amendola
sottolinea anche che la Fiom non si può prendere la responsabilità della eventuale
chiusura di Pomigliano. Secondo lui, poiché gli investimenti previsti non potranno
mai ottenere la fuoruscita dalla crisi, la Fiat utilizzerà qualsiasi occasione per
prendere la palla al balzo e dire che a Pomigliano non si può lavorare e chiudere
così lo stabilimento. Ma con questo discorso, penso io, praticamente noi operai
potremo fare solo passeggiate, lotte per finta e appelli a Napolitano, visto che
appena ci muoviamo sul serio la Fiat chiude e se ne va. Se accettiamo il punto di
vista di Amendola, la cosa più “dura” che possiamo fare sono le cause. E infatti, non
manca il contributo di uno degli avvocati della Fiom, di cui non ricordo il nome, il
quale ci spiega le varie iniziative giuridiche messe in campo dalla Fiom e qui
qualcuno tra gli operai ricorda quelli di Melfi che pur aver vinto la causa
individuale stanno fuori dalla fabbrica. Su questo chiarisce tutto l’intervento di
Rosario Monda, che porta proprio come esempio la sua esperienza. Pur avendo vinto una
causa, anche in maniera definitiva, è rimasto fuori per tre anni senza salario ed ha
potuto resistere grazie alla sua volontà e alla solidarietà di altri operai. Rosario
spiega come la causa non sia bastata a garantirgli il reintegro, ma come l’abbia
ottenuto solo grazie alle iniziative che ha preso insieme ad altri operai, iniziative
sia di denuncia sulla stampa sia di azioni fuori ai cancelli. Anche Rosario propone
l’organizzazione di un presidio permanente all’Alfa, con l’obiettivo di bloccare la
produzione. Parla poi una operaia della Irisbus, che ci spiega come la rottura
dell’unità degli operai sia servita a far chiudere la loro fabbrica. Da segnalare
anche l’intervento di Peppe Iannaccone, delegato RSU dell’Avio, che risponde a quanti
hanno lamentato l’assenza di una sponda politica in parlamento. Iannaccone chiede a
costoro se si ricordano cosa hanno combinato quelli di Rifondazione nel governo
Prodi, e conclude che sì ci vuole un partito, ma che deve essere fatto da noi
operai.
Concludiamo l’assemblea con un mezzo appuntamento per un presidio alla Regione. Noi
operai sappiamo tutti che non basta, che non potremo limitarci a queste passeggiate,
ma almeno dopo mesi abbiamo ricominciato a vederci e a discutere.

Un operaio Fiat cassaintegrato di Pomigliano

venerdì 30 marzo 2012

pc 30 marzo - Per la Palestina libera, guerra popolare è l'unica soluzione

La giornata della Terra in Palestina è stata una giornata di scontri con le forze

repressive dello stato terrorista e colonialista israeliano.

UN MORTO A GAZA, DECINE DI FERITI
Dispiegamento massiccio di polizia ed esercito nei Territori Occupati in occasione della Giornata della Terra. Scontri tra soldati e manifestanti, feriti a Gerusalemme Qalandia e Gaza.


Gerusalemme, 30 marzo 2012, Nena News – Sono decine i feriti durante gli scontri al checkpoint di Qalandia vicino a Ramallah e alla Porta di Damasco della città vecchia a Gerusalemme. Centinaia i manifestanti che si sono riuniti per la Giornata della Terra e la concomitante Marcia globale su Gerusalemme.
E’ stata confermata questa sera la morte di un manifestante durante gli scontri a Gaza, particolarmente violenti nella “buffer zone”, la zona militare imposta da Israele che contorna il muro attorno alla Striscia. Si tratta di Mahmoud Zaqout, di 20 anni, colpito in pieno pezzo da un proiettile sparato dai soldati israaliani. La polizia di Hamas, in assetto anti-sommossa, ha fatto di tutto per contenere le manifestazioni ed impedire che i dimostranti arrivassero al valico di Erez con Israele. La fotoreporter italiana Rosa Schiano ha riferito che oltre all’ucciso ci sono almeno altri 16 palestinesi feriti.
A Gerusalemme, la polizia israeliana a cavallo ha caricato i manifestanti riunitisi subito dopo la preghiera del venerdì. Più di cinquecento persone hanno sfilato dalla moschea Al Aqsa verso la porta di Damasco, dove hanno trovato ad attenderli centinaia di poliziotti. I manifestanti hanno sfilato gridando “il popolo vuole la fine dell’occupazione” e si sono protetti dalle cariche dietro barricate di cassonetti della spazzatura sulla Nablus Road, all’uscita della città vecchia. All’escalare della violenza della polizia, gruppi di donne hanno incitato il corteo a proseguire la manifestazione.
Meno tesa la situazione a Betlemme, dove un cordone di poliziotti palestinesi si è disposto a protezione del checkpoint. Una cinquantina di ragazzi ha sfondato il blocco e lanciato pietre contro la torretta militare israeliana, all’ingresso del passaggio per le macchine. Staccato il cartello che a caratteri cubitali annunciava “Benvenuti a Gerusalemme” all’ingresso del checkpoint. Il fuoco israeliano ha ferito seriamente un giovane.
Diversi gli arresti: a Nabi Saleh un gruppo di palestinesi all’ingresso del villaggio, a Qalandia un attivista internazionale, che, isolato dal gruppo, è stato portato via in camionetta.
Migliaia di uomini sono stati schierati da Israele in vista della Giornata della Terra (Land Day), giorno in cui un milione di persone, tra i territori palestinesi, il mondo arabo e diversi altri paesi commemora le vittime del 30 marzo 1976. In vista della marcia verso Gerusalemme, i principali checkpoint di collegamento tra il nord e il sud della Cisgiordania, così come quelli di ingresso alla Città Santa, sono stati chiusi sin dal mattino.
Alle frontiere nesun incidente particolare sino al primo pomeriggio. In Libano, i gruppi di palestinesi che hanno tentato di dirigersi verso la frontiera sono stati fermati molto prima dalle forze di sicurezza libanesi. In Giordania migliaia di manifestanti, tra i quali anche diversi cittadini europei e una delegazione di ebrei pacifisti, si sono riversati verso il confine con Israele tra imponenti misure di sicurezza. La protesta, organizzata dal movimento islamico, ha visto la partecipazione di delegazioni anche da Siria, Iraq, Malaysia e India. Nena News

pc 30 marzo - CAMPAGNA ELETTORALE A PALERMO. PARLIAMONE!



Si avvicina l’appuntamento elettorale, in particolare perl’elezione del nuovo sindaco di Palermo, la città oltre che dall’immondizia èinvasa anche da migliaia di manifesti elettorali con le facce di più o menosconosciuti che chiedono di essere votati.
Come ogni appuntamento di questo tipo i latitanti dellapolitica ufficiali, si svegliano dal loro abituale torpore ed  entrano prepotentemente nella vita quotidianadi lavoratori, disoccupati e cittadini, occupando spettacoli televisivi,presentandosi sui posti di lavoro come fabbriche, facendo comizi in piazza epresentandosi nei mercati rionali.

In particolare nelle scorse settimane le primarie delcentro-sinistra hanno ricevuto una smisurata attenzione mediatica, i partitiche vi hanno partecipato hanno illuso migliaia di cittadini di partecipare adun grande atto di democrazia che alla fine si è risolto come tutti sappiamo:nei soliti calcoli di potere, favoritismi e clientelarismo, il risultato finaleè che dopo tutta questa prosopopea non ci sarà un candidato unico delcentro-“sinistra”.
Se queste sono le premesse figuriamoci quale dovrebbe esserel’alternativa di una coalizione di centro-“sinistra” al governo della città!

Mentre in città sono in corso vere e proprie “emergenze”permanenti come la disoccupazione, il rischio che migliaia di lavoratori dellagesip, dell’amia e dell’amat diventino disoccupati o entrino in cassaintegrazione, la casta politica sperpera migliaia di euro in campagnaelettorale.

Il Circolo di proletari comunisti di Palermo invita ilavoratori, i disoccupati e i cittadini in generale a boicottare attivamentel’ennesima farsa elettorale, è necessario esprimere una sfiducia di massa ècollettiva verso l’intera casta politica: dalla destra reazionaria, mafiosa efascista alla falsa sinistra anch’essa ammanicata con padroni e mafiosi fino aifinti partitini comunisti che pur di avere una poltrona scendono a patti con ivertici del Pd, attualmente sostenitore del governo antipopolare e deisacrifici Monti.

Il mero astensionismo non basta, invitiamo lavoratori,disoccupati e cittadinanza a discutere collettivamente come costruire una seriedi iniziative di lotta contro questa casta politica che non vuole e non puòdare risposte concrete ai bisogni del popolo e che invece è responsabile dilicenziamenti, caro vita, impoverimento in generale delle masse popolari.

Mandiamoli tutti a casa!

pc 30 marzo - Siamo dalla parte dei maoisti indiani

pc 30 marzo - nuovo foglio di proletari comunisti a sostegno della guerra popolare in india

pc 30 marzo - appello NOTAV per l'11 aprile - va raccolto


top — 29 marzo 2012 22:58 11 Aprile – L’appello del Movimento NOTAV
Questo appello è rivolto a tutti gli uomini e donne che, in questi lunghi mesi di occupazione militare, in questi mesi di lotta e resistenza NoTav, si sono schierati al nostro fianco in ogni dove d’Italia.
Grazie a voi è stato chiaro a chi ha cuore e intelligenza che la lotta dei No Tav di quest’angolo di Piemonte è la lotta di tutti coloro che si battono contro lo sperpero di denaro pubblico a fini privatissimi, contro la devastazione del territorio, contro la definitiva trasformazione in merce delle nostre vite e delle nostre relazioni sociali.
Difendere la propria terra e la propria vita è difendere il futuro nostro e di tutti. Il futuro dei giovani condannati alla precarietà a vita, degli anziani cui è negata una vecchiaia dignitosa, di tutti quelli che pensano che il bene comune non è il profitto di pochi ma una migliore qualità della vita per ciascun uomo, donna, bambino e bambina. Qui e ovunque.
In ogni ospedale che chiude, in ogni scuola che va a pezzi, in ogni piccola stazione abbandonata, in ogni famiglia che perde la casa, in ogni fabbrica dove Monti regala ai padroni la libertà di licenziare chi lotta, ci sono le nostre ragioni.

Dopo la terribile giornata del 27 febbraio, quando uno di noi ha rischiato di morire per aver tentato di intralciare l’allargamento del fortino della Maddalena, il moltiplicarsi dei cortei, dei blocchi di strade, autostrade, porti e ferrovie, in decine e decine di grandi e piccole città italiane ci ha dato forza nella nostra resistenza sull’autostrada. 
In quell’occasione abbiamo capito che, nonostante le migliaia di uomini in armi, il governo e tutti i partiti Si Tav erano in difficoltà. Si sono aperte delle falle nella propaganda di criminalizzazione, si sono aperte possibilità di lotta accessibili a tutti ovunque.

Il 27 febbraio non si sono limitati a mettere a repentaglio la vita di uno dei noi, hanno occupato un altro pezzo di terra, l’hanno cintata con reti, jersey, filo spinato.

Il prossimo mercoledì 11 aprile vogliono che l’occupazione diventi legale. 
Quel giorno hanno convocato i proprietari per la procedura di occupazione “temporanea” dei terreni. Potranno entrare nel fortino fortificato come guerra solo uno alla volta: se qualcuno non si presenta procederanno comunque. L’importante è dare una patina di legalità all’imposizione violenta di una grande opera inutile. Da quel giorno le ditte potranno cominciare davvero i lavori.

I No Tav anche questa volta ci saranno. Saremo lì e saremo ovunque sia possibile inceppare la macchina dell’occupazione militare.

Facciamo appello perché quel giorno e per tutta la settimana, che promoviamo come settimana di lotta popolare No Tav, ci diate appoggio. Abbiamo bisogno che la rete di solidarietà spontanea che ci ha sostenuto in febbraio, diventi ancora più fitta e più forte.
Non vi chiediamo di venire qui, anche se tutti sono come sempre benvenuti, vi chiediamo di lottare nelle vostre città e paesi.
Vi chiediamo di diffondere la resistenza.

Il Movimento No Tav

pc 30 marzo - Capua: contestazione a Napolitano


Capua: contestazione a Napolitano



Che Napolitano non fosse più portatore di quella sacralità e di quel consenso largo che sembrava avere nella fase di transizione dalla caduta di Berlusconi al governo Monti, sembrava chiaro già da un po. Il 30 gennaio bolognese, con la dura contestazione e le cariche della polizia durante la consegna di una laurea ad honorem al presidente della Repubblica da parte dell’Università di Bologna, ha rappresentato sicuramente l’inizio di un importante tendenza. A Bologna seguì un’altra dura contestazione, stavolta in una Sardegna messa in ginocchio dalla crisi. In quel giorno, l’esigenza di Giorgio Napolitano di difendersi affermando “non sono il presidente delle banche” è stato il chiaro segnale di come quelle contestazioni avevano colpito nel segno, smascherando così il ruolo estremamente politico, e quindi per nulla super partes come si vorrebbe far credere, del presidente.

Ed è proprio in questo quadro che si pone l’ennesima contestazione subita dal “presidente delle banche” a Capua (Ce) da parte di centri sociali e comitati ambientali. Proprio a Capua, nel bel mezzo di Terra di Lavoro, quella che una volta era la “Campania Felix”, un territorio ormai massacrato dalla speculazione, dal disastro ambientale e messo in ginocchio dalla crisi, con uno dei tassi di disoccupazione più alto del paese e migliaia di casse integrazioni. “Abbiamo pagato lo ‘sviluppo’ non pagheremo la crisi” recitava uno degli striscioni. A fronte di una speculazione edilizia senza precedenti e di un massacro del territorio e dell’ambiente che da decine di anni dura imperterrito, sempre spacciato come sviluppo e fonte di lavoro, esattamente come per la Tav in Valsusa, ci sembra davvero calzante.

La contestazione di oggi in opposizione al governo Monti-Napolitano si pone all’interno di una quadro di crisi drammatico per tutta Terra di Lavoro che vede giorno per giorno sempre più aziende chiudere i battenti. Una lotta che va anche in questo caso a saldarsi con la difesa dei beni comuni, in un territorio che da anni vede la sua popolazione battersi contro un’emergenza rifiuti perenne imposta dall’alto. E proprio a Capua si combatte un’altra dura battaglia contro l’ennesimo eco-mostro, un mega gassificatore da 90000 tonnellate che il presidente della provincia Zinzi, con la complicità di molti sindaci, vorrebbe istallare su quel territorio.

Queste sono le tendenze che ci piacciono, le tendenze che vanno nella giusta direzione.

Di seguito il comunicato dei comitati:
La città di Capua ha ospitato il presidente della Repubblica Napolitano per l’inaugurazione della riapertura del Museo Campano. L’ennesima passerella istituzionale priva di qualsiasi contenuto e dal carattere puramente demagogico.

Una Capua tirata a lucido per l’evento, teatro di una scena surreale, con strade completamente ripulite dai cumuli di spazzatura che per mesi avevano fatto da cornice al paesaggio. Una Capua blindata. Una Capua che, nonostante ogni tentativo repressivo,CONTESTA!

Centri sociali,associazioni, studenti e comitati ambientali hanno accolto la possibilità per far fronte compatto e gridare a gran voce il NO al gassifigatore che l’amministrazione comunale in pieno collasso economico, ha deciso,senza alcun consenso della cittadinanza, di ospitare nel proprio territorio in un luogo non molto lontano dal centro abitato. L’ennesimo attacco ad un territorio già martoriato frutto di uno scellerato Piano Rifiuti, il quale ha come vero fine, non il trattamento assennato del rifiuto solido urbano, ma una spregiudicata politica speculativa. Un ecomostro che viene presentato come l’unica soluzione di quell’emergenza rifiuti imposta dall’alto dal connubio di tra politica e cosche camorristiche.

Senza alcuna distinzione di sorta, sia a livello locale che nazionale, le istituzioni si presentano distanti dal Paese reale; lo stesso Napolitano si è fatto mezzo propulsore di quello che possiamo considerare a tutti gli effetti il governo delle banche, scaraventando tutta la penisola nella morsa delle politiche di austerity, lasciandola nelle mani di chi decide di “optare” per una riforma del lavoro atta a smantellare l’art.18,ovvero l’ultima pallida forma di diritto del lavoratore.

Lo stato crescente di disagio ha innescato il dilagare di una presa di coscienza collettiva, ed ha promosso la solidarietà di molti dei presenti a Capua nella giornata di ieri, i quali hanno spontaneamente iniziato ad intonare gli slogan dei contestatori, conferendo maggior forza alle loro parole perchè frutto di un’espressione popolare ancor più ampia. Ovviamente non è tardato l’esilarante tentativo di uno sparuto gruppo di tesserati PDL, che sentendo il fastidio di una contestazione cittadina che parlava di un NO assoluto al gassificatore sponsorizzato dal loro partito, hanno messo in scena una misera provocazione, immediatamente spenta dal consenso che decine di passanti hanno espresso alla manifestazione.



Centri sociali, associazione e comitati ambientali

pc 30 marzo - Sul massacro di Kandahar, comunicato del PC(M) dell'Afghanistan

Dichiarazione del Partito Comunista (Maoista) dell'Afghanistan sul massacro di Kandahar:

Intensificare e ampliare la resistenza fino all'espulsione totale e incondizionata degli occupanti e la sconfitta del regime fantoccio è l'unico metodo di principio per affrontare i crimini di guerra delle forze di occupazione

Gli occupanti imperialisti americani ancora una volta hanno massacrato bambini, donne e anziani in Afghanistan . Un gruppo di soldati e ufficiali di occupazione americani hanno attaccato le povere capanne degli abitanti dei villaggi e massacrato diciassette bambini, donne e vecchi - ferendone diversi altri e bruciando dodici corpi - nel distretto di Panjawai di Kandahar alla mezzanotte del 11 marzo. La direzione delle forze occupanti ha dipinto questo crimine imperdonabile come il risultato della malattia mentale di uno dei loro soldati, ha fatto delle vuote scuse, e dichiarato il solito: che avrebbe condotto un'indagine su questo fatto.

Sicuramente questo crimine di guerra, come gli altri crimini di guerra degli occupanti, è qualcosa che non nasce dai problemi personali mentali di uno o più dei soldati o ufficiali occupanti, è il risultato della natura globale e caratteristica di tali forze. Va notato che l'occupazione imperialista, e l'imposizione di un regime fantoccio sui popoli di un paese occupato, è di per sé un grande crimine di guerra imperialista. Di conseguenza, una giusta risposta per i crimini di guerra degli occupanti imperialisti e dei loro satrapi, non è quella di perseguire legalmente gli ufficiali e i soldati responsabili di questi crimini, con la vendetta personale contro di loro come individui, o gli sforzi ingiusti di liberare alcuni prigionieri, ma l'ulteriore intensificazione e l'espansione della resistenza, fino all'espulsione totale degli occupanti dal paese e la distruzione del loro regime fantoccio.

Hamid Karzai, il capo del regime fantoccio, mentre continua a raccontare ai partecipanti e ai sostenitori di questo regime che ben presto si firmerà un "accordo strategico a lungo termine" con l'America (un accordo che in realtà non ha nessun altro significato se non quello di prolungare la condizione di occupazione), ha dichiarato che i crimini degli occupanti a Panjawai come un atto deliberato ed evidente di terrorismo e ha chiesto il processo dei colpevoli. Tuttavia, è chiaro che, secondo gli accordi precedenti tra l'occupazione americana e il suo regime fantoccio, e in particolare tra George W. Bush e Hamid Karzai, che ogni soldato e ufficiale americano in Afghanistan e amministratore gode di una santità legale; possono essere messi sotto processo solo negli Stati Uniti, secondo la Costituzione di quel paese. Hamid Karzai mentre brandisce la "Shah Shojaian Sword" del tradimento nazionale, allo stesso tempo mostra il suo servilismo con atteggiamenti “nazionalistici” vuoti e senza senso verso i suoi padroni imperialisti, al fine di "dimostrare" la sua competenza politica alla loro corte.

Ma i talebani questa volta, a differenza della reazione verso l'incidente di Bagram, non solo hanno portato la denuncia alle organizzazioni per i diritti umani, ma hanno anche promesso di vendicare il massacro di Panjawai. Ma, questo impegno e l'azione concreta per la sua esecuzione sarebbe solo un atto di resistenza contro gli occupanti se i talebani non avessero partecipato al "processo di pace in Qatar." Questo processo non è fatto altro che di compromessi segreti e non segreti e collusioni con gli imperialisti americani e il regime fantoccio, che finirà per trasformare i talebani in una parte insignificante del regime fantoccio, e la loro capitolazione all’“accordo strategico a lungo termine”. L'incidente di Bagram, la diffusa reazione delle masse verso di esso, il massacro delle masse che protestavano per mano delle forze occupanti e delle forze di sicurezza del regime, l'ammutinamento contro l'occupazione di alcuni elementi all'interno di queste forze di sicurezza, e ora l'incidente a Panjwai e la reazione di massa diffusa contro questo crimine dovrebbe costringere i talebani a tirarsi decisamente fuori dal "processo di pace in Qatar." Invece sembra che stiano decisamente muovendo in questa direzione di capitolazione senza prestare attenzione ai crimini degli occupanti e dei loro satrapi e la reazione di massa contro questi crimini.

Il Partito Comunista (Maoista) dell’Afghanistan sottolinea ancora una volta che il nostro principale dovere e responsabilità in Afghanistan sotto l'occupazione è quello di intensificare ed espandere la resistenza per l'espulsione totale e incondizionata degli occupanti e la distruzione del regime fantoccio. La questione principale ora è centralizzata nella resistenza contro l’“accordo strategico a lungo termine” tra gli occupanti e il regime fantoccio e la creazione delle basi strategiche a lungo termine per le forze militari americane in Afghanistan. Nient'altro può sostituire al momento questa questione molto importante e centrale.

Siamo determinati nell’affermare che la lotta a tal fine deve essere effettuata come un dovere fondamentale per la preparazione, l’avvio e la conduzione della guerra popolare rivoluzionaria di resistenza nazionale contro gli occupanti imperialisti e i loro satrapi traditori nazionali. Ci auguriamo seriamente che tutte le forze rivoluzionarie e democratiche e individuali del paese possano muoversi in questa direzione rivoluzionaria all'unisono e in sincronizzazione.

Abbasso gli occupanti imperialisti e i loro satrapi traditori nazionali!
Avanti verso l’avvio e la conduzione della guerra popolare rivoluzionaria di resistenza nazionale!

Partito Comunista (Maoista) dell’Afghanistan
13 Marzo 2012

pc 30 marzo - grande sciopero in spagna, scontri in diverse città - in Italia uno sciopero generale così non lo abbiamo ancora avuto


''Migliaia in piazza

MADRID - La Spagna si è fermata per protestare contro la riforma del lavoro che rende più facili i licenziamenti e riduce l'indennizzo per chi perde il lavoro. Lo sciopero generale, l'ottavo della storia democratica del Paese, è la prima azione di massa contro il governo conservatore di Mariano Rajoy, il leader del Partito Popolare che ha vinto le elezioni di novembre grazie alla promessa di ridurre la disoccupazione. La giornata si è conclusa con centinaia di migliaia di persone in piazza a Madrid, Barcellona, Siviglia, Saragozza e in diverse altre città. In alcuni casi, in particolare a Barcellona, ci sono stati momenti di tensione e scontri.

Il ministro del Lavoro Fatima Banez ha respinto la richiesta dei sindacati affermando che "la svolta riformista è inarrestabile" e che la legge "non sarà cambiata" perché ha già l'appoggio di 197 deputati su 350 nel Congresso dei deputati. E' in Parlamento, ha aggiunto, che "risiede la sovranità nazionale".

L'adesione.
lo sciopero generale ha ottenuto una "ampia partecipazione", con l'adesione del 77% dei lavoratori, con punte del 97% nell'industria e nell'edilizia.

L'astensione dal lavoro ha avuto effetti evidenti sul trasporto pubblico, settore in cui secondo le organizzazioni dei lavoratori sono stati garantiti soltanto il 30 per cento dei servizi nelle fasce di maggior richiesta. In parecchie città il servizio di nettezza urbana si è bloccato completamente, mentre scuole, ospedali e amministrazione hanno funzionato a singhiozzo. L'Iberia ha cancellato il 65 per cento dei suoi voli. Annullati anche molti collegamenti ferroviari. Secondo l'Ugt, negli stabilimenti Renault, Seat, Volkswagen e Ford l'adesione è stata pressoché totale.
Scontri nella notte a Madrid ai picchetti degli operai, a Barcellona, dove nel primo pomeriggio si sono verificati tafferugli tra polizia e manifestanti che hanno fra l'altro bruciato cassonetti e spaccato vetrine nel centro della città.
Le forze antisommossa hanno caricato più volte per disperdere gruppi di dimostranti nella zona fra Paseo de Gracia e Calle de Balmes e secondo alcuni mezzi di informazione hanno usato anche proiettili di gomma. Un gruppo di militanti del sindacato di sinistra Cgt ha bruciato dei cartoni davanti alla sede della Borsa, provocando l'intervento di una decina di furgoni della polizia, che hanno preso posizione in difesa del palazzo. Ventidue persone sono state fermate con l'accusa di alterazione dell'ordine pubblico.

Incidenti si sono registrati anche a Madrid, Siviglia, Malaga, Saragozza. Cinquantotto gli arresti in tutto il Paese. Una decina i feriti, uno dei quali, un giovane colpito a Vitoria durante uno scontro con gli agenti, è in condizioni gravi.


Manifestaciones masivas durante la tarde en Madrid


Miles de personas salieron a la calle en diversas manifestaciones convocadas por los sindicatos alternativos.

4.000 personas marchan hasta Marqués de Vadillo "Marchan unas 2.000 personas, en este momento están pasando por la estación de metro de Urgel. Ya hemos hecho más de la mitad del recorrido, partiendo de Oporto, la marcha acaba en Marqués de Vadillo, donde se leerá el comunicado. La valoración es muy positiva, pensábamos que íbamos a ser menos gente, el ambiente es bastante combativo al igual que las consignas".
La pancarta principal exclama "El problema no es la crisis, el problema es el sistema. Huelga general de un día sabe a poco". 19.45: La manifestación se ha ido incrementando sin parar. Vecinos y vecinas se unen a la manifestación a su paso. Al llegar a Marqués de Vadillo, "somos alrededor de 4.000 personas, todas trabajadoras, trabajadores y estudiantes, en unión de iguales,
En ambas intervenciones se recuerda a los compas detenidos en la jornada de Huelga. No estamos todos/as, faltan los/as presos/as. El himno confederal, coreado por los miles de asistentes, pone punto final a la manifestación.
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15.000 personas participan en la marchan desde Atocha a Jacinto Benavente
Manifestación de Atocha a Jacinto Benavente, convocada por Coordinadora Sindical de Madrid; Comisiones de Base; Sindicato Ferroviario de Madrid Intersindical; Sindicato de la Elevación; Comité de Empresa de UPS-Vallecas; Corriente Roja; Partido Comunista de los Pueblos de España y Reconstrucción Comunista.
La Haine entrevista al portavoz de prensa de Coordinadora Sindical de Madrid, que nos dice:
"Hay más de 15.000 personas marchando, en un ambiente muy combativo. La manifestación está ahora mismo pasando por donde la matanza de Atocha, y aún falta mucha gente por salir de la glorieta de Atocha. No se ve mucha presencia policial, un grupo de policías va abriendo la manifestación, pero hasta el momento no ha habido incidentes.
La pancarta principal pone "Plataforma hay que pararle los pies. Echar abajo la reforma laboral". La gente va muy tranquila, coreando consignas, sobre todo "Que viva la lucha de la clase obrera", y "A ver quien lleva la batuta, el pueblo en la calle o el gobierno hijo de puta". Al paso por el despacho de los abogados de Atocha se cantó La Internacional".

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Multitudinaria manifestación recorrió el Paseo de las Delicias hacia la Plaza Neptuno en el marco de la huelga general

19.30: Manifestación de la plaza Beata María a Atocha, convocada por CNT - Comarcal Sur; Solidaridad Obrera; CGT Madrid, CLM y Extremadura; Sindicato Asambleario de Sanidad - SAS; Apoyan: Asambleas populares y grupos de trabajo del 15-M, Ecologistas en Acción, La Casika, Red Roja. Un portavoz de los movimientos sociales informa a La Haine que "La calle Delicias estaba abarrotada al hora del inicio de la manifestación, que saldría a las 19:00 de la plaza Beata María en dirección a Atocha. A esa hora desde el punto de inicio no se veía la cabecera, que estaba ya cerca de Atocha. Miles de personas recorren el ancho paseo Delicias en estos momentos en un ambiente alegre y combativo. Hay varias batucadas y multitud de pancartas, tanto de asambleas populares como de los sindicatos convocantes.
Si al paso de la marcha se ve algún local abierto, de manera espontánea los manifestantes corean consignas hasta lograr cerrarlo. Había un dispositivo policial en la plaza de la Beata María pero durante el recorrido no se vio presencia represiva.
Madrid 20.20: La marcha está llegando a la plaza de Neptuno. La gente corea consignas como "Con esta reforma vamos de culo", "Tú que estás mirando, también te están robando" o "Hacía falta ya una huelga general". No se han producido incidentes.
15.00: [Madrid] Madrid a mediodía. 37 detenidos hasta ahora. Gran Vía y Sol paralizados por multitud de piquetes, así como la Castellana. En Leganés, un detenido y varios heridos

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paesi baschi
* 00:00 - 8:00h
- Centinaia di picchetti informativi hanno iniziato a ricorrere iluogi di lavoro, quartieri, paesini e città di tutta Hego (sud) Euskal Herria
- lanciate varie molotov contro una subestación di Iberdrola (rete elettrica) in Berango.
- Nella autopista A-8, all'altezza di Cruces, si è dato fuoco a varie barricate.
--1 arresto a un picchetto informativo in Gasteiz (nelle cocheras di Tuvisa).
- 5000 poliziotti Ares (del ministero dell'interno basco) sono mobilitati per questo sciopero, attuano fermi senza identificazioni visibili e con i capucci(.
- cassonetti bruciati in località come Bilbao e Erandio (Bizkaia).

* 9:00h
- Campus di Araba, tre arresti- Barrikate incendiate in Ortuella (Bizkaia).
-- Una arresto in Antsoain (navarra).
- Cariche nella piazza dei Castagni di Barañain (navarra) della Guardia Civil e Policía Forestale.
- 30 fermi in Nafarroa,e almeno 1 arresto.
- Cariche della polizia contro un picchetto nella Txantrea (quartiere proletario di Irunea).
- Cariche nella zona del Corte Inglés in Iruñea contro un picchetto di LAB di 200 persone.
- Due barricate, una per ogni lato della strada,nella Avenida di Navarra (Irunea) alcuni metri prima di arrivare alla zona degli ospedali. Una delle barricate è stata incendiata.
- Barricate in Santa Engracia. dati fuoco a vari cassonetti nel ponte di Santa Engracia, sui binari del treno.
- Un centenaio di studenti in corteo nel campus della UPNA (navarra) facendo suonare le sirene, vuvuzelas, megáfoni e fischi e hanno percorso le aule per impedire che si facciano le lezioni.

* 10:00h
- Tensione nella Gran Via di Bilbao, alle porte del Corte Ingles. negozi chiusi
I sindacati ELA, LAB, ESK, STEE-EILAS, CGT e EHNE hanno segnalato che lo sciopero generale convocato per oggi stá avendo un succasso "molto generalizato" "Stiamo assistendo, senza dubbio, ai fatti di una giornata nella quale nelle fabbriche si vede la risposta della classe lavoratrice a questa nuova riforma che ci hanno imposto".
"Rifiutiamo il piano di misure che ci vogliono imporre con le nefaste consequenze che portano impoverimento,precarietà, smantelamento del settore púbblico, deregulation del mercato del lavoro e della contrattazione ..-----------------------------------------------------
a Gasteiz cariche della polizia, arresti in Barañain (nafarroa).
ferito un ragazzo di 14-15 anni vicino al Corte Inglés. Lo hanno portato al ospedale.

giovedì 29 marzo 2012

pc 29 marzo - arrestati 5 compagni anarchici a firenze

CInque compagni sono finiti in questura nella tarda mattinata di oggi con l’accusa di aver aggredito una pattuglia di agenti della Digos. L’episodio all’angolo fra piazza Dalmazia e viale Morgagni, quando i compagni sono stati attaccati dai poliziotti mentre distribuivano volantini contro la polizia e le forze dell’ordine in generale.

Il controllo avrebbe innescato una reazione violenta di alcuni anarchici. Fermati e identificati per tre di loro è scattato l’arresto per resistenza, lesioni e violenza a pubblico ufficiale. Altri due sono stati invece denunciati mentre per un ulteriore gruppo di tre anarchici, presentatosi all'esterno della questura per un presidio che ha coinvolto trenta persone, è scattato il foglio di via.

pc 29 marzo - carcere assassino a taranto

Detenuta muore per infarto a Taranto
"
Una donna di 46 anni, di origine campana, è morta nella notte, probabilmente per infarto, nel carcere di Taranto. Doveva scontare una pena per reati contro il patrimonio e la persona fino al 2015. Si trovava nella sezione femminile del carcere e a dare l'allarme è stato un agente di polizia penitenziaria, Il carcere di Taranto ha una capienza regolamentare di 315 detenuti di cui 24 donne, mentre effettivamente attualmente i detenuti rinchiusi sono 716, 37 dei quali sono donne. ''Continua nelle carceri italiane e pugliesi - denuncia l'Osapp - la catena delle vite

pc 29 marzo - capitalismo,stato del capitale,governo ..assassini

L'emergenza lavoro che in Puglia continua a mietere vittime suicidi per il lavoroGiuseppe Pignataro, 49 anni, Trani), Vincenzo Di Tinco, 60 anni, Ginosa (Taranto), Antonio Maggio, 29 anni, Scorrano (Lecce), Pierluigi Manfredi, 34 anni, Scorrano (Lecce), Silvano Pajano, 28 anni, Presicce (Lecce).

pc 29 marzo - Un altro crimine per effetto della politica antioperaia di questo governo! Verona, operaio si dà fuoco, era senza stipendio da mesi

Per una scritta su una maglietta dedicata al ministro Fornero hanno scatenato la solita canea mediatica, intanto al cimitero ci finiscono i lavoratori.
Questo governo dei "tecnici" dei padroni e dei banchieri deve cadere! Padroni, governo, pagherete caro, pagherete tutto!

L'uomo, di origine marocchina, è un muratore. Si è bruciato davanti al municipio della città scaligera. E' grave, non in pericolo di vita. Ha ustioni alla testa e alle gambe


VERONA - Un operaio edile marocchino di 27 anni si è dato fuoco questa mattina davanti al municipio di Verona. Il ragazzo, che non percepiva lo stipendio da 4 mesi, è stato ricoverato all'ospedale civile maggiore di Verona-borgo Trento.

L'operaio, che lavora presso un consorzio cooperativo di servizi di impresa, si è cosparso il corpo di benzina dandosi fuoco alle gambe e alla testa durante un presidio di protesta organizzato nei pressi della sede del municipio da alcuni genitori e dal coordinatore regionale Puglia movimento nazionale Italia garantista per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'operato del Tribunale dei minori di Venezia e degli assistenti sociali.

Il ragazzo è ricoverato presso l'ospedale civile maggiore di Verona - borgo Trento.

pc 29 marzo - Meglio tardi che mai! Un articolo del Manifesto su Arundhati Roy e la situazione in India

Meglio tardi che mai! Riportiamo questo articolo del Manifesto che ammette l’ignoranza dei media dei paesi imperialisti e soprattutto di quelli italiani sulla situazione nei paesi come l’India, ma potremmo aggiungere le Filippine, il Perù, la Turchia per rimanere ai paesi oppressi dall’imperialismo.
Naturalmente si tratta di una ignoranza anche voluta dato che i temi di popoli in lotta per la propria liberazione dal dominio imperialista, soprattutto se condotti secondo l’ideologia del proletariato che ha raggiunto lo stadio del marxismo-leninismo-maoismo, non sono tra i più accreditati dai borghesi grandi medi e piccoli.


DEMOCRAZIAKMZERO

Arundhati Roy tra i maoisti
Pierluigi Sullo

Confesso la mia ignoranza: quando ho letto che due italiani, Claudio Colangeli e Paolo Bosusco, erano stati rapiti nello stato indiano dell'Orissa dai guerriglieri maoisti, o naxaliti, ho pensato a un gruppo sopravvissuto come un fossile di altre epoche, magari simile ai Khmer rossi cambogiani. Colangeli è stato liberato e di Bosusco, valsusino e No Tav, si sa che sta bene. Probabilmente il rapimento, la trattativa per liberarli, forse (come dice il Correre della sera citando l’antiterrorismo indiana) una disputa tra fazioni diverse del Partito Comunista indiano (maoista), sono segmenti della complicata e lunghissima guerra nelle aree centrali del continente indiano.
Anzi lo sono di sicuro. Ma di che guerra si tratti non è affatto chiaro, stando alle poche informazioni che i media italiani forniscono. L’ultimo libro di Arundhati Roy, la scrittrice indiana che viene citata sempre per il suo magnifico romanzo “Il dio delle piccole cose” e che da molti anni conduce una campagna civile su quel che accade nel suo paese per mezzo di libri, reportage, conferenze, partecipazione ad eventi come il Forum sociale mondiale che si tenne a Mumbai diverso tempo fa, si chiama “In marcia con i ribelli” (Guanda) ed è in gran parte il racconto di come lei, Arundhati, ha trascorso del tempo nelle foreste dell’Orissa su cui lo stato indiano non riesce a esercitare potere, che invece è nelle mani dell’esercito maoista, delle milizie di villaggio e dei consigli popolari che assicurano l’(auto)governano. Ed è una lettura sorprendente, oltre che affascinante. Noi immaginiamo l’India come un paese sì con una frattura, tra ricchi e poveri, enorme ma che “cresce” al ritmo del 6 o 7 per cento l’anno, quasi come la Cina, e che sta producendo il suo sforzo per modernizzarsi. Lo scenario che Arundhati Roy racconta, guardandolo dal fondo della foresta mentre cammina accanto a giovani donne e uomini armati di fucile, è infinitamente più drammatico. In particolare, il governo indiano ha offerto pre-concessioni minerarie (bauxite e molti altri minerali) a grandi imprese multinazionali. Nonostante la Costituzione indiana vieti lo sfruttamento delle “terre tribali” (gli adivasi, gli indigeni, sono circa cento milioni), le autorità stanno conducendo una guerra che comporta distruzione di villaggi, arresti arbitrati, uccisioni, stupri e deportazioni. Le cifre sono impressionanti. Così, il movimento naxalita, con la sua ideologia anchilosata e i suoi metodi militari spesso cinici, si è via via affiancato alla resistenza degli adivasi, espandendosi in tutta l’India centrale. Di forme di resistenza a questa “crescita” che è in verità una guerra contro i poveri, dice Arundhati, in India ve ne sono di moltissimi tipi, e forse, conclude, la capacità di ricacciare indietro come pure è accaduto in qualche caso, lo “sviluppo” violento, viene proprio da questa pluralità.
Leggete questo libro, vi farà riflettere. Ad esempio quando cita la “lezione magistrale” ad Harvard di uno dei politici indiani più potenti, il quale afferma: “La democrazia - o meglio le istituzioni democratiche - … hanno in effetti reso più difficile la sfida dello sviluppo.

Il manifesto
29/3/12

pc 29 marzo - India.. non solo guerra popolare 22-23 aprile assemblea nazionale e manifestazione nazionale


Prima Conferenza - Fronte Democratico Rivoluzionario 22-23 Aprile 2012


Fronte Democratico Rivoluzionario (RDF)

Amici,
La prima Conferenza del Fronte Democratico Rivoluzionario (FDR) si tiene in un momento in cui le forze imperialiste e i loro puntelli sulla scena - le classi dominanti dei vari paesi coloniali e semi-coloniali – stanno attraversando una depressione economica senza precedenti in tutto il mondo con una conseguente crisi economica: una condizione creata da loro stessi. Le classi dominanti reazionarie indiane, in quanto agenti dell'imperialismo, hanno scaricato il peso della crisi economica mondiale sul popolo di questo paese: le masse popolari che sono già alle prese con lo sfruttamento acuto, la povertà, la disoccupazione e la deprivazione delle necessità fondamentali della vita. Il loro potere d'acquisto è sceso drasticamente. È stato loro negato il proprio diritto alle risorse idriche, forestali e terra (jal-Jangal-Zameen) e ad altre risorse. Tali condizioni hanno generato malcontento tra vasti settori di popolo del subcontinente che si manifestano come una moltitudine di lotte di popoli.

Nonostante tutti gli sforzi dello stato indiano di nascondere la gravità della crisi in cui si trova, l'economia indiana è stata gravemente scossa dalla crisi economica mondiale a causa della sua crescente dipendenza dall'economia imperialista.
Le classi dominanti sfruttatrici, che non si stancano mai di fare grandi affermazioni sull’eccezionale 'crescita' e 'sviluppo' che viaggiano sulle fortune di un’economia export-oriented aiutata dalla globalizzazione imperialista, hanno perso il sonno sulla crisi attuale. Coloro che erano soliti incensare eloquentemente lo “sviluppo” citando la crescita speculativa nei settori dell’information technology, dell’outsourcing, dell’immobiliare, ecc. sono ora messi sul banco degli imputati. A causa della dominazione e della dipendenza imperialista prevalente nell'economia dell’India, centinaia di migliaia di lavoratori sono adesso disoccupati e sono stati gettati fuori dalla sfera della produzione. I lavoratori a centinaia di migliaia stanno subendo licenziamenti e tagli ai salari a causa della chiusura di un grande numero di imprese nel settore immobiliare, dell’export, tessile, industria dell’ottone, gioielli e industria metallurgica, industria mineraria, e così via.
Ora, l'introduzione nel commercio al dettaglio degli Investimenti Diretti Esteri farà più di 500.000 disoccupati portando Wal-Mart e altri attori imperialisti nelle attività al dettaglio. Gli studenti, in particolare dei corsi professionali come l'ingegneria stanno trovando solo piccole strade verso l'occupazione anche attraverso agenzie di collocamento. Allo stesso tempo, tuttavia, forze imperialiste come gli investitori istituzionali esteri si appropriano della ricchezza del popolo lavoratore con il commercio speculativo sul mercato delle azioni che sono completamente al di fuori dell'economia reale.

L'impatto della crisi economica è evidente in ogni settore dell'economia indiana. La peggiore depressione economica mai verificatasi dopo la Grande Depressione del 1930 ha ulteriormente approfondito la crisi agraria. Poiché la richiesta “terra ai contadini” rimane ancora una grande promessa che la classe dominante non ha alcuna volontà politica di mantenere, l'impatto della crisi economica sui lavoratori che lavorano in agricoltura è stato molto grave. La crescente dipendenza delle masse rurali dal settore agricolo ha rafforzato i proprietari terrieri e gli usurai nelle campagne, e ha dato loro l'opportunità di continuare il loro sfruttamento e oppressione.
Questo sfruttamento e questa oppressione prendono la forma concreta di atrocità e violenze di casta, il cui numero è in crescita in tutto il paese.
I fatti di Khairlanji, Lathor, e Mirchpur forniscono la prova lampante di questo. Più di 250.000 contadini e lavoratori agricoli sono stati costretti a suicidarsi negli ultimi quindici anni a causa delle politiche contro i contadini dello stato indiano. A dispetto di questa devastazione, la stretta mortale imperialista sull’agricoltura indiana viene ulteriormente rafforzata in nome delle Riforme di Seconda Generazione e della Seconda Rivoluzione Verde.
Il percorso di sviluppo indipendente e indigeno dell'industria nel paese è stato bloccato dalla dipendenza imperialista. In nome delle Zone Economiche Speciali (ZES), vengono costituite enclave imperialiste in tutto il paese in cui nessuna delle leggi del paese sarà applicabile. Le risorse naturali dell'India che appartengono al popolo del paese vengono consegnate alle imprese multinazionali e ai grandi capitalisti indiani che lavorano come agenti locali delle multinazionali. Miniere, mega dighe e industrie estrattive che funzionano come i conduttori di questo saccheggio delle risorse si stanno imponendo spostando con la forza i contadini - in particolare adivasi - dalla loro terra, dalle foreste, colline e mezzi di sostentamento. L'ultimo tentativo del governo dello Jharkhand di modificare la legge sugli affitti (Chota Nagpur Tenancy Act - CNT) è l'ennesimo disperato tentativo di strappare la terra e le risorse agli Adivasi dello Jharkhand garantite dalla costituzione dell’India. Il popolo di questo paese si è sollevato per resistere a questa distruzione in nome dello “sviluppo”, sia in Nandigram, Jagatsinghpur, Kathikund, Lohandiguda che Sompeta, Kakaralapalli e ad altri progetti del corridoio costiero dell’Andhra e ad altri movimenti. Oltre al suo controllo sull'economia, l'imperialismo che si è allineato al sistema feudale - nei suoi sforzi disperati per mantenere l’estrazione di surplus al livello attuale, senza ulteriore calo - ha anche cercato costantemente di plasmare le sfere ideologiche e culturali. Esso propaga ideologie individualiste e consumistiche, compreso la diffusione di oscenità e valori patriarcali attraverso cui si trasformano le donne in merci. I problemi di crimini odiosi come le molestie sessuali e la violenza sulle donne di questo paese, che sono state incatenate per secoli da norme sociali e relazioni feudali, sono in aumento. Il sistema di educazione prevalente le ha segregate dal loro ruolo sociale, la responsabilità di servire il popolo, la difesa dei valori democratici e le aspirazioni per la trasformazione sociale. Il settore dell’educazione che è stato fondamentalmente antidemocratico nel contenuto così come nei rapporti studenti-insegnanti in primo luogo con la promozione di valori feudali viene adesso mercificato e trasformato in un potente strumento al servizio di società estere e del grande capitale compradore indiano. Gli studenti in difficoltà e i giovani del paese stanno diventando sempre più attivi nell'arena politica associandosi alla lotta per il cambiamento sociale e politico.

La lotta per la trasformazione socio-politica continua ad andare avanti contro lo sfruttamento e l’oppressione feudale-imperialista. La scintilla di Naxalbari che ha innescato il movimento per la trasformazione rivoluzionaria della società nel 1967 è diventata un incendio di tutta la prateria, spiegando le sue ali dal Telangana, Andhra, Chhattisgarh, Maharashtra, Odisha, Jharkhand, Bihar, Bengala, Vidarbha, Uttar Pradesh a molte altre regioni. La lotta per stabilire una Nuova India Democratica libera da ogni forma di sfruttamento e oppressione sta marciando a passi rapidi e sta sperimentando la via della trasformazione rivoluzionaria. In contrasto con il sistema parlamentare - che è diventato lo strumento delle classi dominanti sfruttatrici per promulgare draconiane leggi anti-popolari e politiche di sfruttamento – le Janatana Sarkars hanno preso forma nel corso della lotta rivoluzionaria come nuovi centri di potere democratico dei popoli in forma embrionale. Sotto questi governi popolari, vengono condotti nuovi esperimenti come parte di attività di sviluppo nel settore agricolo. Metodi collettivi di lavoro vengono incoraggiati in tutte le attività compresa la produzione, insieme allo sviluppo di un livello superiore di coscienza politica tra le masse. Una nuova giusta società sta prendendo forma tra le masse in combattimento, con una nuova cultura popolare. Allo stesso tempo, la lotta per garantire il diritto del popolo su jal-Jangal-Zameen è stata intensificata attraverso la costruzione di movimenti di massa militanti. La lotta per la terra in Narayanpatna, il movimento contro la SEZ proposta a Nandigram, la lotta contro la violenza di casta a Khairilanji, la lotta contro la repressione dello Stato a Lalgarh e il movimento degli adivasi del Bastar per il loro diritto sulle terre e foreste mostrano chiaramente che la gente di questo paese sta decisamente scavando la fossa all’attuale sistema di sfruttamento e sta rafforzando la lotta per instaurare un nuovo stato democratico al suo posto. In questo contesto, il popolo del Bastar e di altre regioni sta andando avanti stabilendo un modello popolare di sviluppo alternativo con tutti i poteri ai Consigli Rivoluzionari nel processo di costruzione dell'economia di autosostentamento del popolo.

Il Fronte Democratico Rivoluzionario (FDR) è stato costituito nel maggio 2005 con l'obiettivo di intensificare le lotte anti-feudali e anti-imperialiste per instaurare una nuova società democratica, per coordinare i movimenti di questi popoli e dargli la forma di una lotta organizzata e resistenza unitaria. Il FDR, che è nato come risultato della fusione del “All India Peoples' Resistance Forum” e del “Struggling Forum for Peoples' Resistance”, è impegnato ad instaurare un’India veramente democratica, costruendo e portando avanti lotte anti-imperialiste e anti-feudali. È inoltre impegnato a stare unito con le lotte dei popoli, che hanno questa aspirazione.


Il Fronte Democratico Rivoluzionario si oppone a tutte le politiche di oppressione dei governi reazionari che vengono formulate e messe in atto al fine di schiacciare tutti i movimenti dei popoli, compresi quelli che lottano per la trasformazione sociale rivoluzionaria. Nel corso degli ultimi tre anni il governo centrale ha avviato l’Operazione Green Hunt - una guerra contro i popoli del centro e dell’est dell’India - insieme con i vari governi statali e portata avanti dall'esercito indiano. Dispiegando centinaia di migliaia di paramilitari in Jharkhand, Bihar, Odisha, Chhattisgarh, Maharashtra, Bengala ecc., le classi dominanti stanno cercando di schiacciare il movimento rivoluzionario. Centinaia di persone sono state uccise dalle forze del governo in questa guerra di rapina, mentre centinaia di migliaia di persone sono state costrette a fuggire dalle loro case. Le donne sono state violentate e mutilate - e la violenza sessuale sulle donne è stata usata come arma di guerra psicologica. Anche i bambini non vengono risparmiati da questi forze mercenarie - le dita sono tagliate e i loro corpi infilzati sulle baionette. Di grave portata è la recente ammissione della presenza di truppe mercenarie degli Stati Uniti nell’Asia meridionale, compreso l'India, apparentemente per aiutare lo stato indiano nella lotta contro il 'terrorismo'.
Recentemente più di 5000 soldati dell'esercito indiano sono stati dispiegati in Bastar con la scusa dell’apertura di un centro di addestramento dell'esercito. Le forze armate del Governo indiano stanno lavorando in tandem con le milizie e le bande private. Nonostante la corte suprema le abbia dichiarate illegali, queste bande di vigilantes sponsorizzate dallo stato stanno sistematicamente attaccando i dirigenti, i membri e sostenitori del movimento rivoluzionario impunemente, sia essa la Salwa Judum del Chhattisgarh, la Shanti Sena di Gadchiroli e dell'Odisha, la Nagarik Suraksha Samiti e Gram Dal Rakhsa nello Jharkhand, il Comitato Gana Pratirodh del PCI(M) e l’Harmad Bahini o Mamata Banerjee Bhairab Bahini nel Bengala.
Che le grandi compagnie compradore siano parte di questa strategia è evidente dal fatto che la FICCI fornisce raccomandazioni allo Stato indiano per continuare a finanziare e proteggere bande di vigilantes come parte della guerra totale non dichiarata contro i più poveri dei poveri nel subcontinente. Il governo centrale e i vari Stati stanno cercando di terrorizzare la masse con la messa al bando dei partiti e delle organizzazioni rivoluzionarie. Scontri orchestrati, la tortura, la morte in custodia, le sparizioni forzate, ecc. sono all'ordine del giorno. Uccidendo i due soldati d'avanguardia della rivoluzione indiana, Azad e Kishenji, in falsi scontri in nome dei colloqui di pace, lo stato indiano ha violato le proprie leggi e la costituzione.
Inoltre, il governo sta cercando di rompere la volontà rivoluzionaria imprigionando migliaia di attivisti politici tra cui Raja Sarkhel, Prasun e Jeetan Marandi del FDR. Nonostante tale brutale repressione, il movimento rivoluzionario procede ed è in crescita. I governanti dell’India - l'entità politica che non è altro che una casa-prigione di nazionalità oppresse - stanno giocando con le aspirazioni dei popoli per la libertà, l'indipendenza e l'autonomia, rispondendo alle loro richieste democratiche di varie nazionalità oppresse con proiettili, e la brutale repressione statale. I combattenti per la libertà e coloro che appartengono alle lotte di liberazione delle nazionalità oppresse di Assam, Kashmir, Nagalim, Manipur, Mizoram, ecc. sono stati uccisi e brutalizzati a centinaia di migliaia. Anche coloro che lottano per stati separati - Telangana, Gorkhaland, Bodoland, Kamtapur - si trovano ad affrontare il peso del terrore di stato.
Le classi dominanti stanno utilizzando anche le organizzazioni di casta e comunaliste-fasciste indù per rompere l'unità delle masse oppresse. Sotto l’attivo patrocinio dello stato indiano, le organizzazioni fasciste indù stanno portando avanti pogrom e attività terroristiche al fine di presentare i musulmani ed i cristiani come nemici. Questo ha lo scopo di legittimare l'ulteriore militarizzazione e politica securitaria dello Stato in nome della “minaccia alla sicurezza nazionale" e anche di far deviare le vere lotte popolari. Il recente tentativo abortito del governo del Congress a livello centrale per formare il NCTC è un passo in tale direzione. Il pogrom del Gujarat contro i musulmani e il genocidio contro i cristiani di Kandhamal sono stati perpetrati con la pianificazione e l'istigazione attiva dei governi.
In questo contesto, il FDR invita tutte le organizzazioni e tutti i democratici ad unirsi e lottare per il rilascio incondizionato di tutti i prigionieri politici, farla finita con le leggi di sedizione e le leggi draconiane come l’UAPA, AFSPA, e anche per combattere contro la formazione di centri anti-terrorismo. Inoltre, i movimenti democratici e rivoluzionari dovrebbero portare avanti il movimento per eliminare la pena di morte dagli statuti.
Sfidando la repressione dello stato indiano, il popolo ha continuato a rimanere fermo sui campi di battaglia. Proprio come a Lalgarh, sta portando avanti le lotte con una nuova e accresciuta coscienza politica combattendo le forme estreme di repressione di stato. La militanza e l'intensità della lotta popolare cresce con l'aggravarsi della crisi dell'economia imperialista in tutto il mondo. La storia testimonia il fatto che durante i periodi di acuta crisi economica nell'ordine mondiale capitalistico, le classi degli oppressi e degli sfruttati hanno combattuto contro l'imperialismo e il capitalismo e preparato la strada per la rivoluzione - sia in Russia o in Cina.
Il FDR, prima della sua prima conferenza, lancia un appello alle masse intere di questo paese, alle forze rivoluzionarie e democratiche così come alle loro organizzazioni a farsi avanti e trasformare questa crisi economica in un crisi rivoluzionaria dando una svolta decisiva ai movimenti dei dannati della terra per una nuova società libera da tutte le forme di oppressione e di sfruttamento. Siamo fiduciosi che questa nuova ondata di movimenti dei popoli saprà spazzare via le classi

pc 29 marzo - Firenze - contestare Moretti è giusto !

Le realtà fiorentine che stanno costruendo il presidio permanente No Tav che inizierà il 2 Aprile in largo Gennarelli
lanciano per Venerdi 30 Marzo un presidio davanti a Villa Morghen - Settignano contro la la presenza dell'amministratore delegato RFI
Moretti, grande timoniere della devastazione TAV, responsabile delle vergogne che si stanno perpetuando nei confronti delle vittime della strage di Viareggio.
L'appuntamento è alle ore 16.30 in Via G. D'Annunzio angolo Via Ceci (Dopo la villa di Settignano).
Sarà presente anche una delegazione dell'Assemblea 29 Giugno di Viareggio.
E' importante far sentire la nostra solidarietà alla lotta No Tav della Val Susa e il fiato sul collo a Moretti.
A sarà dura

pc 29 marzo - Bologna ROMPIAMO IL SILENZIO SULLA VIOLENZA DELLA POLIZIA
PORTIAMO IN PIAZZA LA SOLIDARIETÀ AGLI IMMIGRATI

ROMPIAMO IL SILENZIO SULLA VIOLENZA DELLA POLIZIA
PORTIAMO IN PIAZZA LA
SOLIDARIETÀ AGLI IMMIGRATI
Grazie a leggi razziste volute da governi di centro-destra come di
centro-sinistra, gli immigrati in Italia sono sotto un continuo ricatto
burocratico, costretti ad accaparrarsi i pochi “posti” messi a
disposizione dai decreti-flusso, decisi in base ai bisogni del mercato
dello sfruttamento salariale e quando non riescono a legalizzarsi
diventano surplus sul mercato nero, una massa di schiavi a basso costo
senza alcuna protezione.
Questi uomini e queste donne sono considerati meno di niente, non hanno
nessun tipo di garanzia, sono in balia dell’insano arbitrio dei tutori
del disordine. Un “normale” controllo di documenti può finire in ore di
angoscia in questura o nella reclusione in un Cie per mesi, nella
tormentata attesa di sapere qualcosa sul proprio destino.
I raccapriccianti racconti delle vittime di stupri, aggressioni e
violenze da parte della polizia di Bologna in queste ultime settimane
sono simili a quelli riportati tante volte dagli immigrati rinchiusi nei
Cie, perché fanno parte della medesima efferata sopraffazione.
Dentro quelle mura le proteste sono all’ordine del giorno. E sono tanti
anche gli atti di autolesionismo: c’è chi ingoia pile e lamette, chi si
cuce la bocca, chi arriva a darsi fuoco alle mani, chi rifiuta il cibo,
chi tenta di impiccarsi.
Il 14 marzo, dopo 10 giorni in ospedale dove
era arrivato direttamente dal Cie, un tunisino di 21 anni è morto
ufficialmente per overdose, in realtà il referto non è reperibile e le
cause sono ancora ignote.
Il 16 marzo Gloria, una nigeriana detenuta in
via Mattei sieropositiva e affetta da altri gravi malattie è stata
rispedita nel suo paese dove non troverà cure adeguate e rischierà la
vita.
“Il Cie è peggio del carcere”, questo è quello che ci ripetono ogni
volta.
Scendiamo in piazza per rinnovare il nostro disprezzo verso i cani da
guardia del potere, che danno sfogo a frustrazioni e delirio di
onnipotenza rifacendosi sui meno garantiti, umiliando, torturando,
violentando e fin troppo spesso uccidendo.
Scendiamo in piazza per esprimere tutta la nostra solidarietà agli
immigrati prigionieri nei Cie.

pc 29 marzo - lavoratrici/tori a palermo in piazza: GIU' LE MANI DALL'ART.18




mercoledì 28 marzo 2012

pc 28 marzo - no tav operazione Hunter - smascherata la procura di torino


Operazione Hunter – La giustizia a senso unico della Procura di Torino
Operazione Hunter – Proviamo a dire la verità

Conferenza stampa del Movimento Notav quest’oggi al centro Studi Sereno Regis di Torino, dove sono stati presentati un video e un dossier in merito alla brutalità delle forze dell’ordine nella giornata del 3 luglio.

Il Movimento ha voluto rendere pubblcio quello che già la Procura della Repubblica sa ed ha in mano, cioè le foto e il video del pestaggio di uno dei manifestanti arrestati in quella giornata, soggetto a violenze di gruppo.

Il movimento denuncia la visione della Procura, a senso unico, ovvero solo tesa a criminalizzare i notav, arrestati e reclusi da oltre due mesi, e chiude un occhio verso le sue truppe.

Alcune considerazioni:

Tutta la documentazione che è stata presentata in conferenza stampa oggi è da mesi, cioè dal 3.7.2011, nella piena disponibilità della Procura della Repubblica di Torino e non solo, risulta che essa sia stata addirittura utilizzata dalla Procura medesima come prove a carico dei manifestanti nell’ambito dell’indagine che ha condotto agli arresti (con detenzione in carcere e/o domiciliare, nonché ad altre restrizioni della libertà personale) del 26.1.2012.

Le querele di alcune delle vittime dei brutali reati qui descritti sono vecchie di mesi. Le denuncie di gravi violenze, abusi, percosse, lesioni sono divenute pubbliche già nei primi giorni del mese di luglio 2011 dopo che alcune delle vittime vennero intervistate da mezzi di informazione.

Il video dimostra che i crimini di cui sono responsabili i numerosi agenti delle FF.OO. sono più gravi di quelli ascritti ai manifestanti.

Eppure, a mesi di distanza, mentre decine di persone fra i manifestanti sono state attinte da misure restrittive della libertà personale, di cui 8 ancora in carcere, nessuna indagine risulta aperta ai danni delle FF.OO. per questi fatti della medesima giornata.

Non esiste alcuna giustificazione.

Il Procuratore Capo di Torino ha dichiarato preoccupato alla RAI il 17.3.2011 che “fine della legge uguale per tutti…fine della giustizia”. Se la legge è uguale per tutti la Procura di Torino avrebbe dovuto agire contro i colpevoli dei reati, e lo ripetiamo, ben più gravi di quelli dei manifestanti secondo quanto prevede il codice penale – da lungo tempo.

Neppure si può addurre a scusante che quegli appartenenti alle FF.OO. non siano identificabili o che le vittime non si siano presentate in Procura a seguito delle querele: a parte le estese capacità di indagine delle Procure, alcuni dei colpevoli sono identificabili per avere il volto scoperto, altri da aspetti somatici, reparto di appartenenza, qualifica professionale, armamento in dotazione, e da tatuaggi.

Ma c’è un’altra riflessione, forse ancora più importante.

Nasce infatti legittimo chiedersi se – visto questo clamoroso doppiopesismo nell’azione di repressione dei reati che coinvolgono l’aspetto di ordine pubblico della questione TAV – la Procura della Repubblica di Torino sia idonea o non sia idonea a garantire la legalità della questione TAV su aspetti di rilevanza molto maggiore. E così la domanda è: la Procura di Torino sta facendo, o no, tutto quanto è in suo dovere per la prevenzione di reati sulla concezione dell’opera stessa, sulle modalità di propaganda, sugli appalti che la riguardano? Se in 9 mesi la Procura non ha ancora agito contro gli autori del pestaggio, viene da chiedersi se stia indagando a 360° sui legami tra ‘ndrangheta e società che lavorano alla realizzazione della recinzione dell’area di cantiere. Sta o non sta indagando sulle modalità di assegnazione di quegli appalti, che avvengono in Francia? Sta o non sta indagando sul fallimento in pochi mesi di tre delle società che lavorano alla realizzazione della recinzione dell’area di cantiere? Sta o non sta indagando sulla rassegnazione alla ditta CMC dei lavori del tunnel di Chiomonte in assenza di appalto (in violazione di precise norme e dichiarazioni rese in sede europea?).

E’ arrivato il momento che altre magistrature, non piemontesi, inizino a mettere il naso in queste faccende tutte torinesi, il movimento agevolerà questa azione, inviando a tutte le procure italiane la documentazione.

NB:La documentazione ch eabbiamo rpesentato ci è stata fornita in forma anonima e pertanto ringraziamo pubblicamente l’anonimo notav che ci ha inviato il materiale.

pc 28 marzo - Dossier NOTAV sulle violenze poliziesche - Caselli si arrampica sugli specchi


Dossier No Tav sugli scontri
"Violenze delle forze dell'ordine"Il movimento sui fatti del 3 luglio a Chiomonte: "Abbiamo reagito alle brutalità, contro di noi indagini a senso unico". Caselli replica: "Nessuna parzialità"
Il movimento No Tav ha diffuso, nel corso di una conferenza stampa tenutasi in mattinata, un dossier "sulla brutalità delle forze dell'ordine" durante la manifestazione di protesta avvenuta a Chiomonte il 3 luglio 2011. Il documento presenta una serie di accuse nei confronti di appartenenti alle forze dell'ordine ed è corredato da numerose fotografie: sarà presentato in tutte le Procure d'Italia, dicono gli autori, "perché in quella di Torino nessuno ci dà ascolto".

Lele Rizzo, esponente No Tav che ha presentato il dossier, ha chiesto di "smetterla con la giustizia a senso unico". Il leader dei No Tav, Alberto Perino, ha parlato di "premeditazione nel comportamento delle forze dell'ordine": "Analizzando l'ordinanza di custodia cautelare - ha spiegato - vediamo che le accuse rivolte ai No Tav partono tutte dopo le 13,30. Dal materiale che abbiamo raccolto però risulta che le forze dell'ordine sono uscite alle 12,30 dall'area archeologica e sono andate a prelevare i dimostranti nel bosco". Per questa ragione, spiega Perino, quella dei manifestanti è stata "una reazione a questi gravi fatti" e "non è vero che poliziotti si sono mossi per contrastare i No Tav".

Perino, che denuncia "indagini a senso unico" e "accuse decontestualizzate", ha chiesto che i comportamenti descritti nel dossier "siano perseguiti con almeno altrettanta fermezza di quella con cui sono stati perseguiti i presunti reati commessi dai No
Tav". "Sono i rappresentanti delle forze dell'ordine, molto più di noi - ha concluso - a poter reiterare il reato, il movimento è stato criminalizzato ingiustamente".

"I No Tav sbagliano - ha subito replicato il procuratore capo Giancarlo Caselli - la magistratura lo ha detto ripetutamente e lo ribadisce: indaga su tutto". Anche sulle denunce presentate da alcuni manifestanti No Tav che sostengono di essere stati picchiati - anche dopo essere stati fermati - dalle forze dell'ordine durante gli scontri. "Certo è - aggiunge Caselli - che molte volte vengono convocati denuncianti o presunte vittime che non si presentano. Questo non facilita le indagini".
(27 marzo 2012) © Riproduzione riservata

pc 28 marzo - sciopero in galizia contro la riforma del lavoro in salsa spagnola

lo slai cobas per il sindacato di classe italia è solidale nella lotta con la centrale operaia gallega con cui ha un caldo e classista legame


MANIFESTO CONTRA A REFORMA LABORAL DO PP E EN APOIO DA FOLGA XERAL CONVOCADA PARA O 29 DE MARZO.
O Goberno español do PP vén de levar a cabo, a través da reforma laboral, o maior ataque que se fixo desde a transición ao dereito do traballo e ao modelo de relacións laborais até o de agora vixente.
A reforma laboral que acaba de aprobar o PP, e que vai ser tramitada como proxecto de lei no Parlamento español, supón estabelecer unha normativa laboral á carta para as empresas, aceptando así as propostas que hai anos vén defendendo a patronal (CEOE), para impor un marco de relacións laborais totalmente favorábel aos seus intereses, que non só non vai crear emprego senón que vai provocar a substitución de emprego fixo por emprego temporal e pola metade do salario.
O conxunto de medidas que recolle esta reforma van encamiñadas a abaratar e facilitar o despedimento, a reducir salarios e xeneralizar a precariedade no mercado laboral, a baleirar de contido a negociación colectiva como ferramenta en mans da clase traballadora para mellorar as súas condicións de traballo, a facilitar a fraude na contratación, a inflar os beneficios das empresas a través de subvencións con recursos públicos, en definitiva a unha desregulación total do mercado laboral que vai supor unha caída xeneralizada dos salarios, dos dereitos e das condicións de vida da clase traballadora e o seu debilitamento fronte ao capital.
Desde o inicio da crise, os poderes económicos, a través de institucións e partidos políticos ao seu servizo, como é o caso do Banco Central Europeo, Fondo Monetario Internacional, Comisión Europea, PSOE, PP ou CiU, veñen promovendo todo un conxunto de políticas económicas e sociais centradas na redución do investimento público; no recorte do gasto en servizos públicos básicos como o ensino, saúde ou asistencia social, coa conseguinte perda de emprego e na calidade do servizo a cidadanía; na baixada dos salarios; no aumento da idade de xubilación e en dificultar o acceso a unha pensión digna; na privatización de empresas e servizos públicos; no recorte de dereitos á clase traballadora; nun sistema fiscal totalmente inxusto baseado no incremento dos impostos directos á clase traballadora e clase media, no aumento dos impostos indirectos e na redución dos impostos directos aos máis ricos, ao capital; nas axudas multimillonarias á banca ou no fomento da especulación coa débeda pública.
Todo un conxunto de medidas orientadas a afondar aínda máis neste modelo de capitalismo en crise, a transferir rendas do traballo e recursos públicos ao capital, a concentrar cada vez máis o poder económico en mans de banqueiros, grandes construtores, promotores inmobiliarios e especuladores de todo tipo, o que está a provocar recesión económica, incremento do desemprego, maiores desigualdades sociais e máis pobreza.
Diante desta situación tremendamente inxusta e contraria aos intereses da maioría social, as organizacións asinantes deste manifesto esiximos dos gobernos central e autonómico, hoxe en mans do PP, a posta en marcha doutro tipo de políticas que garantan realmente a creación de emprego e unha saída rápida e duradeira da crise económica, nunhas condicións favorábeis aos intereses das clases populares. Estas medidas pasarían por: rematar coa especulación coa débeda pública, garantir financiamento a pequenas empresas e as familias, facer unha reforma fisca para que paguen máis os que máis teñen, adoptar medidas serias para rematar coa fraude fiscla uqe cometen moi maioritariamente os bancos e grandes .....

pc 28 marzo - milano contestazione no tav al giudice Caselli - giusta e sacrosanta


"No al convegno con Caselli"


Milano, i No Tav occupano Palazzo Marino E' iniziata con una sorta di sit-in dei No Tav nella sede del Comune ed è finita con una standing ovation per Gian Carlo Caselli la giornata milanese del procuratore di Torino. Intorno alle 14 una ventina di ragazzi del centro sociale Cantiere ha fatto irruzione a Palazzo Marino, riuscendo a passare senza problemi i due vigili all'ingresso: uno dei due è rimasto anche leggermente contuso alla mano. Una parte dei manifestanti ha occupato la sala Alessi, dove alle 18 era prevista la presentazione del libro di Caselli Attacco alla Giustizia. Gli altri fuori hanno srotolato uno striscione con scritto 'Non usate la memoria dei vecchi partigiani contro i partigiani di oggi'.
Nel giro di un paio d'ore sono stati fatti sgomberare dalla polizia e portati fuori dal Comune. Per un po' si sono seduti in piazza Scala applaudendo e belando agli agenti in tenuta antisommossa.zione.

pc 28 marzo - per gli operai dell'alcoa a roma prima le cariche , poi l'accordo



Alcoa, raggiunto accordo Ritirati i licenziamenti
Raggiunto l'accordo per Alcoa, l'azienda produttrice di alluminio di Portovesme, in Sardegna, a cui viene assicurata la continuità industriale fino al 2012. Si è concluso così l'incontro di ieri al Mise, dopo una manifestazione con oltre 400 lavoratori, presente la direzione di Alcoa, le segreterie nazionali e territoriale di Fim Fiom e Uilm, con la mediazione del ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera e il Sottosegretario, Claudio De Vincenti.

Dopo un lungo confronto tra le parti, alle ore 23,30 si è raggiunta una ipotesi di accordo, che prevede il ritiro della procedura di mobilità e il mantenimento della produzione, in presenza di manifestazioni di interesse, fino al 31 ottobre 2012. Il mese di novembre e dicembre verranno utilizzati per la eventuale fermata delle celle e conseguentemente i lavoratori andranno in cassa integrazione dal 1/1/2013 per la durata di 1 anno prorogabili eventualmente di un altro anno. Le condizioni per la cassa integrazione verranno concordate a tempo debito. In caso di mancanza di manifestazioni di interesse l'avvio della Cigs avverrà l'1 novembre 2012''.

pc 28 marzo - i compagni di proletari comunisti di milano ricordano Antonio Poletto


PER SEMPRE NEI NOSTRI CUORI
Questa mattina una settantina di compagni e
compagne hanno salutato il compagno Antonio Poletto nel suo ultimo
viaggio. Tante le facce tanti i ricordi della sua militanza. Tanta la
commozione e gli occhi lucidi, ma nel cuore di tutti a ricordare la sua
abnegazione o la sua scontrosità mista alla tenerezza, ma sempre e
comunque nella lealtà e onestà mentale. Ognuno a ripercorre i propri
ricordi che lenissero il dolore del distacco. I compagni e le compagne
di proletari comunisti, non solo di Milano, ti ricorderanno sempre per
la disponibilità, pur nelle differenze di posizioni a volte anche
aspre, che hanno permesso di diffondere la solidarietà
internazionalista in questa città, ospitando al centro sociale
Garibaldi –di cui eri il motore principale- assemblee di
controinformazione sulle guerre popolari, dal Perù al Nepal, all’India,
passando per il Munbai Resistance. O la solidarietà coi giovani ribelli
delle Banlieu parigine. Le tante iniziative contro la repressione o le
serate dove discutevamo sul Che Fare. Per noi eri e tale rimarrai “un
compagno che ci metteva la faccia. Vorremmo dirti grazie ma non basta a
rendere giustizia. Ti abbiamo salutato oggi insieme agli compagni e
compagni al canto dell’Internazionale e ci siamo uniti idealmente al
brindisi d’addio fatto all’Ambulatorio Popolare di via dei Transiti.
Come è giusto che fosse, come avresti voluto.
A pugno chiuso Ciao
Antonio che il vento delle nuove ribellioni ti sia di sollievo in
questo viaggio

pc 28 marzo - i lavoratori della ex-thissenkrupp a fianco degli operai della Lafumet di torino


info a cura della rìRete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamortesullavoro@gmail.com

Ancora una volta una giornata di lavoro è stata funestata da un gravissimo incidente.

E' accaduto alla Lafumet di Villastellone, ditta di smaltimento rifiuti industriali dove 5 operai, tutti di origine maghrebina (a loro e alle loro famiglie va tutta la nostra vicinanza e solidarietà) sono rimasti gravemente ustionati in seguito ad una esplosione. E la memoria non può che tornare alla strage della ThyssenKrupp perché molte sono le analogie con quanto successo a Torino: produzioni altamente pericolose sottovalutate, scarsa sicurezza, ripetuti incendi che però non fanno insorgere nemmeno il minimo dubbio sull’ipotesi che possa verificarsi, in futuro, un evento disastroso (la TK dopo l’incendio del 2002 non fece altro che raddoppiare la franchigia assicurativa), la procedura da adottare in caso di emergenza lasciata alla totale discrezione degli operai e le richieste di maggiore sicurezza da parte di lavoratori e sindacati ignorate dal titolare. Che ammette di aver dotato dell’indispensabile lo stabilimento e afferma che se avesse dovuto attrezzarlo con tutto il necessario per la sicurezza tanto valeva chiudere. Meglio continuare la produzione mettendo a rischio la vita degli operai! Parole che fanno capire quanto prima della dignità e della sicurezza dei lavoratori venga sempre e prima di tutto il profitto. S. Marchiaro arriva addirittura a complimentarsi con i “suoi” lavoratori per essersi comportati in maniera ineccepibile. E lui?
Ha fatto altrettanto? Mentre CC, Asl, VV.FF. e Arpa ricostruiscono “il fatto” ci chiediamo: dov’erano “prima” che succedesse tutto questo? Hanno fatto i dovuti controlli sulla sicurezza? Hanno vigilato come dovevano? Da anni ripetiamo che il controllo della sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro debba essere affidata a postazioni ispettive sotto la diretta supervisione dei lavoratori stessi e non delegata a terzi (rsu o rls, che non hanno alcun potere decisionale). E che andrebbero “bypassate” direttamente le aziende stesse, rivolgendosi fin da subito alle Autorità preposte.
Gli organi di controllo intervengono sempre “dopo”, mai prima. Possibile?
Mentre nelle fabbriche (grandi e piccole), nei cantieri e sulle strade si continua
a morire e ad ammalarsi c’è chi fa, indisturbato, ingenti profitti (controlli
inesistenti presto sostituiti da autocertificazioni, secondo la legge 5/2012, multe irrisorie, organi di controllo spesso compiacenti, depotenziamento del T.U.81 e la “speranza” che gli Espenhahn, gli Schimdheiny, i Del Papa e i Riva vadano in galera; Espenhahn, l’ex ad di TK, ha anche ricevuto gli applausi di Confindustria lo scorso anno – e la Marcegaglia è corsa ai ripari promettendo l’istituzione di un Premio alla Memoria delle vittime TK - e qualche giorno fa il Pres. del Cons. Reg. dell’Umbria E. Brega, il Pres. della Regione Umbria C. Marini e il Sindaco di Terni Di Girolamo gli hanno tributato un sentito “grazie” per il buon lavoro svolto in questi anni.
Proprio un bel lavoro! Torino sicuramente non lo dimenticherà). Ingenti profitti ricavati sulla pelle di lavoratori sempre più penalizzati dalle misure “lacrime e sangue” introdotte prima dal piano Marchionne e poi dalle misure contenute nella recente riforma del mercato del lavoro varata dal governo “tecnico”, che colpisce soprattutto i più deboli, giovani, donne e immigrati. L’utilizzo della manodopera immigrata, ricattabile e a basso costo, ha avuto per i padroni essenzialmente uno scopo: utilizzarla per estendere il generale abbassamento dei diritti e imporre le condizioni di sfruttamento e precarietà a tutti i lavoratori. Ormai le più elementari
norme democratiche della dignità del lavoro, sicuro e dignitoso, sono un lontano
miraggio. La distanza tra cittadini e istituzioni è al minimo storico, per questo si sbandierano ai quattro venti celebrazioni dal sapore fintamente patriottiche come il centocinquantenario dell’Unità d’Italia, mentre il paese viene lasciato andare in pezzi nelle mani dei soliti noti: banche, istituiti finanziari, Mafia, Vaticano, politica, affaristi, speculatori, ecc., lasciati indisturbati e liberi di speculare, aumentare a dismisura il debito, impoverire e sfruttare e lo Stato, incapace di dare risposte, criminalizza le lotte di chi non può fare altro che opporsi e difendere i propri diritti (sanità, istruzione, lavoro sicuro e dignitoso per tutti, salvaguardia ambientale) visto che è proprio lo Stato il primo a violare i diritti costituzionali che dovrebbe garantire. I morti sul lavoro non sono altro che un’altra delle brutture che questo sistema produttivo non può, visto l’incedere
travolgente della crisi, che far altro che accrescere.
Mentre destra e sinistra spalleggiano il governo Monti nell’opera di attacco
indiscriminato ai diritti dei lavoratori e dei cittadini per fortuna tutta una parte sana del Paese si ribella e lotta per opporsi a questo scempio che vede sui lavoratori gravare tutto il peso della crisi:
Mov. No Tav, Mov. Pastori Sardi, Mov. dei Forconi, Comitato No Debito, Fiom-Cgil e sindacati di base, fabbriche in occupazione (Jabil, Rsi,
lavoratori e sindacalisti combattivi, lavoratori e cittadini impegnati nella difesa dei Beni Comuni, ecc.).

Per questo oggi occorre più che mai solidarizzare, sostenere e appoggiare tutti quegli organismi, movimenti, associazioni, forze sindacali e sindacalisti più combattivi, lavoratori e singoli cittadini che, ognuno nel proprio ambito di lotta e con le proprie specificità, si oppongono alle misure più nefaste imposte dalla crisi.
Per non cadere nella deriva umana, materiale e sociale in cui vorrebbero relegarci
promuovendo abbrutimento, sfiducia ed individui visti non come persone con sogli e
aspirazioni ma come “esuberi” dobbiamo comprendere che lottare oggi contro queste nefandezze è utile ma soprattutto necessario e inevitabile.

Torino, 27 marzo 2012
Ex lavoratori ThyssenKrupp Torino