lunedì 10 dicembre 2012

pc 11 dicembre - Egitto: la piazza contro il presidente Morsi. Ci sono i lavoratori? E cosa vogliono?



da clash city workers


Cosa succede in Egitto? La ricostruzione degli eventi fornita dai quotidiani, dalle televisioni e dagli altri mezzi di informazione sembra convergere su questo scenario: decine di migliaia (per alcuni centinaia di migliaia) di persone in strada per protestare contro la recente mossa del presidente Morsi in merito alla futura carta costituzionale.


“La Repubblica” parla di un corteo (quello della sera del 4 dicembre 2012) direttosi verso la residenza ufficiale del presidente, “accusato dall'opposizione di essersi attribuito poteri dittatoriali”. Il “Corriere della Sera” afferma che “in migliaia protestano contro i decreti che attribuiscono al presidente poteri assoluti”. Anche “Il Fatto Quotidiano” condivide questa tesi: la gente è in piazza per “gridare il dissenso verso il tentativo di Morsi di accentrare ulteriormente il potere nelle sue mani”. “Il Sole 24 Ore” aggiunge qualche elemento, parla dell'accusa di aver “svenduto la rivoluzione” e di manifestanti che chiedono “la caduta del regime”, ma non si spinge molto oltre, né soprattutto offre altre spiegazioni per le manifestazioni di massa che nell'ultima settimana hanno interessato la capitale Il Cairo ma anche tanti altri centri: Alessandria, Suez, Port Said.

Emerge quindi una visione che interpreta i fatti secondo il tradizionale paradigma liberale: autocrazia vs. democrazia. Migliaia e migliaia di egiziani, che hanno combattuto solo due anni fa per deporre l'odiato regime di Mubrak rifiuterebbero ora il ritorno all'autocrazia, un sentiero verso il quale condurrebbe la Dichiarazione Costituzionale (qui il testo in inglese) annunciata il 21 novembre dal presidente Morsi. Il leader dei Fratelli Musulmani incarnerebbe la volontà dell'esecutivo di straripare e di mettere sotto controllo il potere giudiziario, mettendo così in discussione la divisione dei poteri su cui si fonderebbe la democrazia di stampo occidentale (ma in questi giorni in Italia non stanno tutti applaudendo Napolitano che, in contrasto proprio con la magistratura, ha deciso di approvare il decreto che permette a Padron Riva ed all'ILVA di continuare ad uccidere?).

Non diciamo che nelle proteste di queste settimane non ci sia una componente che abbia fatto della difesa di questi pilastri la propria ragion d'essere. Ma una spiegazione che riposi esclusivamente su questo fattore non è esaustiva. Di più: è ferocemente di parte. Non solo perché assolutizza principi nati nel solco della tradizione borghese occidentale (non è questo il luogo per dilungarsi su una discussione che richiederebbe ben più spazio), ma perché è un'interpretazione fortemente classista. Mette in discussione soltanto la sfera politica, non sfiorando nemmeno i problemi materiali che tanto pressanti sono per milioni di egiziani ed egiziane. Le rivendicazioni di migliaia e migliaia di manifestanti non si fermano a quelle esposte dai nostri mass media. In ciò sono in perfetta continuità con quelle che venivano agitate nelle piazze durante la ribellione contro il regime di Mubarak (e, a dir la verità, anche negli anni precedenti), sebbene non siano mai giunte alle orecchie ed agli occhi del grande pubblico. È una spiegazione classista perché esclude quel soggetto che è portatore delle istanze che vanno oltre: la classe lavoratrice. Sono milioni di lavoratori e lavoratrici che, riuniti ora in sindacati indipendenti, reclamano sì la destituzione di tutti coloro che sono stati protagonisti della lunga stagione al potere di Mubarak, si oppongono sì ad un possibile scenario autoritario cui Morsi tenderebbe, ma vanno oltre. Vogliono una nuova legislazione sul lavoro, la libertà di organizzazione, le libertà sindacali, la riapertura di tutte le fabbriche che hanno chiuso, il reintegro di tutti i lavoratori e le lavoratrici licenziati (ma non è che l'articolo 18 non era proprio inutile?), un salario minimo ed uno massimo stabiliti per legge e legati al tasso d'inflazione (ancora: ma la scala mobile non era una cosa del passato?), che il 50% dei membri dell'Assemblea Costituente sia costituito da operai e contadini.

E spingendosi oltre, unendo rivendicazioni di carattere economico e politico, tracciano degli scenari che possono essere di assoluto interesse per chi come noi, sull'altra sponda del Mediterraneo, è spesso ingabbiato nella logica della lotta resistenziale o, peggio ancora, testimoniale.
Per far sentire la voce di questi milioni di lavoratori e lavoratrici anche a casa nostra, abbiamo deciso di tradurre alcuni documenti ed articoli che il movimento dei lavoratori in Egitto ha prodotto negli ultimi giorni.

La prima traduzione, che trovate di seguito (e che è tratta dal sito del MENA Solidarity Network), è la dichiarazione della Federazione dei Sindacati Indipendenti egiziani (EFITU) a proposito della Dichiarazione Costituzionale di Morsi che, allo stesso tempo, è un appello alla mobilitazione. Proprio quella che sta riempiendo in queste ore le piazze di tutto l'Egitto.


[EFITU - Federazione Sindacati Indipendenti Egiziani]

Egitto: La Federazione dei sindacati indipendenti rifiuta l'accaparramento di poteri da parte del presidente*

Cari fratelli lavoratori e care sorelle lavoratrici,
Quando abbiamo ascoltato la Dichiarazione Costituzionale rilasciata dal presidente Mohamed Morsi  il 21 novembre, tutti abbiamo cominciato a chiedere ai nostri colleghi:
“Cosa ha a che fare questa dichiarazione con noi?”, “Ci sarà utile, o sarà contro i nostri interessi?”
Diamo insieme uno sguardo a quello che c'è nella dichiarazione e a cosa ha detto il presidente nel suo discorso all'Ittihadiyya Palace di fronte ai suoi sostenitori.

1. Onorare i martiri ed i feriti, dare una pensione alla famiglie dei martiri e a quelli che non possono sostentare sé stessi o le loro famiglie a causa delle ferite – Noi siamo completamente a favore.
2. Il Procuratore Generale – Vogliamo che sia processato. Chiediamo la sua destituzione, ma ciò non implica che l'esecutivo si imponga sul ruolo assegnato al potere giudiziario. Dove sono il Maresciallo Superiore e Anan? (Il riferimento è a Hussein Tantawi e Sami Anan, vertici militari egiziani, NdT)
3. Prevenire la dissoluzione dell'Assemblea Costituente e del consiglio della Shura (si tratta di un organismo parlamentare consultivo, NdT) – ci sono diversi motivi per i quali siamo preoccupati:

    I lavoratori e le lavoratrici sono rappresentati/e nell'Assemblea Costituente dal Ministro del Lavoro, Khalid al-Azhary. Qualcuno che ha assistito alla sua azione da quando è in carica può credere che difenderà i diritti dei lavoratori?

    Non ci basiamo su congetture: tutte le bozze che sono state partorite dall'Assemblea Costituente non dicevano nulla in tema di diritti di operai, contadini, pescatori, lavoratori del settore informale. Gli articoli che menzionano i lavoratori e la giustizia sociale non impegnano nessuno a fare niente – né il governo né i padroni. Allo stesso tempo, le bozze proteggono gli interessi dei proprietari delle imprese e dei dirigenti delle compagnie: ad oggi abbiamo padroni che si rifiutano di pagare gli stipendi dei lavoratori e che li licenziano, o che rilasciano ordini per chiudere l'impresa e cacciare i lavoratori, anche quando hanno goduto di privilegi e di esenzioni fiscali. Si sono anche presi prestiti bancari che non hanno mai restituito!

La bozza di questa costituzione lega le mani del governo ed evita preventivamente che possa prendere qualsiasi iniziativa per riaprire imprese che sono state chiuse, o per salvare i posti di lavoro, o per ripristinare i diritti dei lavoratori.
In maniera simile, la bozza di costituzione cancella la quota assegnata alla rappresentanza di lavoratori e contadini in parlamento e nel consiglio della Shura. Non ci sarà assolutamente nessuno a difendere i diritti di tutte e tutti quelli che lavorano in Egitto: il nostro diritto ad avere una legge sul lavoro che rimpiazzi l'ingiusta legge 12 del 2003, o una legge sul salario minimo e massimo, o il diritto alla sicurezza sociale, o al servizio sanitario universale per tutti i cittadini, o qualsiasi altra legge che protegga molti dei diritti del popolo lavoratore.

[Egitto. Proteste contro Morsi. Lavoratori in piazza]

4. Immunità per le decisioni del presidente – Come può il presidente promulgare leggi, e lavorare per attuarle, senza che nessuno di noi abbia il diritto di adire il potere giudiziario e di contestarle? Cosa accadrebbe se promulgasse un decreto che proibisce tutti i sindacati che sono stati creati dall'inizio della rivoluzione? Nessuno sarebbe capace di opporvisi?
5. Sul discorso del presidente – Nel suo discorso il presidente ha affermato che userebbe la legge contro l'interruzione della produzione o il blocco delle strade, sempre che non promulghi una legge che vieti gli scioperi e i sit-in. Come dovremmo difendere i nostri diritti di cui stiamo venendo derubati? Dovremmo lasciarli liberi di cacciarci dai posti di lavoro, di rifiutarsi di pagarci i nostri stipendi? O dovremmo guardare i nostri colleghi morire o rimanere feriti perché i padroni non forniscono posti di lavoro sicuri? O rimanere lì mentre gli imprenditori arraffano la nostra parte di assicurazione sociale? … E noi non dovremmo fare nulla?
La prima legge che il presidente ha promulgato dopo la Dichiarazione Costituzionale è stata la Legge 97 del 2012 che emenda la Legge 35 del 1976 sui sindacati. Ciò che temiamo è che quest'emendamento sarà usato per rimpiazzare i vertici dell'ETUF (Egyptian Trade Union Federation – Federazione Egiziana dei Sindacati) che erano in carica con l'aiuto dei governi di Mubarak, e che ora hanno l'età per la pensione, con nuovi leader provenienti dai Fratelli Musulmani, associati col nuovo regime.
C'è molto che potrebbe esser detto in proposito, ma ci limiteremo a dire brevemente:
Siamo stati perseguitati, detenuti, sospesi dal lavoro, trasferiti e presi di mira perché abbiamo esercitato i nostri diritti allo sciopero e a creare sindacati. Perchè siamo stati in attesa per due anni mentre il governo non ha approvato una legge sulle libertà sindacali, ma ha invece accelerato per promulgare una legge che, nel nome della difesa della rivoluzione, criminalizza gli scioperi ed i sit-in? Come possono equiparare gli scioperanti ai trafficanti di droga ed ai contrabbandieri? Continueremo a dire “non è affar nostro?”
“No – questo è affar nostro!” Queste decisioni sono un attacco diretto ai nostri interessi. Ecco perché dobbiamo alzarci e lottare. Ecco perchè non possiamo permettere che il presidente prenda questi poteri per sé stesso e dobbiamo proteggere l'Assemblea Costituente e il Consiglio della Shura dalla dissoluzione.
Facciamo appello ai lavoratori sani in tutto il movimento dei lavoratori – sia che militino nei sindacati indipendenti sia che siano lavoratori, iscritti alla ETUF, onorevoli e desiderosi di lottare – affinché scendano in strada e si uniscano ai sit-in dei manifestanti, si riuniscano come lavoratori e innalzino questi slogan sulle loro bandiere:
1. Emendare la Dichiarazione Costituzionale come spiegato in precedenza
2. Riformare l'Assemblea Costituente con almeno il 50% di membri operai e contadini
3. Garantire le libertà sindacali nella carta costituzionale o con una legge
4. Approvare una nuova legge sul lavoro che garantisca i diritti dei lavoratori
5. Accelerare l'implementazione di una legge sui salari minimo e massimo, e che li leghi ai prezzi crescenti
6. Reintegro di tutti i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro
7. Dimissioni del governo di Hisham Qandil

Lavoratori d'Egitto uniamoci... per il nostro amato Egitto e per tutti i nostri diritti!

Federazione Egiziana dei Sindacati Indipendenti
25 novembre 2012

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