sabato 28 maggio 2011

pc 28 maggio - presidio a palermo contro il governo



Volantinaggio, spikeraggio, banchetto con materiali, in particolare la posizione di proletari comunisti sul ballottaggio di Milano e Napoli


Circolo proletari comunisti Palermo

pc 28 maggio - la guerra popolare nelle Filippine continua ad infliggere colpi all'imperialismo e al regime


in spagnolo facilmente comprensibile

El maoísta Nuevo Ejército del Pueblo (NPA) ha protagonizado diversas emboscadas y ataques en los últimos días.

En una emboscada realizada el martes el NPA dio muerte a dos agentes de policía en Nasugbu, Batangas. Los guerrilleros se apoderaron de las armas de fuego de los policías. Un oficial murió en el acto, mientras que el otro fue declarado muerto en un hospital. Los guerrilleros huyeron con el automovil de la policía y una motocicleta.

El jueves una columna de la guerrilla comunista del NPA formada por 30 guerrilleros embosco a un Batallón del Ejército Filipino en la cuenca del Valle de Zapata, en región de Caraga. Varios soldados resultaron heridos.

El miercoles la guerrilla comunista prendio fuego una retroexcavadora, 2 camiones de volteo y una camioneta pertenecientes a la CTM, una empresa de construcción propiedad del ex alcalde de Placer, Surigao del Norte.

Tambien el miercoles la guerrilla maoísta ataco la casa de alcalde Chary Mangacop en Barangay Bonifacio, la ciudad de Surigao.

da odio.de.clase

pc 28 maggio - la posizione di proletari comunisti al ballottaggio di napoli

pc 28 maggio - la posizione di proletari comunisti al ballottaggio di milano


venerdì 27 maggio 2011

pc 27 maggio - domani a Roma il funerale del compagno Luigi Fallico

Il funerale di Gigi si terrà sabato 28 maggio in via Sandro Sandri 73 (quartiere Casalbruciato) a Roma. L’appuntamento per i compagni che volessero essere vicini alla famiglia e ricordare Gigi è alle 10.00

proletari comunisti invita i compagni a partecipare

pc 27 maggio - il Movimento NO TAV contro Bonanni

Comunicato Stampa approvato dall’assemblea popolare del 26/5 a Bussoleno in merito alle dichiarazione di Raffaele Bonanni e della Filca/Cisl. Sentirsi accusare di essere fascisti è una cosa che da sempre molto fastidio, perché il nostro movimento e la Valle di Susa sono sempre state un esempio di antifascismo vivente. Vedere il segretario della Cisl Raffaele Bonanni affannarsi a tal punto di voler organizzare una manifestazione in Valle non ci stupisce più di tanto vista la funzione ormai esplicitamente governativa del sindacato che rappresenta. Detto questo:

IL MOVIMENTO NO TAV

RITIENE

estremamente gravi e diffamatorie le dichiarazioni rilasciate dal segretario generale della CISL e quanto affermato nel volantino che è stato distribuito in Valle a firma Filca/Cisl

Le dichiarazioni oltre a riportare fatti assolutamente non veri danno una lettura fuorviante ed ingannevole della realtà socio/economica. Affermare che opere come il TAV sono necessarie allo sviluppo del paese significa mentire sapendo di mentire.


RICORDA

Che la funzione istituzionale del sindacato è difendere i lavoratori e fare si che il loro lavoro venga remunerato in modo equo, nei tempi previsti dalla legge e, soprattutto, che vengano versati i relativi contributi previdenziali


SI DOMANDA

Come mai solo ora, dopo anni di continua crisi e la perdita di miglia di posti di lavoro, improvvisamente la FILCA/CISL scopre che la Valle si sta impoverendo e si avventura in analisi macroeconomiche mentre i lavoratori edili che afferma di voler difendere devono ancora percepire stipendi e relativi contributi previdenziali


DIFFIDA

La Filca/Cisl e qualsiasi altra organizzazione sindacale e politica dallo sfruttare in modo ignobile i lavoratori con il solo scopo di utilizzarli come contrasto alle legittime e motivate istanze degli abitanti della Valle di Susa

INVITA

tutti i lavoratori a valutare chi veramente difende i loro interessi e ad unirsi alla lotta del Movimento No Tav contro le lobbies politico/sindacali/affaristiche che stanno affossando il nostro Paese e togliendo il futuro alle nuove generazioni e di cui pare la FILCA CISL sia portavoce

il Movimento No Tav

pc 27 maggio - per Luigi Fallico morto in carcere

Dichiarazione dei compagni detenuti per l'inchiesta "10 giugno" sulla morte del compagno Luigi Fallico
Compagni detenuti
Mammagialla, 23 maggio 2011
Ancora una volta (e sono tante, le volte), un proletario, un compagno muore di galera.
Il comunismo non viene da solo, né gratis.
La somma di sofferenze che – come classe – abbiamo pagato, stiamo pagando e ancora pagheremo sui posti di lavoro, nelle piazze e nelle carceri, è il prezzo per costruirlo.
Oltre a ciò, resta ben poco da dire.
Sappiamo tutti cosa si perde quando un comunista muore.
Bruno, Dino, Gianfranco e Massimo

pc 27 maggio - a Torino con il PD di Fassino sarà ancora peggio.. aggressione a grugliasco

Incredibile
provincia di torino | repressione | comunicati venerd� 27 maggio, 2011 15:51 by skunk

Aggredito dal PD

Incredibile!

Ecco cosa mi è successo Mercoledì al parco "Le Serre" a Grugliasco: decido di andare a vedere il concerto dei Marlene Kunz a favore del referendum e anche se organizato dai servi del PD faccio finta di nulla e mi ci reco. Noto tra i vari banchetti per la raccolta delle firme un mio vicino di casa, figlo di un noto esponente del PD locale e persona che ha da sempre osteggiato i centri sociali. Per farla breve inizia una discussione, dove vengo verbalmente assalito da questo e dalla sua fidanzata anche lei militante del PD; non contento il ragazzo mi dice di seguirlo in un luogo appartato dove avremmo potuto risolvere la nostra discussione. Appena ci spostiamo dalla massa di persone però ecco arrivare 2 ambigui personaggi del servizio d'ordine del PD (uno era presente anche alla manifestazione del 1° maggio quando hanno assalito lo spezzone FAI, l'altro che non aveva pass identificativo indossava una maglia di un gruppo ultras di chiara ispirazione fascista) con la scusa di separarci il fascista mi immobilizza e mi minaccia di tagliarmi la gola se non me ne fossi andato immediatamente!!! Questo è il PD! VERGOGNA!

pc 27 maggio - valle susa ..il volantino CCP-Proletari Comunisti

pc 27 maggio - la rivolta degli operai Fincantieri. Lotta a fondo su una linea di classe


Sono ormai tre giorni che è in corso la rivolta degli operai della Fincantieri contro il piano di chiusura ristrutturazione della Fincantieri che prevede chiusure a Genova e Castellammare di Stabia, chiusure e tagli nelle altre sedi in tutt'Italia.
La lotta ha assunto subito i caratteri di una vera e propria rivolta con l'assalto alla Prefettura a Genova e occupazioni, blocchi di vario tipo a Castellammare di Stabia, a cui si sono aggiunti scioperi e cortei nelle altre città.
Sono fortemente positive sia la durezza delle forme di lotta sia l'unità che i vari stabilimenti hanno dimostrato, scendendo in lotta insieme.
Sotto accusa non c'è solo la Fincantieri ma il governo e le istituzioni locali; e intorno agli operai della Fincantieri, in particolare sia a Genova che a Castellammare di Stabia, ci sono anche ampi settori cittadini che comprendono gli effetti generali di questo piano di chiusure.
La radicalità della lotta e il fatto che venga messo in pericolo il lavoro di tutti, ha spinto finora le OOSS a muoversi unitariamente,rispondendo alla spinta di mobilitazione degli operai.
La lotta dei lavoratori si è scontrata con polizia a Genova e a Castellammare di Stabia, ma gli operai sono stati determinatissimi a respingere la repressione.
Detto questo, manca tuttora, però, nelle piattaforme sindacali una linea effettiva che contrasti il piano di ristrutturazione. Le proposte di “un grande progetto di riconversione della produzione navale affiancando altri settori alle navi da crociera e militare...penso a traghetti e all'off shore, allo smontaggio delle vecchie navi piene di amianto e veleni, che ora vengono inviate in India e Bangladesh” - espresse da Landini (Il Manifesto del 27/5), rappresentano la tradizionale serie di buone intenzioni che trascurano la logica del massimo profitto che c'è dietro il piano, le cui scelte produttive non sono caratterizzate tanto da incomprensione di tutti i settori in cui potrebbe esercitarsi l'attività cantieristica, ma appunto dalla linea del massimo profitto, della riduzione dei lavoratori e dei loro diritti, con il massimo sfruttamento di chi resta. E' in sostanza la logica del piano Marchionne. E come le buone intenzioni su “modelli e riconversioni ecologiche” nel caso della Fiat non hanno prodotto alcun cambio del piano Marchionne, lo stesso avviene in questo settore.
La situazione degli stabilimenti in chiusura può essere paragonata a quella di Termini Imerese, anche qui il risultato finale è la chiusura e il correre dietro a differenti proposte di ricollocazione in altri settori lasciano il tempo che trova.
Il governo in questo caso non è solo un terzo che assiste le scelte dei padroni mettendo in campo al massimo un piano di ammortizzatori sociali, ma è tuttora l'effettivo padrone della Fincantieri tramite il Ministero del Tesoro.
Questo può essere una condizione favorevole all'azione dei lavoratori purchè si mantenga la rigidità di posizione rispetto all'unica effettiva “soluzione” che gli operai hanno nelle mani in questa vertenza: la difesa di tutti i posti di lavoro e del reddito tramite la riduzione generalizzata dell'orario di lavoro.Bisogna scongiurare una linea simile a quella che sta portando alla chiusura definitiva di Termini Imerese.

Proletari Comunisti
27 maggio 2011

pc 27 maggio - la lotta alla Fincantieri nelle parole di un poeta operaio


Lotteranno fino alla morte
( ai lavoratori in lotta della Fincantieri)
Suicidati. Operai. Padri. Figli. Suicidati. Per loro, altri saranno in lotta. Non preoccupatevi. Dei morti. I vivi e i morti. E il resto non avrà fine. Suicidi. Licenziati da Fincantieri. Anni fa. Poi, oggi, tremila, licenziati. Forse cinquemila. Che importa. A Amministratore Delegato, che importa. Uno più. Mille meno. Che importa. La vostra carne, da macello. La nostra carne. Al manganello. Celere ovunque. Ma io perdo lavoro. Io non rubo. A Celere non importa. Uno più. Mille meno. Sangue. Sul viso. Carne. Da macello. Operai, al patibolo. Ma voi. Verrete al fianco. Fino alla morte. C’è una morte. Anche per Amministratore. Con noi. Sul patibolo. E poi, il politico. Al mio fianco. Una corda. C’è sempre. Sui patiboli della vita. Fine vita. Per noi, che volete chiudere. Non si chiude mai. Sempre si muore. E allora, in ginocchio. Figli di troia. Roma arriverai. Arriveremo. A migliaia. Uno più Uno meno. Sangue. Sul viso. Il tuo. Uno più. Uno meno. Prenderemo auto blu. Le tue scarpe nere. Il tuo funerale. Fino alla morte. Prenderemo il tuo scranno. Fino alla morte. La sera. Torneremo a casa. Quella che paghiamo. Prenderemo la tua. Che ti sei regalato. Fino alla morte. A migliaia di case. Una più. Una meno. Ai compagni, suicidati. Quelli di ieri. Quelli di domani. Dedico un patibolo. In tua compagnia. Uno più. Uno meno. Una guerra. Una più. Una meno. Fino alla morte. Il patibolo, davanti alla croce. Crocifissi. Rideremo. Dei chiodi tra i nervi. Rideremo. Vederti. Penzolante. Amministratore. Delega la morte. Se puoi. Noi siamo occupati. A lottare. Scendiamo. Vedi, dalla croce. Siamo il ferro, dei chiodi. Nervi saltati. Fino alla morte. Per i compagni. Suicidati. Per loro e per altri. Lotteremo. Per un paese diverso. Sarai allora, solo. Sul patibolo. Noi si scende. La corda è tua. Figlio di troia. Non hai capito. Tu, devi morire. Sangue, ancora sangue. Come sempre. Uno più. Uno meno. Nelle strade, a senso unico. Nei palazzi, di potere. Mille più. Mille meno. Fratello d’ Italia. Siam pronti alla morte.
25 maggio 2011
Giuliano Bugani operaio, giornalista, poeta

pc 27 maggio - al G8, il cane che annega, si agita..ma così annaspa ancor più

questo governante questuante e patetico che tira la giacca ai capi di governo al G8
per ripetetere questa triste litania, crea per la borghesia imperialista italiana già in difficoltà economica politica e sociale di suo, il massimo imbarazzo e discredito e rende il governo moderno fascista di Berlusconi- Bossi il più debole possibile di qui il necessario intervento tattico sviluppato in questi giorni da proletari comunisti per sfruttare a fondo la polarizzazione politica e la possibilità di creare una situazione nuova per il proletariato e le masse popolari
il voto a Pisapia e de magistris non è un voto per Pisapia e De magistratis, ma è un voto contro questo governo per favorirne e precipitarne la caduta e posizionarsi per la battaglia contro questo governo e sopratutto contro ogni governo dei padroni, contro un nuovo governo dei padroni che il risultato elettorale può provocare e che ha in milano il suo laboratorio
dalla polarizzazione politica significativa che mette in crisi l'assetto attuale alla polarizzazione sociale per cui lavoriamo da sempre e che trova nella rivolta operaia e popolare la sua prospettiva e forma concreta
è questa la nostra linea dentro la costruzione del Partito,del fronte unito, dell'organizzazione della forza nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse

proletari comunisti
27 maggio 2011

pc 27 maggio: Continua a Palermo la protesta degli operai Fincantieri.

Dopo le mobilitazioni e i cortei dei giorni scorsi, una rappresentanza di lavoratori si è ritrovata, questa mattina, davanti a Palazzo Orleans per protestare contro i tagli previsti dall’azienda.

Il nuovo piano industriale del cantiere prevede, infatti, la chiusura degli stabilimenti di Sesti Ponente e di Castellammare di Stabia e la conversione del cantiere di Riva Trigoso, per un totale di oltre duemila esuberi che interesseranno anche la sede siciliana.

“Alla Fincantieri la situazione è tragica. Per quanto riguarda noi dell’indotto non c’è lavoro e non c’è nessuna prospettiva per andare avanti neanche con gli ammortizzatori sociali – riferisce Michele Casamento, uno degli operai scesi in piazza – . Aspettiamo risposte sugli ammortizzatori sociali, sulle cooperative che possano avviarci al lavoro. Non abbiamo, però, ricevuto nessuna risposta concreta”.

I lavoratori del cantiere navale di Palermo chiedono, dunque, maggiori certezze e rassicurazioni in vista dei tagli che potrebbero far perdere il lavoro a migliaia di famiglie. “E’ da tre anni che non lavoro. Siamo disperati. Ci promettono sussidi, disoccupazione, mobilità ma non c’è niente. Noi dobbiamo sapere cosa c’è”, dice Mosè, un operaio tunisino che lavora all’indotto da venticinque anni.

Alcuni rappresentanti sindacali hanno incontrato questa mattina il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, per chiedere di rivedere il piano aziendale in vista del vertice convocato dal Governo la prossima settimana. Tra le proposte dei sindacati quella di mantenere l’attuale organico della sede palermitana e la produzione navale a cui l’azienda vorrebbe rinunciare.

www.livesicilia.it

pc 27 maggio - prosegue ovunque la rivolta degli operai fincantieri


Genova

Fincantieri, diecimila in piazza
Operai e studenti insieme. Corteo per le strade di Sestri.
L'appello del rettore: "Universitari e non solo, partecipate alla manifestazione". Negozi chiusi per due ore. Contestato il sindaco
Genova si stringe attorno ai lavoratori Fincantieri. Stamani la grande manifestazione a Sestri Ponente. Diecimila al corteo che dai cancelli dello stabilimento in via Soliman e ha raggiunto piazza Baracca. Insieme ai lavoratori, in piazza protestano anche gli studenti. Giacomo Deferrari, rettore dell'Università, ha lanciato un appello ai suoi allievi: "Gli studenti, universitari, ma non solo, devono partecipare alle proteste dei lavoratori Fincantieri per evitare che Genova muoia".

Contestato il sindaco. Quando Marta Vincenzi ha preso la parola al microfono si sono alzati sonori fischi da un gruppo di manifestanti. Ha avuto giusto il tempo di sottolineare che "le istituzioni devono andare a Roma". Poi i fischi sono stati così espliciti che il sindaco ha preferito lasciare la parola ad altri. Gli operai che l'hanno contestata sostengono che lei sapeva del piano di esuberi ma non ne ha mai parlato al sindacato. Lei invece ha sempre smentito.

Anche i commercianti protestano contro il piano esuberi della Fincantieri che prevede la chiusura del cantiere di Sestri e il ridimensionamento di quello di Riva Trigoso. Ieri sono scesi in piazza e sui quotidiani hanno acquistato pagine pubblicitarie per chiamare a raccolta i genovesi: "Salviamo i cantieri navali di Sestri Ponente e Riva Trigoso", ha scritto l'Ascom. "Le imprese del commercio, del turismo e dei servizi, sono solidali con i lavoratori Fincantieri. Non accettano l'ennesimo taglio all'occupazione e all'economia di Genova e del Tigullio. Insieme riappropriamoci del nostro futuro". Stamani i negozi hanno abbassato le saracinesce per due ore.

castellammare di stabia

Fincantieri, riprende la protesta
occupata per 5 ore la sorrentinaRimosso il blocco degli operai che si sono spostati verso il centro di Castellammare. Traffico paralizzato. Ieri avevano occupato la stazione della Vesuviana di Pompei

E' durato oltre cinque ore il blocco degli operai della Fincantieri di Castellammare di Stabia (Napoli) sulla statale sorrentina. I lavoratori si sono spostati al centro della città per scusarsi per il disagio provocato dalle proteste di questi giorni ma l'obiettivo è quello di mantenere viva l'attenzione sulla vertenza e impedire la chiusura del cantiere.

Pesanti le ripercussioni sul traffico in tutta la zona sorrentina mentre continua il presidio dei lavoratori al Municipio. "E' evidente - dice il segretario generale della Uilm Campania, Giovanni Sgambati - che si stanno provocando gradi disagi ma è necessario andare avanti con decisione per ottenere il risultato finale, quello del ritiro del piano industriale impedendo la chiusura di Castellammare di Stabia'

Ieri i lavoratori avevano occupato la stazione della Circumvesuviana di Pompei, bloccando la circolazione die treni per alcune ore. Poi si erano diretti verso il Santuario mariano chiedendo di entrare a pregare, ma hanno trovato le porte sbarrate. I manifestanti si sono così assiepati fuori dalla basilica.

pc 27 maggio - Operai Fincantieri Marghera in rivolta

Dai compagni di Marghera

27-05-2011 Marghera - L'assemblea di martedì 25 in Fincantieri aveva riguardato solo i lavoratori diretti, per la chiusura degli stabilimenti di Genova e Castellamare, e gli esuberi dichiarati dal gruppo. Non vi avevano partecipato i lavoratori degli appalti. Oggi però tutti insieme, lavoratori diretti della Fiom, lavoratori degli appalti, Cobas compreso, lavoratori in cassa integrazione, sono scesi in strada bloccando tutto.
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26-05-2011 -

Fincantieri in rivolta contro gli esuberi, blocchi stradali a Venezia

In mattinata gli operai della Fincantieri hanno bloccando via della Libertà, tagliando dunque i collegamenti stradali con Venezia. Gli operai Vinyls invece tornano sulle fiaccole del Petrolchimico

VENEZIA. Una giornata di lotta per il lavoro a Venezia. Dalla prima mattinata gli operai della Fincantieri hanno bloccato via della Libertà, interrompendo così il collegamento viario tra la terraferma e Venezia. Si tratta di una manifestazione non autorizzata ma gli operai sono determinati a portare avanti la protesta contro il piano dell'impresa che prevede 2550 esuberi e la chiusura di due stabilimenti in Campania e in Liguria. Il blocco è terminato attorno alle 11, ma ha comunque mandato in tilt la delicata viabilità veneziana. I problemi maggiori su via Fratelli Bandiera, mentre tutto il traffico in direzione Venezia è stato deviato su San Giuliano.

Anche gli operai della Vinyls, azienda della chimica coinvolta in una lunghissima vertenza per la vendita, sono tornati a protestare per l'incertezza che pesa sul loro futuro. Tre operai sono saliti nuovamente su una fiaccola del Petrolchimico, a 150 metri d'altezza. Tra loro Nicoletta Zago, l'operaia-simbolo, che qualche settimana fa incontrò il Papa Benedetto Xvi, durante la sua visita a Venezia.

http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/2011/05/27/news/fincantieri-in-rivolta-contro-gli-esuberi-blocchi-stradali-a-venezia-4296039

pc 27 maggio - il sindaco di Firenze Renzi ..contro gli immigrati

** mercoledi' 25 maggio **
ore 17.30 al laghetto dei cigni, giardini della fortezza da basso
assemblea pubblica dopo lo sgombero della tendopoli dei rifugiati, per
aggiornarsi e riorganizzarsi

Dopo il quarto giorno di occupazione di piazza bambini di Beslan, gli
occupanti, un gruppo di rifugiati e richiedenti asilo africani,
rimangono ancora invisibili alla città di Firenze.
Il Comune, non solo non si è fatto vivo, ma ha mostrato il volto duro
della repressione. La Polizia Municipale ieri ha fatto irruzione nella
tendopoli in cui migranti e italiani stavano dormendo: hanno cominciato
a trascinare la gente fuori dalle tende, sfasciando e strappando i teli
e le strutture dei ripari provvisori, arrivando a spintonare ed a
prendere a calci gli occupanti. Il risultato dell’operazione, cosi’
come lo dipinge la stampa, è stato il referto di quattro vigili emesso
dall’ospedale dopo molte ore.
In ogni caso la ferma e decisa determinazione dei migranti e degli
italiani presenti, ha permesso di resistere allo sgombero. La
responsabilità di tutta questa operazione non può che essere attribuita
al sindaco Renzi, sempre più chiaramente destrorso nelle idee e nei
mezzi usati. Il sindaco rimanda i problemi cercando di nasconderli dalla
vista di tutti con la repressione. Il decoro di cui si riempe la bocca,
non è nient’altro che un tappeto sotto il quale nascondere le emergenze
a cui non sa e non vuole rispondere. È un Renzi sempre più scollato
dalla realtà, che di fronte a situazioni drammatiche e pesanti sa
parlare solo di decoro e senso estetico come un gretto e becero
bottegaio.
Il presidio permanente è stato velocemente e coraggiosamente
ricostruito. Ieri sera dopo una trattativa in Regione dove alcuni
assessori avevano promesso di impegnarsi per risolvere la situazione,
Renzi ha scavalcato tutti imponendo di nuovo uno sgombero
immediato.Stamattina alle otto la celere era appostata in piazza
indipendenza pronta ad intervenire e la digos intanto invadeva la piazza
intimando lo sgombero istantaneo della tendopoli, rendendo evidente
quali sono i metodi di questo illuminato sindaco e come non abbia
intenzione di occuparsi di problemi sociali gravi che rischiano di
sfociare in situazioni davvero esplosive.
L’ordine di Renzi è stato “sgomberare anche con la violenza se
necessario” e la polizia haeseguito perfettamente gli ordini. Per non
mettere ulteriormente a rischio le famiglie di migranti, le donne e i
bambini siamo stati costretti dopo 4 estenuanti giorni a smontare il
presidio.
Adesso i profughi hanno trovato rifugio nel giardino della fortezza in
attesa di un posto che li accolga.

/Assemblea dei Rifugiati politici somali eritrei e etiopi, Movimento
Lotta per la casa, NextEmerson, Brigate di Solidarietà attiva Toscana/

pc 27 maggio - fascisti nella scuola

REATO REITERATO

Non può e non deve restare impunito: intanto un posto in una qualche scuola privata, magari di proprietà del Cavaliere Nero, lo troverà di sicuro.
Un professore di educazione musicale del Liceo scientifico statale Augusto Monti di Chieri, comune della seconda cintura sud di Torino, ha scelto di fare ascoltare ai suoi alunni - parte dei 1.300 inseriti nel grande complesso di via Montessori - alcune canzonette fasciste, tra cui Giovinezza e Faccetta nera, come (dice lui) "storia della musica".
Lo schifoso essere in questione, Davide Cantino - 52enne residente a San Raffaele Cimena, nel chivassese - si difende affermando di non essere un fascista, ma un appassionato di storia: "dovevo preparare un corso di musica comparata. A casa avevo quei dischi e ho deciso di farli ascoltare in classe".
E' evidente che nessuno, che non sia un fascista, terrebbe mai in casa certa immondizia: la sua schifosa apologia di reato, perché di questo si tratta, se la faccia tra le mura della sua abitazione.
Neppure vale come giustificazione il fatto che "a Giaveno (comune della Val Sangone, n.d.r.) nessuno ne ha fatto un dramma, a Chieri è scoppiato il putiferio"; il sindaco di Giaveno è l'assai poco onorevole forzitaliota Osvaldo Napoli, che certamente annovera tra i suoi elettori molti fascisti: se non altro perché, fino a poco tempo fa, nel partito del Padrino di Arcore stavano il presidente della Camera ed i suoi camerati, molti dei quali sono poi rimasti nel clan di Al Pappone.
A quanto pare questo 'signore' avrebbe già rassegnato le proprie dimissioni, ma non può e non deve cavarsela così: deve essere espulso dall'insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado, e perseguito dalle legge borghese per il reato reiterato - lo dice lui - di apologia di fascismo.

Torino, 27 maggio 2011




Stefano Ghio - Proletari Comunisti Torino

pc 27 maggio - il fascismo padronale all'assemblea confindustria

E gli industriali cantano “Faccetta nera”
Nel video della presentazione dell’assemblea di Confindustria c’è anche la canzone fascista

Clamorosa gaffe sonora degli industriali che nel video di presentazione dell’assemblea di Confindustria, all’Auditorium della Musica, inseriscono una canzone decisamente stonata: ‘Faccetta nera’.

Si tratta com’e’ noto di una canzone di epoca fascista scritta per celebrare le ‘imprese’ coloniali. L’ufficio stampa di Confindustria spiega che la scelta e’ voluta, all’interno di una ‘hit parade’ voluta per celebrare la storia patria in musica. All’Auditorium, in effetti, risuonano anche le note di Va Pensiero, di Bella Ciao, di Volare e naturalmente dell’inno nazionale. Ma si tratta, come’e’ evidente di melodie diverse. L’intento di documentazione storica non puo’ far dimenticare che Faccetta Nera e’ stata composta per la propaganda fascista relativa all’Etiopia, e in particolare della schiavitu’ della popolazione abissina. La canzone e’ stata scritta da Giuseppe Micheli e musicata da Mario Ruccione nel 1935. (DIRE)

pc 26 maggio - comunicato della redazione di proletari comunisti

sono usciti due speciali di proletari comunisti nel mese di aprile maggio al posto del numero regolare
uno distribuito il 1 e 6 maggio - speciale 1 maggio
uno distribuito nel movimento operaio e nel movimento contro la guerra - speciale guerra uscito il 15 maggio
negli stessi due mesi , il blog quotidiano, dal quale molti articoli sono stati riprodotti e diffusi in forma stampata, ha assolto alla funzione del giornalenello stesso tempo vanno ricordati i fogli di red block e del movimento femminista proletario rivoluzionario che hanno avuto e hanno ampia circolazione
ora prepariamo il numero di giugno

info
ro.red@libero.it

giovedì 26 maggio 2011

pc 26 maggio - Parigi grande lotta contro le espulsioni

Allarghiamo la resistenza contro le deportazioni!

Da più più di un mese oltre un centinaio di famiglie sfrattate dalla Barre
Balzac nel luglio 2010 sono accampati nella piazza della Fraternité. Rialloggiati
dalla prefettura in un albergo dopo una trattativa, questa ha poi bloccato il sostegno. Contrariamente alle sue promesse, la prefettura ha rialloggiato solo dieci famiglie su più di cento. Ancora una volta, le donne gli uomini tutti si sono ritrovati per la strada con bambini piccoli.

Le famiglie hanno chiesto l'aiuto del Comune che ha rifiutato. In una dichiarazione, quest'ultimo ha voluto giustificarsi presso l'opinione pubblica, parlando del 1900 richiedenti alloggio e ricordando il suo impegno per la casa. Parla di situazioni degradate, dannose negli spazi occupati e ha chiesto di interrompere immediatamente l'occupazione.

Dopo la pubblicazione di questa dichiarazione, al fine di dividere la popolazione, il sindaco del PCF ha osato fare un ordine di evacuazione consegnato alle famiglie da un ufficiale giudiziario. Un deputato del partito di sinistra riprende le ragioni pubblicate su "Regards", il giornale municipale. Tuttavia, il PG de Seine St Denis ha denunciato in un comunicato la posizione del sindaco e ha fornito il suo sostegno alle famiglie. Anche militanti comunisti della Courneuve sono venuti ad esprimere il loro disaccordo con la posizione del Sindaco spostandosi verso l'accampamento.

Nel corso di un colloquio con un delegazione composta da rappresentanti delle famiglie e del comitato di sostegno il 18 maggio scorso, il sindaco ha rifiutato qualsiasi aiuto e ha mantenuto la sua richiesta di evacuazione, affermando che appoggiava la decisione dell'ODHLM (Ufficio Dipartimentale Case Popolari - Presieduta dal Consigliere del PS, Troussel) di aver fatto ricorso alle forze dell'ordine per sfrattare le famiglie dai loro alloggi. Peggio ancora, il giorno dopo, la coalizione degli 8 comuni della "Plaine Commune" (4 PCF, 2 PS, 1 Verde il cui partito ha firmato l'appello unitario di sostegno – e uno della destra) ha chiesto anch'essa l'evacuazione del campo! È un attacco generalizzato nei confronti dei lavoratori sfrattati!

Tutti coloro, donne e uomini, che affermano di essere di sinistra dovrebbero ricordare che cosa scrisse Engels (compagno di Marx):

"I lavoratori sono stati allontanati dal centro alla periferia delle città, gli alloggi dei lavoratori, i piccoli appartamenti sono sempre più rari e costosi, introvabili, l'edilizia, per cui gli appartamenti da affittare ad alto prezzo! offrono alla speculazione un campo molto più vasto, non costruirà mai, se non in casi eccezionali alloggi operai." (Engels – La questione delle abitazioni).

Certo, in seguito alloggi sociali sono stati costruiti dopo la Prima Guerra Mondiale, dopo l'ampia distruzione della Seconda. Dopo la distruzione dei quartieri operai a Parigi e nel centro delle grandi città, la classe operaia e i settori popolari sono stati rigettati verso le perfierie. Le costruzioni degli anni '60/'70 di scarsa qualità sono in uno stato di degrado. Sono state sia rinnovate! , o distrutte, o vendute ai promotori o agli speculatori. Il prezzo per metro quadrato è aumentato tre volte in dieci anni, cosa che fa aumentare gli affitti e del HLM.

La disoccupazione massiccia è un dato di fatto, i salari sono in calo: il risultato è che coloro che accedono alla proprietà non possono più pagare i debiti; gli immobili si deteriorano, si deprezzano; le famiglie coperte di debiti sono gettate in strada come a Clichy sous Bois, con i mobili sequestrati dagli ufficiali giudiziari. E la stessa cosa accade agli inquilini del settore! privato o del HLM [Case popolari].

Il diritto alla casa è sancito dalla Costituzione, come la legge sulla Requisizione adottata nel 1945 e messa in atto per le occupazioni massicce dei senza tetto.

Di abitazioni sociali ce ne sono molte, ma non si può proporre come unica soluzione quella di aspettare l'elenco delle priorità, di privilegiare gli abitanti del proprio comune, di suddividere i richiedenti in categorie separate, di rimpallarsi le responsabilità tra prefettura, Consiglio generale, Ufficio dell'HLM, sindaco, ecc., considerando i richiedenti come palle da tennis. È una politica di divisione dei settori popolari.

"Ci sono nelle grandi città già abbastanza edifici ad uso abitativo per porre rimedio senza! indugio al loro uso razionale contro ogni crisi immobiliare. Questo può essere fatto solo con l'espropriazione dei proprietari effettivi attraverso l'occupazione dei loro immobili da parte dei lavoratori che sono senza casa o ammassati smodatamente nelle loro case, e una volta che il proletariato ha conquistato il potere politico, questa misura necessaria per il bene pubblico sarà così facile da realizzare quanto lo sono oggi le espropriazioni e requisizioni di case da parte dello Stato." (Engels - La questione delle abitazioni).

A La Courneuve, come in altri! città del dipartimento o altrove, gli sfrattati o quelli minacciati di sfratto devono sollevarsi come un suol uomo per opporsi agli sfratti delle famiglie isolate, saldarle in un blocco, in un comitato di sostegno e di lotta per esempio e costruirlo quartiere per quartiere, città per città, per respingere gli sfratti applicare la legge sulle requisizioni sotto la sua forma popolare per l'occupazione degli alloggi liberi a cominciare dagli immobili istituzionali, amministrativi, comunali, gli uffici e ogni tipo di edificio vuoto. In Francia ci sono oltre 2 milioni di case vuote per ospitare i senzatetto e male alloggiati.

Invitiamo i militanti comunisti, socialisti, ambientalisti e tutti i progressisti a
denunciare le misure adottate dal Consiglio Comunale, l'ODHLM e rappresentanti della "Plaine Commune".

PORTATE IL VOSTRO SOSTEGNO AGLI SFRATTATI!

UNITEVI A NOI PER ALLARGARE LA RESISTENZA E
ORGANIZZARE LA LOTTA CONTRO GLI SFRATTI!

Comitato di Sostegno e di lotta. La Cause du Peuple 93

pc 26 maggio - il movimento di ribellione in marocco..il Movimento 20 febbraio


in francese in attesa di traduzione

Analyse du Mouvement du 20 février au Maroc
Nous avons reçu cette analyse de classe du Mouvement du 20 février au Maroc qui apporte de nombreux éléments sur la composition du mouvement ainsi que quelques perspectives du point de vue des communistes révolutionnaires.

Nous le partageons donc ici avec nos lecteurs.

PC maoïste de France
« Mouvement du 20 février »
Premier essai pour un encadrement idéologique et politique



L’apparition du mouvement du 20 février est le résultat objectif des développements de la lutte des classes dans notre pays. Ce mouvement est le produit des contradictions de classe qui régissent le développement de la société marocaine à l’instant présent, et ce sont deux principaux facteurs qui ont contribués de façon directe à l’émergence de cet instant historique :



L’intensité des contradictions de classe entre le peuple et la coalition de classe dominante après l’offensive de celle-ci contre les classes laborieuses au niveau économique, politique, et idéologique, d’une part ; et la résistance populaire caractérisé par son amplitude de classe et géographique pendant cette dernière décennie d’autre part. Cette même attaque est le reflet de la crise des régimes néo colonialistes, et parmi eux le régime établi au Maroc. Cette même crise n’est que le résultat direct de la crise suffocante où s’embourbe l’impérialisme international.

La forte influence des deux glorieux soulèvements du peuple tunisien et égyptien produite sur la conscience des militant(e)s et l’ensemble des masses, ce qui a aidé au développement d’une humeur (disposition) militante avancée a contribué de façon directe au lancement de cette dynamique combative au Maroc.



Ce mouvement 20 février comme mouvement émergé du cœur des contradictions de classe dans notre pays et comme résultat d’un certain niveau d’aiguisement des contradictions de classe, ce mouvement est transpercé objectivement par les intérêts de toute les classes qui subissent la domination de la coalition de classe dominante formée essentiellement par la bourgeoisie bureaucratique et compradore et les propriétaires fonciers.

Si nous nous basons sur la réalité concrète de ce jeune mouvement, nous pouvons montrer la forme et le contenu de la présence de ces classes au sein du mouvement à condition de se conformer à la méthode de l’analyse scientifique. D’ailleurs la tâche assumée par cet article est d’essayer de montrer les formes et le contenu de la présence de ces classes au sein du Mouvement 20 février.

Vu les développements et les regroupements au sein du mouvement 20 février, nous pouvons observer la présence de la bourgeoisie « monopolistique », cette bourgeoisie qui s’est développée à la marge de la bourgeoisie compradore et bureaucratique, elle a une expansion économique dans divers domaines, tel que l’immobilier, la confection, l’industrie agro-alimentaire… Le développement économique de cette classe s’est heurté aux intérêts de la bourgeoisie compradore et bureaucratique puisque cette dernière domine l’appareil de l’Etat et le secteur « publique » qui l’exploite, non seulement pour l’accumulation de son capital, mais aussi pour affaiblir ses concurrents. Ce qui a crée de nombreuses difficultés pour cette classe qui scandent les slogans de la bourgeoisie libérale comme « la concurrence loyale », et « non au cumul de la richesse et du pouvoir », « laisser faire, laisser passer » dans une offensive directe contre tous ce que représente les institutions économiques de « la famille royale » et ses proches. Cette classe, qui représente la bourgeoisie libérale au sein du mouvement, est une classe présente et active dans le mouvement du 20 février, elle lutte pour ses intérêts et répandent son idéologie et sa culture. La revendication « d’une monarchie parlementaire » est son slogan politique officiel au sein du mouvement ; et c’est ce slogan qui représente pour elle l’horizon du mouvement et son but final.

Quant aux porte paroles et représentants de cette classe au sein du mouvement du 20 février sont quelques groupes financés directement par quelques grands capitalistes comme Miloud Chaabi, Karim Tazi, Samir Abdelmoula, Ayouch…et aussi l’USFP et quelques courants au sein du PSU (Parti Socialiste Unifié) et le parti d’avant-garde.

Il n’est pas étonnant de voir que ceux là sont les plus motivés et les plus instigateurs pour scander des slogans anti « police économique », anti Majidi, anti Himma… considérés comme les représentants les plus fidèles de la bourgeoisie bureaucratique qui constitue dans l’étape actuelle le premier ennemi de classe de la bourgeoisie libérale, qui subit un blocus économique et resserrement de ses intérêts de la part de la bourgeoisie bureaucratique qui domine l’appareil de l’Etat.

La présence de cette classe au sein du Mouvement 20 février n’est pas seulement politique, mais aussi c’est une présence idéologique. Elle partage avec la haute sphère de la petite bourgeoisie la tâche de défendre le soit disons « lutte pacifique » et « civilisé » et fait dominer l’illusion d’une possibilité des changements pour l’intérêt du peuple sous la structure de classe établie.

La défense des représentants politiques de cette classe du slogan « la monarchie parlementaire » est due à la conviction de cette classe du rôle que pourrait jouer la monarchie pour la sauvegarde de ses intérêts de classe. Pour elle le renversement de cette institution réactionnaire signifie la possibilité de sa ruine et mener le Maroc à une étape menaçant sa stabilité, ce qui provoquerait le recul des ses activités économiques et la baisse des taux de profits qui spolient du travail des ouvriers et ouvrières et le reste de la classe laborieuse. C’est pour cette raison qu’on trouve que les représentants idéologiques et politiques sont ceux qui répandent des discours tel que « le roi est sincère et son environnement pourri », et que l’absence de l’institution royale peut menacer l’unité du Maroc …

Malgré la répression qu’elle subit par la coalition de classe dominante surtout la bourgeoisie bureaucratique et compradore, c’est une classe oscillante qui préfère les compromis et la traîtrise surtout si les luttes de masse se développent et leur combativité croisse.

Directement après le discours du roi le 9 mars, les représentants de cette classe proclament la nécessité d’attendre ce que surviendra des travaux de « la commission de la révision de la constitution » que le roi a nommée. Et ils oeuvrent à freiner tout développement combatif et populaire du mouvement de 20 février. Ils continuent à être présents au sein du mouvement non pas pour développer le mouvement, mais seulement pour faire pression dans le but d’arracher des bénéfices et garantir qu’ils puissent continuer dans le mouvement si les réformes engagées ne satisfassent ses intérêts de classe et ouvre devant eux le champ pour se développer et accumuler le capital.

A côté de la bourgeoisie libérale, on trouve quelques fractions de la grande bourgeoisie qui voient que la forme du pouvoir politique est une entrave pour son développement et la cause de sa crise permanente. Cette classe est représentée politiquement au sein du mouvement 20 février par les forces obscurantistes qui ont pu, à cause de l’absence d’une perspective révolutionnaire authentique, dominer sur de très larges masse populaires en exploitant la religion comme couverture de ses intérêts de classe. La présence de cette catégorie sociale au sein du mouvement 20 février se fait principalement à travers « Al Adl Wal Ihsane », qui a déclaré son engagement dans le mouvement avec une perspective qui va au-delà de « la monarchie parlementaire ». Même si cette classe s’appuie sur une base sociale issue essentiellement de la classe laborieuse, son projet politique ne sert que l’intensification de l’exploitation et l’oppression et l’accumulation du capital sur le compte des ouvriers sous couvert de la religion qui justifie l’oppression, l’exploitation et les inégalités.

Les forces obscurantistes sont l’expression la plus concentrée du penchant fasciste de la bourgeoisie suffoquée par la crise. Pour elles, la religion forme la couverture idéologique parfaite pour brider les masses et l’intoxiquer pour qu’elles acceptent l’exploitation et la capitulation sous la bannière du « dieu distribue les richesses », et déformer la conscience des masses pour mettre fin à l’exploitation et la remplacer par « la solidarité sociale », Azakat,… C’est pour cela qu’on trouve qu’elles sont les plus haineuses et sanguinaires vis-à-vis toute ligne progressiste révolutionnaire qui élève la conscience des masses et la dirige pour à la victoire.

Au sein du mouvement 20 février, on trouve aussi la petite bourgeoisie avec son aile droite qui représente le haut d’échelle de cette classe et son aile gauche qui représente les intérêts de la classe inférieure. Les hautes sphères de la petite bourgeoisie scandent elles aussi « la monarchie parlementaire » et partagent avec la grande bourgeoisie libérale le même horizon et les mêmes buts généraux. Cette classe voit dans la grande bourgeoisie libérale son idole, son futur projet, et ses motivations de classe ; et elle justifie cette revendication par quoi le roi est le garant de l’unité du Maroc, et aller au-delà de ce seuil peut faire entrer le Maroc dans une impasse. Cette peur que cette classe exprime et essaie de répandre est le reflet direct de l’effroi de la petite bourgeoisie de sa ruine et sa prolétarisation. Les plus remarquables représentants de cette classe sont le PSU, le parti d’avant-garde et le Congrès Ittihadi. Sa défense du caractère pacifique du Mouvement du 20 février et son opposition à toute radicalisation du mouvement en lui donnant une dimension populaire est due à la conscience de cette classe de la contradiction de ses intérêts avec ceux des ouvriers, des pauvres paysans et le reste de la classe laborieuse.

La grande convergence des intérêts de cette classe avec ceux de la grande bourgeoisie libérale explique dans l’étape actuelle le rapprochement et l’enchevêtrement claire entre les slogans de ses représentants politiques et les alliances du terrain au sein du et en dehors du Mouvement.

Si cette situation est celle de la haute sphère de la petite bourgeoisie, alors en bas de l’échelle, les éléments laborieux ont une présence différente au sein du Mouvement du20 février. Le degré d’oppression de classe qu’ils endurent, et le degré de l’attaque économique et politique qu’ils subissent de façon permanente… fait qu’ils scandent des slogans plus « radicaux ». Mais, ils ne peuvent échapper aux illusions bourgeoises qui veulent changer leur condition sans toucher à la même structure de classe. Ces éléments revendiquent « l’assemblée constituante » et « une constitution démocratique et populaire ». Ils sont représentés par la voie démocratique et le courrant « Monadila ».

Certes, la revendication « de l’assemblée constituante » est plus avancée par rapport à « la monarchie parlementaire ». Dans une étape historique antérieure dépassée, le prolétariat avait mis en avant cette revendication, mais aujourd’hui, il reste un slogan qui n’est plus scientifique et ne peut même s’il est réalisé, servir les intérêts des masses populaire et même celles de la petite bourgeoisie, pour deux raisons :

D’une part, le slogan « l’assemblée constituante » que le prolétariat avait mis en avant à la fin du 19ème siècle et le début du 20ème siècle, exigeait pour sa réalisation deux conditions qui sont le renversement de la monarchie et une réelle force pour imposer cette revendication.

Lénine s’était moqué de ce slogan lorsqu’il n’était pas lié aux conditions de sa réalisation. Dans son encadrement des slogans tactiques de la révolution de 1905, Lénine avait écrit : « les gens de l’Osvobojdénié… Ces derniers, font des phrases sur l'Assemblée « constituante » et ferment pudiquement les yeux sur le fait que la force et le pouvoir restent entre les mains du tsar; ils oublient que pour « constituer », il faut la force pour constituer,» et il ajoute ailleurs qu’ « aussi longtemps que le pouvoir restera entre les mains du tsar, toutes les décisions de tous les représentants, quels qu'ils soient, se réduiront à des bavardages aussi creux et aussi pitoyables… » (Deux tactiques de la social-démocratie dans la révolution démocratique).

Pour Lénine, le porte parole du prolétariat révolutionnaire, l’assemblée constituante ne peut être que le résultat d’une insurrection populaire armée. Dans son commentaire du troisième congrès, il a insisté sur le fait que « seul un gouvernement révolutionnaire provisoire, qui serait l'organe de l'insurrection populaire victorieuse, est capable d'assurer la liberté complète de l’agitation électorale et de convoquer une assemblée exprimant réellement la volonté du peuple. Cette thèse est-elle juste ? Celui qui s'aviserait de la contester devrait soutenir que le gouvernement du tsar peut ne pas tendre la main à la réaction, qu'il est capable de rester neutre dans les élections, qu'il peut se soucier de l'expression véritable de la volonté du peuple. »

C’est ainsi que Lénine avait posé la question il y a cent ans. Les révolutionnaires marocains aussi ont traité la question en répondant aux clameurs des réformistes sur l’assemblée constituante avec ces mots :

« Si le conseil constituant s’est tenu dans les conditions de la domination de classe réactionnaire, alors ce conseil là, soit il adoptera des lois réactionnaires garantissant la pratique démocratique de la réaction seulement, et dans ce cas le conseil constituant légitimera l’emprise réactionnaire et sa domination politique, économique et culturelle ; soit ce conseil légiféra des lois qui ne s’appliqueraient pas ; sinon, il massacrera les députés après que les conditions qui ont imposé à la réaction d’accepter la convocation d’un tel conseil.

Alors si l’objectif de la convocation du conseil constituant après le démantèlement du pouvoir des nouveaux colons et comprador et la construction du pouvoir national démocratique, alors le principal slogan sera à ce moment là la destruction du pouvoir des nouveaux colons et comprador et l’édification de la république démocratique populaire. Le nouvel pouvoir révolutionnaire oeuvrera à la convocation du conseil constituant pour élaborer des nouvelles lois adaptées aux nouvelles conditions politiques qui sera une tâche nécessaire, mais ce serait une tâche secondaire par rapport au renversement du pouvoir de la réaction et l’édification à sa place du pouvoir révolutionnaire. » (Notre démocratie et leur démocratie 1979)

Les camarades qui scandent dans les circonstances actuelles du Maroc, et dans les rapports de forces de classe actuelles le slogan « le conseil constituant » sans le lier aux conditions de sa réalisation, ces camarades répandent les illusions parmi les masses et se font des illusions sur la possibilité de sa réalisation sous la domination du régime de la bourgeoisie bureaucratique et comprador. Ils présentent ainsi au régime une issue dans le cas du développement du mouvement et sa radicalisation. Le régime ne trouvera pas d’inconvénient à l’élection du « conseil constituant » dans les conditions actuelles. La revendication et le slogan du « conseil constituant » n’est pas seulement inapproprié à la lumière de ce que nous avons dis ci-dessus, mais aussi parce que l’histoire a montré que cette revendication est dépassée considérée comme revendication du prolétariat, ce dernier restera impuissant pour maintenir ses intérêts et même dans le moindre seuil démocratique à travers « le conseil constituant » tel qu’il a été posé au 19ème siècle et le début du vingtième, où la révolution démocratique concevait l’édification de « la démocratie » dans sa forme bourgeoise classique.

Avec l’émergence des régimes semi coloniaux et semi féodales comme le Maroc produit historique du processus du développement de l’impérialisme, et sous le régime néo coloniale, seule « la nouvelle démocratie » peut conserver les intérêts du prolétariat et les intérêts du peuple et ouvrir des perspectives au développement historique de toute l’humanité ; et cette démocratie (la nouvelle démocratie) ne peut se réaliser sans une lutte violente, de longue durée et pénible que les masses mèneront pour détruire l’appareil de l’Etat des nouveaux colons, la prise du pouvoir et l’édification d’un nouvel Etat avec la force des armes, dans une guerre populaire prolongée.

Ce qui est arrivé en Tunisie et en Egypte est la preuve de ce que nous avançons. Tant que le pouvoir est aux mains de la bourgeoisie aujourd’hui signifie pratiquement le renouvellement de sa domination et le maintien de son contenu.

D’un point de vue politique et de classe, la révolution signifie le transfert du pouvoir d’une classe à une autre. A l’étape actuelle du développement de l’humanité, l’étape de la domination de l’impérialisme, aucune classe ne peut prendre le pouvoir politique et satisfaire les revendications du peuple sans la classe ouvrière et ses alliés objectifs, et ce que signifie politiquement… le renversement de la bourgeoisie bureaucratique et comprador dans les pays dépendants et la construction de la république de la nouvelle démocratie. Vu la nature semi féodale et semi coloniale des régimes dépendants de l’impérialisme où la bourgeoisie compradore, la bourgeoisie bureaucratique et les grands propriétaires terriens dominent, il n’y a pas de possibilité d’une évolution et d’un véritable changement démocratique qui servent les intérêts de toutes les classes du peuple, y compris la bourgeoisie nationale, sans la destruction du pouvoir de la bourgeoisie bureaucratique, la bourgeoisie comprador et les grands propriétaires terriens, imposer la solution démocratique de la question paysanne et instaurer la liberté politique. Aucune classe ne peut imposer cette solution sans la classe ouvrière avec son parti communiste révolutionnaire et dans le cadre de son alliance avec le reste des classes du peuple à leur tête les paysans pauvres. L’époque de la démocratie bourgeoise classique où la bourgeoisie nationale peut jouer un rôle révolutionnaire et progressiste à travers sa domination de classe a connu sa fin historique lors de la première guerre mondiale. Une nouvelle époque a commencé. L’époque de la nouvelle démocratie expression de la dictature du prolétariat, des paysans pauvres et les autres classes du peuple révolutionnaire. La construction de l’Etat de la nouvelle démocratie, c à d l’Etat nationale démocratique populaire considérée comme l’Etat de la dictature unifiée des classes du peuple révolutionnaire sous la direction du prolétariat se construit à travers le front révolutionnaire unifié qui forme le cadre de cette alliance et cette unité, dans une guerre populaire prolongée qui détruira l’Etat des nouveaux colons.

Revendiquer « le conseil constituant » sous la domination du pouvoir absolu et dans les conditions des rapports de forces actuelles n’est autre que le détournement de la revendication du prolétariat et le reste des masses populaires pour renverser la monarchie et construire la démocratie populaire, expression de la croyance petite bourgeoise de la possibilité de réformer ce régime pourri agent de l’impérialisme.

Donc, quelle position devrait avoir la classe ouvrière vis-à-vis le mouvement 20 février ? Et avec quel contenu et quelles formes les communistes peuvent exprimer les intérêts immédiats et stratégiques de la classe ouvrière au sein du mouvement 20 février ? Cette question est d’une grande importance parce qu’elle représente la boussole de tout courrant de gauche révolutionnaire dans notre pays.

Mais la réponse à cette question suppose premièrement la détermination de l’étape actuelle du processus révolutionnaire dans notre pays, la condition du mouvement 20 février et l’encadrement de nos tâches sur la base des tâches généraux que cette étape impose ?

La science du marxisme-léninisme-maoisme nous enseigne que le processus de la révolution passe par trois étapes essentielles : l’étape de la défense stratégique ; l’étape de l’équilibre stratégique ; et l’étape de l’offensive stratégique. Toutes ces étapes sont l’expression en dernière analyse des rapports de forces de classe entre le prolétariat et ses alliés objectifs d’une part et les classes exploiteuses d’autre part.

L’étape de la défense stratégique est déterminée principalement par le déséquilibre des rapports de force de classe en faveur des ennemis du peuple, et le but de cette étape est l’équilibre de ce rapport pour préparer l’offensive stratégique, où la tâche deviendrait la prise du pouvoir politique par le prolétariat.

La révolution aujourd’hui au Maroc, et au vu des rapports de force de classe actuelle est certainement dans sa première étape –l’étape de la défense stratégique-, où toutes les tâches sont le dépassement des points faibles de la gauche révolutionnaire et la consolidation de ses points forts ; et en parallèle l’approfondissement des points faibles de l’ennemi de classe, et le démantèlement ses points forts pour arriver à l’équilibre stratégique.

Cependant, l’étape de la défense stratégique ne se résume pas seulement à la défense passive et se clouer à la défense devant les attaques de l’ennemi. A l’étape de la défense stratégique, les conditions de classe et politiques imposent la nécessité des attaques, mais ces attaques ont seulement pour objectif le renforcement des positions du prolétariat et ses alliés et affaiblir les positions de l’ennemi de classe. Le mouvement 20 février a crée de telles conditions et une telle nécessité, c à d la nécessité d’une offensive organisée. Néanmoins et pour ne pas capituler devant les illusions, les objectifs de cette offensive doivent être clairs. Cet instant historique du développement de la lutte des classes dans notre pays incombent à la gauche révolutionnaire d’une part le renforcement de la lutte et doubler les efforts pour dépasser ses points faibles et consolider ses points forts ; d’autre part l’affaiblissement de l’ennemi de classe …

Le mérite du mouvement 20 février est qu’il a pu déclencher une forte dynamique militante en élevant le niveau de la lutte de classe et lui donnant de nouvelles dimensions. Ce jeune mouvement a pu assumer les revendications de la plupart des luttes du peuple marocain, allant de pures revendications économiques en arrivant aux revendications politiques claires, à leur tête la liberté politique.

L’une des tâches immédiates qui reflèterait ce contenu est la nécessité d’incorporer la ligne révolutionnaire à de nouveaux champs de la lutte de classe et y développer la résistance populaire ; la nécessité de créer des points d’appui au sein de la classe ouvrière, les paysans pauvres, et dans les quartiers populaires. L’influence de la gauche révolutionnaire est restée historiquement dans la plupart du temps au sein de la jeunesse estudiantine, c’est un champ important, stratégique et déterminant dans la lutte révolutionnaire, mais il reste en dernière instance insuffisant. Il faut profiter de cet instant historique que le mouvement 20 février a crée pour organiser les ouvriers et ouvrières, organiser les paysans pauvres et les masses populaires dans les quartiers populaires et développer un mouvement féministe populaire combatif.

Cela incombe aux révolutionnaires la concentration des efforts pour construire les comités populaires et les comités de la défense du peuple partout et dans tous les domaines. Aussi, cela exige la nécessité de la consolidation du travail commun et la réflexion sérieuse à œuvrer pour l’unité de la gauche révolutionnaire ou au moins unifier son action à travers un front révolutionnaire avec un programme politique claire et ambitieux. Encore faut il travailler à l’engagement du mouvement étudiant, du mouvement des élèves et lycéens et du mouvement des chômeurs dans le mouvement 20 février avec des slogans clairs comme « le retrait du plan d’urgence », « la loi de finance », « le droit à la légitimité et à l’organisation », « la liberté aux détenus politiques », « lever l’interdiction de l’UNEM »…

Il faut se concentrer sur la gauche, neutraliser les centristes, et s’attaquer à la droite. Cette thèse est notre directive dans cette étape. Et il faut savoir l’appliquer dans chaque instant sans tomber ni dans le droitisme, ni dans le gauchisme.

Quant aux nos slogans au sein mouvement 20 février, nous pensons qu’il faut qu’ils suivent deux principaux orientations :

Comme première orientation, se concentrer sur les revendications en rapport avec la vie économique et matérielles des masses populaires, ces revendications que nous défendions dans nos luttes au sein des coordinations de la lutte contre la cherté et la dégradation des services publiques.



La lutte contre la privatisation dans toutes ses formes ;



La lutte pour la chute de la charte nationale de l’éducation et de l’enseignement et le plan d’urgence… ;



La lutte pour le droit au travail pour tous les marocains et l’abolition de toutes les lois privant ce droit ;



La lutte pour l’augmentation des salaires et l’appui aux paysans pauvres… ;



La lutte pour le droit au logement



Une deuxième orientation portant sur les revendications politiques et démocratiques en premier lieu la liberté politique et syndicale, ce qui signifie :



L’abolition de la loi de terrorisme, la loi de presse, la loi des partis politiques, le projet de loi sur la grève et autres lois qui privent les libertés et qui forment l’une des appuis du régime réactionnaire de l’oppression et de la répression ;



La lutte pour que l’amazigh devienne une langue officielle à côté de la langue arabe. La lutte sur ce front n’est pas seulement une tâche démocratique, mais entre aussi dans l’affrontement des ennemis du peuple, ces courants fascistes qui oeuvrent à déformer la conscience des masses populaires et briser l’unité du peuple marocain ;



La lutte pour l’égalité complète entre l’homme et la femme à tous les niveaux. Les femmes du peuple marocain ont prouvé leur disposition à la lutte, et qu’elles sont une source d’énergie qui doit cumuler vers le développement d’un mouvement féministe populaire combattant, où les femmes peuvent faire pression sur la réaction et arracher des acquis d’une part et créer un champ pour développer des militantes dirigeantes de la lutte de notre peuple contre l’exploitation d’autre part et dépasser les thèses réformistes et bourgeoises.



La nécessité de la défense de la laïcité et la séparation de la religion de l’Etat. Cette revendication et ce slogan forme d’une part une attaque sur l’une des piliers du régime établi au Maroc qui essaie de substituer l’absence d’une légitimité populaire par une légitimité appuyé sur la religion et « l’Emirat des fidèles » ; d’autre part, pour entraver le chemin aux forces obscurantistes et isoler ses thèses fascistes ;



La liberté aux détenus politiques et lever les poursuites judiciaires à l’encontre des militant(e)s, et interpellation des tortionnaires et des assassins des martyrs du peuple marocain.…


L’appréciation de l’instant politique actuelle de la lutte des classes dans notre pays est une tâche importante pour la gauche révolutionnaire. Aussi, c’est important de saisir et observer cet instant pour agir de façon consciente et organisée. Savoir élaborer des slogans appropriés à chaque instant. Savoir exploiter cette dynamique militante pourrait faire avancer le travail et la lutte des révolutionnaires des pas gigantesques et réaliser pour les classes populaires une véritable victoire dont elles ont besoin après des décennies de défaites, mais on répéterait avec Lénine :

« Dans quelle mesure cette victoire est probable, cela est une autre question. Nous ne sommes pas du tout enclins à un optimisme inconsidéré à cet égard; nous n'oublions nullement les extrêmes difficultés de cette tâche; mais, en allant au combat, nous devons souhaiter la victoire et savoir indiquer le vrai chemin qui y conduit. Les tendances pouvant nous amener à cette victoire se manifestent incontestablement.

Il est vrai que notre influence, l’influence social-démocrate sur la masse du prolétariat, est encore très, très insuffisante; l'action révolutionnaire exercée sur la masse paysanne est absolument infime : la dispersion, le manque de culture, l'ignorance du prolétariat et surtout de la paysannerie, sont encore effroyables. Mais la révolution fait un rapide d'éducation et de rassemblement. Chacun de ses progrès réveille la masse et l'attire avec une force irrésistible précisément vers le programme révolutionnaire, le seul qui exprime intégralement et de façon conséquente ses intérêts réels et vitaux. »

Khalid Elmahd

pc 26 maggio - la manifestazione di Firenze contro la repressione del movimento studentesco


costruire ora insieme una manifestazione a Genova contro la repressione nella tre giorni di genova 2o11

.Il comunicato dei compagni fiorentini sul corteo del 21 maggio
da collettivopolitico.noblogs.org

Sabato 21 MAggio, un corteo di 1500 persone, organizzato da realtà studentesche, centri sociali, realtà politiche e sindacali cittadine ha sfilato per le strade fiorentine in solidarietà con le 22 persone sottoposte a misure cautelari nei giorni scorsi.


I 22 sono quasi tutti studenti, “rei” di aver partecipato attivamente alle manifestazioni del 2009-2010 contro la riforma Gelmini e per il diritto allo studio, contro l’apertura di Casapound, contro il progetto di un CIE in Toscana o la presenza dell’On. Santanchè al Polo di Novoli.

Durante il corteo, partito da piazza S.Marco, oltre alla solidarietà nei confronti dei compagni costretti ai domiciliari o agli obblighi di firma, sono stati attaccati striscioni e fatti interventi contro la privatizzazione della scuola e dell’università, contro il governo Berlusconi per le sue politiche antipopolari e la sua partecipazione alla nuova guerra imperislista contro la Libia.

In via Valfonda, alla sede degli industriali, è stato appeso uno striscione con scritto “Basta morti sul lavori. Padroni assassini”.

Il corteo si è concluso in piazza Bambini e Bambine di Beslan, davanti a Terra Futura, dove è stata portata la solidarietà di tutto il corteo alla tendopoli costruita nella mattinata da diverse realtà antirazziste fiorentine per porre la questione della tutela e dell’ospitalità di profughi e richiedenti asilo in questa città.

Il corteo ha dimostrato che quest’inchiesta non è solo un problema di coloro che oggi sono costretti ai domiciliari o sottoposti all’obbligo di firma, nè degli indagati o delle realtà di cui fanno parte, ma di tutti coloro che, in questi anni, hanno partecipato e sostenuto le lotte degli studenti, dei lavoratori, degli immigrati, contro lo scempio ambientale e che ritengono che diritti e libertà vadano difese, rispondendo alla repressione con il rafforzamento di quei legami che vogliono spezzare.


la chiamata del corteo

SABATO 21 MAGGIO - ORE 15.30 IN PIAZZA S.MARCO
CORTEO

PER L’IMMEDIATA REVOCA DI DOMICILIARI E OBBLIGHI DI FIRMA!
VITTORIO, DANI, MASSI, LUCA, PIETRO LIBERI! TUTT* LIBER*

Il 4 maggio 2011, 22 studenti sono stati svegliati da uomini in divisa che, ordinanze alla mano, dopo aver perquisito le loro case, hanno provveduto a schedarli e ad imporre 5 arresti domiciliari e 17 obblighi di firma. Se questo non bastasse, i media hanno sbattuto sulle prime pagine, anche nazionali, la notizia dell’arresto per associazione a delinquere di pericolosissimi criminali, presentando l’operazione come grande successo della collaborazione tra polizia e servizi segreti. Gli zelanti giornalisti non hanno, però, voluto farci sapere che i 22 “pericolosi studenti” sono rei di aver partecipato attivamente ai movimenti studenteschi del 2009-2010 contro la devastazione della scuola e dell’università, contro l’apertura di Casapound, contro la costruzione di un CIE in Toscana e contro la presenza dell’On. Santanché al Polo di Novoli.

Questi studenti sono inquisiti perché lottano insieme, riuscendo a tessere legami ed essendo parte attiva nelle lotte politiche e sociali che attraversano questa città: da quelle sui posti di lavoro a quelle contro i Centri di Identificazione ed Espulsione, dalle lotte contro per la difesa della scuola e dell’università pubblica fino alle lotte per il diritto all’abitare.

Per questo, al fianco dei 22 studenti, tra gli altri 78 indagati, troviamo molti compagni che hanno condiviso le mobilitazioni dell’ultimo anno, indipendentemente dall’appartenenza al mondo universitario. E’ però chiaro, al di là dei nomi che compaiono nei fascicoli dell’indagine, che ad essere sotto processo sono le pratiche quotidiane e comuni a tutti quei movimenti che cercano realmente di incidere sul proprio territorio: manifestazioni spontanee, occupazioni e blocchi del traffico. Se da un lato vediamo sempre più attaccati i diritti collettivi, dall’altro chiunque provi a lottare e organizzarsi insieme contro questo stato di cose viene colpito dalla repressione che è proprio lo strumento che lo Stato utilizza per ridurre gli spazi di azione e agibilità politica a chi pratica il conflitto. Quest’inchiesta non può e non deve essere un problema solo di coloro che oggi sono costretti ai domiciliari o sottoposti all’obbligo di firma e neanche degli indagati o delle realtà di cui fanno parte.

Deve essere un problema di tutti coloro che, in questi mesi, hanno sostenuto o partecipato alle lotte degli studenti, dei lavoratori, degli immigrati e per il diritto alla casa sviluppatesi in lungo e in largo in questo paese. Deve essere un problema di tutti coloro che ritengono che le libertà che pensavano acquisite e che in questo momento vengono rimesse in discussione, vadano difese con un’azione comune.

Questi sono i motivi che ci spingono a invitare tutt* a manifestare

Assemblea cittadina contro la Repressione

pc 26 maggio - repressione a bologna

Dopo le perquisizioni, gli arresti e le misure cautelari di Aprile a Bologna e poche settimane fa a Firenze, nella “città rossa” emiliana 28 DENUNCIE sono scattate per due giorni di musica, cultura e riappropriazione di spazi nella zona universitaria il 17 e 18 maggio. Il pretesto cambia, ma l’obiettivo resta invariato: ZITTIRE OGNI FORMA DI “ANORMALITA’”

In un momento più che mai delicato, segnato dalla crisi finanziaria e sociale, dalle rivolte e le guerre in medioriente (e non solo!), da un continuo peggioramento della qualità di vita che non riesce a trovare risposte concrete, una delle preoccupazioni più grandi di chi governa è mantenere la “pace sociale” e accanirsi contro chi ogni giorno lotta per una svolta reale della società. Ciò che inizia a fare sempre più paura è l’aggregazione delle persone, la circolazione di idee, la riappropriazione di quello che non riescono più a garantirci, il dissenso e la sua messa in pratica.

Questo si avverte specialmente a BOLOGNA, trent’anni fa gioiello di culture diverse, integrazione sociale, circolazione di idee e officina politica, dopo la mazzata Cofferati e le mosse della marionetta Cancellieri sta chiudendo le sue porte alla diversità e sta diventando un “LABORATORIO DI REPRESSIONE” nazionale. Solo negli ultimi tre anni quasi tutti gli spazi autogestiti che cercano in diverse maniere di praticare conflitto e socialità “altra” sono stati sgomberati o minacciati di sgombero, spostati, ristretti da ordinanze, ipercontrollati e pressati perché spariscano definitivamente. Le strade e le piazze che rappresentavano i luoghi più frequenti di socializzazione, incontro con gli altri, scambio e maturazione di esperienze di vita e di politica sono state chiuse da PRESCRIZIONI RESTRITTIVE, CANTIERI, TELECAMERE e POLIZIA. Le università si sono chiuse alle libere iniziative degli studenti, contribuendo alla ghettizzazione di questi ultimi da una parte e di “tutto il resto” dall’altra.

Contemporaneamente, organi giudiziari e di stampa attuano una CAMPAGNA TERRORISTICA NEI CONFRONTI DELLA DIVERSITA’, additando e trattando come sovversivo chi dissente e lotta per un cambiamento, come fuorilegge chi si riappropria degli spazi che ci sono stati negati, come clandestino chi si muove per cercare una vita migliore, come delinquente chi cerca di diffondere idee che intaccano il sistema elitario politico ed economico che ci sovrasta.

Ci vorrebbero tutti chiusi in casa, vorrebbero vederci per strada solo per andare a lezione e fare compere; Vorrebbero vederci in spazi ristretti e stabiliti ad hoc, non nelle piazze, non nelle strade, ma solo dentro i bar e i locali supercostosi; Vorrebbero i muri puliti, la libera espressione confinata a un pezzo di carta personale, non manifesti e colore per tutte le strade; Vorrebbero il silenzio, la tanto agognata “pace sociale”, la tanto predicata “sicurezza”, vorrebbero rassegnazione e passività.

QUELLO CHE VOGLIAMO NOI E’ NETTAMENTE IL CONTRARIO.

Se rispettare la legge vuol dire piegarsi di fronte a chi vuole annullarci come individui e collettività, che ci vuole consumatori e consumati, e accettare passivamente di vederci portata via la nostra vita, SIAMO TUTTI FUORILEGGE!

Solidarietà con i denunciati, e con tutti i repressi, i controllati
e chiunque continua ad alzare la testa contro un sistema che vuole schiacciarci.

Assemblea Anticapitalista

pc 26 maggio - nuova repressione contro gli studenti che hanno lottato contro la riforma Gelmini a Padova

Padova - Misure cautelari nei confronti di sei studenti
25 / 5 / 2011

Questa mattina sono stati notificati a sei studenti di Padova atti giudiziari di restrizione preventiva della libertà: obbligo di dimora e/o di firma per i sei studenti, colpiti da queste misure perchè partecipanti alle manifestazioni di dissenso contro il ddl Gelmini, la commissione statuto e la visita del presidente del consiglio Berlusconi nella città di Padova.

Nella tarda mattinata gli studenti dei collettivi di facoltà si sono ritrovati per una conferenza stampa presso la facoltà di scienze politiche.

Di seguito il comunicato degli studenti:

Questa mattina ci siamo svegliati con la polizia che bussava alle nostre porte, che in alcuni casi è entrata senza mandato nelle nostre abitazioni, per notificare a sei studenti misure cautelari preventive. La violenza con cui quest’operazione poliziesca è stata condotta, il carattere preventivo delle misure che ci hanno colpito sono elementi gravissimi ed esagerati rispetto agli episodi contestati. Ciascuna delle situazioni a cui questi episodi fanno riferimento è inserita nelle mobilitazioni di studenti e precari che, da settembre, hanno attraversato le strade di questa città così come di tutto il Paese. Quasi quotidianamente migliaia e migliaia di persone hanno messo in atto iniziative spontanee, azioni simboliche e dimostrative per urlare a tutti il proprio dissenso contro la crisi, la riforma Gelmini, il modello Marchionne, il governo Berlusconi, contro la precarietà delle nostre esistenze. Eravamo tutti assieme in piazza a volantinare, a comunicare con la cittadinanza e a raccoglierne il consenso e la solidarietà, a contestare i rappresentanti delle Istituzioni che hanno messo in atto le politiche in questione, da Berlusconi al Rettore Zaccaria, a bloccare il traffico stradale e ferroviario per dire chiaramente che la crisi non la paghiamo, per dire che non permetteremo a nessuno di toglierci un futuro degno.
Il tentativo messo in atto con questo provvedimento è quello di criminalizzare i singoli evitando di affrontare, ancora una volta, i problemi sociali che un’intera generazione sta ponendo con forza e, come le notizie che si susseguono in questi giorni dimostrano, sono problemi che accomunano i giovani italiani e spagnoli, i lavoratori di Fincantieri e i migranti dalla Tunisia e dalla Libia, chi lotta contro la Tav e chi si batte per i beni comuni.
Le accuse rivolte ai nostri compagni, agli studenti che si sono mobilitati e si mobilitano costruendo nuove prospettive di futuro per tutti, sono inaccettabili e non possono che essere inquadrate nel clima cittadino che, utilizzando strumentalmente e mediaticamente alcuni episodi, è stato costruito ad arte in questa città per tentare di mettere al bando tutte le forme di dissenso e conflitto. I movimenti sociali mettono in discussione lo stato di cose presenti, fanno paura a chi non capisce o non vuole comprendere le trasformazioni sociali in atto.
Queste misure sono ancora più gravi perché colpiscono studenti fuorisede con l’evidente scopo di allontanarli dalla città in cui hanno scelto di stare. Per uno studente fuorisede Padova è una seconda casa, il luogo in cui si vive e che si fa vivere, uno spazio in cui esprimere sé stessi e le proprie idee, un’occasione di crescita e di costruzione di relazioni. Costringere chi ha fatto la scelta di vivere e studiare a Padova a non poter tornare nella città in cui ha trascorso gli ultimi anni della propria vita è lesivo della libertà di ciascuno.

Ci troviamo davanti ad un operazione in cui alcuni singoli episodi accaduti all’interno delle grandi mobilitazioni che ci hanno coinvolti tutti, vengono utilizzati senza ritegno equiparando tutto ciò che è dissenso radicale a violenza da gestire come problema di ordine pubblico. Questa pratica viene usata per tentare di isolare e dividere con l’unico scopo di controllare il fermento sociale che nasce dalla legittima rivendicazione di desideri e necessità.
Da molto tempo stiamo denunciando la crescente inagibilità degli spazi pubblici, la sempre più frequente militarizzazione dei palazzi istituzionali che temono le proteste e provano a porre ogni voce contraria come problema di ordine pubblico. La vivibilità della nostra città è messa a dura prova da provvedimenti e ordinanze che agiscono direttamente sulle libertà individuali e collettive e quella di questa mattina è la risposta che le istituzioni danno a chi vi si oppone.

La situazione generale del nostro Paese è sotto gli occhi di tutti, la crisi sta indiscriminatamente colpendo cittadini e migranti, studenti e precari, uomini, donne, giovani. In tantissimi ci siamo ribellati e continueremo a ribellarci contro questo stato di cose. Non saranno provvedimenti illegittimi, misure restrittive vergognose né intimidazioni a fermare chi lotta per i propri diritti e la propria libertà.
L’indignazione espressa in questi mesi non può essere fermata con provvedimenti giudiziari sommari e senza senso. La libertà di parola, di dissenso, di movimento e, in generale, di opposizione sociale è quanto di più prezioso ci possa essere in questo momento nella nostra città e nel nostro Paese, quanto accaduto questa mattina non ci fermerà, saremo sempre nelle strade e nelle piazze per portare avanti progetti, iniziative e lotte: nessuno ci potrà impedire di prendere parola quando in gioco ci sono le nostre vite e i nostri desideri!
Nessuno ci impedirà di riprenderci il futuro, noi non abbiamo paura.
Libertà di movimento, per tutti e subito!

pc 26 maggio - la cisl di Bonanni affianca la polizia contro i NO TAV ma anche Antonio Ferrentino non scherza ed ecco 15 denunce

È contrario Antonio Ferrentino, che prende nettamente le distanze dai Movimenti. "Io partecipo solo alle iniziative organizzate dagli amministratori. La sassaiola di lunedì contro gli operai cambia le carte in tavola: dopo quello sindaci non possono offrire alcun tipo di copertura al movimento".

È di ieri anche l'attacco al Movimento No Tav di Raffaele Bonanni che, dalla Fiera della Contrattazione organizzata dalla Cisl a Bergamo, ha definito "fascisti che fanno violenza" i manifestanti che lunedì a Chiomonte hanno "aggredito i lavoratori". "Reagiremo" ha annunciato, promettendo "un'iniziativa a Chiomonte per difendere la dignità dei lavoratori che sono lì per guadagnarsi il loro stipendio".

Camper di traverso sulla strada
Accesso impedito a Chiomonte


È passata tranquilla la terza notte di presidio degli attivisti del movimento No-Tav in località La Maddalena, a Chiomonte (Torino), dove è previsto l’inizio dei lavori per il tunnel geognostico propedeutico alla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.

I manifestanti rimasti nella zona, monitorati a distanza dai Carabinieri, sono stati circa una decina e hanno continuato a presidiare l’area allo scopo di mobilitare più persone nel caso arrivino le imprese costruttrici e le forze dell’ordine. Sulle strade di accesso alla Maddalena restano le barricate realizzate due notti fa dai manifestanti per impedire l’accesso alla baita costruita dai No-Tav. In alcune di queste sono stati aperti dei varchi allo scopo di consentire il transito dei residenti.

Intanto il blocco di via dell’Avana è stato rafforzato questa mattina: con un camper messo di traverso sulla strada 15 giovani appartenenti alle frange anarco-insurrezionaliste torinesi hanno creato una sorta di casello artigianale in modo da poter decidere chi può entrare nell’area teatro delle contestazioni. I Carabinieri, dopo aver cercato di dissuaderli senza risultati, hanno identificato tutti gli attivisti e poi denunciati in stato di libertà. Le ipotesi di reato sono di interruzione di pubblico servizio, resistenza e occupazione abusiva di suolo pubblico.

Ieri il movimento No Tav ha promesso, inoltre, che non sarà messa in atto nessuna iniziativa di protesta per il passaggio del Giro d’Italia in Valle di Susa, in programma per sabato prossimo. Solo tante bandiere con il treno crociato, simbolo dell’opposizione alla nuova Torino-Lione, a meno che non ci sia «un’aggressione militare con relativo sgombero dalla valle Clarea (dove si trova Chiomonte, ndr). In quel caso non potremmo garantire nessun tipo di transitabilità della valle di Susa, Giro d’Italia compreso».

E per chi intende sfruttare quanto sta avvenendo in questi giorni, i manifestanti affidano a un comunicato le proprie perplessità: «Diffidiamo chi volesse annullare o spostare la tappa dalla Valle di Susa per problemi di ordine pubblico e quindi strumentalizzare l’intero Giro d’Italia per mettere in cattiva luce il movimento No Tav». La ventesima tappa, penultima della corsa rosa, si snoda lungo 242 chilometri da Verbania al Colle del Sestriere passando per Condove, Bussoleno, Susa prima di inerpicarsi al Colle delle Finestre, da cui i corridori scenderanno verso la Valle Chisone.

pc 26 maggio - miserie dello slai cobas ufficiale ..e di altri

Nel pubblicare una nota presa da operai contro sulle vicende interne allo Slai cobas e dell'ultima carognata da essi fatta, sono da segnalare alcune cose
- 'Operai contro' come prima i compagni attualmente nel SIcobas nulla dicono su altre questioni simili che hanno toccato i compagni di Varese oggi nella CUB e niente contro la madre di tutte le carognate fatte dall'attuale gruppo dirigente dello Slai cobas, quella nei confronti dello Slai cobas per il sindacato di classe, 5 sedi su scala nazionale più Milano, tutte fondate dai nostri compagni e circa 2000 lavoratori,precari,disoccupati organizzati nella lotta, costretti prima ad autonomizzarsi per sottrarsi al monopolio antidemocratico dei dirigenti di Arese, Pomigliano e milanesi - alcuni dei quali oggi nel SIcobas - e poi in occasione dell'operazione repressiva della procura di Potenza contro di noi, costretti a fronteggiare l'azione de gruppo dirigente dello Slai cobas ufficiale che arrivò a una dissociazione pubblica - fatta propria dalla procura di Potenza - e a lettere a prefetti sindaci, padroni a Taranto per disconoscere lo Slai cobas per il sindacato di classe e consegnarlo così con una sorta di delazione agli organi repressivi dello Stato.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe e i proletari in lotta di Taranto come dalle altre città hanno fatto fallire questa manovra padroni-stato-dirigenti Slai cobas ufficiale, arrivata perfino a nominare come responsabile per Taranto Mara Malavenda.
Noi non intendiamo tornare su queste miserie politiche sindacali e umane, che squalificano chi le fa e nulla hanno a che fare con il sindacalismo di classe, ma neanche far passare per giudici e innocentini altri che hanno spalleggiato tutto questo e che solo quando ne diventano vittime essi
stessi, 'urlano'

Infine 'Operai contro' continua inspiegabilmente a mettere la foto della bandiera dello 'Slai cobas per il sindacato di classe' quando parla di queste vicende, noi che siamo da anni altra cosa dello Slai cobas ufficiale e in queste vicende non c'entra anzi ne siamo stati le prime vittime..
Se lo fa una volta si può pensare a un errore, se lo fa invece ancora, allora c'è da pensare che si tratta di una confusione voluta ai limiti della diffamazione 'provocatoria'.
Questo va denunciato e glielo diciamo ancora una volta..

Slai cobas per il sindacato di classe
cobasta@libero.it
26 maggio 2011


Dal blog di 'Operai contro'
Il S.I. Cobas, in un comunicato, denuncia che a seguito della fuoriuscita della "maggioranza degli iscritti allo Slai Cobas di Campobasso e di Chieti (che) ha lasciato lo Slai e si è iscritta al S.I. Cobas, tra di loro l'operaio Andrea Di Paolo, RSU allo stabilimento Fiat di Termoli, da sempre in prima fila nella difesa dei lavoratori e, quindi, oggetto di repressione dalla Fiat, lo Slai ha
chiesto alla commissione elettorale RSU della Fiat di Termoli e.... alla FIAT e all'Associazione
Industriali, di far decadere Di Paolo dalla carica di RSU perchè ha cambiato sindacato".
Lo Slai non è nuovo a queste operazioni. Nel 2007 ha fatto la stessa cosa allo stabilimento FIAT di Pomigliano. Mimmo Mignano, delegato Slai, eletto con il maggior numero di voti in assoluto, fu espulso dall'organizzazione con motivazioni pretestuose e indegne, mentre in realtà fu buttato fuori per divergenze di tipo politico con la direzione dello Slai (in pratica con Granillo). Subito dopo, con una lettera alla direzione Fiat, mai resa pubblica, lo Slai causava la "destituzione" di Mignano dalla RSU.
All'epoca nessuno dei sindacati alternativi disse una parola per non disturbare i giochetti al vertice tra fratelli nemici di parrocchie diverse. La FIAT prese al balzo l'occasione offerta dallo Slai e licenziò Mignano. Solo Operai Contro denunciò l'accaduto e incalzò con la critica lo Slai.
A livello nazionale nessuno mosse un dito. La stessa Federazione Cobas, dove confluirono Mignano e alcuni altri compagni espulsi come lui, evitò di entrare in conflitto con Granillo.
Il risultato fu che in un momento determinante dello scontro con la FIAT, un gruppo di operai combattivi fu messo ai margini con sicuro danno per tutti gli altri.
Ci rallegriamo oggi che il S.I. Cobas denunci pubblicamente quello che sta avvenendo a Termoli, non vogliamo credere che sia solo un atteggiamento di parrocchia, e speriamo che questo abbia come conseguenza la tutela del compagno Andrea Di Paolo rispetto alla repressione FIAT. Ai militanti del S.I. Cobas non possiamo però non chiedere perché mai, quando erano militanti e dirigenti dello Slai, non si opposero alle decisioni, simili a quelle che adesso contestano, che il loro Esecutivo Nazionale aveva preso nei confronti di Mimmo Mignano?
La sezione AsLO di Napoli.

pc 26 maggio - TELEPERFORMANCE: LE FALSE GIUSTIFICAZIONI DELL’AZIENDA, appoggiate dalle Istituzioni, PER SCARICARE LA CRISI SUI LAVORATORI.

La Teleperformance ripropone a meno di un anno (dopo che i lavoratori subiscono già una riduzione salariale da giugno scorso) licenziamenti per 712 lavoratrici e lavoratori.

La Teleperformance piange crisi, chiede interventi del governo contro la concorrenza, e per ulteriori e più lunghi sgravi, ecc., ma non dice che in tutti questi anni ha fatto begli utili. Prima, facendo lavorare con contratti a progetto in condizione di continuo ricatto occupazionale (l’azienda dichiara che nel 2007 quando fu costretta a stabilizzare perse 900mila euro, ma non dichiara quanto ne aveva guadagnato prima tenendo i lavoratori a progetto); nessuno poi può dimenticare le pressioni aziendali, l'odiosa e illegale politica aziendale dei "controlli", i turni massacranti, le condizioni di lavoro e ambientali a rischio salute, le ferie forzate e varie altre irregolarità che hanno causato negli anni condizioni di iperstress a molti lavoratori lavoratrici (quel "tecnostress" già riconosciuto come patologia specifica dal giudice Guariniello di Torino, e che alcuni film hanno ben rappresentato, benchè sempre al di sotto della realtà effettiva). Dal 2007, poi ha fatto utili ottenendo sgravi e contributi sia dal governo che dalla Regione – pur quando, non rispettando gli impegni, ha continuato ad assumere lavoratori a progetto.

Nessuno ha il diritto di dimenticare tutto questo, ora che Teleperformance “piange miseria”, ora che dice che “in Italia non ha mai prodotto utili” e avrebbe messo di tasca propria “le risorse per pagare gli stipendi e andare avanti” (avrebbe, quindi, fatto beneficenza?); ora che scarica la crisi sui lavoratori.
Nessuno può “giustificare” una multinazionale, come appunto è Teleperformance, che taglia in Italia, ma, come tutti i bravi capitalisti, allarga le attività all’estero in paesi (Albania, Grecia, Portogallo) dove può ridurre al massimo il costo del lavoro e i diritti dei lavoratori. E padron Ghetti – amministratore di Teleperformance - può dichiarare tranquillamente: “…è normale per un’azienda cercare condizioni migliori per stare sul mercato..”. E nessuno gli dice niente! Nessuno dice che i lavoratori invece non possono trovare “sul mercato” altri posti di lavoro…
Nessuno può avallare l'altra giustificazione della azienda circa la questione della “concorrenza”. L’azienda dice: “o tutti stabilizzano i lavoratori oppure il prezzo da pagare per chi rispetta la normativa è il licenziamento dei dipendenti”. Ma questo ragionamento è inaccettabile! Ha tutto il sapore di un ricatto, della serie “se io devo seguire le leggi, allora licenzio”. TP vuole far passare per suo merito l’aver stabilizzato i lavoratori, lì dove è solo un dovere dopo anni in cui anche TP ha agito illegalmente.
Ma anche sul problema degli altri concorrenti è bene riportare le cose con i piedi per terra: “sul territorio Jonico – scrive il Corriere della sera del 18 maggio – esistono 19 microaziende, agili, leggere, un po’ sommerse che fanno concorrenza al pachiderma Teleperformance. Trecento addetti ingaggiati a progetto e semiprecari (che si accontentano di 4-500 euro al mese) fronteggiano i duemila stabilizzati della multinazionale francese. Questi piccoli call center si accontentano di acquisire piccoli clienti…”. Quindi, fermo restando che per i lavoratori che operano in questi call center in condizioni di superlavoro, sottosalario e senza contratto è giusto chiedere l’intervento degli Enti statali per imporre il rispetto di norme e contratti, è però, assurdo che TP metta sullo stesso piano sé stessa, multinazionale, e questi call center banditi: è come il fastidio che può dare una mosca ad un elefante… Ma siamo seri!
Così, siamo chiari sulla questione del “massimo ribasso”! Noi denunciamo da anni su vari appalti la questione del “massimo ribasso” che vede unite aziende, governo, istituzioni (anche se poi rappresentanti istituzionali fanno dichiarazioni ipocrite come se scoprissero l’acqua calda) e il fatto soprattutto che il massimo ribasso delle aziende viene pagato sempre dai lavoratori con condizioni di lavoro e salario al “massimo ribasso”, ma Teleperformance non può fare la innocentina, la rispettosa delle regole solo quando viene penalizzata, e invece usare la stessa politica del “massimo ribasso” appena la può fare in Italia, come all’estero.

In tutto questo chi ci perde sono solo le lavoratrici, i lavoratori che si vedono dopo anni di timori del posto di lavoro, poi la raggiunta stabilizzazione, messo di nuovo a rischio il loro futuro e quello dei loro bambini. Allo sciopero del 13 maggio davanti all'azienda vi erano anche tanti bambini, alcuni piccolissimi. Le lavoratrici che sono la maggioranza in questa azienda hanno detto che questi, 500, sono i “figli del passaggio a tempo Indeterminato” (dopo anni di contratti a progetto), della speranza di un lavoro stabile e quindi della possibilità di programmare il proprio futuro. Oggi invece, se passassero questi licenziamenti (quasi la metà dei lavoratori), questi bambini, insieme alle loro madri verrebbero ricacciati in una precarietà di vita. “Per noi, per questi nostri figli, lotteremo fino in fondo” - hanno detto le lavoratrici.

Ma occorre in questa battaglia una autonomia di linea e di lotta da parte delle lavoratrici e dei lavoratori, non mischiando i loro seri interessi né con quelli aziendali né con quelli di rappresentanti di partiti e istituzioni il cui sostegno ai lavoratori a volte non è genuino.
I partiti, i parlamentari di Taranto, soprattutto quelli del centrosinistra, hanno fatto di Teleperformance negli anni un bacino di voti, concordando con l’azienda in periodi elettorali addirittura assemblee in fabbrica per fare propaganda elettorale. Oggi stanno tutti a giustificare l’azienda, a farsi portavoce delle sue denunce e richieste, e cercano di deviare i lavoratori da una necessaria lotta indipendente e di legarli agli interessi aziendali, come se lavoratori e Teleperformance fossero nella stessa barca.

QUESTA E’ LA POLITICA DI TUTTI I PADRONI: PRIVATIZZARE I PROFITTI E SOCIALIZZARE LE PERDITE
NESSUN LICENZIAMENTO DEVE PASSARE!
NESSUNA ULTERIORE RIDUZIONE DI ORARIO E SALARI!
E' LA VITA DELLE LAVORATRICI, DEI BAMBINI CHE VALE, NON IL PROFITTO!