sabato 19 marzo 2011

pc quotidiano 19 marzo - manifesto nazionale

manifesto nazionale

no all'intervento imperialista in libia !
mobilitazione nazionale contro l'imperialismo italiano !
via il governo berlusconi moderno fascista, neocoloniale,guerrafondaio
manifestazioni alle basi di guerra del sud italia Napoli Taranto Sicilia
sostegno alle masse arabe in rivolta !
per le rivoluzioni di nuova democrazia in tutto il mondo arabo !
per la via della guerra popolare diretta dai partiti autenticamente
proletari, con fronte unito e esercito di liberazione !

Proletari comunisti - PCm Italia
19 marzo 2011

pc quotidiano 19 marzo - Lombardo "con il mitra in mano"...contro gli immigrati

“Questo villaggio sotto Mineo con la scusa degli sbarchi ci portera’ da 10 centri diversi 2.000 persone richiedenti asilo. Si sappia di che si tratta: mi dicono che sono afghani, piuttosto che iracheni o palestinesi che si sentiranno perseguitati, magari, dallo Stato di Israele e mettiamo anche che qualcuno sia appartenente ad Hamas. Saranno tutti liberi di circolare nelle nostre campagne. Io ho una proprieta’, di mio padre per la verita’, da quelle parti e non so se potro’ andarmene una settimana in campagna tranquillamente e serenamente o se invece dovro’ stare con il mitra in mano, ma mitra non ne ho, o se le nostre campagne non rischieranno per la paura…”, sono le parole fasciste e razziste che il Presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo ha detto di recente ai giornalisti in merito all’apertura del ‘villaggio della solidarietà” di Mineo individuato dal Viminale per ospitare fino a 2.000 migranti richiedenti asilo.

Parole fasciste e razziste per sbattere di nuovo in prima pagina il “mostro immigrati”, per spargere di nuovo humus razzista tra le masse popolari affinchè, aizzate contro gli immigrati, siano invece sviate dai problemi reali che subiscono quotidianamente, disoccupazione, precarietà, licenziamenti, tagli ai servizi sociali… di cui le politiche sempre più antiproletarie e antipopolari di Lombardo in primis fino all’ultimo politicante di turno ne sono la causa.

All’improvviso il Presidente Lombardo “avrebbe paura” di recarsi nelle campagne siciliane che sarebbero infestate dai migranti, “dimenticando” che è da anni che le campagne di tutta la Sicilia sono abitate da tantissimi migranti il cui “contributo” a suon di sfruttamento selvaggio, a nero con salari da fame, condizioni di vita pesantissime, arricchisce l’agricoltura della Sicilia, dai raccoglitori di patate di Cassibile, costretti per anni a dormire sotto gli alberi alle donne rumene che subendo anche violenze sessuali da parte dei padroncini e caporali lavorano nella produzione del pomodoro ciliegino a Vittoria, ai marocchini impiegati nelle vendemmie di Alcamo che dormivano per strada, ai tunisini nella fascia da Licata a Rosolini…

Lavoratori e lavoratrici invisibili senza i quali però le campagne siciliane sarebbero spopolate e il settore agricolo in seria difficoltà sul piano della manovalanza; spesso giovanissimi sfuggiti ad una vita nelle loro terre di origine fatta di miseria, povertà, guerra… causate dallo sfruttamento e rapina selvaggia delle risorse che paesi imperialisti come il nostro sistematicamente mettono in atto per il loro interessi capitalistici; uomini e donne che nelle nostre terre vivono invece in molti casi al limite delle bestie la cui oppressione in alcuni casi è sfociata in giusta protesta e ribellione come quella dei migranti magrebini raccoglitori di arance nel 2010 a Ribera contro la morte di un loro compagno trovato morto abbandonato per strada, ma che in altri casi purtroppo sfocia in eventi tragici come il caso dell’ambulante marocchino Noureddine Adnane di 27 anni morto dopo essersi dato fuoco cospargendosi di benzina il 10 febbraio scorso dopo un controllo dei vigili che gli avevano sequestrato la merce al quale si aggiunge oggi un nuovo tentativo di togliersi la vita da parte di un bracciante albanese di 33 anni che a Vittoria dove lavora si è dato fuoco forse per l’esasperazione causata dal mancato pagamento del salario.

Sarebbero questi i migranti “fonte di pericolo e dannosi all’economia” di cui il Presidente Lombardo agita lo spettro???

Questi migranti sono nostri fratelli di classe con i quali è necessario organizzarsi e lottare insieme contro un sistema fascista e razzista che deve essere spazzato via.

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http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2011/03/17/news/albanese_che_si_da_fuoco-13740871/

Un bracciante albanese si da fuoco e rivela l'oscuro mercato del "caporalato"

VITTORIA (Ragusa) - Lotta tra la vita e la morte, attaccato a un respiratore, Georg Semir, un albanese di 33 anni che si è dato fuoco ieri sera in piazza del Popolo a Vittoria, un grosso centro agricolo in provincia di Ragusa. Ha riportato ustioni sul 50 per cento del corpo, soprattutto al viso, al torace e alle braccia. E' ricoverato nel reparto di prima rianimazione all'ospedale civico di Palermo, dove è stato trasportato con l'elisoccorso. Tra una settimana si potrà capire se il giovane sopravviverà. Nessuno conosce Georg, nessuno sa con certezza cosa l'abbia spinto a cospargersi di benzina e darsi fuoco con un accendino, intorno alle 20, nella piazza principale del paese, davanti a passanti e negozianti.

Un "suicidio sociale". "Era una torcia umana - racconta il consigliere comunale Giuseppe Cannella che ha chiamato i soccorsi - si è accasciato a terra ma era ancora cosciente. Ha tentato di rialzarsi dicendo: lasciatemi morire, non voglio più vivere". L'azione degli abitanti è stata corale, sono intervenuti subito con bottiglie d'acqua e un estintore. Cannella, di professione psichiatra, ritiene che il giovane straniero abbia voluto commettere "un suicidio sociale, un'azione clamorosa per una presunta ingiustizia subita". Il consigliere dà voce al timore più diffuso in questo momento fra la comunità locale, cioè che il gesto disperato sia l'esito dello sfruttamento subìto da molti immigrati

nelle campagne della zona.

La piaga del lavoro nero. Da una prima ricerca sui dati Inps del 2009, Semir non risulta assunto nelle aziende agricole del paese. "Ma nulla toglie che sia un lavoratore in nero o ingaggiato nelle campagne vicine - spiega Cannella - qui la crisi agricola è pagata dall'ultimo anello, i migranti, succede spesso che i braccianti non ricevano il salario". E' plausibile che Georg non abbia avuto i soldi che gli spettavano e per questo abbia cercato di uccidersi. Tanto che la Cgil locale ha diffuso una nota per denunciare che gli immigrati "sono privati delle condizioni minime che distinguono l'essere umano dalle bestie".

Sfruttati per produrre il ciliegino. A Vittoria la produzione di melanzane, peperoni e pomodorini, fra cui il famoso ciliegino, è intensiva, industrializzata. Le campagne sono costellate di serre che sfornano ortaggi tutto l'anno e in cui si lavora per più di 12 ore al giorno, con una temperatura che dal mese di maggio supera i sessanta gradi, per un paga misera di 25, 30 euro a giornata. L'80% degli impiegati nella coltivazione in serra sono immigrati. "Il nostro comparto agricolo è uno dei più importanti a livello nazionale, ma le condizioni di lavoro sono molto dure per gli stranieri - dice Giuseppe Scifo, segretario della Camera del Lavoro- la recessione mette in difficoltà le aziende che spesso scaricano i costi della crisi sui lavoratori dipendenti, soprattutto immigrati".

Poca attenzione ai diritti umani. A strozzare i produttori sono da un lato i prezzi bassi d'acquisto dei prodotti imposti dalla grande distribuzione, dall'altro il costo elevato delle materie prime, come i teli che ricoprono le serre, frutto di alta tecnologia. Ma secondo Scifo, il problema è una scarsa attenzione ai diritti umani. "Il lavoratore si paga da solo l'ingaggio - racconta - la paga provinciale è di 53 euro lorde, di cui 12 euro di contributi a carico dell'azienda e 40 euro nette al bracciante, invece i contributi li paga il lavoratore con la retribuzione più bassa.

Nel mercato, ma senza abusare. Qui ci sono automobili lussuose e grandi costruzioni edili, ma alla base di questi redditi c'è un'attività agricola che si fonda sullo sfruttamento". In realtà è possibile produrre abbassando i profitti e rispettando i lavoratori, anche con la crisi. "C'è una minoranza di aziende agricole in regola che riescono a stare nel mercato e scontano la concorrenza sleale di chi sfrutta i lavoratori sottopagando ed evitando la contribuzione" testimonia il sindacalista.

Abusi sessuali nelle campagne. La Cgil di Vittoria sta contribuendo anche a scoperchiare uno scenario inquietante: "casi di sfruttamento sessuale ai danni di donne straniere" da parte dei datori di lavoro. Da due anni c'è un protocollo del sindacato con le associazioni che lavorano contro la tratta. Storie di abusi emerse con inchieste giudiziarie e raccontate dal libro "Voi li chiamate clandestini", di Laura Galesi e Antonello Mangano. Le donne dell'Est Europa sono costrette a prostituirsi nelle campagne del ragusano per 10 euro a prestazione sessuale, dopo aver passato la giornata nei campi per la solita paga di 20 euro. Raccoglitrici di pomodorini, soprattutto rumene, che in seguito agli abusi subiti restano incinta e abortiscono".

E molti aborti. A Vittoria, fino a giugno 2010, sono state registrate 15 interruzioni volontarie di gravidanza. Una crescita esponenziale degli aborti denunciata come preoccupante dai medici del presidio ospedaliero Guizzardi, perché a fare richiesta di aborto è stato un unico gruppo, quello delle lavoratrici dell'Est impegnate nei campi. Nella cittadina, su oltre 60 mila abitanti, i migranti sono 12 mila di cui 8 mila impegnati come lavoratori agricoli. Di questi, 2.500 sono le donne rumene.

Già tre stranieri che si danno fuoco. Il tentato suicidio di Georg Semir solleva il velo sulle condizioni terribili in cui vivono molti immigrati. Sono già stati almeno tre i casi di emuli di Mohamed Bouazizi, il venditore ambulante che si è dato fuoco in Tunisia facendo scoppiare la rivoluzione dei gelsomini. Sempre in Sicilia, a Palermo, il 10 febbraio si è ucciso in questo modo Noureddine Adnane, un ambulante marocchino di 27 anni provvisto di licenza dopo un controllo dei vigili. Una settimana dopo, a Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, è stato un tunisino senza permesso di soggiorno a tentare di darsi fuoco per protesta contro gli agenti che lo stavano arrestando. E' stato fermato in tempo dai carabinieri. Si chiama Nadir ed è tunisino, di Sfax. Da oltre 7 anni vive nel piccolo centro lucano, dove come altre centinaia di migranti, raccoglie i pomodori a settembre.

La testimonianza. "Prendevo 3 euro a cassone (il cassone sono tre quintali e mezzo), il padrone pagava 12 euro a cassone, il resto va al caporale". Dice che i caporali sono sia italiani che stranieri e che nel 2005 lo hanno picchiato perché aveva parlato con i giornalisti. "Pur lavorando in modo continuativo non è mai riuscito a regolarizzarsi con un datore di lavoro", denuncia l'Osservatorio Migranti Basilicata 1. Le autorità italiane gli hanno proposto il rimpatrio in Tunisia, da dove però i giovani fuggono per l'instabilità politica e la mancanza di lavoro. Piuttosto che tornare a Sfax, Nadir ha tentato il suicidio.

pc quotidiano 19 marzo - due firme sbagliate della CGIL ?.. ma quando mai ci sono stati in tutti questi anni firme giuste , caro Cremaschi ?

*Due firme sbagliate*

*di Giorgio Cremaschi*

Sono passati pressoché sotto silenzio, con tutti i drammi e i problemi che
ci sono, due accordi interconfederali con la firma di tutti. E invece si
tratta di due accordi pericolosi la cui sottoscrizione da parte della Cgil è
un fatto politicamente grave.

Il primo è un avviso comune che riguarda le cosiddette politiche di
conciliazione della vita delle donne con l’organizzazione dei tempi di
lavoro. Sotto una valanga di buoni propositi si celano almeno due code
velenose. La prima è il riferimento esplicito al piano Italia 2020, per
l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, che finora era stato
giudicato negativamente dalla Cgil. In secondo luogo, con il solito pretesto
della conciliazione dei tempi di vita con i tempi di lavoro, si apre alla
flessibilità annuale degli orari di lavoro. Sono due scelte che,
giustamente, Sacconi considera patrimonio della propria impostazione di
governo.

Ancora più grave è la sottoscrizione da parte della Cgil di un accordo sulla
detassazione delle retribuzioni per produttività, nel quale vengono
accettati tre principi gravissimi. Il primo è la sussidiarietà e
“cedevolezza” della contrattazione aziendale e territoriale rispetto a
quella nazionale. Con questo concetto sostanzialmente si dà il via libera
alle deroghe al contratto nazionale La Cgil non aveva mai accettato il
principio della sussidiarietà nella contrattazione, perché farlo significa
considerare meno importante il contratto nazionale degli accordi aziendali e
territoriali. In secondo luogo la contrattazione sui salari viene
disciplinata da accordi territoriali confederali. Si cancella così
l’autonomia delle categorie e ancora di più quella delle Rsu. In terzo luogo
si fa riferimento nell’intesa al recepimento dei contratti nazionali
applicati, il che vuol dire che nella sostanza si dà il via libera al valore
generale degli accordi separati.

Queste due firme non sono frutto di errori o trascuratezza, ma delle
ambiguità che continuano in una linea politica della Cgil, che da un lato
proclama lo sciopero generale, ma poi ne riduce la portata quantitativa e
qualitativa. Si dichiarano 4 ore di sciopero generale contro il governo, ma
poi nella politica contrattuale si continua a subire la linea di
flessibilità e decontrattualizzazione che esercitano assieme governo e
Confindustria. D’altra parte nei volantini sinora emessi dalla
Confederazione per spiegare lo sciopero non c’è un solo accenno alle
posizioni della Confindustria e del sistema delle imprese. In questo modo
l’aggressione e il logoramento al sistema dei diritti sindacali e
contrattuali continua senza che la Cgil costruisca una vera opposizione ad
essa.

*16 marzo 2011*

pc quotidiano 19 marzo - GIAPPONE, I PROFITTI VALGON BENE DISASTRI E MORTI...

Una catastrofe ampiamente annunciata e non voluta evitare.
Questo emerge chiaro anche dalle poche notizie che arrivano dal Giappone, filtrate dalla stessa stampa.

La Tepco, gestore dell'impianto nucleare, “nel 2002 ha ammesso di aver falsificato negli anni '90 e '80 i test di sicurezza delle sue centrali (e tra questi quelli di Fukushima). Nel 2007 ha mentito sull'entità di una fuga radioattiva dalla centrale di Kashiwazaki-Kariwa dopo una scossa di terremoto. Anche l'11 marzo non brilla per loquacità. In modo asciutto informa il governo del “problema del raffreddamento dei reattori”. Il portavoce del governo dice alle 19,46 che non c'è fuga radioattiva e il giorno dopo la prefettura di Fukushima dicono che per il pomeriggio “i sistemi di raffreddamento dei reattori saranno nuovamente in funzione”. Ma la Tecpo già sapeva e l'aveva detto al governo che quei sistemi non potevano più funzionare e che c'è il rischio di una fuoriuscita di materia radioattiva. Anche fino al 15 marzo continuano le rassicurazioni, declassando l'incidente a livello 4. Ma la Tecpo già l'11 marzo “sa che i sistemi di raffreddamento dei reattori di Fukushima sono fuori uso. E' avvertita del rischio legato a un prolungato surriscaldamento del loro combustibile”.

Il nucleare del capitale non ammette ostacoli, la vita di centinaia di migliaia di persone sono niente di fronte al PROFITTO!

“La scelta di affidarsi all'energia nucleare è da imputare all'arroganza dei tecnici che hanno sempre assicurato che non ci fossero rischi e all'atteggiamento delle grandi multinazionali che pensano solo al profitto. La sicurezza totale è un falso mito... i governi giapponesi hanno sempre sottovalutato i danni delle radiazioni e hanno deciso di seguire la politica pro-nucleare statunitense, cercando di convincere i cittadini che il nucleare è sicuro” - ha dichiarato Terumi Tanaka segretario dell'associazione degli hibakusha (i sopravvissuti alle atomiche)

Questo vale in Giappone, come in Italia. La “pausa di riflessione sul nucleare” annunciata dal governo Berlusconi è solo una necessario abbassare i toni a fronte dell'attuale nuova attenzione delle masse. Ma mai e poi mai la lobby nuclearista in Italia che va dall'Enel alla Confindustria, rinuncerà così tranquillamente ai grandi profitti che verranno dalla costruzione di impianti nucleari nel nostro paese.

Questo fa della lotta contro il nucleare una lotta che è parte della lotta per rovesciare questo sistema del capitale.

Avevamo scritto in un precedente articolo ”...Il capitalismo più spinto ha sempre più come altra faccia della medaglia un precipizio per le popolazioni a condizioni di vita da medioevo”.
Ma la realtà sembra superare le peggiori previsioni. Nella zona di Fukushima centomila persone stanno da giorni nella neve, nel fango, al gelo (temperature anche a -17 gradi), senza acqua e cibo da 6 giorni, devono dissetarsi con la neve, sono esauriti nell'ospedale a 50 Km da Fukushima i medicinali, le scorte sanitarie.
Il paese con il capitalismo più avanzato lascia centinaia di migliaia di donne, uomini, bambini abbandonati a sé stessi, a girare per chiedere cibo, acqua, riscaldamento, mentre vi sono decine di migliaia di morti lasciati per le strade.

Questo mostra più di tante parole che il capitalismo è barbarie, è morte, e anche semplicemente per vivere occorre la rivoluzione delle masse popolari.

pc quotidiano 19 marzo - CONTRO LE "MANI" SUI CONSULTORI

Oggi pomeriggio a Milano si terrà un'assemblea organizzata dalle compagne della Consultoria autogestita di via dei Transiti. Il Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario aderisce a questa iniziativa.
segue intervento del MFPR di Milano.

Dalla locandina dell'assemblea:
LA BORSA E LA VITA – LE MANI SUI CONSULTORI

"Veterani della gestione cattomafiosa della sanita regionale come Formigoni e parvenu della genuflessione come Cota con obiettivi in comune: sottrarre alle donne strumenti di consapevolezza e autodeterminazione sulle scelte che riguardano salute e sessualità, stornare fondi pubblici nelle casse delle "associazioni amiche" e dei consultori privati.
Questa la realta che minaccia i consultori pubblici di Lombardia, Piemonte, Lazio tra il disinteresse delle donne, il depotenziamento dei servizi primari e le infiltrazioni dei movimenti per la vita...".


INTERVENTO DEL MFPR
L'attacco al diritto d'aborto, in questo paese, non si è mai del tutto fermato. Da un po' di anni, però, dopo gli attacchi frontali, rozzi a cui le donne hanno risposto con grandi manifestazioni, abbiamo assistito ad un salto di qualità: esso è avvenuto a macchia di leopardo con intervento degli enti locali o “nascosto” in articoli di leggi che, apparentemente, nulla hanno a che fare con la 194.

Il risultato è che provvedimenti legislativi, prese di posizione hanno fatto scuola e, oggi, le risposte che a livello locale le donne quotidianamente danno richiedono, anch'esse, un salto di qualità.
Solo per citare gli attacchi più recenti al diritto d'aborto, ricordiamo: in Piemonte, il “Protocollo per il miglioramento del percorso assistenziale per la donna che richiede l’interruzione volontaria di gravidanza” proposto dall’assessore Caterina Ferrero era stato approvato il 15 dicembre 2010 dal Consiglio Regionale del Piemonte. Questa delibera è l’attuazione pratica di una parte del “Patto per la vita e la famiglia” firmato in febbraio da Cota durante la campagna elettorale con la parte più integralista del Movimento per la Vita.
La finalità ultima del protocollo sta nell’obbligo da parte dei consultori pubblici di stringere collaborazioni con il Movimento per la Vita i cui volontari potranno entrare in contatto con le donne che richiedono l’IVG fin dal primo colloquio.
Un tentativo di legittimare l'ingresso dei movimenti pro-life nei consultori e lo smantellamento dei consultori pubblici a favore di strutture private e confessionali o di quelli che altrove si tenta di istituzionalizzare e che si chiamano centri di mediazione familiare che intervengono in fase di separazione e eventuale affido dei figli. Già prima Cota era intervenuto pesantemente sull'introduzione dell'RU486, dichiarando che si sarebbe opposto alla sua introduzione negli ospedali piemontesi; in Lazio nella Proposta di Legge della Regione sul riordino dei Consultori si parla dei Consultori come luoghi per il consolidamento della famiglia e dei valori etici di cui essa è portatrice. Contemporaneamente abbiamo assistito ad una campagna ideologica e mass mediatica di attacco alla contraccezione e per l'ampliamento di obiezione di coscienza anche ai farmacisti-vedi la pillola del giorno dopo che in maniera strumentale si cerca di far passare come pillola abortiva.

L'elenco potrebbe continuare, ci preme, ancora una volta, ribadire che gli attacchi al diritto d'aborto sono funzionali a un ritorno al moderno medioevo in cui vogliono ricacciare le donne. Dalla Chiesa alle Istituzioni, ad esponenti politici non si perde occasione per criminalizzare le donne che abortiscono e, dall'altro, esaltare la centralità della famiglia e il ruolo in essa di moglie e madre delle donne.
E' una crociata particolarmente accanita che unisce tutti - ricordiamo che fu il governo di centrosinistra a “inaugurare” il ministero per la famiglia - perchè l'aborto sancisce il diritto all'autodeterminazione delle donne in materia di sessualità e maternità, rappresenta emblematicamente, la conquista delle donne di poter decidere sulla e della propria vita.
Noi crediamo che sia necessaria una ripresa a tutto campo delle lotte delle donne a livello nazionale per contrastare sul piano ideologico e pratico l'offensiva contro il diritto d'aborto, che unifichi e connetta le lotte che a livello locale collettivi femministi, donne fanno contro l'attacco al diritto d'aborto, che permetta loro di acquisire visibilità e forza con una piattaforma che comprenda, ad esempio, il miglioramento della 194, eliminando soprattutto l'obiezione di coscienza; non solo l'introduzione della RU486 in tutti gli ospedali, ma la possibilità di accedervi per le donne che desiderano utilizzarla e senza il ricatto di degenza ospedaliera; l'abolizione della L.40 e il suo articolo oscurantista sul riconoscimento giuridico dell'embrione, l'ampliamento dei consultori pubblici e senza presenza di movimenti per la vita nelle strutture sanitarie pubbliche, la cancellazione dell'articolo, in Lombardia, sulla sepoltura dei feti e la lotta contro le moderne ruote degli esposti, accesso alla pillola del giorno dopo.

movimento femminista proletario rivoluzionario - Milano
mfprmi@libero.it

pc quotidiano 19 marzo - no al nucleare - comitato a Taranto

lo slai cobas per il sindacato di classe di taranto aderisce al comitato antinucleare provinciale perchè nel contesto attuale questa battaglia assume una importanza politica nella lotta contro i padroni, contro il governo Berlusconi, contro ogni governo dei padroni.
Lo slai cobas per il sindacato di classe non è una forza 'ambientalista' o 'referendaria' anche se è favorevole a un ampio fronte unito contro il nucleare del capitale, ed è nel quadro di questa lotta che ritiene necessario il si a questi referendum.
Lo slai cobas non considera però il referendum come l'arma principale di questa lotta.
I piani del nucleare del capitale civile e militare si fermano con la lotta
popolare che impedisca le nuove centrali, chiuda quelle esistenti; questione
che si può realizzare se si rovescia questa classe dominante, questo governo e questo Stato e si ponga il potere nelle mani dei proletari e delle masse popolari per trasformare la società.
Per questo nel contesto del comitato è questa la nostra battaglia.

Slai cobas per il sindacato di classe - Taranto

venerdì 18 marzo 2011

pc quotidiano 18 marzo - Iniziativa del circolo di Taranto per il 140° della Comune




pc quotidiano 18 marzo - NO A QUALSIASI INTERVENTO MILITARE

proletari comunisti milano aderisce all'iniziativa

NO A QUALSIASI INTERVENTO MILITARE
SOSTENIAMO LE RIVOLTE DEI POPOLI ARABI

Le rivolte delle popolazioni arabe contro i regimi autoritari, da
sempre amici dei governi occidentali, rappresentano uno sconvolgimento
di portata storica. Sono le prime rivoluzioni nella fase della crisi
del
sistema a livello planetario, rivolte per la libertà, la
partecipazione, la giustizia sociale. Donne e uomini, lavoratrici e
lavoratori, più o meno precari, giovani in cerca di un futuro (e un
presente) migliore hanno abbattuto - per il momento - i governi di Ben
Ali e Hosni MUbarak, ma molti altri sono in "pericolo" (dalla Libia
alla
Giordania, dal Bahrein all'Algeria…). Queste rivolte stanno facendo
paura ai regimi della regione ma anche ai loro amici e protettori
occidentali, nell'Unione europea e negli Usa, che vorrebbero
intervenire
anche militarmente per mettere un freno alle rivolte e avere una
maggiore presenza in quella regione così importante per la produzione e
la distribuzione delle materie prime energetiche e per il
controllo/repressione dei flussi migratori.

Anche in Italia sono state molte le manifestazioni a sostegno delle
rivolte, ma è arrivato il momento di un salto di qualità, di fronte ai
rischi di un intervento militare e alla repressione dei processi
partecipativi in nord Africa.

Per questo abbiamo deciso di manifestare
Sabato 19 marzo 2011 Corteo da piazzale Loreto Milano - ore 15.00

(in occasione della "giornata internazionale di solidarietà per la
rivolta delle genti arabe e africane" lanciata dall'assemblea dei
movimenti sociali a Dakar):

·per il sostegno alle popolazioni arabe in rivolta e in solidarietà
alla forze popolari, democratiche e rivoluzionarie - e in particolare
alle donne che rivendicano di non essere escluse dal processo politico
in corso per promuovere il cambiamento verso la parità dei diritti
contro ogni forma di discriminazione di genere;

·contro ogni possibile intervento militare "senza se e senza ma": no
ad ogni missione "umanitaria", alle NoFlyZone (primo passo della
guerra), all'invio di truppe e all'utilizzo delle basi militari in
Italia;

·per una vera accoglienza di migranti e profughi, contro la retorica
razzista della "invasione" e le politiche di respingimento nel
Mediterraneo.

Promuovono Al Jarida, Ass. Dimensioni Diverse, Ass. Alfabeti, Assoc.
Le radici e le ali, Donne in nero, Salaam ragazzi dell'Olivo, CSA
Vittoria, Guerre&Pace, SiCobas, Partito Comunista dei Lavoratori,
Sinistra Critica, Comunità palestinese della Lombardia Per adesioni:
sostegnorivoltearabe@gmail.com [3]

pc quotidiano 18 marzo - viva la Comune di Parigi - il futuro del movimento operaio e comunista

140° anniversario della Comune di Parigi

pc quotidiano 18 marzo - accoglienza per tutti gli immigrati provenienti dal mediterraneo

Proletari Comunisti esprime solidarietà agli immigrati che approdano in questi giorni a Lampedusa e chiede che il governo li accolga tutti, in modo civile
e in strutture d'emergenza che ne garantiscano rispetto, cibo e assistenza.
L'imperialismo italiano è colpevole della situazione sociale, politica e di guerra prodottasi nei paesi del Maghreb e in Libia in queste ore.
L'imperialismo italiano ha sempre sostenuto i regimi oggi messi in discussione dalle rivolte, che hanno oppresso e affamato i loro popoli.
L'imperialismo italiano sfrutta le risorse di questi paesi attraverso le sue multinazionali dell'energia.. petrolio, gas ecc per i profitti dei padroni italiani.
L'imperialismo italiano arma questi regimi, che usano queste armi contro i loro popoli.
Per questo il governo e lo stato italiano non possono, quando gli immigrati arrivano, trattarli come bestie e ributtarli a mare.. ma deve accoglierli.
Proletari Comunisti chiede nell'emergenza attuale la sospensione dell'applicazione delle leggi antimmigrati e del pacchetto sicurezza, in vista della loro abolizione.
Proletari Comunisti è favorevole nell'emergenza all'utilizzo delle basi militari di guerra in centri di accoglienza di pace e solidarietà, contro ogni logica da lager cie.

proletari comunisti
18 marzo 2011

pc quotidiano 18 marzo - no all'intervento imperialista in Libia

Proletari Comunisti esprime la sua ferma opposizione alla decisione ONU di autorizzare nofly-zone e bombardamenti sulla Libia; decisione ora in via di attuazione da USA,Francia,Gran Bretagna,con sostegno dell'imperialismo italiano attraverso la messa a disposizione delle basi militari.
Il regime reazionario, neocoloniale, di Gheddafi può essere rovesciato solo dalle masse libiche in rivolta, non certo dall'imperialismo che finora lo ha sostenuto, in primis l'imperialismo italiano.
I gruppi dirigenti della ribellione antigheddafi se si pongono al servizio dell'imperialismo, sono della stessa pasta di Gheddafi.
Alle masse libiche serve un fronte unito nazionale antigheddafi e antimperialista per l'autoderminazione nazionale e sociale, per una repubblica di nuova democrazia nelle mani delle masse popolari, per davvero e non della finzione finora rappresentata da Gheddafi.
Proletari Comunisti chiama alla massima mobilitazione contro l'intervento imperialista e in particolare contro il si bipartizan dell'Italia imperialista e neocoloniale.

proletari comunisti
18 marzo 2011

pc quotidiano 18 marzo - perù ..elezioni del 2 aprile.. la posizione del Partito Comunista del Perù

Proletari di tutti i paesi, unitevi!

Non votare ma costruire la conquista del potere per mezzo della guerra!

Le elezioni generali per il rinnovo delle autorità vecchio Stato, previsto per aprile, sono esposti come una farsa per mano dei reazionari stessi. I candidati alla presidenza si fanno beffe dalla cosiddetta opinione pubblica, e l’imperialismo yankee interviene direttamente e apertamente nel processo elettorale, mentre tutti i candidati, senza eccezione, bussano alle porte dell’ambasciata USA, delle sedi delle grandi imprese monopoliste del capitale imperialista nativo della grande borghesia locale in cerca di approvazione e di sponsorizzazione. Il nostro popolo vive nella più profonda miseria e gli imperialisti, soprattutto Yankee, stanno dividendo il paese in “regioni”, il che significa la parcellizzazione del paese tra vassalli e valvassini dei monopoli imperialisti. Nel frattempo, i “politici” della reazione discutono di tutto – di aborto, matrimoni omosessuali, del loro proprio uso di droghe ecc – tranne che dei problemi reali del popolo. L'unica cosa su cui hanno proposte concrete e realizzabili è come aumentare la repressione della lotta popolare, come rubare e di più al popolo e come di vendere a pezzi il paese. Anche chi funge da “alternativa di sinistra”, è alla disperata ricerca di patrocinio dell'imperialismo USA e si impegna ad aumentare notevolmente il bilancio delle forze armate militare genocide. Sono ciarlatani rappresentanti delle classi dominanti, dei latifondisti e della grande borghesia, al servizio dei loro padroni imperialisti. Quelli che non sono rappresentanti diretti della mafia sono legati in diversi modi al narco-traffico, e con esso devono fare "accordi" per ottenere l'appoggio dei capibanda locali.
Il cosiddetto “sistema dei partiti” praticamente non esiste più, tutto si concentra intorno ai capi, a un sistema di vassalli, dove tra i signori feudali si giura personalmente nelle mani del proprio capo diretto e a nessun principio. Perciò cambiano spudoratamente partito o alleanza elettorale o alleanza secondo convenienza, quello che è stato chiamato: “transfughismo”, ma propriamente parlando è “”trasformismo”. L'unico “partito” della reazione peruviana relativamente stabile nella situazione attuale sono le forze armate, ma anche in questa istituzione genocida, decadente e incapace di ottenere altro che sconfitte, i conflitti sono in aumento.
La “democrazia”, il parlamentarismo borghese, non è che una maschera, una cortina di fumo
dietro cui le classi dominanti, cioè la grande borghesia e i latifondisti, nascondono la loro dittatura. Le elezioni che organizzano non servono che a rinnovare la loro autorità e, soprattutto, a designare chi dall’esecutivo e dal Parlamento opprimerà il popolo. In tutta la storia repubblicana il popolo non ha guadagnato nulla dalle elezioni, né lo farà con queste o né in futuro, se ci saranno. Il potere reale della reazione viene della canna del fucile delle forze armate e della polizia genocide e vendipatria, sono loro che col sangue e col fuoco tengono in piedi questo stato cadente e vecchio, sempre sotto il diretto comando degli imperialisti USA. Il popolo non ha altra via che la lotta armata per cnquistare il potere e i propri diritti più fondamentali, come la terra, il lavoro e la produzione nazionale. Questa lotta armata non può essere oggi che la guerra popolare diretta dal Partito Comunista del Perù.

Abbasso la “riconciliazione”! Viva la rivoluzione di nuova democrazia!
Il falso dell’ “accordo di pace” è stato fatto a pezzi dall’ardente guerra popolare. Ora la reazione ed i suoi agenti LOD, revisionista e capitolazioni sta, parlano di “riconciliazione”, come richiesto dalla famigerata “CVR” imposta dall'imperialismo, principalmente yankee. Per ottenere questa “riconciliazione”, reclamano “l'amnistia generale” per i reazionari genocida e i traditori della LOD, sbandierata da Toledo, Ollanta e dalla figlia di Fujimori. Quell’aborto del MODAEF, è uno strumento dei topi di fogna della LOD, revisionista e capitolazionista per trafficare col nome del Presidente Gonzalo, mentre negano tutte ciò che hanno affermato lui stesso e il PCP. Riconciliazione significa che due parti che si sono combattute mettono da parte le loro differenze per marciare in armonia, ma il popolo non può “riconciliarsi” con chi succhia il suo sangue. Nella lotta di classe non potrà mai esserci armonia tra oppressori e oppressi, questo è sempre stato il sogno dei revisionisti in tutto il mondo. Queste piaghe umane rinnegando la guerra popolare e cercando di usurparne il prestigio ripetono semplicemente quanto già dissero gli usurpatori del socialismo in Unione Sovietica, posizioni che sono la pura negazione del marxismo-leninismo-maoismo, pensiero Gonzalo. Nessuno si faccia ingannare: i miserabili che partecipano alle elezioni e trafficano con la figura del presidente Gonzalo non sono che traditori al servizio della CIA, non hanno nulla a che fare con il PCP e dovranno rendere conto al giustizia popolare al momento opportuno. Fanno causa comune con la piattaforma elettorale di elementi fascistoidi come Ollanta e col clan di Fujimori, insieme affilano le lame per reprimere la lotta popolare. Come Presidente Gonzalo ci insegna, la via delle elezioni non è la via del popolo, ma la via burocratica della reazione. La via del popolo è la via della rivoluzione di nuova democrazia, la via della guerra popolare.
Il fascista, genocida e vendipatria Alan García ha cercato di rilanciare il capitalismo burocratico con la firma dell’accordo di libero scambio, a vantaggio della borghesia compradora legata direttamente al capitale finanziario yankee. È aumentato drammaticamente il processo di concentrazione in sempre meno mani della ricchezza e della produzione nazionale. Alcuni, ripetendo la storiella revisionista che l’imperialismo può portare allo sviluppo (“dal capitalismo burocratico al capitalismo”), ignorando gli stessi fondamenti dell’economia politica marxista, auspicano questo processo. Per il popolo significa un’evoluzione della semifeudalità, espressione non di un “capitalismo burocratico che si rivitalizza”, ma prova di come si aggrava sempre la sua crisi generale; non c’è sviluppo della produzione nazionale, di nessun tipo, ma al contrario l'economia è sempre più orientata alla produzione di materie prime, estrazione mineraria, monocolture in agricoltura, esportazione di gas, ecc. A ciò si accompagnano “regionalizzazione”, “decentramento” e delle forze che si impegnano esclusivamente nella lotta contro la guerra popolare e se infischiano della sovranità formale del, e il genocidio compiuto come parte della campagna elettorale, come quello commesso dalle forze armate e di polizia contro il popolo che non si lascia legare al carro delle elezioni reazionarie e persiste nelle sua lotte, come la morte di contadini e minatori nel VRAE e indigene di Madre de Dios, assassinati dai proiettili delle forze armate e di polizia, che eseguendo gli ordini di García e del suo padrone yankee hanno sparato sulle manifestazioni di massa, e dall’aperto intervento militare yankee nel paese, coi rappresentanti politici della reazione che ricevono ordini direttamente dall'ambasciata yankee. La sola forza nel paese che lotta per la liberazione nazionale è il PCP, solo cacciando con la forza gli imperialisti dal paese, espellendoli con la guerra popolare, potremo avere un paese un sovrano e libero. Una Repubblica Popolare del Perù in cui i bisogni e i diritti del popolo siano legge.
Il PCP ha attraversato momenti difficili e riduzione del lavoro nelle città, che stanno per essere superati, la reazione ha trascinata alcuni settori di popolo sotto bandiere a loro aliene. È necessario che il popolo conosca bene la posizione del PCP e non si lasci ingannare da tutte le menzogne diffuse dal nemico come parte della guerra psicologica interna alla sua “guerra a bassa intensità”. Perciò: “Partiamo dal fatto che il partito non si paralizza mai, perché ha chiara la rotta da seguire, non si è fermato neanche un minuto. Il nostra eroica combattente assolvere con fermezza e determinazione il suo compito fondamentale, la conquista del potere per la classe e il popolo, attraverso la guerra popolare, con unanimità nei momenti cruciali, forgiando una direzione, nella e per la guerra popolare, assolvendo di compiti proprio di fronte all'arresto della nostra grande direzione applicando con fermezza la nostra ideologia, il marxismo-leninismo-maoismo, pensiero Gonzalo. Il pensiero Gonzalo ci permette di affrontare e risolvere problemi nuovi, analizzare e comprendere il processo della guerra popolare dopo il 92 e gli altri compiti e campagne pendenti dal Terzo Plenum, la forgia di una Direzione e dei quadri, la difesa del Presidente Gonzalo dopo il suo arresto, la lotta contro la LOD revisionista e capitolazionista (inizio, sviluppo e sconfitta), la necessità perenne di costruire la conquista del potere attraverso la guerra popolare, compiti svolti lottando contro le “offensive finali” e la campagna controrivoluzionaria per un accordo di pace. Oggi i militanti vengono forgiati nella lotta implacabile contro il revisionismo, applicando la costruzione concentrica, alimentati da tutta l’esperienza del partito.” (PCP-Comitato Centrale, 2007)
Dunque, pienamente convinti della giustezza della nostra causa e della vittoria incontenibile della guerra popolare, lanciamo queste parole d’ordine la seguente, parte della campagna di boicottaggio:

Elezioni NO, guerra popolare SI!
Abbasso il Cretinismo parlamentare!
Abbasso la “riconciliazione”!
Viva la rivoluzione di nuova democrazia!
Costruire la conquista del potere per mezzo della guerra popolare!
Guerra popolare fino al comunismo!

Movimento Popolare Perù
Marzo 2011

pc quotidiano 18 marzo - marcegaglia.. il doppio binario della fiom

No all'accordo per i neoassunti

La FIOM dice di opporsi a parole mentre intanto firma l'accordo della vergogna sui salari d'ingresso


Il fascismo dei padroni con in testa la Fiat sta avanzando in molte aziende. Questo vuol dire attacco ai diritti, dallo sciopero alla libertà sindacale, supersfruttamento.
Dalle fabbriche di Marchionne a quelle della Marcegaglia i padroni stanno spingendo per affossare il contratto nazionale.
Nelle aziende della presidente della Confindustria sta passando un accordo, grazie alla complicità di CISL e UIL, quello sui neoassunti, che prevede l'assunzione di 250 nuovi lavoratori negli stabilimenti di Casalmaggiore (Cremona), Gazoldo degli Ippoliti (Mantova) e Ravenna, con contratti di apprendistato per un massimo di 42 mesi, in deroga ai contratti integrativi firmati da azienda ed rsu. Per i nuovi assunti i salari saranno di circa 1000 euro, dopo i 42 mesi di apprendistato saranno assunti e matureranno l'intero salario soltanto del 15% per ogni anno per i primi 5 anni, mentre il sesto anno del 25%.
Durante questo contratto, l'azienda non è obbligata a versare i contributi, riconosce esclusivamente le maggiorazioni di salario per il lavoro notturno e straordinario, non pagherà i premi di risultato e di produzione per un valore di circa 400 euro al mese e in più può inquadrare gli operai con due livelli inferiori rispetto alla loro qualifica.
A parole solo la FIOM ha dichiarato di opporsi ma nei fatti lo scorso 7 marzo ha già firmato nelle aziende di Casalmaggiore (CR), Lomagna (Lecco).

Questo accordo non deve passare!
Le rsu firmatarie non hanno alcuna legittimità, i confederali sono complici di un sistema a comando padronale, neocorporativo, fascista, che è necessario fare saltare con la lotta e l'autorganizzazione.
Gli operai coscienti devono organizzarsi nel COBAS!
C'è bisogno di un coordinamento degli operai di tutto il gruppo per rafforzare e opporsi all'accordo sui nuovi schiavi per il profitto padronale!


Slai Cobas per il sindacato di classe- Ravenna
cobasravenna@libero.it
tel. 339/8911853

giovedì 17 marzo 2011

pc quotidiano 17 marzo - non celebrare l'attuale stato borghese nell'unità d'italia- contestare governo leghisti e falsa opposizione

in un paese imperialista ogni celebrazione nazionalista è sostegno all'imperialismo
nell'Italia imperialista di oggi ogni celebrazione dello stato borghese è sostegno allo stato borghese
nessuna unita nazionale ..lotta di classe nel nostro paese in un quadro internazionale e internazionalista
nessuna celebrazione con governo - leghisti e falsa opposizione va sostenuta per
nessuna ragione
contestare tutto questo è giusto e necessario


scrivere e far conoscere l'altra storia , la storia di parte dell'unità d'italia è importante.. ma non necessariamente oggi
dove deve prevalere la lotta di classe- il disfattismo - la contestazione


proletari comunisti
17 marzo 2011


notizie di oggi
Berlusconi contestato: "Dimettiti"
Fischi anche per il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.

. 10:54Fischiato La Russa 23 –All'uscita dal museo in porta san Pancrazio dura contestazione contro il ministro della difesa, Ignazio La Russa. La russa è stato accolto dai fischi delle persone che sostavano dinanzi all'uscita del nuovo museo e fortemente contestato con la richiesta di dimettersi.

10:18Berlusconi contestato: "Dimettiti" 13 –"Dimettiti, dimettiti": questo il coro che un centinaio di persone, assiepato dietro le transenne, ha riservato a Berlusconi, appena arrivato al museo della repubblica romana, al gianicolo. 10:13Berlusconi:

il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, commenta: "E' meglio parlar di noi che siamo patrioti".

6 –Al Pantheon il Capo dello Stato è stato accolto da molti applausi e grida di "viva l'Italia". Alla cerimonia hanno preso parte anche i membri della famiglia Savoia: Vittorio Emanuele con la moglie Marina Ricolfi Doria e il figlio Emanuele Filiberto con la moglie Clotilde Coureau.

pc quotidiano 17 marzo - niente da festeggiare

Niente da festeggiare, tanto per cui lottare



Il 17 marzo siamo sollecitati a celebrare (con i nostri soldi, visto che ci tolgono una giornata di ferie) i 150 anni dell’unità d’Italia.

Per noi si tratta di una festa di regime in cui si chiamano i sudditi a celebrare i fasti dello stato unitario e delle sue istituzioni facendo ricorso a rigurgiti patriottici che servono a mascherare la natura di classe, dal loro sorgere, di queste istituzioni.

Il nascente stato unitario infatti servì alla borghesia e alle altre classi possidenti per creare un ambito di mercato che consentisse di fare meglio i propri affari ma soprattutto di poter meglio sfruttare il proletariato già esistente e quello prodotto dall’espulsione dalle campagne, proprio in virtù dell’affermazione delle nuove relazioni sociali che il nuovo stato era chiamato a tutelare e promuovere. Da subito lo stato italiano fu sotto il controllo monopolistico della borghesia e le sue istituzioni furono forgiate per rafforzare e proteggere il suo dominio contro le inevitabili ribellioni, individuali e collettive che lo sfruttamento e la crescente miseria sociale provocavano.

Insieme al più generale sfruttamento esercitato nei confronti dei proletari e delle classi popolari dell’intero territorio italiano, la realizzazione dello stato unitario comportò una politica di rapina e di saccheggio nei confronti delle popolazioni delle regioni meridionali, esercitato con la complicità delle locali classi dirigenti, al fine di promuovere un rapido processo di accumulazione di capitale favorendone la concentrazione in alcune aree del nord. Una politica che provocò una vera e propria guerra di sterminio nei confronti di coloro che si ribellavano contro la privazione delle poche garanzie e diritti che in precedenza almeno gli consentivano di sopravvivere. In tal modo le regioni meridionali furono trasformate in una sorta di colonia interna da cui attingere risorse umane e materiali, producendo devastazione di territori, miseria indicibile ed emigrazione di massa.

Questo stesso stato unitario aveva appena emesso i suoi primi vagiti che subito si è proiettato sullo scenario internazionale con una politica di guerre coloniali e di occupazione di territori di altre nazioni operando dei veri e propri genocidi ed un’oppressione che ne hanno macchiato per sempre la sua natura.



Il carattere classista dello stato italiano non è mai venuto meno nel corso di questi 150 anni nonostante i cambiamenti di regime succedutesi. Esso si è solo perfezionato per meglio svolgere il compito cui era preposto. Dovendo prendere atto dell’impossibilità di sopprimere lo scontro di classe, la borghesia ha modificato via via le sue istituzioni, sia introducendo il suffragio universale, sia tollerando l’esistenza delle organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori. Il rafforzamento del suo potere economico infatti le consentiva agevolmente di tenere sotto controllo questi istituti. Ma quando hanno visto messo in pericolo il proprio potere le classi dominanti non hanno esitato a ricorrere agli strumenti della dittatura esplicita come è avvenuto durante il ventennio fascista.

Né il periodo post-bellico ha modificato la sostanza di questo stato e delle sue istituzioni. La stessa costituzione alla quale dovremmo tutti prostrarci in venerazione, ha rappresentato in realtà il miglior involucro attraverso cui continuare a mantenere il proprio dominio nelle mutate condizioni politiche e sociali. Le poche concessioni e garanzie a tutela dei lavoratori e dell’agibilità politica in essa contenute non scalfivano il sistema di sfruttamento del lavoro salariato su cui si regge il potere delle classi dominanti ed erano il frutto conquistato sul campo dalla partecipazione alla resistenza contro il fascismo.

Dopo il ciclo di lotte degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso che aveva consentito di allargare i diritti e le conquiste materiali dei proletari oggi, i padroni ed i loro rappresentati politici, stanno riprendendosi tutto quello che avevano dovuto cedere non esitando a modificare in peggio quella stessa costituzione per riaffermare in maniera ancora più brutale la propria supremazia ed i propri privilegi di classe.

Cosa avrebbero da festeggiare e da celebrare quindi i proletari? Una unità politica ed uno stato unitario che si sono dimostrati essere il migliore strumento nelle mani della classe dei capitalisti per poterli sfruttare?



Dietro la retorica degli interessi comuni del paese, del bene della nazione continua a nascondersi una realtà costituita da classi sociali con interessi contrapposti e tra di loro divergenti, in cui una parte si appropria privatisticamente della ricchezza sociale prodotta dall’altra, e dove quella stessa ricchezza viene prodotta con una organizzazione del lavoro basata sullo sfruttamento e l’alienazione.

Mentre siamo invitati a sostenere gli interessi nazionali per il bene di tutti, i padroni ed i loro capitali si spostano liberamente per l’intero pianeta andando ad investire lì dove le condizioni sono più favorevoli alla realizzazione di maggiori profitti, senza preoccuparsi se i lavoratori finiscono disoccupati e senza un reddito per sopravvivere decentemente. Oppure utilizzano come arma di ricatto la minaccia di delocalizzare la produzione per imporre condizioni di vita e di lavoro sempre più intollerabili. Eppure, mentre loro muovono liberamente i loro capitali in giro per il mondo poi pretendono che ciò non debba valere per i proletari di altri paesi che, in cerca di una prospettiva migliore, si spostano dai loro paesi di origine in Italia.

Contro questi ultimi viene esercitata una odiosa politica di criminalizzazione, di razzismo di stato che ha il solo scopo di tenerli in una posizione di estrema ricattabilità per imporre loro di accettare condizioni di vita e di lavoro intollerabili, ma anche per utilizzare la loro debolezza come strumento di pressione nei confronti dei lavoratori italiani.



Per noi, quindi, il 17 marzo non è una data da celebrare, ma un’occasione per denunciare la natura classista dello stato unitario. Non abbiamo patrie da rivendicare o da esaltare, meno che mai se questa patria è fondata sulle disuguaglianze sociali e sullo sfruttamento al suo interno, se questa patria viene contrapposta a quella di altri proletari, nei confronti dei quali siamo chiamati a contrapporci per fargli concorrenza consentendo ai padroni di sfruttarci ancora più intensamente.

Quelle istituzioni che siamo chiamati a difendere sono le stesse che contribuiscono a mantenere il meridione del paese in una condizione di subalternità; non come retaggio di un’arretratezza ancora da superare, ma come risultato continuamente riprodotto ed alimentato per difendere gli interessi del grande capitale.

Esaurito il modello fordista di unità nazionale, in cui al sud veniva riservato soprattutto il ruolo di serbatoio dell’esercito industriale di riserva, il destino assegnato ai territori meridionali, senza che scompaiano i fenomeni migratori, sembra legato prevalentemente alle dinamiche di aggressione al territorio, di discariche per i rifiuti tossici e nucleari, privatizzazioni selvagge, enclaves di lavoro iper-precario e un processo crescente di marginalizzazione sociale accompagnata da una repressione altrettanto feroce. Con la riproduzione-moltiplicazione di modelli emergenziali e leggi speciali nei confronti dei movimenti e dei territori, poi puntualmente esportati nel resto del territorio nazionale.



Il federalismo, che tutti i partiti istituzionali dicono di voler realizzare, non rappresenterà un miglioramento per il Sud, poiché questo, lungi dal far venir meno il peso asfissiante di questo Stato, porterà solo a scaricare ulteriori costi sulle istituzioni locali ed ad un aumento della tassazione senza portare veri benefici a nessun proletario tanto del Nord quanto del Sud. Poiché le ulteriori risorse che si intende spostare verso le regioni del Nord, da una parte provocheranno una ulteriore marginalizzazione del Sud, ma dall’altra serviranno ad arricchire le classi dirigenti del Nord, amplificando nel contempo la contrapposizione tra proletari delle diverse aree del paese consentendo ai padroni di continuare a sfruttarli meglio tutti.



La bandiera che siamo chiamati ad onorare è stata utilizzata mille volte per giustificare dei soprusi, quando è stata portata in prima fila dalle truppe di occupazione coloniale seminando morte, distruzione sfruttamento e rapina. Ed ancora oggi quando dietro le insegne delle missioni umanitarie si continua a proseguire la politica delle aggressioni militari contro interi popoli, come nel caso della ex Jugoslavia e dell’Iraq o dell’Afghanistan.

Tanto più sentiamo di doverci dissociare dalla celebrazione del tricolore oggi che si ritorna a parlare di nuova missione umanitaria nei confronti della Libia, dove l’Italia si è già macchiata di crimini inauditi, ed il cui significato, nemmeno tanto velato, è solo quello di difendere gli investimenti attuali e futuri che i nostri capitalisti intendono proteggere.



Non vogliamo essere associati con l’immagine di un paese imperialista che già quotidianamente sfrutta ed opprime popolazioni di altre nazioni, attraverso l’utilizzo della finanza, l’investimento in loco di capitali e la diplomazia e che non esita a ricorrere all’aggressione militare per difendere i propri interessi travestendoli da missioni di pace. Viceversa ci sentiamo fratelli di quelle masse che stanno scendendo in piazza in questi giorni nei paesi del vicino e medio oriente, per protestare contro le proprie classi dirigenti ma anche contro una divisione del mondo in cui ad essi viene riservato il ruolo supersfruttati e di affamati.

Non è dall’unità interclassista con chi ci sfrutta e ci reprime quotidianamente che può venire un cambiamento radicale delle nostre condizioni di vita, ma dall’alleanza sempre più stretta con chi, in qualsiasi paese, subisce la stessa oppressione determinata da un sistema sociale basato sul profitto.



La data che vogliamo ricordare è invece quella del 17 marzo 2001, quando trentamila persone nella città di Napoli si rivoltarono contro i potenti del mondo e la globalizzazione capitalistica, e dove questo Stato ancora una volta sperimentò nuove forme di autoritarismo poliziesco e giudiziario, subito esportate ad alcuni mesi di distanza a Genova quando provocò la morte di Carlo Giuliani ed il massacro della scuola Diaz.

La repressione ora come allora non ha fermato la nostra determinazione ed il nostro antagonismo contro questo stato. Restiamo convinti che esso rappresenta solo una controparte per i movimenti di lotta e per quei soggetti che aspirano ad una trasformazione radicale degli attuali rapporti sociali. Non pensiamo che la radicalità delle lotte possa essere rappresentata fattivamente all’interno delle sue istituzioni che, quando anche consentono l’elezione di qualche rappresentante delle lotte, lo fanno solo per cooptarlo ed addomesticarlo ai danni dei movimenti stessi, come dimostra l’esito di tutti i tentativi compiuti fino ad ora con le migliori intenzioni.

Per tale motivo non intendiamo delegare a nessuno la rappresentanza dei nostri interessi: non abbiamo partiti o personaggi da sponsorizzare alle elezioni, ma contiamo solo sull’autorganizzazione ed il protagonismo di chi si mobilita contro le conseguenze dell’oppressione capitalistica, in quegli organismi prodotti dalla lotta stessa e dalla crescente unità tra gli sfruttati siano essi del Nord o del Sud del mondo.



Rete anticapitalista campana

pc quotidiano 17 marzo - ricordando DAX

A Napoli come in altre città italiane, otto anni dopo la notte del suo omicidio, si ricorda con una settimana di iniziative Davide “Dax” Cesare.

Dax era un militante del Centro Sociale O.R.So (“Officina di Resistenza Sociale”) di Milano e fu aggredito e ucciso tra il 16 ed il 17 marzo 2003 da un gruppo di neofascisti armati di coltelli, mentre era con alcuni compagni fuori ad un bar del quartiere ticinese.

Come tante altre brutte storie che riguardano aggressioni fasciste e immediati successivi “incontri” con le forze dell’ordine, anche la tragedia di Dax si accompagna a situazioni inquietanti e vergognose: i soccorsi arrivano in ritardo, al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo, i compagni presenti – dopo aver appreso la notizia della morte ed mentre assistevano gli altri, rimasti feriti nell’agguato – vengono brutalmente picchiati dalle forze dell’ordine.

Tutto viene liquidato dalla cronaca mainstream, connivente con le forze dell’ordine e con l’aggressione stessa, come una “rissa tra balordi”, offrendo la giustificazione morale ai pestaggi nell’ospedale, come reazione inevitabile alle intemperanze dei compagni di Dax, che per giunta “avevano richiesta di trafugare” dall’ospedale la salma.

La vicenda è ancora aperta. E non solo dal punto di vista processuale, dato che testimonianze dei presenti e di parte dello stesso personale medico hanno smentito questa versione dei fatti, mentre lo stesso processo agli aggressori fatica a individuarne le responsabilità.

La vicenda è ancora aperta, nella memoria e nella rabbia.

Le nostre città resistono ai tentativi di gruppetti di (neo)fascisti di farsi spazio nelle scuole, nelle università e nelle nostre strade.

Otto anni dopo, non dimenticare Dax, significa anche non dimenticare Carlo, Federico, Stefano e tutt* gli altr* che vengono uccisi in un paese dove si muore per i coltelli e le botte di fascisti e razzisti e si muore per la brutalità dello Stato in strada, in caserma e in carcere, dove le istituzioni repressive uccidono ed umiliano, coperte da menzogne e depistaggi

pc quotidiano 17 marzo - ancora carceri assassine a parma

Carceri: detenuto suicida a Parma

Orizzonti: e' il 12/o caso in Italia da gennaio

(ANSA) - PARMA, 16 MAR - Un detenuto albanese di 25 anni si e' ucciso il 12 marzo scorso nel carcere di Parma, impiccandosi nel magazzino del penitenziario, dove lavorava. La notizia e' stata diffusa da Orizzonti, il periodico della casa di reclusione di Padova, secondo il quale e' il 12/o caso di suicidio in Italia dall'inizio dell'anno.

pc quotidiano 17 marzo - Roma contro lo stato che stupra

Lo Stato stupra: Chi sarà il prossimo?

L’incontro trasversale del 15 Marzo fra compagni,compagne e soggetti critici di diverse aree, è stato il trampolino di lancio per una campagna di mobilitazione collettiva contro gli abusi perpetrati dalle Forze dell’Ordine nelle nostre strade, nei nostri quartieri, ai danni delle nostre donne e dei nostri figli. In seguito al deplorevole attaccio avvenuto il 23 Febbraio all’interno della Caserma dei Carabinieri del Quadraro, a Roma, in cui alcuni carabinieri hanno stuprato una giovane donna, CHIEDIAMO PUBBLICAMENTE I NOMI DEGLI AGENTI CHE HANNO COMMESSO IL REATO ED IL LORO IMMEDIATO LICENZIAMENTO. PRETENDIAMO CHE VENGANO PROCESSATI E CONDANNATI COME SUCCEDE AI SEMPLICI CITTADINI. INOLTRE, CHIEDIAMO AL SINDACO DI ROMA ED AI VERTICI DELLE FORZE DELL’ORDINE DI PRENDERE PUBBLICAMENTE LE DISTANZE DA TALI AVVENIMENTI PER RISPETTO DELLA DIGNITA’ UMANA. CHI HA SBAGLIATO DEVE PAGARE!
Questo nostro appello, per l’appunto, nasce dalla volontà di “accendere i riflettori” dentro le Caserme e le Questure del nostro Paese dove spesso vengono commessi abusi ed ingiustizie. Vogliamo che finisca definitivamente l’impunità che copre le Forze dell’Ordine e che non avvengano mai piu’ quegli insabbiamenti giudiziari che non fanno altro che tutelare dei veri e propri criminali solo perché indossano una divisa. Saremo sempre dalla parte del Popolo, dei diseredati, delle classi marginali di una società sempre piu’ ipocrita e repressa, in cui, con la scusa dell’Ordine Pubblico e della Sicurezza, i lacchè dello Stato compiono quotidianamente violenze fisiche e corporali che ci portano indietro con la mente, al ventennio fascista.
Solo denunciando pubblicamente questi assurdi avvenimenti ed usando la strategia della controinformazione, possiamo sperare che certe ingiustizie non avvengano piu’. Facciamogli sentire il fiato sul collo,liberiamo le nostre città:
FACCIAMO FRONTE COMUNE CONTRO LA REPRESSIONE!

AD UN MESE ESATTO DALLO STUPRO
MERCOLEDI 23 MARZO ORE 19
METRO “A” PORTA FURBA (QUADRARO)
FIACCOLATA CONTRO GLI ABUSI:
LO STATO STUPRA,
CHI SARA’ IL PROSSIMO?

Assemblea Contro la Repressione Roma 15 Marzo 2011

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pc quotidiano 17 marzo - il nucleare del capitale.. vengono fuori le responsabilità dei padroni e del governo giapponese

Nel dicembre 2008 un funzionario dell'agenzia internazionale atomica disse ai giapponesi che le norme di sicurezza delle sue centrali erano superate e che un violento sisma avrebbe posto "problemi seri" agli impianti.

Un altro cable americano rivelato da Wikileaks cita la preoccupazione e i dubbi di un esperto: le procedure per proteggere le centrali dai terremoti - diceva - sono state aggiornate solo tre volte negli ultimi 35 anni.

Già nel luglio 2007 un sisma di magnitudo 6,8 danneggiò l'impianto di Kashiwazaki-Karuwa, il più grande del mondo con i suoi sette reattori: il primo giorno la Tepco minimizzò i danni per poi ammettere 24 ore dopo che i progettisti non avevano preso in considerazione l'eventualità di un terremoto così devastante.

D'altra parte, scrive oggi dal Telegraph citando altri calbles di Wikileaks, le autorità giapponese si opposero con successo, nel 2009, alla sentenza emessa da una corte per chiudere una centrale, perchè ritenuta insicura in caso di sisma.
"L'Agenzia giapponese per la sicurezza nucleare e industriale ritiene che il reattore sia sicuro e che tutti i test di sicurezza siano stati condotti in modo appropriato", riferirono i diplomatici Usa.

mercoledì 16 marzo 2011

pc quotidiano 16 marzo - GIAPPONE, LA CATASTROFE NUCLEARE E' FRUTTO DEL CAPITALE

La catastrofe nucleare in Giappone che è appena agli inizi nei suoi effetti disastrosi per la vita di decine, forse centinaia di migliaia persone, mostra la irrisolvibile incompatibilità del sistema capitalista con la sicurezza e la vita delle masse. Ora molti esperti parlano di interventi per rendere le centrali sicure anche in presenza di un fortissimo terremoto, ma stanno consapevolmente o inconsapevolmente bluffando.
Il fatto è che stiamo parlando del Giappone, che questo disastro non è avvenuto in un paese come India, Cina, ma in uno dei paesi in cui il sistema capitalista ha già raggiunto il massimo del suo sviluppo, producendo livelli tecnologici tra i più avanzati nel mondo, sia per evitare gli effetti di un terremoto, sia per la sicurezza delle centrali nucleari.
Questo vuol dire che non è un problema di migliorare le tecniche di sicurezza ma di ribellarsi ad un sistema capitalista che anche nel suo livello più avanzato produce effetti da terzo Mondo, perché proprio quanto sta accadendo in Giappone, ma come prima negli Usa con il disastro della marea nera, mostra in maniera più lampante che il capitalismo più spinto ha sempre più come altra faccia della medaglia un precipizio per le popolazioni a condizioni di vita da medioevo.

E’ la legge stessa del sistema capitalista che rende impossibile la sicurezza. Le centrali nucleari si fanno in questo sistema con una logica che nulla a che fare con il miglioramento della vita della gente (“I 442 reattori elettronucleari, in funzione nel mondo… complessivamente generano appena il 6% della produzione mondiale di energia primaria e circa il 15% di quella di elettricità” - da un articolo di Manlio Dinucci su Il Manifesto di oggi), ma con la logica del taglio dei costi energetici, del profitto di grandi lobby.
Scrive sempre Manlio Dinucci “… le società private che gestiscono le centrali chiedono ai governi l’autorizzazione a prolungarne l’attività. Ciò comporta però più alte spese di manutenzione e maggiori rischi di guasti e incidenti: il reattore n. 1 di Fukushima, esploso sabato, aveva raggiunto i 40 anni di attività. Entro il 2020, oltre 150 reattori elettronucleari avranno raggiunto o superato questo limite. Entro il 2030, se ne aggiungeranno oltre 200…”.
Quanti altri disastri nucleari deve aspettarsi l’umanità?

Ma il governo italiano, con la corte di “esperti” venduti al miglior offerente (come l’ultimo arrivato Veronesi), per bocca di Romani, ministro dello sviluppo economico, ridimensionando ad evento eccezionale quello avvenuto in Giappone “evento improponibile in Italia e in Europa”, dichiara senza ombra di dubbio “Per l’Italia è inimmaginabile tornare indietro”.

Lottare contro il “mostro” del nucleare deve voler dire, quindi, lottare contro il più grande ed effettivo “mostro” che lo produce e produce i disastri, il capitalismo, i suoi Stati, i suoi governi.

pc quotidiano 16 marzo - si estende in tanti paesi e in tante lingue la campagna di sostegno alla guerra popolare in india

dai compagni austriaci la traduzione dell'appello in tedesco

STÄRKEN WIR DEN VOLKSKRIEG IN INDIEN!
2 – 9 April 2011 – INTERNATIONALE UNTERSTÜTZUNGSWOCHE.

Der Volkskrieg in Indien wird mit jedem Tag intensiver. Geführt von der Kommunistischen Partei Indiens (Maoistisch) [KPI(M)], bezieht er Millionen von armen Bauern, Frauen, die Massen der Unberührbaren, etc. ein, und hat weiter die Kontrolle über zehn Bundesstaaten Indiens.

Es handelt sich um einen Volkskrieg gegen Armut und feudal-kapitalistische Ausbeutung, gegen die Widersprüche, die in vielen Regionen durch die rasante Entwicklung der Plünderung natürlicher Ressourcen hervorgerufen werden, gegen Kastenunterdrückung und die vom indischen Kapital durch seine Verbundenheit mit dem Imperialismus hervorgerufene Ausbeutung.

Mit der Hilfe und Unterstützung der Imperialisten, vor allem der amerikanischen, versuchen die reaktionären herrschenden Klassen Indiens die revolutionäre Bewegung zu schwächen , wobei sie Grausamkeiten von beispielloser Barbarei begehen.
Die indische Regierung, bezeichnet in Übereinstimmung mit den Imperialisten den Volkskrieg als größte Bedrohung für die Innere Sicherheit. Mit dem Großeinsatz schwer bewaffneter Truppen, Polizei- und Paramilitärkräften, führt sie dagegen eine Offensive unter dem Namen „Green Hunt“, bei der sie durch Überfälle, Zerstörungen, Vergewaltigungen und Massenmorde, Inhaftierungen und Entführungen, Ermordung der AnführerInnen der Bewegung, so wie bei Genossen Azad, einem Anführer der KPI(M), alles unternimmt, um Terror und Genozid unter den Völkern Indiens zu verbreiten. All das in dem Irrglauben, den Kampf des Volkes um Befreiung in Blut ertränken zu können.

Doch die indischen Volksmassen vereinigen sich im Volkskrieg und geben den Kämpfen und Großprotesten gegen steigende Preise, Korruption und Staatsterrorismus einen neuen Auftrieb. Die imperialistischen Regierungen der Vereinigten Staaten, Europas und Russlands, sowie deren Massenmedien, unterstützen die kriminellen Aktionen der indischen Regierung; doch auch in diesen Ländern werden Prostest und Solidarität stärker.

Die indischen Massen, geführt von der Kommunistischen Partei Indiens (Maoistisch), schreiben durch ihren Klassenkampf in der gegenwärtigen Welt durchaus Geschichte. Die Entwicklung des Volkskriegs in Indien zeigt, dass die Revolution heute die Haupttendenz in der Welt ist, und dass der Maoismus die Rolle der Leitung und Führung der neuen Welle der Weltrevolution gegen den in der Krise steckenden Imperialismus spielt.

Das Proletariat der ganzen Welt versteht, dass mit den Fortschritten im indischen Volkskrieg dieser nicht nur die Machtfrage im südasiatischen Raum stellt, sondern dass sich das auch auf das imperialistische Weltsystem auswirkt.

Das Internationale Komitee zur Unterstützung des Volkskriegs in Indien, startet eine große internationale Kampagne, die in sämtlichen Formen geführt werden, und in so vielen Ländern wie möglich, während einer internationalen Aktionswoche von 2. Bis 9. April 2011, stattfinden soll. Diese Kampagne ist ein Ausdruck des proletarischen Internationalismus und der Fortschritte in der Einheit des internationalen Proletariats, der RevolutionärInnen, der demokratischen Kräfte sowie der unterdrückten Nationen und Völker der ganzen Welt.


INTERNATIONALES KOMITEE ZUR UNTERSTÜTZUNG DES VOLKSKRIEGS IN INDIEN

csgpindia@gmail.com

pc quotidiano 16 marzo - nuove operazioni genocide del governo indiano contro la guerra popolare in India.



El gobierno indio sigue su marcha brutal con nuevas operaciones genocidas contra el PCI (Maoísta) y las comunidades indígenas que lo apoyan. Estas son parte de un más amplio plan del gobierno conocido como Operación Green Hunt (Operación Cacería Verde) .

Las nuevas operaciones en Orissa se producen con la excusa de intentar liberar a un funcionario del Gobierno que mantienen arrestado los maoístas. Han desplegado grandes contingentes de tropas policiales y paramilitares para una operación conjunta de peinado de la zona.

pc quotidiano 16 marzo - Taranto Stefàno.. un Sindaco di falsa sinistra ma di vera destra

comunicato dello slai cobas per il sindacato di classe - Taranto

Esprimiamo solidarietà, non come si potrebbe pensare con i vigili aggrediti, ma con la donna arrestata ieri e con le donne in lotta per la casa

Quanto accaduto è la conseguenza inevitabile dell'atteggiamento sempre arrogante, provocatorio, offensivo dei vigili che fanno servizio al Comune di Taranto che esasperano le persone, quelle più bisognose, che vanno a Palazzo di città per chiedere risposte ai loro più elementari diritti, casa, in questo caso, altre volte lavoro. Anche ieri un gruppo di donne era andato a Palazzo di città per avere chiarimenti circa le assegnazioni delle case popolari, i criteri delle graduatorie. Ma, come più volte sta accadendo negli ultimi tempi invece che comprensione e risposte si sono trovate davanti un atteggiamento di vigili e vigilesse da "sceriffi".
La realtà è che i vigili a Taranto abusano della loro "autorità", creando essi un clima di tensione acceso. Alcuni vigili, in particolare, come pare la vigilesse aggredita, sono noti per il loro atteggiamento provocatorio.
Questo lo diciamo non per partito preso ma perché lo abbiamo sperimentato più volte sulla nostra pelle anche nei giorni scorsi: disoccupati organizzati che chiedono lavoro e che il Comune si assuma le sue responsabilità sull'emergenza lavoro/raccolta differenziata, si sono trovati ad essere cacciati in malo modo da vigili che con atteggiamento arrogante sono arrivati a dire che il Comune era "casa loro"; disoccupati, lavoratori, responsabili dello slai cobas per il sindacato di classe che vengono offesi e provocati con vigili che li fotografavano durante normali presidi autorizzati, fino al fatto che la coordinatrice dello slai cobas e due disoccupati il 4 aprile sono processati su denuncia di un vigile a cui era stato detto solo di mettere fine all'atteggiamento provocatorio verso i disoccupati in lotta. I vigili poi nel maggio dello scorso hanno sgomberato violentemente la "Tenda per i Lavoro" che non dava fastidio a nessuno ed era un punto di riferimento, di unità e speranza per tutti i senza lavoro.

Purtroppo dobbiamo dire che il Sindaco di "sinistra" Stefano sta sempre più assumendo lo stesso atteggiamento dell'ex sindaco fascista Cito: con un Comune illegalmente sbarrato (non accade in nessuna città o paese che il portone di un Comune sia chiuso permanentemente come a Taranto) e di fatto considerato proprietà
privata; con vigili usati a soli fini repressivi (e per fare in questo modo "cassa") anche verso ambulanti (anche l'8 marzo hanno fatto mega multe a ragazzi, donne disoccupate che cercavano di recuperare un po' di soldi con la vendita delle mimose), automobilisti, ecc.; o vigili sguinzagliati a strappare manifesti e multare; o un uso spropositato dei vigili durante normali incontri sindacali al solo scopo di intimidire. Lì dove dovrebbero fare ben altro.
Stefano, come Cito, sta unendo una politica repressiva verso coloro che reclamano diritti, a una politica di spicciolo assistenzialismo verso singole persone, oggettivamente clientelare. Entrambe comunque assolutamente controproducenti a risolvere i problemi reali della gente.
Anche ora, quale risposta annuncia il Comune a fronte delle necessità e esasperazione della gente? Solo e soltanto più vigili.

Questo è la causa di fondo degli episodi come quello avvenuto il 15 marzo.
E' questo atteggiamento arrogante e provocatorio dei vigili che deve finire.
Il 4 aprile giorno del processo, lo Slai cobas presenteremo noi un esposto alla Procura contro i Vigili e di denuncia dell'uso privato del Comune che fa il Sindaco Stefano.

Slai cobas per il sindacato di classe
cobasta@libero.it 347-5301704
16-3-2011

pc quotidiano 16 marzo - al processo per i licenziamenti alla fiat sata il 17 maggio parlano i tre operai.. a luglio le conclusioni

15/03/2011 MELFI - Riprenderà il 17 maggio, con la testimonianza dei tre operai licenziati, il procedimento sul ricorso presentato dai legali dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat contro il provvedimento del giudice del lavoro che ad agosto aveva reintegrato Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, accusati di aver ostacolato la produzione durante un corteo interno. Lo ha deciso il giudice, Amerigo Palma, a conclusione della quarta udienza che si è tenuta oggi presso il Tribunale di Melfi. Dopo aver ascoltato tre responsabili della Sata di Melfi – presentati dall’azienda come testimoni – il giudice, insieme ai legali della Fiat e della Fiom-Cgil, ha concordato un calendario dei lavori per il procedimento in corso, in modo tale da concludere «a luglio la fase istruttoria» ed emettere la sentenza «entro il prossimo mese di settembre». «Il 17 maggio – ha detto il segretario della Basilicata della Fiom-Cgil, Emanuele De Nicola – saranno ascoltate, nella quinta udienza, le testimonianze di Barozzino, Lamorte e Pignatelli. È stato fissato inoltre – ha aggiunto - un programma dei lavori: tra la fine di giugno ed i primi di luglio ci sarà una sesta udienza, e nel frattempo il magistrato farà un sopralluogo all’interno dello stabilimento, per verificare la dinamica dei fatti. La sentenza – ha concluso - sarà emessa a settembre». Mentre era in corso l’udienza, davanti al palazzo di giustizia di Melfi un centinaio di lavoratori ha preso parte ad un presidio organizzato dalla Fiom-Cgil, a sostegno dei tre operai.
Nel frattempo, nella giornata di ieri, l'azienda ha annunciato nuovi stop per adeguare la produzione alla domanda di mercato della Punto Evo. La produzione nello stabilimento di Melfi sarà sospesa l’11 e il 18 aprile e nel periodo dal 22 aprile all’1 maggio. L’azienda ha convocato la Rsu dello stabilimento di Melfi per comunicare la decisione di sospensione della produzione. Per i giorni in cui la fabbrica sarà ferma la Fiat chiederà la collocazione degli operai in cassa integrazione ordinaria.

pc quotidiano 16 marzo - Barhein libero.. fuori le truppe dell'arabia saudita 'scudo della penisola '


A pesar del estado de urgencia, miles de manifestantes se reunieron delante de la embajada saudí para denunciar la llegada de tropas de este país. "Bahréin libre, fuera las tropas del 'Escudo de la Península'", gritaba la multitud.

in spagnolo in via di traduzione comunque facilmente comprensibile


Dos personas han muerto y más de 200 han resultado heridas de diversa consideración en enfrentamientos entre manifestantes de la oposición y las fuerzas de seguridad bahreiníes, según ha informado una fuente médica.

Un manifestante y un policía murieron este martes, donde el rey proclamó el estado de urgencia a raíz de la protesta popular chií un día después de la llegada de tropas del Golfo, cuya presencia provocó una crisis diplomática con Irán.

Las tropas desplegadas pertenecen al "Escudo de la península", fuerza común de los países del Consejo de Cooperación del Golfo (CCG - Arabia Saudita, Bahréin, Emiratos Árabes Unidos, Omán, Qatar y Kuwait). Un manifestante murió durante enfrentamientos con las fuerzas de seguridad en el sector chiita de Sitra, al sur de Manama, según fuentes médicas y de los militantes.

Un policía también resultó muerto después de haber sido arrollado intencionalmente por un automovilista que formaba parte de los "revoltosos", anunció el ministerio del Interior. "Debido a las circunstancias por la que pasa Bahréin (...), el rey Hamad Ben Issa Al-Jalifa proclamó el estado de urgencia por un periodo de tres meses", indicó un comunicado oficial.

El rey encargó al comandante de las fuerzas armadas restablecer el orden recurriendo al ejército, las fuerzas de policía, las unidades de la guardia nacional y "toda otra fuerza, si ésto resultara necesario". Esta última mención parece referirse a las unidades saudíes y a los policías de los Emiratos Árabes Unidos desplegados en Bahréin.

En el plano diplomático, Bahréin anunció haber llamado a su embajador en Teherán para protestar contra las críticas iraníes sobre el despliegue de fuerzas del Golfo.

"Bahréin condena con fuerza la declaración iraní que es una injerencia flagrante en sus asuntos internos. La rechaza en su totalidad y ve en ella una amenaza para la seguridad de la región", declaró Hamas al Amer, subsecretario del Ministerio de Exteriores, a la agencia oficial BNA.

En Teherán, la cancillería iraní calificó la intervención de fuerzas extranjeras en Bahrein de "inaceptable" y estimó que "hará que la situación sea más complicada y más difícil" de resolver. Irán convocó al embajador saudí, al embajador suizo (representante de los intereses estadounidenses en Irán) y al encargado de negocios bahreiní.

Desde comienzos de la crisis a mediados de febrero, Irán, cuya población es como la de Bahréin mayoritariamente chií, pidió al Gobierno bahreiní que responda a las demandas de los manifestantes que desean sobre todo la instauración de una monarquía constitucional. Las protestas provocaron en sus comienzos siete muertos entre los manifestantes. El Gobierno ha hecho varios intentos de diálogo con la oposición que no han dado resultado.

pc quotidiano 15 marzo - la lotta dei disoccupati a Brindisi


Chiediamo lavoro, ci danno polizia!E’ questa la vostra democrazia!
Brindisi e la fame di lavoro. Manifestazione dei disoccupati organizzati e
dei COBAS
http://www.pugliantagonista.it/openarea/disoccupati_manifestazione.htm

15 marzo 2011 Brindisi , la fame di lavoro e il disagio sociale che esce in
piazza. Duecento tra disoccupati, lavoratori in mobilità , con le loro famiglie
hanno sfilato oggi per le vie dei quartieri di Brindisi e del centro
cittadino.
La rabbia , l’esasperazione erano sul viso di tutti e , con notizie poco
confortanti provenienti dal fronte dell’occupazione nelle industrie brindisine
, c’è il rischio che questa protesta sia solo l’assaggio delle grane sociali
che le amministrazioni locali e le forze politiche di governo e opposizione
dovranno affrontare se non vogliono , come diceva un cartello:-“Fare la fine
di Gheddafi” , intendendo lo spettro di una rivolta di piazza.

I cartelli parlavano chiaro: dall’eloquente , di sessantottina memoria,”-
chiediamo lavoro, ci danno polizia!”- , alludendo all’intervento della polizia
richiesto dall’amministrazione comunale per sgomberare i locali invasi dai
disoccupati, a quelli contro il Sindaco Mennitti, a quelli scritti in dialetto
brindisino che indicavano nei politici i veri delinquenti, contestando chi ,
nei media, continua a definire questi disoccupati come soggetti che in passato
hanno avuto storie con la Giustizia e quindi da emarginare.
I COBAS con caparbietà hanno organizzato quest’iniziativa facendola partire
sotto le sedi dei sindacati maggioritari a Brindisi, CGIL e CISL che a detta
dei disoccupati ben poco han fatto per aiutarli.
“-Non ci fermeremo qui”-, affermano i disoccupati “-e la volontà di portare in
piazza le nostre famiglie indica che per noi , il lavoro e un reddito minimo
sono una questione di vita o di morte, oggi a Brindisi!”-.
foto su http://www.pugliantagonista.it/openarea/disoccupati_manifestazione.
htm


Report a cura della redazione di Pugliantagonista.it
Brindisi 15 marzo2011

martedì 15 marzo 2011

pc quotidiano 15 marzo - nella regione di vendola..bloccate le strade davanti alla regione dai lavoratori della SMA PUGLIA

centinaia di lavoratori della Sma puglia , organizzati dallo slai cobas e
cobas lavoro
privato, hanno oggi bloccato per alcune ore il traffico davanti alla
regione puglia
mentre era in corso il consiglio regionale
a fine marzo scade l'appalto e i 293 lavoratori risultano licenziati e in
mobilità-
i lavoratori non accettano questa soluzione e richiedono la continuità
lavorativa a parità di condizioni
il blocco è stato tolto dopo un incontro con l'assessore gentile che ha
annunciato un tavolo conclusivo per il 22 marzo
i lavoratori domani saranno in assemblea in tutte le 12 basi della regione
lunedì presidieranno le IRIF delle 5 province
martedì nuova grande manifestazione a bari

info a cura dello slai cobas per il sindacato di classe puglia basilicato
347-1102638

pc quotidiano 15 marzo - gli operai di termini imerese bloccano l'autostrada.. finalmente ma per quali obiettivi ?

FIm, Fiom e Uilm hanno indetto otto ore di protesta per chiedere l'immediata apertura di un tavolo tecnico tra sindacati e ministero dello Sviluppo economico. "Per ora l'unica certezza che abbiamo è che l'azienda andrà via il 31 dicembre di quest'anno"
L'autostrada A 19 Palermo-Catania è stata bloccata stamattina da circa duecento operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese e dell' indotto. Hanno invaso la corsia in direzione Palermo e si sono mossi verso Termini Imerese.

La manifestazione avviene nel giorno in cui Fim, Fiom e Uilm hanno indetto otto ore di sciopero per chiedere l'immediata apertura di un tavolo tecnico tra sindacati e ministero dello Sviluppo economico sull'accordo di programma quadro per la riconversione del polo industriale di Termini Imerese, siglato a Roma il 16 febbraio scorso. "Non conosciamo ancora i dettagli dei piani industriali e d'investimento - dice il segretario provinciale della Fiom, Roberto Mastrosimone - e non ci sono garanzie occupazionali per i 2.200 lavoratori della Fiat e dell'indotto. Chiediamo un incontro immediato con il ministero - aggiunge - perché per ora l'unica certezza che abbiamo è che la Fiat andrà via il 31 dicembre di quest'anno".

la posizione di proletari comunisti - palermo

.
A pochi mesi dalla annunciata chiusura dello stabilimento Fiat (31 dicembre 2011) c'è solo il tanto strombazzato Accordo di programma. In questo accordo non c’è niente di concreto per gli operai, né perfino dei soldi “veri”. Dice infatti il presidente dell’Area Sviluppo Industriale, Albanese: “Il 2011 è agli sgoccioli, è urgente che vengano mantenute le promesse, che siano fatte le delibere della Regione, che vengano trasferiti i soldi. Per il rilancio di Termini c’è un accordo di programma aperto, c’è spazio per tante aziende, ma occorre allargare i confini dell’Asi e per questo serve una legge dell’ars e velocizzare i tempi delle autorizzazioni. Si deve fare tutto questo se vogliamo essere pronti per il 2013.”

Il 16 febbraio scorso è stato firmato il pomposo “ACCORDO DI PROGRAMMA tra il ministero dello sviluppo economico e la regione siciliana per la disciplina degli interventi di riqualificazione e reindustrializzazione del polo industriale di termini imerese” firmato inoltre dalla Provincia, dal Comune di Termini Imerese, dal Consorzio Asi, dall’Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a. e FIAT GROUP AUTOMOBILES s.p.a.

Le sette aziende scelte secondo questo accordo sono le seguenti:
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Proponente Settore di appartenenza Investimenti Occupati
(in milioni)
Cape Rev srl Automotive 183.705 1.032 (nel 2016!)
De Tomaso Automobili SpA Automotive 379.760 1.450
Fratelli Ciccolella SpA Agricolo/Energetico 202.000 340
Lima-Lto SpA Strumentazioni mediche 57.200 117
Medstudios SpA Produzioni televisive 6.258 220 (*)
Biogen Termini SpA Energetico 163.000 70
NewCoop S.Coop.p.A. Logistica 14.400 70

Totale 1.006.323 3299
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Si tratta quindi di circa un miliardo di investimenti divisi tra pubblici (450) e privati (550). Ma l’accordo prevede anche tanti altri contributi che alleggeriscono il conto dei privati, al punto 16 si dice, infatti, “Si applicano, altresì, le ulteriori misure di agevolazione regionale che si racchiudono nelle seguenti tipologie di intervento:
a) Credito di imposta per nuovi investimenti ai sensi della legge regionale 17/11/2009, n. 11;
b) Sgravi contributivi sul costo del lavoro ai sensi degli articoli 36 e segg. della legge regionale 6/8/2009 n. 9 ;
c) Contributo fisso per l’assunzione di nuovi lavoratori ai sensi degli articoli 52 e segg. della legge regionale 12/05/2010, n. 11;
d) Interventi formativi e di riqualificazione professionale idonei al fabbisogno di competenze necessarie ai nuovi investimenti produttivi nell’area oggetto del presente Accordo di Programma.”

Come si vede dallo schema le due maggiori aziende che dovrebbero impiegare operai sono quelle che sono impiegate nel settore automobilistico (automotive, lo chiamano) e tutte e due pongono problemi di credibilità, messe in rilievo da diverse parti, perché navigano in cattive acque finanziarie e dovrebbero produrre automobili che difficilmente troverebbero compratori, già allo stato attuale della concorrenza del settore, senza tener conto della crisi mondiale e all’interno di questa della nuova crisi del petrolio! La De Tomaso di Rossignolo dovrebbe produrre 25 mila mini suv e 10 mila city car entro il 2015, in concorrenza a quanto sembra con la stessa Fiat!
Con quali criteri di affidabilità, quindi, Invitalia abbia scelto le aziende, resta un mistero, visto che già anche il dirigente della Ciccolella, la terza azienda per numero di dipendenti occupati (340), è stato arrestato guarda caso, si dice, per un finanziamento pubblico di 15 milioni di euro utilizzato per fini diversi da quelli cui era destinato!
Sull’affidabilità perfino i sindacalisti, a cominciare dalla Cisl, gente che conosce bene gli “amici imprenditori” con cui vanno spesso ai convegni per mangiare insieme, “mettono in guardia”, facendo la voce grossa, che potrebbe trattarsi di manovre solo per arraffare soldi pubblici e poi andare via… e se lo dicono loro che di arraffare soldi pubblici sono maestri!
E che questo affare cominci a fare gola ad altri lo si vede dalle tante proposte che stanno arrivando nonostante siano “fuori tempo massimo” rispetto al bando di gara, come quella della DR Motor Company che il ministro ha detto di voler tenere in panchina (?) o Maggiora spa, antica azienda adesso nel ramo motoristico che vorrebbe produrre scooter elettrici, impiegando 200 dipendenti, e altre in attesa fino al gruppo Bertolino che vorrebbe impiantare uno stabilimento per la produzione di biocarburante ottenuto dalla lavorazione della canna comune, per estrarre alcol… come si vede, davanti ai soldi, che tutti vogliono subito, si perde la testa!
Ad ogni buon conto il ministro Romani ha pensato bene di prendersela comoda: il programma si dovrebbe attuare entro 36 mesi, tre anni di tempo in cui può succedere di tutto; gli operai, di cui già si prospetta l’uscita per almeno 800 saranno più che dimezzati, e dal 2012 comunque scatta la cassa integrazione speciale per la ristrutturazione, insomma non se ne parla prima del 2015!

Il futuro degli operai dello stabilimento Fiat, e dell’indotto, lo devono scrivere gli operai stessi per “mettere in sicurezza” non solo i posti di lavoro dello stabilimento di Termini ma anche per cercare di dare un segnale positivo in controtendenza rispetto alla valanga di chiusure di fabbriche che tutti ora chiamano “processo di deindustrializzazione della Sicilia”.
Le timide proposte di mobilitazione nate spontaneamente tra gli operai in questi giorni anche contro i dirigenti sindacali e fatte circolare su facebook si devono concretizzare per fare passi in avanti verso l'organizzazione della lotta, perché gli operai e le loro famiglie non si possono accontentare della soddisfazione, se così la vogliamo chiamare, di “vendicarsi” del cattivo Marchionne e della piovra Fiat solo sui carri allegorici del carnevale di Termini Imerese che hanno vinto i primi premi…

pc quotidiano 15 marzo - tenaris: contrattazione individuale e fascismo padronale

Cronache dalla ristrutturazione dalmine: come far uscire i padroni dalla crisi grazie ad accordi sindacali unitari che legano mani e piedi agli operai, peggiorano le condizioni di lavoro, portano alla contrattazione individuale e alla fine di quella sindacale collettiva.

Esempio di come si lavora alla dalmine - da ottobre a gennaio produzione di 1500 tubi alreparto fas (tubi per petrolio e gas) del diam 711, costo 50mila euro l’uno con straordinario al sabato e poi improvvisamente finite le consegne da fare urgenti, viene tolto il turno di notte e vengono spostati operai nei vari reparti e poi magari dopo agosto ancora cassa integrazione…

Il padrone decide di far lavorare le festività 17 marzo (al di la del suo significato discutibile è l’unica prevista per questo anno), ma i padroni non possono perdere nemmeno un giorno di produzione e quindi durante gli incontri sindacali per il rinnovo dell’accordo aziendale pone il problema con decisione, i sindacati rispondono, in un primo momento, dicendo quando l’azienda è disposta a dare, i sindacati dicono che è fuori tema ma la uilm propone di dare 1 euro ogni anno ossia moltiplicato per gli anni dall’unificazione fanno 150 euro.
L’azienda ribadisce che prima devono firmare un via libera per lavorare il 17 e poi vedremo cosa dare, a questo punto fiom e fim dicono di no e la uilm si allinea agli altri sindacati. A questo punto azienda salta i bassi paletti posti dal sindacato, che nel frattempo con un comunicato ha ribadito la festività e invitato gli operai di non accettare proposte di lavoro individuali ricordando (sic!) che è aperto un piano di esuberi e cigs, e prosegue nei vari reparti dove serve lavorare facendo firmare ai lavoratori la disponibilità a lavorare la festività con unatantum di 150 euro, mentre vuole rinviare la trattativa per il contratto integrativo, scaduto da 1 anno, di un altro anno e proprio per questo l’azienda è disposta a concedere una-tantum dello stesso valore…

quindi questo dimostra che i profitti non sono mai calati e i soldi ci sono e sarebbero molto di più se si ottenessero aumenti mensili uguali per tutti, ma per questo serve un sindacato di classe che dia una prospettiva agli operai, che spieghi la crisi e che tipo di lotta fare, non come fenomeno venuto dal cielo e accetti le giustificazioni padronali del tipo “non c’è lavoro”, quando invece si usa la crisi per peggiorare le condizioni di lavoro, per concentrare le commesse in pochi mesi e con la scusa delle commesse urgenti, delle consegne da rispettare se no ci sono le penali (vedi esempio iniziale del reparto fas), non accetti i diktat aziendali ma si imponga una programmazione a lungo termine del lavoro, per lavorare con turnazioni regolari e in condizioni di sicurezza sugli impianti. Basti pensare che alla dalmine dopo gravi incidenti bisogna raccogliere le firme tra i lavoratori per far muovere i delegati e far intervenire l’asl oppure bisogna fermarsi improvvisamente all’inizio del turno per veder garantita il riscaldamento negli spogliatoi durante il freddo invernale e trovarsi contro la contro informazione di azienda e fim e uilm che minacciano che queste iniziative fanno perdere 1/12 del premio di redditività aziendale (PRA) e vengono viste come piccole rivoluzioni dagli occhi degli stessi operai.

Il concretismo Operaio guarda i soldi a fine mese, “io ho figli da mantenere”, “voi siete matti a non accettare i soldi che ci vuole dare azienda per festività da lavorare, intanto le colate in più che gli servono le recuperano giorno per giorno…..” dicono ai cancelli e quindi si pensa che sia meglio l’uovo oggi che la gallina domani, così si accetta di lavorare in condizioni da moderni schiavi, dove aumentano i controlli su quante volte si va in bagno, i ritmi con macchine collegate a computer dove bisogna segnare i fermi dopo 1 minuto di mancanza di produzione, dove quando ci si fa male si va in malattia o peggio si resta al lavoro con una mano staccata con dentro i punti, così non si perde il “premio sicurezza” (PPS) di 140 euro,
accettano di contrattare individualmente (volontari al sabato straordinario oltre ai recuperi produttivi previsti dagli accordi sindacali), quando servirebbero assemblee generali per far ragionare gli operai e rispondere al baratro in cui ci sta portando il fascismo padronale anche in dalmine.

lunedì 14 marzo 2011

pc quotidiano 14 marzo - Le truppe dell'Arabia Saudita invadono il Bahrein

I rapporti dicono che la forza militare è schierata nel vicino del Golfo per proteggere le strutture governative, dopo settimane di disordini.

Ultima modifica: 14 Mar 2011 16:04 GMT

Dopo settimane di proteste contro i governanti della nazione per chiedere riforme

Centinaia di truppe saudite sono entrate nel Bahrain per aiutare a proteggere le strutture governative, secondo testimoni.

"Circa 1.000 soldati sauditi sono entrati nel Bahrain lunedì mattina presto attraverso la sopraelevata", riferisce l'agenzia di stampa Reuters, riferendosi ai 26 km di sopraelevata che collega l'isola al regno dell’Arabia Saudita.

"Fanno parte del Consiglio per la cooperazione del Golfo in vigore [GCC] che devono salvaguardare gli impianti del governo".

In Arabia Saudita, l'agenzia statale SPA ha trasmesso la dichiarazione del governo: "Il Consiglio dei Ministri ha confermato di aver risposto a una richiesta di sostegno da parte del Bahrain."

Abdel al-Mowada, il vice presidente del parlamento del Bahrain, ha detto ad Al Jazeera che non è chiaro come la forza saudita sarebbe stata schierata, ma ha negato che le truppe siano una provocazione per i manifestanti.

"Non è una mancanza di forze di sicurezza del Bahrain, è una dimostrazione di solidarietà tra i membri del GCC", ha detto ad Al Jazeera.

"Non so se saranno per le strade o a salvare determinati settori ... [ma i manifestanti] bloccando le strade non sono un bene per nessuno, dobbiamo parlare.

"Il governo è disposto a fare i cambiamenti necessari, ma quando la situazione è così, non si può parlare".

Sfacciata occupazione

Nabeel Rajab, del Centro per i diritti umani del Bahrain, ha detto ad Al Jazeera che le truppe saudite saranno combattute dai manifestanti.

"Questo è un problema interno e noi lo consideriamo come una occupazione", ha detto. "Questo mossa non è affatto accettabile. Si tratta di un regime repressivo sostenuto da un altro regime repressivo".

dalla stampa online