sabato 12 giugno 2010

pc quotidiano 12 giugno: UNITA' SI, MA NON UNITA' SENZA PRINCIPI! documento del collettivo autorganizzato accademia in lotta di palermo

Pubblichiamo questo testo del CAIL di Palermo, perchè affronta correttamente la questione dell'unità all'interno di una necessaria lotta di posizioni, al servizio di un reale movimento degli studenti.

"Recentemente a Palermo è nato un coordinamento interfacoltà con l'obiettivo di rilanciare il movimento studentesco. Fino ad oggi ci sono stati due incontri che riassumiamo in questo modo:
1° si è deciso di fare un documento comune del coordinamento, una calata di striscioni da ogni facoltà in maniera coordinata il 10/06 mattina per propagandare la seconda assemblea del coordinamento il 10/06 pomeriggio e una due giorni d'occupazione al rettorato di Palermo.
2° si è discusso su come organizzare la due giorni al rettorato e si è deciso di fare un'assemblea d'ateneo tra il 20-23 Giugno per partecipare allo sciopero della CGIL indetto per il 25.

Il collettivo autorganizzato accademia in lotta ha partecipato ad entrambi gli incontri traendo le seguenti conclusioni:
Avevamo deciso che prima di pubblicare il report dell'assemblea di coordinamento dovevamo almeno visionarlo tutti facendolo girare nella nostra mailing list per ulteriori modifiche e/o aggiunzioni, ma questo report ci è stato rigirato 4 giorni dopo che è stato pubblicato.
Come abbiamo già detto in assemblea,  visto l'importanza che ha un coordinamento di studenti per l'obiettivo che ci siamo posti, sicuramente dobbiamo acquisire un metodo di lavoro che al momento è inesistente.

Per quanto concerne la 2 giorni d'occupazione al rettorato, per rimandare l'approvazione del POF (piano offerta formativa), fin da subito il CAIL ha dato il suo appoggio anche se il POF per gli studenti dell'accademia non ha nulla a che fare col rettorato. Ciò nonostante sentirci dire in assemblea che gli studenti di lettere (CUA) si stanno facendo carico dei problemi dell'accademia ci lascia a bocca aperta!
Gli studenti dell'accademia non hanno bisogno che qualcuno si faccia carico dei loro problemi, gli studenti dell'accademia si autorganizzano e si fanno LORO stessi carico dei propri problemi!
Il CAIL nasce per questo!
Il CAIL non partecipa al coordinamento per cercare aiuto ma per coordinarsi con altri studenti di altre facoltà affinché la nostra lotta contro questo governo possa abbracciare più fronti.

Noi intendiamo un coordinamento interfacoltà più genuino possibile, sappiamo quanto sia importante per certe realtà "organizzate" provare a tutti i costi a prendere la testa del movimento studentesco, ma la mobilitazione no Gelmini 2008 ci ha insegnato che chi ha messo il cappello alla testa del movimento studentesco lo ha fatto arretrare fino al suo spegnimento. Quindi oggi noi studenti dobbiamo stare molto attenti su chi sono veramente i nostri alleati, perchè parlare di unità certamente è bello ma l'unità non si può costruire se alla base non ci sono principi!

Non possiamo dunque accettare che il coordinamento interfacoltà organizzi un'assemblea d'ateneo per partecipare allo sciopero indetto dalla CGIL...
Ci chiamano all'unità, la CGIL si permette ancora oggi di richiamare all'unità quando insieme a CISL e UIL firmano continuamente accordi con il governo contro i lavoratori e gli studenti;
CGIL asservita al governo e quindi complice dello spegnimento del movimento studentesco 2008;
CGIL che prende le distanze dalle lotte avanzate autonomamente dai lavoratori stanchi di aspettare i sindacati confederali (CGIL,CISL,UIL);
La stessa CGIL che illude i lavoratori, che li fa scendere in piazza per scioperi che non servono a niente se non a fare sfilate per far vedere che ci sono ancora (e pensate ai lavoratori che per scioperare perdono giornate di lavoro).
Gli studenti e i lavoratori devono prendere le distanze da questi e autorganizzarsi dal basso. I lavoratori devono costruire un loro sindacato, un sindacato di classe e distruggere i confederali che sono si sindacati, ma sindacati del governo e dei padroni.

Non siamo assolutamente contenti di un coordinamento che cerca di mettere studenti contro studenti:
il CAIL all'interno dell'accademia agisce CON gli studenti e PER gli studenti. Che senso ha cercare di manipolare alcuni studenti dell'accademia invitandoli ad attaccare il nostro collettivo (ancora restano misteriose le critiche perchè sono fondate sul nulla, sulla strumentalizzazione).

Non siamo ASSOLUTAMENTE d'accordo al concetto di autoriforma espresso in assemblea.
L'autoriforma è un concetto che non ha basi materiali, un concetto lanciato dall'area dei disobbedienti (riformisti), un concetto derivante da un'analisi sbagliata e al di fuori della realtà concreta che è stata la 1° causa che ha portato il movimento studentesco al collasso.

A seguito delle ultime discussioni dunque torniamo sui nostri passi, per la giornata del 14 gli studenti del CAIL preferiscono partecipare allo sciopero del pubblico impiego portando in piazza i nostri contenuti e stando fianco a fianco ai lavoratori che come noi si organizzano dal basso!

Per il bene degli studenti è necessario lottare contro posizioni d'analisi errate e strumentalizzazioni!

LOTTIAMO CONTRO QUESTO GOVERNO PER I NOSTRI DIRITTI E PER IL NOSTRO FUTURO!

CAIL - collettivo autorganizzato accademia in lotta


BLOG:pa.blogspot.com - Xinfo: cail.pa@libero.it"

pc quotidiano 12 giugno - comunicato Partito comunista delle Filippine

Information Bureau
Partito comunista delle Filippine
Arroyo e 9 anni di Oplan Bantay Laya: completo fallimento
11 Giugno 2010
"Il Partito Comunista delle Filippine (PCF) dichiara in modo inequivocabile che il movimento rivoluzionario e il Nuovo Esercito del Popolo (NEP) non solo hanno superato con successo gli sforzi controrivoluzionari del regime Arroyo, ma hanno ottenuto grandi progressi nel portare avanti la guerra popolare".
Il PCF ha rilasciato questa dichiarazione in relazione alla sfilata in programma oggi delle forze armate delle Filippine (FAF) per il congedo del suo comandante in capo, presidente Gloria Macapagal-Arroyo, che sostengono abbia fornito "una chiara direzione nella lotta contro la guerriglia comunista" e che "è stata in grado di fornire l’impostazione contro l’insurrezione che può essere portata avanti dalla prossima amministrazione”. Le Forze Armate Filippine reclamano che "diverse province sono state dichiarate libere dall’insurrezione."
"Gli alti funzionari delle FAF, compreso il suo comandante in capo Arroyo, non hanno nulla da festeggiare oggi. In tutti i nove anni di governo Arroyo e di messa in atto dei loro spietati Piani Operativi di Sicurezza Interna “Bantay Laya”, hanno completamente fallito nel loro obiettivo dichiarato di riduzione della resistenza armata rivoluzionaria all'insignificanza", ha dichiarato il CPP.
"Attraverso gli ultimi nove anni, il movimento rivoluzionario e le sue forze armate hanno assunto sempre maggiore forza, sequestrato migliaia di armi da fuoco alle FAF per armare un flusso costante di nuove reclute, esteso zone di operazione, costruito assiduamente la forza organizzata del popolo e avanzato nelle loro lotte contro lo sfruttamento feudale e semifeudale e l'oppressione fascista nelle zone rurali. Essi mantengono inoltre una presenza forte e vibrante nelle aree urbane povere e delle comunità dei lavoratori ", il CPP ha aggiunto.
"Queste vittorie sono state ottenute dal popolo e dalle forze rivoluzionarie, nonostante l'impiego della forza bruta fascista da parte del regime fantoccio reazionario della Arroyo," ha detto il CPP. "Il regime Arroyo ha speso centinaia di miliardi di pesos per costruire le sue macchine da guerra per imporre un regno del terrore su gran parte delle campagne delle Filippine, dove sospetta ci siano persone attivamente impegnate nella lotta rivoluzionaria, e nelle città per impedire alle masse di condurre apertamente le lotte aperte e fare manifestazioni".
"Nell’esibire l'impunità assoluta nella sua campagna per reprimere la resistenza del popolo, il regime Arroyo non ha guadagnato se non l'ira del popolo filippino e dalla comunità internazionale. Il governo della Arroyo sarà ricordato per sempre per i suoi atti più brutali: il massacro dell’Hacienda Luisita del 2004; il massacro di Palo, Leyte del 2005; le esecuzioni sommarie di migliaia di persone, compreso l’operaio che si batteva per i diritti umani Eden Marcellana, il leader contadino Eddie Gumanoy, l’attivista per i diritti delle minoranze popolari Dr. Alyce Claver, l’operatore della chiesa Vescovo Alberto Ramento, la scolara di nove anni, Grecil Buya, l’insegnante Rebelyn Pitao, lo studente attivista Farly Alcantara; il sequestro e la sparizione forzata di diverse altre centinaia di persone tra cui i consulenti per la pace del National Democratic Front Leo Velasco, Prudenzio Calubid e Rogelio Calubad, gli attivisti Jonas Burgos, Luisa Posa, Nilo Arado e James Balao, la brutale tortura del fratelli Manalo; l'istituzione di uno "stato di emergenza" nel 2006; l'imposizione della "risposta calibrata preventiva" per reprimere manifestazioni di piazza; il dispiegamento di migliaia di soldati governativi nella Regione capitale nazionale e altre grandi città per limitare i movimenti della persone; e molti altri casi di fascismo e terrorismo", ha detto il PCF.
"Ha concesso i più alti elogi al famigerato fascista macellaio Gen. Jovito Palparan, appuntato una medaglia dopo l'altra sul suo petto, lo ha promosso e ha favorito la sua tattica di repressione a oltranza e impunità come modello per le FAF nello svolgimento delle la sua guerra di terrore contro il popolo ", ha detto il PCF.
"L'elenco delle gravi violazioni dei diritti umani e crimini contro l'umanità della Arroyo va avanti. Le sue mani grondano del sangue del popolo filippino", ha aggiunto il PCF.
"Compiendo tale grave violenza contro il popolo, il regime Arroyo e le FAF hanno solo temprato la determinazione del popolo filippino a portare avanti la loro lotta armata rivoluzionaria", ha aggiunto il PCF. "Le forze rivoluzionarie guidati dal PCF stanno ora avanzando nelle loro azioni di guerriglia su vasta scala a livello nazionale e si sforzano di far avanzare la guerra popolare dalla attuale fase di difesa strategica alla sua prossima fase di equilibrio strategico, nei prossimi cinque anni"
"L'intensificazione delle offensive tattiche del NEP dall'inizio dell'anno mostrano la determinazione e la capacità del NEP di accelerare la lotta armata. Il NEP continuerà a lanciare grandi offensive tattiche nei prossimi mesi e anni, al fine di accumulare più armi da fuoco e rafforzare l'esercito del popolo ", ha aggiunto il PCF.
"Come difensore di un sistema defunto e marcio, le FAF continueranno a fallire miseramente nel loro obiettivo dichiarato di porre fine alla resistenza rivoluzionaria del popolo.”

pc quotidiano 12 giugno - scioperi e serrata del governo cinese

Serrata sulle notizie sugli scioperi
Pechino teme che i media possano incitare i tumulti, dicono gli analisti

Fiona Tam e Lau Mimi a Zhongshan
12 giugno 2010

I leader del Partito comunista cinese - che possono far risalire le loro origini ai movimenti per il lavoro – sono di fronte ad un dilemma, dopo un'ondata di agitazioni operaie che ha colpito le città di Shanghai e almeno quattro altre nel Guangdong, Jiangsu, Shaanxi e Jiangxi questo mese.
Acutamente consapevoli dell'impatto destabilizzante di questi disordini, il dipartimento della propaganda del partito ha proibito ai media del continente di riferire su eventuali scioperi, con un ordine “bavaglio” emesso il 28 maggio.

Nel frattempo, articoli ufficiali come quelli dello Xinhua continuano a minimizzare la portata del problema, sostenendo che tutte le controversie sono state prontamente risolte, e abbassando anche il numero dei lavoratori coinvolti.
Ai mezzi di comunicazione è stata data la libertà di coprire il primo sciopero in una fabbrica di componenti Honda a Foshan, Guangdong, cosa che era stata fatta anche l’anno scorso ampiamente con la copertura degli scioperi precedenti a Dongguan, nel Guangdong.
Editori e giornalisti di importanti quotidiani del continente hanno riferito al South China Morning Post ieri che gli è stato impedito di informare o dare commenti sull’ultima ondata di scioperi.
Gli analisti hanno detto di ritenere il voltafaccia di Pechino sugli articoli sugli scioperi dovuto al timore che gli scioperi si possano estendere su larga scala grazie anche ai media. Ma le controversie di lavoro non hanno mostrato alcun segno di diminuzione a seguito del divieto di informazione e continuano a verificarsi in diverse province. Gli analisti hanno detto che le autorità dovrebbero affrontare la causa scatenante, piuttosto che vietare i resocontii dei media.
Il servizio in inglese dello Xinhua ha riferito giovedì notte che era stato raggiunto un accordo tra i lavoratori e la gestione di Honda Lock a Zhongshan, Guangdong, ma gli operai hanno immediatamente contestato il resoconto e sono rimasti in sciopero ieri.
Più di 500 lavoratori della Honda Lock avuto hanno fatto un sit-in di quasi due ore con 50 poliziotti in tenuta antisommossa di fuori della fabbrica ieri mattina dopo che era stato detto loro che avrebbero dovuto accettare un aumento di 100 yuan (HK $ 114) o dimettersi.
Gli era stato detto dal loro responsabile delle risorse umane di prendere la decisione subito in modo indipendente e sono stati avvertiti in seguito di "gravi conseguenze" se avessero abbandonato il lavoro. Molti lavoratori hanno detto di considerare l’accordo offerto loro dagli amministratori come un insulto.
Non ci sono stati scontri. I lavoratori hanno gridato slogan impegnandosi ad essere uniti e determinati nella lotta per un aumento di stipendio ragionevole.
Il silenzio nei media attuale sul continente è in netto contrasto con la copertura relativamente libera sul primo sciopero Honda, messo in atto da 1.900 operai a Foshan alla fine di maggio.
Era in evidenza apertamente in titoli dei giornali come Il Southern Metropolis News e News Express il 28 maggio, poche ore prima che il divieto venisse rilasciato.
Il Southern Metropolis News riportava due pagine di un resoconto indipendente sullo sciopero, con le immagini che mostrano i lavoratori riuniti fuori dalla fabbrica, ma tutte le storie sono state cancellate dal suo sito web dopo il divieto.
Il News Express ha pubblicato una pagina intera di copertura dello sciopero Foshan. La sua storia era ancora accessibile sul suo sito internet ieri.
Ai più importanti portali internet sul continente è ora vietato di mettere notizie su scioperi nella loro homepage.
Gli operai coinvolti negli scioperi vengono inoltre messi sotto pressione immensa affinché non parlino con giornalisti esteri.
Il commentatore indipendente Chang Ping con base nel Guangzhou ha detto che non è bloccando semplicemente l'informazione che si bloccano gli scioperi degli operai.
"I lavoratori hanno poi capito quali sono i loro diritti del lavoro e stanno lottando per essi con le azioni ... è qualcosa che non si può fermare con un divieto di propaganda", ha detto. "Questo è un diritto politico innato di cui non si può mai privare i lavoratori".
I giovani operai migranti che sono stati meno tolleranti sulle dure condizioni di fabbrica avevano il loro proprio modo di comunicare e non hanno fatto affidamento sui principali media. Questi operai, nati dopo il 1980, sanno come scavalcare la "Grande Muraglia" della censura su Internet, ha detto.
L’ex editore del China Youth Daily Li Datong ha criticato il governo centrale perché ignora la peggiorata violazione dei diritti dei lavoratori sebbene si trattasse di un problema sociale diffuso. Ha detto che gli scioperi erano stati vietati sul continente dal 1982, quando Pechino ha formalmente abolito una clausola della Costituzione che ha dato ai lavoratori il diritto di sciopero.
Tutti i sindacati sul continente sono controllati dalla direzione e dal Partito Comunista, piuttosto che eletti dai lavoratori stessi.
"Il Partito Comunista ha vietato lo sciopero nel 1982 perché sosteneva che il popolo cinese è padrone del paese e delle imprese di proprietà statale," Li ha detto. "E’ ridicolo seguire la teoria dopo che il Paese è sostanzialmente cambiato negli ultimi 28 anni, con joint-venture e società ad investimento straniero diventate parte dominante dell’economia".
Wen Xiaoyi, ricercatore presso l'Istituto delle Relazioni Industriali della Cina a Pechino, ha detto alla Reuters che il governo deve "adattarsi a trattare le controversie di lavoro come parte della vita economica, non come una minaccia politica".
Ma, i direttori dei giornali sono pessimisti nel ritenere che l'ultima ondata di scioperi possa portare un grande miglioramento per la manodopera supersfruttata del paese, con il potere contrattuale dei lavoratori migranti ancora molto basso a causa di una manodopera abbondante.
Una serie di scioperi è scoppiata dopo il primo sciopero alla Foshan Honda Autoparts Manufacturing, che si è verificato giorni dopo che il gigante dell'elettronica Foxconn ha offerto un aumento di stipendio in risposta a una protesta pubblica per i suicidi. I media statali hanno riferito ieri che la Foxconn aveva smesso di assumere sul continente.

South china morning post

pc quotidiano 12 giugno - SOSTENIAMO LO SCIOPERO DEGLI SCRUTINI NELLA SCUOLA

Lo sciopero degli scrutini, lanciato all'inizio dell'anno dal Coordinamento 3 Ottobre di Milano, e poi assunto a livello nazionale dal coordinamento precari scuola e da altri organismi e sindacati di base, sta ottenendo una buona risposta di lotta.
Proletari Comunisti sostiene questo sciopero e le sue ragioni.
Denuncia la Flc-cgil nazionale che per bocca del segr. Pantaleo, tranne rarissime eccezioni, sta boicottando lo sciopero degli scrutini; ma la sua riuscita, dalla Calabria, all'Emilia Romagna, al Veneto, ecc., dimostra come il vertice della Cgil sia fuori e lontano dagli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici.

PUBBLICHIAMO AMPI STRALCI DELL'APPELLO DEL COORDINAMENTO 3 OTTOBRE DI MILANO.

Milano, 15 giugno: Appello ai lavoratori della scuola

Martedì 15 giugno, dalle ore 10.00 alle 18.00, in concomitanza con lo sciopero degli scrutini indetto, in Lombardia, il 14 e 15 giugno, si svolgerà un sit-in di protesta davanti all'Ufficio Scolastico Provinciale di Milano, in Via Ripamonti 85.
 
Protesteremo contro il massacro della scuola pubblica: la "riforma" dell'istruzione secondaria di II grado, i progetti di gerarchizzazione e privatizzazione della scuola statale, la riduzione dei diritti dei lavoratori della scuola (P.d.L. Aprea e D.d.L. Goisis, D.L. Brunetta), per chiedere il ritiro dei tagli (L.133/08 art.64) e l'immissione in ruolo di tutti i precari della scuola.
La controriforma della scuola secondaria di II grado rappresenta l'ultimo tassello del grande progetto di dequalificazione ed impoverimento dell'istruzione pubblica italiana. Tutto l'impianto delle leggi in tema di istruzione, all'interno del quale si collocano la L. 133/08 e il P.d.L. Aprea, mirano ad estendere anche al sistema scuola una logica competitiva e aziendale, non solo introducendo i privati nei comitati tecnico-scientifici degli istituti tecnici, ma anche svilendo tutte le conquiste ottenute nel campo della ricerca pedagogica e didattica ed annullando quella tradizione egualitaria su cui si è fondato il processo di rinnovamento democratico della scuola pubblica statale italiana. La scuola "berlusconiana" non tiene conto delle diverse esigenze, dei bisogni, degli stili di apprendimento delle nuove generazioni, non dà valore al confronto tra esperienze e culture diverse, reintroducendo profondi elementi di conflittualità interetnica e sperequazione sociale, mentre aumenta significativamente i finanziamenti alle "scuole-diplomifici" private.
 
Denunciamo non solo gli effetti devastanti della controriforma Tremonti-Gelmini nel mondo dell'istruzione, ma anche le drammatiche ripercussioni del più grande licenziamento di massa che l'Italia abbia mai vissuto con la cancellazione, in tre anni, di 150mila posti di lavoro. Denunciamo altresì il peggioramento delle condizioni lavorative dei docenti precari e di ruolo, costretti ad insegnare in classi sovraffollate e smembrate, nonché il disconoscimento della professionalità docente, con provvedimenti quali l'accorpamento di classi di concorso, i contratti di disponibilitàe gli accordi Stato-Regioni. Denunciamo infine la generale riduzione dei diritti dei lavoratori della scuola, ad esempio con la normativa vessatoria in tema di malattia, la riduzione della contrattazione collettiva e del potere d'acquisto dei salari prevista dalla riforma del modello contrattuale, l'accesso disuguale al salario accessorio e gli inasprimenti disciplinari previsti dalla legge Brunetta.
 
Dopo mesi di scioperi e manifestazioni di piazza di tutti i tipi, che non hanno scalfito la determinazione del governo a proseguire nella sua opera di distruzione della scuola statale, siamo oggi più che mai convinti che uno degli strumenti di lotta più significativi nelle mani dei lavoratori della scuola... come lo sciopero degli scrutini...
 
Chiediamo quindi a tutti i colleghi di partecipare assieme a noi alla forma di sciopero più radicale praticabile in ambito scolastico in questo momento, lo sciopero degli scrutini, che è stato indetto a livello nazionale...
 
Coordinamento Lavoratori della scuola "3ottobre" - C.P.S. Milano
Cobas scuola Milano
Rdb Scuola
Slai cobas per il sindacato di classe
Usi Ait scuola

venerdì 11 giugno 2010

pc quotidiano 11 giugno - JOY è LIBERA!

vittoria del movimento delle donne, del movimentoanti CIE del movimento femminista proletario rivoluzionario,




ABBIAMO APPENA SAPUTO DALL'AVVOCATO CHE JOY HA AVUTO L'ARTICOLO 18 ED è
STATA LIBERATA!!!

pc quotidiano 11 giugno -indicazioni

Indicazioni

Migliorare il lavoro per il blog/quotidiano come strumento di informazione, orientamento,agitazione, denuncia politica a fronte della azione del governo e dello Stato borghese con la critica al riformismo

Partecipare,sostenere,organizzare le lotte contro i licenziamenti, le lotte dei disoccupati del sud, le lotte dei lavoratori del PI e dei settori colpiti dai recenti provvedimenti economici del governo.

Proletari comunisti organizza nel periodo estivo lavoro di studio dei testi base di Marx sulla crisi, Lenin sul partito, Mao sulla gp.
Il lavoro di studio è volto alla formazione dei quadri per strumentarli teoricamente e ideologicamente nel lavoro per il partito.

11.6.010

pc quotidiano - 11 giugno - volantino all'ilva taranto

La crisi scaricata sugli operai
La crisi dell'acciaio non è superata ma essa continua ad essere scaricata interamente sugli operai. Il percorso dalla cassa integrazione ordinaria alla cassa integrazione straordinaria ha già portato a gravi attacchi all'occupazione, al salario e alle condizioni di lavoro, e per il futuro si va verso esuberi strutturali. Dopo l'illusione seminata dai dirigenti sindacali confederali che il peggio era passato, ora Riva rimette nuovamente in cigs circa 1000 operai ai Treni nastri, al Tub1, al Laf, usando ormai la cassa integrazione come strumento ordinario, appena salta un ordine.
I sindacati all'Ilva praticamente non esistono, il loro ruolo è o di consulenti aziendali o di notai delle decisioni dell'Ilva.
I lavoratori hanno dimostrato di essere disponibili alla lotta e anche di volere nuove rappresentanze. Ma la linea e la direzione dei sindacati confederali va lungo una strada opposta.
La Fim di Lazzaro da tempo non è un sindacato in fabbrica ma una componente aggiunta dell'Ufficio personale dell'azienda, di cui sostiene interessi, posizioni,
Palombella ha fatto carriera fino a diventare segretario nazionale Uilm proprio per il ruolo avuto in Ilva a tutela più degli interessi aziendali che di quelli operai, come tutti sappiamo in ilva, anche chi è iscritto alla UILM. Ora di fronte alla nuova fase della crisi, Palombella in una intervista al Quotidiano spiega le ragioni dell'azienda e dice che per i somministrati Ilva ora non c'è niente da fare, che si doveva realizzare un'intesa qualche mese fa quando le condizioni erano più favorevoli, intesa che era quella che voleva Riva. la riassunzione per poche decine e il licenziamento definitivo per tutti gli altri, e poi Palombella aggiunge che anche l'integrativo subirà una frenata, con buona pace degli operai che si aspettavano qualcosa in termini di salario, cambio tuta, inquadramento e che pochi giorni fa sono stati chiamati ad uno sciopero proprio per queste rivendicazioni.
Alle imprese, invece, la linea è stata quella di far passare tutto e chiamare ora alla lotta quando i buoi sono ormai scappati. Da fine 2008 ad oggi vi sono state circa 10 aziende appalto Ilva con circa 500 operai che hanno chiuso per fallimento o cessazione, e sono 3 mila i lavoratori di 55 Ditte che sono in cig da tempo, 15 ditte sono in cigs per circa 700 operai, 25 sono ormai da tempo in cig.
Tutto questo mentre in Ilva continua lo straordinario e il lavoro in ogni condizione e nell'indotto i sotto salari e il subappalto.
La sostanza è che Riva e i padroni hanno mano libera, i sindacati confederali in generale collaborano, con qualche eccezione più di facciata che di fatti, gli operai non trovano la forza e l'organizzazione per contrastare questo stato delle cose. MA NON E' MAI TROPPO TARDI.
Gli operai fanno ancora in tempo ad autorganizzarsi nello slai cobas per il sindacato di classe a lottare realmente per difendere salari, condizioni di lavoro e soprattutto, ora e sempre, il lavoro stesso contando sulle proprie forze.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe propone a tutti gli operai che vogliono realmente lottare di unirsi nel Comitato operaio indipendentemente dalla tessera sindacale, un Comitato vero, non come quelli di prima, caratterizzati da furia francese e ritirata spagnola. Un comitato indipendente realmente dalla linea e dal controllo dei vertici sindacali confederali,tutti fiom compresa, da sempre abituata a parlare bene e a razzolare male, che si batta subito per dire:
Stop alla cassintegrazione straordinaria;Rientro con cronoprogrammma certo per tutti i 650 licenziati degli operai somministrati che peraltro in prevalenza operavano nei reparti non colpiti dalla cassintegrazione; Blocco dei licenziamenti nell'appalto con la creazione di un consorzio di imprese che possa essere, insieme all'Ilva, un interlocutore unico per tutti gli operai dell'appalto e permettere l'assorbimento degli operai da un'azienda all'altra, eliminando il subappalto e i contratti precari addirittura a meno di un anno l'integrativo deve essere chiuso con aumento salariale uguale per tutti, i passaggi di livello e 5 euro per il cambio-tuta. Questa strada è possibile se gli operai lo vogliano, la smettano solo di lamentarsi e non abbiano paura - quale paura ci può essere di più degli attacchi attuali al lavoro e al salario, fino alla dignità degli operai?!

Slai cobas per il sindacato di classe ilva appalto Taranto cobasta@libero.it

pc quotidiano 11 giugno - moderno fascismo

Il nuovo attacco alla Costituzione da parte di Berlusconi, la legge bavaglio contro stampa e la magistratura anticorruzione, l'attacco allo statuto dei lavoratori e il fascismo padronale della Fiat di Marchionne contro gli operai di Pomigliano, non fanno che confermare la natura del governo e la marcia del regime in formazione voluto dai padroni.
Non parlare di moderno fascismo, non è semplicemente una determinazione linguistica, ma è una operazione di disorientamento degli operai e delle masse popolari
perchè non pone con chiarezza la natura dello scontro in atto e non indica i modi e i mezzi per fronteggiarlo.
La linea che propone e su cui si muove Proletari Comunisti è quella dello scontro frontale e dell'attrezzamento per una nuova Resistenza volta al rovesciamento del governo e del regime in formazione.
Per costruire le condizioni dello scontro frontale occorre
partire dall'autonomia operaia e proletaria, agendo fuori e contro il sindacalismo confederale e fuori e contro la falsa sinistra parlamentare, exparlamentare, paraparlamentare, nella quale includiamo tutte le forze che pensano che siano le elezioni lo strumento di questa lotta, quando è proprio l'astensionismo e il boicottaggio elettorale il punto di partenza in sintonia con gli operai e le masse popolari.
Serve naturalmente il fronte unito dell'opposizione politica e sociale ma a partire dal basso e dalla chiarezza sul punto di partenza nella fase.
Per questo siamo per lunità dei comunisti per il partito comunista rivoluzionario marxista-leninista-maoista, unità per la rete - cobas - per il sindacato di classe, unità per la rete antifascista,contro la repressione e lo stato di polizia,
unità per ogni altro organismo necessario a questa battaglia

proletari comunisti
ro.red@libero.it

pc quotidiano 11 giugno - Partito Comunista dell'India (maoista)

Partito Comunista dell'India (maoista)
Comitato centrale
Comunicato stampa
1 giugno 2011

Condannare la congiura delle classi dominanti e l'isteria dei MEDIA tesa a coinvolgere i maoisti nella tragedia del JNANESWARI EXPRESS!

La rimozione di pezzi (parole) del binario vicino Jhargram nel Bengala occidentale che ha portato all’incidente di Kurla-bound Jnaneswari Express e la conseguente morte di 150 civili innocenti e il ferimento di oltre 200 passeggeri è altamente condannabile. Il CC, CPI (maoista), esprime la sua profonda tristezza per il tragico incidente e condivide la sofferenza e il dolore delle famiglie dei defunti. Stranamente, il tragico incidente che ha avuto luogo nella notte tra il 28/29 maggio viene utilizzato dal governo del West Bengal, dalla polizia e alcuni partiti come la classe dirigente fascista indù del Bjp e il socialfascista CPI (M) per offuscare l'immagine del nostro partito-CPI (maoista) - e ottenere la legittimità nella guerra contro-rivoluzionaria scatenata dallo Stato indiano contro le fasce più povere della società indiana guidata dai maoisti.

Le infondate accuse contro i rivoluzionari maoisti fanno parte della sporca campagna di disinformazione scatenata dai governanti reazionari attraverso i rispettivi organismi di polizia e di intelligence e dei loro mezzi di comunicazione addomesticati. Per due giorni dopo l'incidente la polizia non aveva nemmeno confermato se si trattasse di uno scoppio figuriamoci se trovavano qualche indizio circa il coinvolgimento dei maoisti o del PCAPA. Ma, essi si giustificarono con la teoria del coinvolgimento maoista con l'argomento che la zona è una roccaforte dei maoisti, e i treni per qualche tempo erano stati bersaglio dei maoisti. E tutti i media hanno suonato la stessa solfa con titoli a tutta pagina sui "maoisti terroristi" che aveva causato la morte di persone innocenti, che sono cani assetati di sangue e spazzatura di questo tipo che solo dei pazzi possono dire. C’è qualcuno di mente sana che possa mai immaginare che il CPI (maoista), che ha lottato per la terra, i mezzi di sussistenza e la liberazione del popolo per oltre quattro decenni, che ha sacrificato migliaia dei suoi dirigenti e quadri per la causa degli oppressi, che ha non interessi diversi dagli interessi del popolo, posso mettere in pericolo la vita di quelle persone?

Sono i governanti reazionari che non si fermano davanti a nulla per acquisire potere e conservarlo. Avrebbero appiccato il fuoco alle loro stesse case proprio per screditare gli altri e guadagnare la simpatia della gente. È universalmente noto come fascisti indù del tipo di Narendra Modi, hanno ingaggiato teppisti del VHP, RSS e Bajrang Dal per scatenare attacchi contro i musulmani; come lo Sri Ram Sene è stato ingaggiato per creare disordini in Karnataka; come un Raman Singh uccide Adivasi e accusa i maoisti di aver commesso i crimini. Il fascista Hitler ha appiccato il fuoco al Reichstag, per dare la colpa ai comunisti e iniziare una caccia alle streghe. Allo stesso modo, questi governanti reazionari hanno organizzato il sabotaggio delle ferrovie con l'obiettivo di screditare i maoisti. Con un occhio alle elezioni e innervositi dalla rapida erosione della loro base sociale, i socialfascisti pensano di poter conquistarsi la simpatia attraverso questi sporchi trucchi. I partiti reazionari della classe dominante sono degenerata a un livello così basso che faranno di tutto per rimanere al potere.

Strano è il modo in cui la maggior parte dei media ha relazionato sul tragico incidente. Mentre nei titoli attribuiscono la causa del sabotaggio ai maoisti, nelle loro colonne dicono che l'indagine è in corso e che il coinvolgimento maoista non è sicuro. Come possono i media pronunciare la sentenza prima ancora che le prove si trovino o un'inchiesta venga condotta fino in fondo? Che moralità hanno questi giornalisti, alcuni dei quali piuttosto noti, quando danno sentenze in base ai loro pregiudizi ideologici? Peggio ancora, alcuni media non hanno ancora pubblicato o mandato in onda la dichiarazione rilasciata dal nostro rappresentante del partito in Bengala Occidentale che nega il nostro coinvolgimento. I mezzi di comunicazione stanno diventando sempre più anarchici, irresponsabile e inaffidabili. Mentre propagandano falsità senza indagine, i media non hanno nemmeno la cortesia di ammettere i loro errori gravi e accuse irresponsabili, quando la verità viene alla luce del sole. E avevano fatto lo stesso tipo di falsa propaganda contro la comunità musulmana dopo le esplosioni a Mecca Masjid a Hyderabad, Ajmer Dargah, Goa e così via e non fatto scuse circa le false e distorte informazioni, anche dopo che è stato chiaramente dimostrato che queste esplosioni sono state l'opera di bande indù fasciste.

Il CC, CPI (maoista), condanna questo processo sommario dei media e le irresponsabile accuse sul coinvolgimento del nostro partito nella tragedia ferroviaria. Consideriamo questo come una profonda cospirazione dei governanti per diffamare i rivoluzionari maoisti e legittimare la loro campagna di soppressione. Mettiamo in guardia i reazionari che stanno vomitando veleno contro i maoisti a fermare la loro viscida campagna di accuse false. Facciamo appello alle forze democratiche e progressiste, ai gruppi per i diritti civili e le persone in generale, a guardare attraverso gli intrighi e i disegni diabolici dei governanti reazionari che diffondono menzogne e falsità contro i rivoluzionari maoisti. Chiediamo un'inchiesta imparziale sull'incidente per far emergere la verità. Il nostro partito non potrà mai nascondere la verità al popolo. Quando commettiamo un errore lo ammettiamo francamente, ci scusiamo con il popolo dal profondo dei nostri cuori, e assicuriamo che noi non ripeteremo un simile errore. Questo è stato il segno distintivo del nostro partito in tutta la sua storia. In questo particolare incidente di Jnaneswari Express la direzione del partito fino ad ora non è a conoscenza di alcun coinvolgimento dei suoi quadri, ma se si dovesse constatare che qualcuno vicino al nostro partito avesse effettivamente sabotato la ferrovia, agiremo severamente contro costoro e ammetteremmo apertamente la nostra colpa. Indagheremo sull'incidente e scopriremo i fatti nel più breve tempo possibile. Noi assicuriamo la gente del nostro paese che non ci sarà alcun attentato ai treni, in futuro, e noi istruiremo i nostri quadri del partito affinché si astengano da tali atti in quanto possono causare la perdita di vite della gente comune.

giovedì 10 giugno 2010

pc quotidiano 9-10 giugno - Un'altra legge contro la sicurezza sul lavoro

Il ddl 3209 bis è un'altra tappa della guerra continua contro i lavoratori. Gli "inutili oneri burocratici" come le chiama il ministro Calderoli il semplificatore, sono stati eliminati e riguardano l'esenzione per i padroni della denuncia alla magistratura se l'infortunio dell'operaio è inferiore ai 15 giorni (art. 7 del ddl Brunetta-Calderoli). Basta la sola denuncia all'Inail, che poi dovrà comunicare l'infortunio alla Direzione provinciale del lavoro. Le indagini, già peraltro "collaborative", verranno, quindi, impedite del tutto.
Inoltre è stato abolito l'obbligo per le aziende di tenuta del registro degli infortuni (articolo 7 ter) e si comincia dal pubblico impiego a cancellare l’obbligo della valutazione dei rischi negli uffici pubblici, dalle scuole ai ministeri, fino agli ospedali (Art. 8 della Finanziaria).
Dobbiamo unire le forze di tutti coloro che si battono per la sicurezza sul lavoro per una lotta prolungata che non dia tregua a questo governo lavorando per un vero sciopero generale dal basso, unitario e di classe, per battere l'arroganza quotidiana con cui fa valere gli interessi dei padroni che sono i responsabili di morti ed infortuni nei luoghi di lavoro, una classe che persegue il primato del profitto sulla sicurezza e la salute degli operai, e che viene incoraggiata a proseguire su questa strada.

prolcomra
10/06/2010

pc quotidiano 9-10 giugno - lotte operaie in India e Cina

nel comunicato fatto dai maoisti di diversi paesi per il primo maggio
-PCm Italia -Pcm Francia-PCm Turchia/ NordKurdistan- PCR
Canadà Pcml India-Naxalbari
si è indicata la giusta parola d'ordine di fase nel movimento comunista internazionale
dalle rivolte operaie e proletarie alla rivoluzione proletaria !
si è fatta una giusta analisi dello stato delle cose
i fatti che si succedono tutti i giorni non fanno che confermarlo
dallo stato della crisi,allo sviluppo delle lotte operaie in tutto il mondo e in pa all'avanzata delle guerre popolari in India in particolare
in particolare avanzano e si sviluppano le lotte operaie nei paesi delle nuove potenze in ascesa in India e Cina e questo rende sempre più vicine le caratteristiche della lotta di classe su scala mondiale
rendendo necessaria la fusione tra guerra popolare e insurrezione nei paesi imperialisti come nei paesi del terzo mondo, in particolare in quelli in ascesa
riportiamo a seguire notizie delle lotte operaie in India e in Cina

India

La Hyundai definisce lo sciopero illegale, 170 operai arrestati
NDTV Correspondent, June 08, 2010
Gli impiegati della Hyundai sono in sciopero da domenica e si è fermata la produzione alla sede principale della capitale Chennai. Circa 170 in sciopero sono stati arrestati perché lo sciopero è stato definito illegale. Quest’anno per la terza volta in un anno gli operai sono in sciopero con la stessa richiesta, la riassunzione di alcuni dipendenti licenziati.

E anche la produzione in altre fabbriche di fornitori si è fermata.

***

L’India resa instabile dalla crisi. E Hyundai delocalizza: in Europa

Da quando Cina e India hanno iniziato ad aprire i loro mercati e ad offrire costi estremamente vantaggiosi per le produzioni in ogni settore, giapponesi, coreani, ma anche europei e americani hanno cominciato a delocalizzare stabilimenti industriali in questi Paesi per massimizzare i profitti delle singole aziende.

Negli ultimi tempi, però, questa strategia ha iniziato a non rivelarsi sempre vincente. Meno di un anno fa gli indiani di Tata Motors sono stati costretti a trasferire un impianto già attivo nel Bengala Occidentale a causa delle violente proteste di contadini e attivisti politici contro una presunta appropriazione indebita dei terreni dello stabilimento. A settembre Lalit Kishore Chaudhary, responsabile della ditta di componentistica auto Graziano Trasmissioni, è stato assassinato nel corso di una protesta violenta organizzata dagli operai della fabbrica di Noida, vicino a Nuova Delhi, che gli italiani hanno successivamente deciso di non chiudere.

Ma i coreani di Hyundai Motors, rimasti particolarmente colpiti da uno sciopero di massa che negli ultimi giorni ha coinvolto lo stabilimento di Sriperumbudur, nel Tamil Nadu, dove la Hyundai impiega circa 10.000 operai, conclusosi con l’arresto di 750 dimostranti, vogliono prendere una strada diversa e delocalizzare in Europa, dove il lavoro, anche se più costoso, è sicuro e garantito.

Secondo Rajiv Mitra, responsabile della casa coreana in India, l’instabilità del Paese è aumentata significativamente con la crisi economica, e nel timore di non riuscire a mantenere le consegne e, di conseguenza, a rispettare gli obiettivi di produzione del 2009, l’azienda preferisce far costruire la i20 in Europa, evitando di perdere vendite importanti in momento in cui anche il settore dell’auto è in crisi. L’impianto di Sriperumbudur avrebbe dovuto mettere sul mercato 120.000 vetture quest’anno, 80.000 delle quali destinate all’Europa, quindi l’aumento del costo del lavoro dovrebbe essere almeno parzialmente ammortizzato dalla riduzione dei costi di trasporto.

Lo sciopero dei lavoratori della Hyundai è iniziato circa un mese fa, quando la casa coreana si è rifiutata di riconoscere un nuovo sindacato, ritenendo ancora valida la rappresentanza di un gruppo di lavoratori interno all’azienda. Ma anche nel caso in cui la diatriba sindacale venisse risolta, i dirigenti di Seoul considerano l’impianto di Sriperumbudur troppo poco affidabile per continuare ad essere sfruttato.



cina
Scoppiano le lotte degli operai sul delta dello Yangtze
9 Giugno, 2010
Centinaia di operai si sono scontrati con la polizia all’esterno di una fabbrica di gomma vicino Shanghai lunedì scorso.
Lo sciopero coinvolge più di 250 dei 300 operai. La polizia è arrivata in massa.
La polizia ha picchiato indiscriminatamente e decine di operai sono stati feriti e arrestati mentre continua il sit-in iniziato ieri.
Un altro sciopero ad una fabbrica legata alla Honda a Foshan continua da tre giorni.
Si è fermata anche la produzione nelle fabbriche che dipendono dalla produzione di Foshan e che occupano fino a 6000 operai.
Le agitazioni oramai sembrano far parte di un modello che si sta diffondendo, dalla Foxconn in cui gli operai hanno strappato aumenti salariali raddoppiando alle province centrali e adesso nel delta, e non sono attivi solo operai giovani anche gli operai di mezza età cominciano a ribellarsi.
Queste agitazioni arrivano a grandi ondate come quella del 2008, i cui risultati sono stati ammorbiditi dalla crisi mondiale e dal conseguente calo della produzione e i licenziamenti che hanno costretto milioni di operai a tornare nelle campagne.
Adesso, con la ripresa ricominciano le lotte anche perché le condizioni di lavoro sono insostenibili: temperature altissime, straordinario forzato e non pagato, contributi non versati e mancanza di copertura per le infermità relative al lavoro.
Tutto il mondo (operaio) è paese anche in Cina il padrone voleva derogare al contratto eliminando alcuni diritti di base…
dalla stampa cinese online


Le lotte per il lavoro si diffonde in Yangtze River Delta

Clem Will a Shanghai, Lau Mimi a Guangzhou e Choi Chi-yuk
9 Giugno, 2010


disordini lavoratore Fresh è scoppiata, questa volta nella sfarzosa Yangtze River Delta, con centinaia di lavoratori in sciopero e polizia si scontrano al di fuori di una fabbrica di gomma nei pressi di Shanghai su Lunedi mattina.
I lavoratori ha detto decine di feriti o arrestati e hanno continuato il loro sit-in di ieri.

Nel frattempo, uno sciopero in un impianto Honda-affiliato nella città Pearl River Delta di Foshan sembra destinata a continuare per un terzo giorno. Lo sciopero, che coinvolge più di 250 dei 300 lavoratori dello stabilimento di Foshan Fengfu Autoparts, ha attirato una pesante presenza della polizia.

La fabbrica rende sistemi di scarico per Guangqi Honda Automobile. Un portavoce di Honda Motor (Cina) ha detto ieri che tutte le linee di montaggio nei suoi stabilimenti in Huangpu e Zengcheng, che impiegano circa 6.000 lavoratori, la cessazione, oggi la produzione per mancanza di parti.

I recenti episodi di agitazioni operaie sono in un contesto più ampio dei costi del lavoro in aumento e crescente agitazione dei lavoratori in terraferma di hub principale stabilimento di produzione. Foxconn Electronics gigante è stato costretto ad aumentare gli stipendi, dopo una valanga di suicidi a Shenzhen, e dei lavoratori in un impianto di produzione di Autoparts Honda Foshan vinto un aumento di stipendio il Venerdì dopo due settimane di sciopero.

Geoffrey Crothall, un portavoce per il gruppo basato Kong Hong China Labour Bulletin, ha detto che gli scontri sembrava far parte di un pattern.

"C'è stata sicuramente una recrudescenza nel malcontento dei lavoratori e l'attivismo di quest'anno," ha detto. "Non è solo nella Cina meridionale. Noi lo vediamo nelle province centrali e ora nel delta del fiume Yangtze. E non è solo il giovane - i lavoratori di mezza età che stanno cominciando a dire« è troppo è troppo, ci danno i nostri grazie '".

Ha detto che l'attivismo dei lavoratori tendono a venire a ondate. C'è stato un grande aumento nel 2008, ma le cose sono andate relativamente tranquilla lo scorso anno a causa della recessione economica.

"Come le cose cominciano a migliorare e gli ordini stanno iniziando a riprendere, i lavoratori sono giustamente vogliono la loro parte equa dei profitti. Fintanto che i lavoratori vengono retribuiti con un compenso irrisorio che non può neppure provvedere alla sussistenza di base costo della vita, allora stanno per iniziare in piedi da soli ".

Lavoratori della centrale di Taiwan Kok International a Kunshan, Jiangsu, ha accusato le autorità di collusione con il datore di lavoro e utilizzando la violenza per spezzare una protesta sulle condizioni di lavoro e di retribuzione.
"La polizia ci picchiava indiscriminatamente," un lavoratore giovane donna ha detto. "Hanno preso a calci e si precipita su tutti, non importa se erano maschi o femmine.

"Ho visto molti poliziotti in tenuta antisommossa giocando un operaio che era caduto per terra, poi lo hanno trascinato via nel loro furgone."

Altri lavoratori ha dichiarato di circa 50 manifestanti erano stati feriti nello scontro, durato circa un'ora, e 30-40 sono stati arrestati. Uno di quelli che erano stati feriti e portati via è stato detto di essere incinta. Hanno detto che tra sette e 10 dei loro colleghi rimasti in custodia della polizia e si aspettava che si svolgerà per 15 giorni.

Gli scontri a quanto pare ha avuto luogo quando la protesta riversato sulla strada principale al di fuori della fabbrica. Tuttavia, il personale ha insistito che erano "solo in piedi al cancello".

La controversia - che i lavoratori ha avuto inizio il Venerdì con il sostegno quasi unanime - condizioni di preoccupazioni che i lavoratori dicono sono insopportabili, applicate straordinario non retribuito e poco pagati, della ditta presunto mancato pagamento di sicurezza sociale e la mancanza di copertura per infortuni sul lavoro.

"Dobbiamo lavorare a temperature di 40-50 gradi centigradi," un lavoratore migrante di Yunnan ha detto. "Essi si rifiutano di fare nulla del caldo. La odore della gomma è insopportabile, ma non fare anche ottenere uno sovvenzione fumi tossici. Se ci si fa male al lavoro che effettivamente il tempo dock out our di pagare. Basic pagare mese scorso è stato dovrebbero essere 960 yuan (HK $ 1.100), ma mi è stato pagato solo 903 yuan. Come si può sopravvivere con questo? "

KOK ha rifiutato di consentire un South China Morning Post (SEHK: 0.583, Annunci, notizie) reporter in complesso fatiscente fabbrica polverosa bianca di ieri e rifiutò le richieste per un colloquio. Circa una dozzina di pianura-abbigliamento e la polizia in divisa, più guardie di sicurezza e di alcuni funzionari del governo locale stazionavano fuori dai cancelli.

Alla notizia di un pubblico di media, il personale colpisce affollato alle finestre, gridò e agitò dal tetto e stipate dietro cancello dello stabilimento, gridando denunce. A un certo punto due lavoratori donne sgattaiolato fuori e ha cercato di avvicinarsi al Posto reporter ma sono stati respinti all'interno da guardie di sicurezza.

Lu Quanyuan, un portavoce del governo locale e direttore del Comitato economico Huaqiao zona di sviluppo del personale dell'Ufficio di presidenza, ha detto che era "un semplice caso di datore di lavoro del personale dei conflitti", che i funzionari mirava a risolvere al più presto.

"La società ha chiesto che il 3 giugno firmare un nuovo contratto del personale, con effetto retroattivo al 1 febbraio, e che era in violazione di alcuni loro diritti del lavoro," ha detto. "Abbiamo subito è stato coinvolto a mediare per proteggere i diritti fondamentali dei lavoratori '."

Ha detto che la maggior parte delle questioni sono state risolte, mentre alcuni punti secondari erano ancora in corso di negoziazione.

I lavoratori più tardi ha detto che nulla è stato risolto.

Lu è stato evasivo quando gli si chiede arresti e ha rifiutato di affrontare la questione del se qualcuno era stato ferito. "Penso che la polizia, in modo di mantenere la sicurezza del traffico, potrebbe avere ... beh, io non ho visto io stesso. Penso che asked lavoratori a go back dentro."

Weihua Chen, che gestisce una ditta nella stessa via, detto di aver visto 100-200 lavoratori bloccando l'ingresso principale, dopo le ore 10 del Lunedi, con circa 20 agenti antisommossa vestiti di nero polizia guardarli da vicino.

Un attaccante che è stato portato via dalla polizia per sette ore il Lunedi a "cooperare con le indagini", ha detto che era stato trattato come un criminale per lamentava la mancanza di assicurazione e di essere sottopagati.

pc quotidiano 9-10 - processo a bari.. AVNI ER si racconta

AVNI ER: PER LA LIBERTA’ E LA GIUSTIZIA
di Francesco Saverio
08 Giugno 2010
“Buongiorno, vorrei ringraziarvi di avermi dato la possibilità di esprimere e di trasmettere la mia
storia alla gente.”
Si apre così la nostra intervista esclusiva rilasciata al network “La voce del paese” da Avni Er, che
pubblichiamo alla vigilia di una sentenza molto importante, dopo anni di reclusione nel C.I.E.
(Centro di Identificazione e di Espulsione) di Bari.
La storia di Avni Er è nota e agghiacciante. Una storia che interroga sui diritti civili e sulla libertà di
stampa e di espressione in un paese che considera ‘il Cavallo di Troia’ per l’assalto dell’Europa al
mercato asiatico: la Turchia.
Una intervista dura, densa e molto lunga, che però non esaurisce il vissuto, e che vi consigliamo di
leggere per poi approfondire anche tramite ricerche su internet per saperne di più sulle torture nelle
carceri turche e sulle relazioni multilaterali in medioriente.
Avni Er, raccontaci la tua vita, dalla tua fuga dalla Turchia fino al 2004...
Dal 1983 mi trovo in Europa e da circa 10 anni in Italia. Il mio primo arrivo in Europa non è stata
proprio una fuga. Sono stato portato dai miei genitori, che si erano stabiliti in Germania. La mia
venuta in Europa è coincisa con il colpo di stato in Turchia del 12 Settembre 1980. Se fosse dipeso
da me non sarei venuto in Europa, perché io amavo ed amo tanto il mio paese. Allontanarsi dalle
proprie radici è molto difficile. Però mio padre mi doveva portare via dalla Turchia, perche dopo il
colpo di stato era molto difficile vivere. Non c’era più un futuro per i giovani, e in più noi non ci
sentivamo al sicuro. Era un caos totale. Così ho dovuto abbandonare il mio paese. Forse nei primi
mesi non ti accorgi, però quando passano gli anni il tuo cuore si spezza in due parti. La metà batte
con te dove ti trovi, l'altra metà invece batte dove ci sono le tue radici. Questo e un fenomeno che
ha rubato la vita di tanti immigrati, esuli, ed ancor oggi continua a rubare le vite delle persone
che hanno il cuore spezzato, che non riescono a staccarsi e continuano a vivere dei ricordi.
Il mio arrivo in Europa è stato molto doloroso. Forse per qualcuno potrà sembrare un può assurdo,
però dopo un anno già mi mancavano anche la polvere ed il fango delle strade del mio paese.
Comunque, mi trovavo in Europa. Mi dovevo integrare in un paese straniero. Avevo portato con me
la mia cultura. Tutto quello che vedevo e sentivo era tutto strano per me. Ho avuto molto difficoltà.
Non avendo la possibilità di parlare nella mia lingua ho imparato molto velocemente la lingua
tedesca e la cultura in cui vivevo. Ciò nonostante sono stato molto attento a non perdere i miei
valori e i principi insegnatimi dai miei genitori.
Ho frequentato la scuola elementare, la scuola media ed il liceo. Poi mi sono iscritto all'università.
Nel frattempo lavoravo nelle fabbriche part-time. Poi ho conosciuto persone che arrivavano dalla
Turchia e mi sono interessato alle loro storie. Queste persone arrivavano perché scappavano dalla
persecuzione, dalla tortura e dall'oppressione. Ognuno di loro aveva una tragica storia da
raccontare. Facevo assistenza per queste persone. Così ho iniziato a conoscere la vera faccia della
Turchia. Quello che succedeva nel mio paese io lo sentivo, anche durante il colpo di stato avevo
sentito il dolore nella mia pelle anche se non ne ero cosciente. Ho iniziato a capire certe cose, ed in
particolare il dolore, quando ho iniziato a fare assistenza per le persone che dovevano fuggire,
lasciare il paese. Adolescenti, giovani, anziani, Curdi, turchi, intellettuali, contadini, giornalisti,
operai, studenti che purtroppo erano costretti a lasciare i loro paesi. Avevano bisogno di essere
aiutati, avevano bisogno di essere integrati in una società che non conoscevano. Qualcuno doveva
dar loro una mano perché potessero stare in piedi.
Queste erano persone che si sono salvate per miracolo dall'aggressione del fascismo, dai militari.
Gente che per anni e anni è rimasta nelle carceri turche, dove avevano perso la loro salute. Ecco la
realtà della Turchia era questa: i massacri, le torture, le perquisizioni ecc.
C'erano tante associazioni che si occupavano di questo problema. Si organizzavano manifestazioni,
conferenze stampa, volantinaggio ecc., per cercare di sensibilizzare le persone che vivevano
lontano dalla Turchia, e dimostrare alle stesse i massacri, le torture e le condizioni disumane nelle
carceri ecc.
Io ero uno delle tante persone che svolgeva questa attività in Germania. I problemi nelle carceri, le
torture sono diventati la mia preoccupazione.
Bisognava raccontare tutto quello che succedeva a tante persone.
Nel ‘95, ‘96, ‘99, decine di detenuti furono massacrati nelle carceri. Questi massacri venivano
giustificati dal Governo quali conseguenza di inesistenti ribellioni o rivolte avvenute nelle carceri. I
mass media divulgavano notizie false. I testimoni che erano sopravvissuti a questi massacri non
venivano mai ascoltati. Fare giornalismo in questo modo è contro l'etica del giornalismo. Certo,
non bisogna dimenticare il ruolo dello stato. Però un giornalista è un'avanguardia, che dovrebbe
portare la luce così che la gente lo possa seguire. Dopo ogni massacro nelle carceri, ogni morto
sotto la tortura, i colpevoli venivano sempre nascosti con l'aiuto dei mass media.
Chi non aveva la possibilità di seguire le riviste di opposizione o di seguire i siti di
controinformazione, purtroppo non poteva apprendere le notizie vere. Bisognava informare la
gente con le riviste, con i siti e le conferenze stampa, o con convegni ecc. Dopo il massacro del 19
dicembre 2000, ho deciso di venire in Italia e aprire un ufficio di informazione sulla Turchia. In
Italia per mancanza di una comunità turca tante persone dovevano accontentarsi delle notizie dei
mass media. Ho cercato di divulgare più informazioni possibile. Purtroppo questa attività è stata
considerata in Italia come un’attività sovversiva e sono stato arrestato e condannato. L'operazione
è partita dalla Turchia e gli arrestati erano semplicemente persone che facevano giornalismo
attivo, componenti dell’associazione per i diritti umani, erano le persone che difendevano i diritti
dell'uomo, il diritto di vivere con dignità. L'obiettivo dell'arresto di queste persone era di soffocare
la voce degli oppressi in Turchia. Ho scontato 6 anni di carcere in Italia. Durante la mia
carcerazione la Turchia ha aperto diversi procedimenti penali nei miei confronti e ha chiesto la
mia estradizione, per lo stesso reato per cui sono stato condannato in Italia. Il tribunale Italiano ha
rigettato la richiesta della Turchia, motivando che una persona non può essere condannata due
volte per lo stesso reato. Sono uscito dal carcere e mi sono trovato in C.I.E di Bari, per 42 giorni,
in attesa della espulsione. Ho fatto richiesta di protezione internazionale. Questa è stata rigettata
dalla commissione territoriale di Bari. Adesso aspettiamo la decisione del tribunale di Bari al
quale mi sono rivolto per contestare il provvedimento della Commissione Territoriale.
La Turchia vuole entrare in Europa. Tu cosa ne pensi? Quali sono i limiti della tua nazione?
La Turchia è un mercato ancora sconosciuto e la popolazione molto giovane. Inoltre, è
geograficamente molto importante, in quanto rappresenta un ponte sul medioriente. Avere un
partner fedele in quella zona è, non solo per l’Europa, molto importante.
La Turchia potrebbe entrare nella Comunità Europea, non perché rispetta i diritti umani, o perché
diventa 'democratica', ma esclusivamente perché vari Paesi hanno interessi economici, politici e
militari con detta Nazione. Il ruolo della Turchia è come il cavallo di troia: i Paesi occidentali per
entrare nel mercato in oriente useranno la Turchia come ambasciatore. Bisogna anche aggiungere
che la Turchia militarmente è la seconda forza all'interno della NATO. Questo è un aspetto molto
importante, perchè l'Europa ha bisogno di una forza di sicurezza forte. E’ probabile che la Turchia
non entri nella Comunità Europea, per vari motivi (la cultura, il ruolo dei militari, economia, ecc.)
però diversi Paesi europei cercheranno comunque di attribuire alla Turchia il ruolo di alleata.
Proporranno un’alleanza extra comunitaria, cioè forse un’alleanza mediterranea, o forse la
faranno diventare membro della comunità con alcune eccezioni.
Al tuo processo hanno partecipato dei torturatori turchi incappucciati. Di cosa ti hanno accusato? E
con quali prove?
Durante il nostro processo è venuto un membro della polizia avente la fama di essere un
torturatore in Turchia. Io sono stato accusato da loro di essere membro di un partito M.L., e di
aver divulgato azioni violente in quel paese. Si sono basati sugli atti processuali acquisiti in Italia,
ed insistevano di avermi visto in qualche parte in Europa per protestare davanti all'ambasciata
turca con una bandiera falce e martello in mano. Poi insistevano che io avessi organizzato la
protesta contro il ministero degli esteri. La polizia turca non aveva alcuna prova contro di me, però
prendeva informazioni dai giornalisti turchi che lavoravano come inviati dall'estero. Infatti,
quando la Turchia ha fatto la richiesta per la mia estradizione, l'accusa era di aver organizzato
proteste, di aver protestato nel parlamento europeo, di aver sventolato una bandiera raffigurante
una stella con falce e martello, di aver inviato fax e lettere a vari comuni, giornalisti, in cui avrei
minacciato lo stato turco. Queste accuse erano del tutto infondate.
Quale impressione ti ha fatto il CIE di Bari?
Dopo 6 anni di carcere mi sono trovato nel C.I.E. Leggevo tanti articoli sulla situazione nel C.I.E.
Però vivere lì dentro è molto diverso. Questi luoghi sono diventati posti per punire gli stranieri.
Tutto ciò che succede lì dentro è una tragedia. Volendo potrei raccontare in un libro i 42 giorni
vissuti.... Come ho detto vedere persone lì dentro per me è stato molto triste. Le persone non
possono sopportare di vivere in quel modo.
Cosa significa per te la parola libertà?
La parola libertà è molto semplice, però ha un significato enorme. Bisogna riflettere molto bene.
Per me la libertà è poter stare in mezzo alla gente. Vivere con loro, respirare la stessa aria,
condividere con loro la gioia e la sofferenza. Vivere per le persone, che si trovano in un'altra parte
del mondo che tu non conoscerai mai, sapendo però che subiscono maltrattamenti, oppressione e
cercano di liberarsi da questo incubo. La libertà è anche poter contattare quelli che sono rinchiusi
dentro quattro mura così da consentirgli di poter stare fuori mentalmente, sognare e vivere questo
sogno con le persone che sono fuori.
Un poeta turco scrisse una volta: "vivere come un albero, solo e indipendente, è come una foresta
in fraternità."
Sei considerato un oppositore, un intellettuale e uno scrittore. Esiste la libertà di stampa in Turchia?
Prima di tutto io non mi considero un intellettuale, e nemmeno uno scrittore. Cerco di essere un
intellettuale che si dedica al popolo, e non sono comunque uno scrittore. Con la mia modesta
conoscenza cerco di inventare qualcosa. Quindi se io mi considerassi tale sarebbe un’offesa a tutti
gli scrittori.
In tutte le parti del mondo esiste la libertà di stampa, se tu ti comporti bene con il potere.
Bisogna riformulare la domanda; che cosa è la libertà di stampa e per chi esiste tale libertà?
La libertà di stampa è un insieme di eventi che l'occhio del giornalista raccoglie e trasmette ai
lettori senza farsi influenzare da terzi. Però questo non avviene in tanti Paesi come il nostro. I
giornali sono controllati da alcuni grandi imprenditori; monopoli, che sono stati sempre vicini ai
governi. I mass media sono così potenti che possono far cadere o far sorgere governi. Quindi,
quelli che controllano i mass media hanno interessi politici. 'Se tu scrivi questa notizia, ti posso
chiudere un occhio, se tu non scrivi quello che dico io, chiudo la tua sede'. L'esempio che ho vissuto
sulla mia pelle è il massacro del 19 dicembre 2000. Sono stato testimone di ciò: in un giorno tutto è
mutato a 360 gradi. Il governo ha minacciato tutti, dicendo ‘tu devi ignorare questo problema, tu
devi chiudere il tuo locale'. Gli articoli che spedivo venivano pubblicati su vari giornali, però dopo
questa minaccia sono diventati tutti filo-governativi. Non si pubblicava niente. Durante il massacro
preferivano pubblicare il manuale di come si fa una operazione estetica per fare un ritocco ai seni.
Quando ho chiesto ai giornali il motivo per il quale non venissero pubblicati gli articoli da noi
inviati, la risposta è stata univoca: ‘Non possiamo rischiare il nostro posto’.
Prima del massacro scrivevano qualcosa sulle celle tipo F. Tutti sapevano che maledette erano
queste celle tipo F. Dopo il massacro, facevano vedere i fiori, e bellissime sedie dentro le celle. La
maggior parte dei giornalisti apprezzavano le celle di tipo F, ma quando sono stati licenziati alcuni
di loro, si sono vergognati di quello che avevano scritto. Se i giornalisti avessero scritto la verità,
senza pensare ai loro interessi economici, forse tante cose sarebbero andate diversamente.
Dove possiamo leggere i tuoi scritti?
Ho collaborato con la rivista settimanale Ekmek ve Adalet. La rivista è stata chiusa come tante
altre riviste di opposizione. Avevo pubblicato alcuni opuscoli, ma questi sono andati persi all'esito
del mio arresto. Poi nelle riviste settimanali alcuni articoli non sono firmati. Quindi i collaboratori
non firmano. In alcuni casi si scrivono notizie dall'estero.
Cosa ti aspetti il 10 Giugno?
Il 18 maggio abbiamo presentato la nostra memoria e alcuni allegati al Giudice. Però, durante
l'audizione abbiamo saputo che anche l'Avvocatura dello Stato si è costituita. Quando l'Avvocatura
ha visto le nostre memorie ha chiesto il rinvio. Per cui il giudice dovrà decidere dopo il 10 giugno.

pc quotidiano 9-10 - Legittimo impedimento: il sindaco di Palermo Cammarata prova a fare come il suo padrino

Legittimo impedimento: il sindaco di Palermo Cammarata prova a fare come il suo padrino

Dovrebbe comparire davanti ai pubblici ministeri il 14 giugno prossimo, ma ha fatto sapere di essere impegnato (anche il suo avvocato ha detto la stessa cosa) e ha chiesto un rinvio.

Cammarata ha fatto una bella raccolta di accuse, per limitarci solo alla questione legata all’immondizia, alla “bomba ecologica” rappresentata dalla discarica di Bellolampo, infatti è imputato di:
falso in bilancio (insieme agli altri amministratori dell’Amia, l’azienda per l’igiene ambientale),
truffa,
abuso d’ufficio,
abbandono di rifiuti pericolosi nel sottosuolo,
traffico illecito di rifiuti,
disastro ecologico doloso per le infiltrazioni di percolato, il liquido prodotto dalla decomposizione dell’immondizia, con inquinamento delle falde acquifere,
e ancora
indagini sulle spese folli, come il viaggio d’affari a Dubai con pranzi da sceicco e sponsorizzazione di una barca off-shore;
interruzione di pubblico servizio per la mancata raccolta dei rifiuti;
mancato avvio della raccolta differenziata…

Il quadro globale delle inchieste, dice il sole24ore di oggi, traccia un unico disegno: l’emergenza sarebbe stata indotta e causata consapevolmente per speculare su eventuali conseguenti affari, come la più volta annunciata costruzione del termovalorizzatore di Bellolampo o la privatizzazione dell’Amia.

Che dire, nel migliore dei casi questi “amministratori” sono una bella manica di delinquenti spudorati che devono essere cacciati senza troppi complimenti.

pc quotidiano 9-10 giugno - nucleare in piemonte

TORNA L'INCUBO NUCLEArRE


Il primo cittadino del Piemonte, l’avvocato legaiolo novarese Roberto Cota, dimostra ancora una volta di essere nient’altro che un servo dei poteri forti e del Padrino di Arcore.

L’ultima novità introdotta da questo politicante, e dalla sua Giunta fascio-lego-forzitaliota, è quella di dare il via libera alla costruzione di nuove centrali sul territorio piemontese.

Il suo vice – il forzitaliota di Trino Vercellese Roberto Rosso – nell’affermare che la decisione è stata presa all’unanimità dal governo regionale, aggiunge che prima di pensare a nuovi siti occorre localizare il deposito per lo stoccaggio delle scorie.

Il perché della presa di posizione del deputato vercellese è evidente: non vuole correre il rischio di trovarsi sul suo territorio la spazzatura nucleare e la nuova centrale.

Sì, perché il paese di questo personaggio – secondo indiscrezioni che filtrano da fonti vicine al ministero dell’Ambiente – sarebbe nella lista dei papabili ad ospitare un nuovo impianto nucleare ed anche il deposito delle scorie.

Dal punto di vista dell’inquinamento radioattivo, purtroppo, il Piemonte ha già dato abbondantemente – la situazione dell’acquedotto del Monferrato è nota – e ritengo profondamente sbagliata la posizione di chi abbraccia la filosofia nuclearista senza se e senza ma.

Invero, però, una soluzione c’è: il deposito delle scorie potrebbe sorgere nella camera da letto di Cota, mentre la centrale si potrebbe costruire nella cucina di Rosso; ogni altra soluzione andrebbe incontro ad una dura opposizione da parte delle popolazioni e del movimento NO al Nucleare.

Come circolo piemontese di Proletari Comunisti siamo pronti ad appoggiare, sostenere e partecipare a qualunque manifestazione vada nella direzione di sbarrare la strada a questa banda di criminali legalizzati.

Torino, 09 giugno 2010




Stefano Ghio - Proletari Comunisti Torino

pc quotidiano 9-10 - a fianco di Joy, Hellen e le altre

>
>
> 8 giugno... al fianco di Joy, Hellen e le altre
>
> Sin dal primo pomeriggio di marted' 8 giugno si è tenuto il presidio
> davanti
> al tribunale di Milano in concomitanza con l'incidente probatorio per la
> denuncia del tentato stupro contro Joy da parte dell'ispettore capo
> Addesso del
> CIE di Via Corelli.
> Al presidio hanno partecipato un centinaio di femministe e antirazzisti,
> diversi gli striscioni e i pannelli di denuncia e solidarietà in un
> piazzale
> in cui era presente un folto schieramento di poliziotti in assetto
> antisommossa che non hanno perso tempo a mettere in atto la loro azione
> repressiva con un tentativo di carica all'inizio del presidio quando sono
> stati
> lanciati i primi slogan e all'apparire dello striscione "NEI CIE LA
> POLIZIA
> STUPRA". Il pretesto è stato che le compagne cercavano di avanzare verso
> la
> strada trafficata con lo striscione.
> Le compagne e i compagni presenti non si sono lasciati intimorire ma al
> contrario hanno contrastato contro i poliziotti denunciando con più forza
> lo
> stato di polizia con slogan "Ma quale libertà ma che democrazia, questo è
> uno
> Stato di polizia", "Vergogna, vergogna", "Joy libera, Addesso in galera”…
>
> Le compagne del Mfpr hanno portato due striscioni "Libertà per Joy e le
> altre, processo per l'Ispettore" e "Contro il governo e lo Stato di
> polizia
> razzista e sessista, scateniamo la ribellione delle donne" e pannelli con
> messaggi di solidarietà di donne lavoratrici, precarie, disoccupate di
> diverse
> città.
>
> Nel tardo pomeriggio gli avvocati di Joy hanno raggiunto il presidio
> informando che il giudice ha raccolto le testimonianze di Joy ed Hellen.
> Nel
> caso in cui decidesse di continuare ed avviare il processo, non sarebbe
> necessaria la presenza di Joy ed Hellen. Il 12 giugno scade la detenzione
> di
> Joy nel CIE di Modena, c'è la possibilità che venga prolungata, in base
> al
> "pacchetto sicurezza" per altri due mesi oppure potrebbe arrivare il
> decreto di
> espulsione o, ancora, il riconoscimento al diritto di usufruire
> dell'articolo
> 18, che, ricordiamo, ancora non le è stato riconosciuto.
> Emozionante è stato poi incontrare direttamente Hellen che ha espresso
> gioia
> per la solidarietà espressa dai presenti con il presidio e per tutte le
> iniziative che si sono fatte in questi mesi.
>
> Che il processo prosegua, che il tentativo di stupro dell'ispettore di
> polizia non rimanga impunito è una battaglia che deve coinvolgere sempre
> di più
> il movimento delle donne ma nache degli immigrati, antirazzista ,
> antirepressione, perché si tratta di un altro passo avanti in quella che è
> la
> lotta generale e complessiva contro uno stato, un governo che avanzando
> rapido
> verso il moderno fascismo impongono uno stato di polizia sempre più
> pressante
> che ogni giorno colpisce con la repressione le lotte dei lavoratori, dei
> giovani, ma che contro le donne usa anche la violenza sessuale e in più
> razzista se si tratta di donne immigrate.
>
> JOY LIBERA - L'ISPETTORE DI POLIZIA CONDANNATO
>
> SOSTENIAMO CON FORZA LA DENUNCIA DELLE VIOLENZE SESSUALI SUBITE DALLE
> DONNE
> MIGRANTI
>
> CONTRASTIAMO SUL CAMPO SESSISMO, RAZZISMO, MODERNO FASCISMO
> Milano, 9 giugno 2010
> movimento femminista proletario rivoluzionario
>
>
>

pcquotidiano 9-10giugno - 14 giugno giornata di lotta autorganizzata

manifestazioni a napoli - taranto - palermo




14 giugno: giornata di lotta

contro licenziamenti, precarieta’ e disoccupazione



La crisi economica mondiale si aggrava sempre di più su scala internazionale e nazionale.

Governi, padroni e banche continuano a scaricarne i costi sui lavoratori, sui disoccupati, sui precari, sulle masse popolari.

Mentre migliaia di miliardi vengono stanziati per salvare le banche e puntellare le grandi multinazionali, per i proletari si è aperto un sempre più nero periodo di lacrime e sangue. Licenziamenti, abbassamento dei salari, aumento della precarietà e disoccupazione, difficoltà a farsi o mantenersi una famiglia, mettere su una casa, taglio alle spese sociali, dalla scuola alla sanità, sono diventati una dura realtà per milioni di proletari, strangolati anche da tasse, mutui, multe e bollette.

Ora una nuova manovra economica decisa dal governo aumenta l’età pensionabile per le donne, blocca i salari e i contratti degli statali, attacca in maniera generalizzata redditi e spesa sociale mentre lascia i profitti e le rendite immutate così come le spese militari

Sono decine di migliaia i precari licenziati e la strage maggiore è opera dello Stato con veri e propri licenziamenti di massa nella scuola insegnanti, personale ATA, ditte di pulizia e nel resto del pubblico impiego statale e degli enti locali.

Per chi un lavoro stabile ancora ce l’ha, aumenta il ricatto dei padroni per imporre tagli al salario e l’aumento dello sfruttamento

Padroni e governo, inoltre, usano la crisi come una clava contro i diritti dei lavoratori. Con il decreto legge 1167-collegato lavoro- si smantellano tutte le barriere allo strapotere dei datori di lavoro e si abolisce di fatto lo statuto dei lavoratori.

Nessuno difende realmente gli interessi di classe dei lavoratori sui posti di lavoro e sul territorio; nessuno si batte realmente per la fine della precarietà e ai disoccupati in lotta, invece che lavoro e reddito, si risponde con la repressione e lo stato di polizia.

I sindacati confederali o stanno apertamente con il governo (CISL e UIL ) o, come la CGIL, accettano la logica dei sacrifici proponendo ammortizzatori sociali e modifiche ai piani e alle manovre del governo che non tutelano salari, lavoro e diritti.

Contro questi attacchi e questa situazione una forte assemblea nazionale dei disoccupati, precari, licenziati si è tenuta a Napoli, con la partecipazione da diverse città, meridionali in particolare. E’ stato un primo importante passo verso la realizzazione dell'unità di lotta ed il coordinamento delle varie realtà autorganizzate di disoccupati, lavoratori e precari in lotta per il lavoro e per la difesa dei diritti e delle condizioni salariali. Un’unità ed un organizzazione indispensabili per superare la frammentazione e le mobilitazioni in ordine sparso e per rispondere come un unico esercito e con la generalizzazione delle lotte all’offensiva portata avanti dai nostri nemici di classe.

L'assemblea nazionale ha lanciato la proposta di una prima giornata di mobilitazioni da tenersi il 14 giugno in contemporanea in tutte le realtà presenti e aderenti all'assemblea nazionale di Napoli.

Insieme alla richiesta di immediati sbocchi occupazionali per i disoccupati in lotta a Napoli come a Taranto nei settori già individuati e per cui sono stati formati (raccolta differenziata porta a porta, ciclo dei rifiuti, bonifica e tutela ambientale), chiediamo la stabilizzazione di tutti i precari a partire da quelli della scuola.

Diciamo NO ai licenziamenti, per la difesa del posto di lavoro, per il salario/ reddito garantito in mancanza di lavoro, per la riduzione dell'orario di lavoro.

A partire da questa giornata di lotta vogliamo costruire, attraverso un nuovo incontro nazionale il 3 luglio a Napoli, un percorso di unificazione solido e lanciare una mobilitazione nazionale a Roma per l'autunno.

Invitiamo tutte le realtà autorganizzate ed i singoli disoccupati, lavoratori, precari a far proprie queste proposte.

Tutti insieme alziamo la testa e facciamo pagare la crisi a coloro che ne sono gli unici responsabili.



L'assemblea nazionale dei disoccupati-precari - napoli 21 maggio



per adesioni: banchinuovi@hotmail.it – cobasta@libero.it

martedì 8 giugno 2010

pc quotidiano 7-8 giugno - documento del PC maoista -Italia alla conferenza internazionale di Madrid indetta dal Movimento popular Perù

Portiamo il caloroso saluto del nostro Partito e dei maoisti italiani a questa Conferenza.
Salutiamo, per il tramite del Mpp, il glorioso Comitato Centrale del PCP.
Salutiamo gli eroici combattenti dell'EGP.
Salutiamo i compagni e organizzazioni presenti a questa Conferenza.

ill documento del Comitato Centrale del PCP che è a base di questa Conferenza è un evento molto importante che esprime la ritrovata forza del Partito, della sua Direzione che agisce sotto la guida storica del Presidente Gonzalo, persegue nella guerra popolare, innalzando, difendendo, applicando il marxismo-leninismo-maoismo, principalmente il maoismo.
E' giusto e corretto che si riprendano nel documento del Comitato Centrale alcune citazione dei documenti fondamentali che il nostro Partito condivide e che sono a base dell'unità che esiste tra il nostro Partito e il PCP da prima della nascita di esso, sostanzialmente dalla fondazione del MRI e dopo la fondazione del nostro Partito, che è purtroppo ancora l'unico autentico Partito comunista maoista esistente nell'Europa imperialista.
I contributi del Presidente Gonzalo sono stati importanti per la nascita del nostro Partito e sono espressamente richiamati dalle nostre Tesi. E proprio per questo, il nostro Partito è stato strettamente a fianco del PCP e del Mpp nella lotta nel MRI, attraverso conferenze internazionali, a Palermo e a Parigi, e soprattutto nell'importante riunione ampliata del Corim tenutasi nel 2000 e sancita dall'importante Dichiarazione “Per un secolo di guerre popolari”.
Questa Dichiarazione costituisce il punto più avanzato raggiunto dal MRI. Per questo è importante ripartire da quella Dichiarazione per condurre la battaglia nel MRI, nel movimento comunista internazionale per un secondo passo in avanti verso l'Internazionale Comunista.

I temi che la Dichiarazione del Partito propone per una nuova riunione ampliata del MRI sono temi da noi condivisi, al di là del fatto che su di essi l'interpretazione e la posizione del nostro Partito possa differire e quindi dare vita ad una applicazione rispondente alla necessità ideologica, politica e organizzativa di applicare l'MLM alla realtà concreta del nostro paese, alla situazione politica attuale, alla fase aperta dal nuovo secolo.
Noi pensiamo che mentre viene lanciata la proposta pubblica di una riunione allargata del MRI sia utile e necessario sviluppare dibattito e lotta sui contenuti dei punti segnalati dal CC del PCP per raggiungere un livello di unità superiore.

Il nostro Partito mentre conduce questa lotta intende assolvere pienamente ai suoi compiti generali nel MRI e nel MCI. E' per assolvere questi compiti generali che siamo impegnati nella costruzione del nostro Partito in funzione del nuovo inizio della guerra popolare nel nostro paese. E' per assolvere ai nostri compiti generali che siamo attivamente impegnati, dalla rivolta delle banlieues del 2006, attraverso i meeting a Parig,i ad affermare la necessità e la pratica della costruzione dei Partiti comunisti maoisti nei paesi imperialisti, la validità universale della guerra popolare, lo sviluppo della linea specifica su quello che deve essere la guerra popolare in un paese imperialista, il suo rapporto con l'insurrezione e le caratteristiche di un Partito comunista di tipo nuovo necessarie per condurla. E' per assolvere a questi compiti generali che il nostro Partito analizza, esamina nel dettaglio il cammino delle guerre popolari e affronta lo spinoso problema della guerra popolare in Nepal.
Noi pensiamo che le posizioni della leadership del Nepal attuali siano posizioni revisioniste sui problemi del potere, dell'esercito, sui problemi del primato della via parlamentare e istituzionale, sui problemi della cosiddetta definizione di “imperialismo globalizzato” e “democrazia del 21° secolo”. E su questo pensiamo di avere un ampia convergenza con le posizioni del Partito Comunista del Perù. Alla stessa maniera, però, pensiamo che i 10 anni della guerra popolare in Nepal, la trattazione tra guerra popolare e movimento politico di massa elaborata dal PCNm contenga lezioni positive assolutamente indispensabili per far crescere il patrimonio di esperienza politica e pratica della strategia e tattica della guerra popolare, e questo non solo per il Nepal ma in generale nel movimento comunista internazionale.
Se la lotta contro il revisionismo resta il nemico principale, per vincere questa lotta è necessario delimitarsi, e combattere, da posizioni dogmatico-estremiste presenti sia nel MRI che nel mci e venute alla luce proprio in occasione del giudizio sul Nepal che costituiscono un espressione tipica del rivoluzionarismo piccolo borghese e portano acqua al mulino del revisionismo attraverso il liquidazionismo dell'esperienza della rivoluzione nepalese e del MRI nel suo insieme.
Il Partito Comunista del Perù ha un grande compito anche in questo secondo campo, e siamo assolutamente certo che i nostri due Partiti marceranno insieme nella nuova unità fondata sul maoismo del movimento comunista internazionale.

VIVA IL MAOISMO!
VIVA L'INTERNAZIONALISMO PROLETARIO!
PONIAMO IL MARXISMO-LENINISMO-MAOISMO A COMANDO E GUIDA DELLA NUOVA ONDATA DELLA RIVOLUZIONE PROLETARIA MONDIALE!
AVANZIAMO NELLA COSTRUZIONE DEI PARTITI COMUNISTI MAOISTI!
GUERRA POPOLARE FINO AL COMUNISMO!

Maggio 2010


Partito Comunista maoista - Italia

pc quotidiano 7-8 maggio- documento del Partito Comunista del Perù -aprile 2010

Ai comunisti, al proletariato internazionale e alle masse oppresse del mondo.

“...mentre il marxismo leninismo ha ottenuto un riconoscimento della sua validità universale, il maoismo non è riconosciuto pienamente come terza tappa; dato che mentre alcuni negano semplicemente questa sua condizione, altri arrivano solo alla sua accettazione come “pensiero di Mao Tse Tung” e in sostanza in ambo i casi, con le ovvie differenze che tra di loro ci sono, negano lo sviluppo generale del marxismo fatto dal Presidente Mao Tse Tung; non riconoscere il suo carattere di “ismo”, di maoismo è negare validità universale e di conseguenza la sua condizione di terza nuova e superiore tappa dell'ideologia del proletariato internazionale: il marxismo-leninismo-maoismo, principalmente maoismo che innalziamo, difendiamo, applichiamo”.
“... la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria in prospettiva storica è la cosa più importante dello sviluppo del marxismo-leninismo da parte del presidente Mao; è la soluzione del grande problema pendete della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato; “rappresenta una nuova tappa ancora più profonda e più ampia nello sviluppo della rivoluzione socialista del nostro paese...”
“... Il partito comunista del Perù, attraverso la frazione diretta dal Presidente Gonzalo che impulsò la ricostruzione, assunse il marxismo-leninismo-maoismo nell'anno 1966; nel '79 la parola d'ordine di innalzare, difendere, applicare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao Tse Tung; nell'81 avanti con il maoismo; e nell'82, il maoismo come parte integrante e sviluppo superiore dell'ideologia del proletariato internazionale: il marxismo-leninismo-maoismo...”.
Documento Fondamentale PCP

Facciamo arrivare i nostri saluti comunisti a tutti i membri dei partiti comunisti e organizzazioni rivoluzionarie che combattono contro l'imperialismo e il revisionismo.
L'obiettivo... è servire a fare il salto che la rivoluzione mondiale domanda, il PCP sta chiedendo la realizzazione di una conferenza ampliata del MRI con la partecipazione di tutti i membri per trattare dalla nostra posizione i seguenti punti:
1) Bilancio dell'applicazione del maoismo. L'aspetto fondamentale del maoismo è la Grande Rivoluzione Culturale.
2) Esperienze del proletariato internazionale, principalmente di quelle che sviluppano la guerra popolare.
3) La lotta contro il revisionismo oggi.
Questa è la nostra posizione, ferma e determinata, come frazione dentro il movimento comunista internazionale.
E' una necessità la sistemazione dell'applicazione del maoismo per i comunisti nel mondo. Consideriamo farlo dal trionfo della rivoluzione cinese, tenendo presente la posizione del PCP che ha definito il maoismo come nuova terza superiore tappa del marxismo e che essere marxista oggi è essere maoista.

Compagni, sono 4 decenni di duro impegno per imporre il maoismo, compito che deve servire ad affermare e incarnare fermamente il maoismo e che si concretizza in più inizio di guerre popolari dirette da partiti comunisti.
Il Corim non può esimersi dalle sue responsabilità, ci sono passi dal trionfo della rivoluzione che il proletariato deve assimilare per la sua applicazione posteriore.
Così come ci sono problemi nella linea ideologica e politica che l'MRI non ha saputo impiantare correttamente e non ha preso posizione al momento della lotta contro il revisionismo di oggi.
Vi è mancanza di comprensione e in alcuni casi anche opposizione alla questione del potere.

Il fondamentale del maoismo è il potere, il potere sotto la direzione del proletariato nella rivoluzione democratica, il potere per la dittatura del proletariato nelle rivoluzione socialiste e culturali; è il potere basato su una forza armata diretta dal partito comunista, conquistato e difeso mediante la guerra popolare.
Per noi questo è di vitale importanza. Siamo di fronte ad una sottovalutazione da cui deriva una posizione di guerra popolare senza costruire il potere, e questa non è una guerra popolare maoista; e la rivoluzione non può avanzare, vedi la situazione del Nepal.
Questo è un problema principale che si deve trattare ampiamente nel MRI e tenere una posizione ferma.

La Grande Rivoluzione Culturale implica un salto nello sviluppo della dittatura del proletariato nel coinvolgimento del proletariato nel potere, nel maneggio magistrale che ha fatto il presidente Mao nella lotta tra le due linee nella GRP e di come affrontare la contesa di restaurazione e contro restaurazione, il ruolo della milizia (il mare armato delle masse) ci arma ideologicamente e politicamente per affrontare i problemi nuovi che ha la rivoluzione mondiale e qui nel Perù.
Come costruire un partito comunista per dirigere la guerra, militarizzato, una volta iniziata sviluppare la guerra popolare fino al comunismo, con il mare armato delle masse, così non si rovescia la rivoluzione e come combattere i nuovi revisionisti, vedere la loro essenza e la loro prospettiva di collusione con i loro nuovi padroni.
Sulla nostra esperienza di partito. Il Pcp applicando il marxismo-leninismo-maoismo, principalmente maoismo, applicando i principi di costruzione concentrica dei tre strumenti della rivoluzione, la militarizzazione del partito, l'applicazione del principio di llevatura e capi della rivoluzione, che la rivoluzione non si dirige dalle carceri, impossessarsi e partire dai principi ci permette di proseguire lungo la strada tracciata dal partito e dal congresso; abbiamo sventato la presa dei comitati regionali dalla LOD che pretendeva prendere d'assalto, rispondendo a questi miserabili in forma contundente e come capitolatori quali sono, il loro ruolo è essere cancellati. A nulla gli è servito montare le false lettere di pace (scritte da Merino Bartel), video diretti e editati personalmente da Montesinos e canali televisivi, portati nelle carceri per controllare coordinandosi con Morote, Cox, Maria Pantoja, Miriam; le cosiddette autocritiche con gli opuscoli del SIM di Lancy, Roldan, Julio, ecc.
Siamo forgiati nella guerra che non si è fermata neanche un minuto, così semplicemente non ammainando la bandiera della rivoluzione sotto alcuna circostanza, la questione è proseguire applicando i principi.
La Direzione è stata isolata dal suo arresto, non c'è una data per una presentazione pubblica e diretta, solo lettere, video, libri, centrati su pronunciamenti di capitolatori.
Oggi al reazione consigliata dall'imperialismo Yankee sta definendo una nuova legge sul pentimento; dicono: “la precedente ha assolto al suo compito, ora bisogna attualizzarla”. Hanno contrattato con consiglieri israeliani, la CIA non è bastata; il Mossad dice: servono per la lotta antisovversiva elicotteri notturni con più potenza di fuoco, questo richiede più soldi dal parlamento, hanno cambiato le funzione dei giudici nelle zone di emergenza, ora lo fa direttamente la polizia e c'è una nuova legge – la cosiddetta “dell'impunità” - con la quale la polizia è autorizzata a sparare senza rispondere per questo; ora dicono che combattono il narcoterrorismo (come in Afghanistan per l'oppio e in Colombia e in Perù per la cocaina).

Sulla guerra popolare: centrando sulla costruzione del nuovo potere, sulla fluidità della guerra popolare, sull'esercizio della dittatura congiunta nei comitati popolari, ci ha permesso di affrontare con successo la flessione causata dall'arresto della Direzione e di gran parte dei dirigenti.
Applicando il principio che i comunisti che restano hanno l'obbligo di proseguire e mantenere la rotta della rivoluzione, il principio che il partiti comanda il fucile, integrando la milizia dentro l'esercito, ci ha permesso di raggruppare e dirigere complessivamente l'esercito, sventando il rischio che potesse essere usato dalla LOD.
Consideriamo che nella rivoluzione in Nepal è inammissibile che si smobiliti l'esercito rivoluzionario e che si consegnino le armi “diretti” dall'ONU, il partito deve stare dentro l'esercito, questo sostiene il nuovo potere, senza di esso il popolo non ha niente e la rivoluzione in Nepal terminerà in un genocidio.

La lotta contro il revisionismo attuale, l'esperienza del proletariato internazionale mostra che il revisionismo e i golpe controrivoluzionari si sviluppano dentro il Comitato centrale, vedi Pcus, PC cinese, PCP, PC Nepal, nei momenti in cui la rivoluzione si trova davanti a salti o ripiegamenti, di fronte alla perdita o alla detenzione delle Direzioni, Pcus, PCC, PCP.

Prima revisionando la linea ideologica e politica, poi successivamente negare tutto apertamente, alzando le bandiere rosse del comunismo e le immagini di Mao, nel nostro caso, e del Presidente Gonzalo, per reprimere e schiacciare la sinistra e così frenare la rivoluzione.

Il revisionismo appellandosi alle nuove circostanze dice: “... il Pop ha fatto un giro strategico dopo la detenzione del Presidente Gonzalo e della Direzione Centrale Storica, da cui si sono avuti lo sviluppo di Nuova Strategia, Nuova Linea Politica Generale, Nuova Tattica, nuovo lavoro di costruzione, lavoro di massa, ecc., una nuova linea che si è dovuta imporre in lotta, sconfiggendo la linea anteriore,...”
Domandiamo, quando lo hanno fatto? Essi si sono coordinati con Fujimori e questi lo ha presentato al mondo, così è avvenuto, egli ha pianificato il volantinaggio in elicottero su Ayacucho, in Huallaga, università, ecc. E' stato forse un comitato regionale o un organismo generato a fare questo? Quale? Sono state le forze armate dirette dal SIN-CIA, ora per riciclarsi intendono partecipare alle elezioni presidenziali del 2011, e la LOD del Nepal? Uguale. Che ha detto il Corim di fronte alla capitolazione, di fronte a questi nuovi revisionisti “elettorali”? Solo “investigar”. Adesso basta! Al di là della detenzione della nostra Direzione e di gran parte della direzione e dell'infiltrazione della reazione nel nostro partito, la lotta contro la LOD appoggiata dalla CIA, ci dà grande lezione nell'assunzione di nuovi compiti, e nel fare il bilancio dell'applicazione del maoismo affinchè serva per iniziare più guerre popolari.
L'appello del Comitato Centrale e di tutto il partito è esigere la presentazione pubblica dal vivo e diretta del Presidente Gonzalo, è una domanda dei comunisti, e mettiamo in chiaro che i miserabili compromessi nell'isolamento della Direzione avranno sanzioni che il partito già ha stabilito, da Fujimori, a Garcia, a Gampetri, fino agli avvocati che nel '93 dicevano: “... il presidente non vuole che lo difendiamo..., “ dice che questo contrasta con gli accordi di pace..., ora dicono di essere i paladini, i difensori “candidati di elezioni”. Noi non ci dimentichiamo, diciamo questo per far ricordare loro ciò che hanno detto. Tempo più tempo meno.

VIVA IL MAOISMO!
INNALZARE, DIFENDERE E APPLICARE IL MARXISMO-LENINISMO-MAOISMO, PRINCIPALMENTE MAOISMO!
VIVA IL PRESIDENTE GONZALO DIREZIONE DEL PARTITO E DELLA RIVOLUZIONE!
VIVA IL PARTITO COMUNISTA DEL PERU' MARXISTA-LENINISTA-MAOISTA, PENSIERO GONZALO!

Aprile 2010

PCP Comitato Centrale

pc quotid 7-8 giugno - per Avni Er presidi a Bari e Torino

Il 10 giugno 2010

in occasione dell'udienza che deciderà il destino di Avni Er
presidio davanti al Tribunale civile di Bari,

in Piazza Enrico De Nicola 1
dalle h. 8.30 fino alle h.16
in difesa dei diritti umani,
contro l'espulsione in Turchia!




In concomitanza con l'udienza di Bari
presidio davanti al Tribunale di Torino
Giovedi 10 Giugno dalle h. 9.00


per info su Avni: www.avni-zeynep.net


************************

"Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio
delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto
d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite
dalla legge". (art.10 della Costituzione italiana).

LIBERTA' PER AVNI ER!
SI ALL'ASILO POLITICO IN ITALIA
NO ALL'ESPULSIONE IN TURCHIA


Il 10 giugno 2010 al Tribunale di Bari è in programma una nuova udienza di
appello in cui viene discussa la richiesta di asilo politico in Italia di
Avni Er, comunista turco che se espulso nel suo paese rischierebbe il
carcere, la tortura e la morte, come è capitato a tanti altri suoi compagni
che hanno avuto il coraggio di denunciare e combattere le violenze del
regime turco, perpetrate in particolare nei confronti degli oppositori
politici.
Nella scorsa udienza del 18 maggio il giudice ha acquisito nuova
documentazione presentata dai difensori di Avni, mentre d'altro canto l'Avvocatura
dello Stato si è costituita parte avversa.
Il 28 maggio poi il governo italiano ha risposto all'interrogazione
parlamentare presentata dal deputato Dario Ginefra del PD sulla richiesta di
status di rifugiato politico presentata da Avni Er (consultabile insieme
agli altri documenti sul sito www.avni-zeynep.net). In essa il
sottosegretario all'Interno Michelino Davico afferma tra l'altro:
"La competenza del Ministero dell'interno si esaurisce con la pronuncia
della Commissione territoriale che - tengo a sottolinearlo - ha trattato l'istanza
nel pieno rispetto dei termini. Ogni valutazione sulla legittimità della
decisione adottata da quest'ultima è riservata alla competente Autorità
giudiziaria, nei confronti delle cui decisioni il Governo non può esercitare
alcuna forma di condizionamento, per rispetto ai principi di autonomia e
indipendenza sanciti dalla Costituzione."
Sappiamo tutti che questo corretto pronunciamento spesso rimane sulla carta
in quanto le prese di posizione contro questo o quel giudice (nonché nei
confronti della magistratura in generale) sono prassi frequente da parte di
diversi esponenti della maggioranza di governo, e ciò è avvenuto anche
riguardo al caso specifico di Avni Er.
Altra circostanza emblematica di quello che è il contesto nel quale si sta
giocando questa partita è stata la pubblicazione del rapporto 2010 di
Amnesty International, che contiene aspre critiche alla politica italiana
nei confronti di immigrati e richiedenti asilo e all'operato della polizia
in alcuni casi eclatanti (Emmanuel Bonsu, Stefano Cucchi); contro questo
rapporto è insorto lo stesso ministro Frattini, definendolo "indegno"!
In sostanza quello di Avni può essere visto come un caso specifico di una
lotta più generale per la difesa dei più elementari diritti umani, che in
molte circostanze nel nostro paese vengono già apertamente violati, e per
questo a maggior ragione invitiamo tutti gli individui, le associazioni, le
forze politiche moralmente sensibili a prendere in vario modo posizione in
suo favore.

firmiamo l'appello di Amnesty International in difesa di Avni Er
(http://www.amnesty.it/rimpatrio_tortura_turchia.html)

Antifascisti torinesi
(contatti: colcompiemonte@yahoo.it - 3476558445)

pc quotidiano 7-8 giugno - una morte operaia impunita

Si tiene il 9 giugno - il processo per la morte di Antonino Mingolla, un operaio dell'appalto ilva, morto il 18 aprile 2006 per intossicazione di gas.
Ebbene il processo comincia realmente solo il 9 giugno 2010, vale a dire 4 anni e 3 mesi dopo la morte....
Per tutti questi anni Franca Caliolo, moglie dell'operaio, ha condotto una dura battaglia per raccontare la vicenda, mobilitare le coscienze, ha partecipato prima alla fondazione dell'associazione 12 giugno familiari vittime del lavoro dell'Ilva
dopo la degenerazione di questa associazione deta al lecchinaggio istituzionale e alla auto promozione del suo presidente, ha contribuito ed è stata protagonista della fondazione della rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, la quale ha organizzato diversi eventi per fare di questa morte una battaglia per la vita degli operai contro i profitti del capitale e di padron Riva, compreso una riuscita manifestazione nazionale a Taranto il 18 aprile 2009.
In questa occasione Proletari Comunisti oltre che denunciare le morti sul lavoro all'Ilva, sostenere Franca e i familiari degli operai nella loro battaglia, pubblica ancora una volta, il racconto di Franca Caliolo, che rendono ben viva questa morte e un grido di rabbia e ribellione contro il capitale che uccide

La svolta di Francesca Caliolo

Il giorno in cui misi piede per la prima volta come operaio nel cantiere Ilva di Taranto, fui preso dallo sconforto, come mai mi era accaduto nella mia lunga esperienza lavorativa. Difficile arrivare alla fine di quella giornata.
Trovare quel lavoro non era stato facile: dopo mesi di mobilità e decine di domande inoltrate a ditte del settore, un contratto a due mesi mi aveva dato respiro. Conoscevo già il cantiere per averci lavorato in trasferta qualche anno prima.
Quella sensazione che avevo ora però, era di definitiva appartenenza a quel luogo e questo mi infondeva pessimismo per il futuro.
Dovevo avere un’espressione molto avvilita se, tornato a casa, mia moglie mi abbracciò forte dicendosi sicura che presto avrei trovato qualcosa di meglio.
Invece restai in quella ditta per due anni, passai in un’altra come caposquadra per altri due, per poi tornare alla prima divenendo vice-capocantiere circa tre anni dopo. Questo scatto di livello mi gratificò, gravandomi al tempo stesso di una grande responsabilità a causa di lavori molto impegnativi che eravamo chiamati a fare.
Ciò che restava immutato era il paesaggio.
Contro un cielo velato dai fumi, si stagliavano bizzarre architetture: come cattedrali futuriste consacrate alla grande economia, svettavano numerose ciminiere attorniate da condutture metalliche che percorrevano in lungo e in largo la città-cantiere, trasportando enormi quantità di gas, per arrivare ai potenti altoforni capaci di ridurre i metalli in lava incandescente.
A fumi e vapori si aggiungeva il ‘polverino’come lo chiamavano qui, che si sollevava dalle nere colline di carbone dei parchi minerali, in una sorta di moderna rivisitazione dell’Inferno dantesco. Di tanto in tanto, paradossalmente,il tutto era avvolto dalle note dell’”Inno alla gioia” di Beethoven, diffuse dagli altoparlanti per sottolineare il momento culmine della “colata”. A questo scenario pian piano non ci feci più caso se non per il fatto che gradualmente contribuiva ad aggravare la mia allergia.
La prima estate che affrontai in Ilva fu una delle più calde in assoluto, toccò i 40°e a noi toccò ristrutturare un altoforno ancora caldo situato vicino a un altro in funzione, a 1.800°. In seguito bisognò revisionare dei silos contenenti residui oleosi che impregnavano le nostre tute rendendole inutilizzabili; condutture buie e fuligginose che ci rendevano irriconoscibili come minatori a fine turno; strutture poste ad altezze irraggiungibili da chi non avesse una qualche capacità funambolica.
Difficile raccontare questo stato di cose a chi non conosceva quell’ambiente. E infatti non lo raccontavo. Non lo raccontavo ai conoscenti, non lo raccontavo ai parenti. Non lo raccontavo agli storici amici insieme ai quali avevo condiviso battaglie sociali: col tempo le nostre vite erano cambiate, dal punto di vista del lavoro però, la mia vita era cambiata più delle loro. Lavoratori per lo più”di concetto”, li ritenevo teorici idealisti, lontani anni luce dal mondo cui accennavo loro con battute ironiche.
Mia moglie era l’unica a conoscere nei dettagli la mia realtà lavorativa.
Quasi ogni mattina mi chiamava per un rapido saluto che mi rincuorava e poi, una volta a casa, mi martellava di domande per conoscere tutto della mia giornata.
Benché restio a raccontare aspetti poco rassicuranti per lei, mi ritrovavo poi a farle un resoconto completo anche di dettagli tecnici. Questo suo modo di essermi vicina era parte integrante di una condivisione totale della nostra vita e aveva in effetti il potere di alleviare tante giornate difficili, così come mi aiutava il bellissimo, profondo legame con i nostri figli.
Ma anche al lavoro mi aiutavano i contatti umani. Ci tenevo a stabilire rapporti di amicizia prima che professionali; una risata, una battuta, qualche aneddoto ci faceva superare le giornate più pesanti. Avevo buoni rapporti con tutti o quasi e avevo rispetto per i superiori come per l’ultimo arrivato: in passato avevo subito troppe vessazioni solo per essermi opposto a delle ingiustizie da parte di capi tesi ad affermare il proprio ruolo, per non nutrire rispetto per chi avevo di fronte. Oltretutto lavoravo quasi sempre al fianco dei miei operai per condividere rischi e fatica.
Era nel periodo delle”fermate”, vale a dire il blocco produttivo di un settore del cantiere che permetteva a noi di intervenire, che divenivo duro ed esigente, preoccupato che tutto andasse per il meglio.
Ad ogni modo, odiavo quel lavoro. Non lo lasciavo perché volevo mettere un po’ di risparmi da parte per avviare una attività indipendente, magari nella ristorazione. Cosa non facile con una famiglia monoreddito e due figli in crescita. D’altro canto, per quanto ancora avrei potuto svolgere un lavoro così usurante con due vertebre schiacciate,un menisco lesionato e una tendinite al braccio destro? E comunque sognavo un lavoro che mi lasciasse più tempo per vivere insieme alla mia famiglia e programmare finalmente delle ferie in estate, seguire il calcio, la politica, fare passeggiate senza sentirmi stanco e stressato.
E se la stanchezza era dovuta alla manualità del lavoro, lo stress derivava dal carico di responsabilità per l’esecuzione tecnica secondo precisi parametri e tempi sempre troppo limitati, dettati da gare al ribasso, che ci imponevano turni impossibili, arrivando a volte a lavorare per 16 e addirittura 24 ore di seguito! Nel contempo bisognava fare attenzione che nessuno si facesse male e, a dire il vero, la frequenza degli incidenti in tutta l’Ilva non lasciava ben sperare.
A fine giornata pareva un bollettino di guerra, con incidenti di tutti i tipi: ustioni, intossicazioni, fratture e, qualche volta si moriva anche. Le morti ci lasciavano attoniti a pensare all’esagerato tributo da pagare in cambio di un lavoro di per sé duro e alienante. Eroi, martiri del lavoro? Nessuna medaglia, non funerali di stato.
E credo che nessuno di quegli uomini avesse voglia di immolarsi a un dio che chiedeva sacrifici in nome di interessi economici e non si prodigava ad attuare migliori misure di sicurezza, definendo”morti fisiologiche” quelle 2-3 che in media si verificavano per anno in un cantiere dove operavano circa 20.000 persone.
Ci sentivamo impotenti, rassegnate formiche al cospetto di un colosso; protestavamo e poi, dovendo continuare a lavorare, cercavamo di scongiurare la morte cercando di non pensarci.
D’altronde nella nostra ditta non era mai morto nessuno.
Sono passati ormai quasi nove anni dal mio ingresso in Ilva e sono ancora qui, alle prese con un’ennesima”fermata”che si presenta particolarmente complicata e che mi ha caricato di tensione già da qualche settimana.
Neppure questa pausa pasquale è servita a ricaricarmi, neppure la giornata di ieri passata in campagna respirando aria pura, cosa non comune per me.
Ho avuto da ridire con mia moglie anche prima di andare a dormire,col pretesto che non aveva sistemato bene la piega del lenzuolo. Lei ci è rimasta male perché era stanca, ma io ero nervoso e intrattabile e non ci siamo neppure dati la buonanotte. Più tardi appena avrò un po’ di tempo la chiamerò per scusarmi, tanto ormai lo sa che se non termina la fermata non torno sereno.
E questo lavoro ci dà già delle noie, un’operazione che non va per il verso giusto, ci tocca smontare e rimontare.
Siamo a venti metri da terra per sostituire delle valvole di un enorme tubo che è stato svuotato, così ci hanno assicurato, del gas che trasportava. Indossiamo maschere collegate a bombole d’aria perché potrebbero esserci residui di gas, non è la prima volta che torno a casa con nausea e mal di testa da scoppiare.
E infatti verso le dieci ho soccorso un ragazzo che si è sentito male. Questo gas è inodore e insapore, perciò più insidioso; un paio di noi hanno il rilevatore ma ormai è certo che da qualche parte c’è una perdita, comincio ad avere mal di testa.
Comunque noi siamo abituati ad operare così, né la ditta né l’Ilva si possono permettere di bloccare i lavori ogni volta che qualcosa non va, non gli conviene. A noi scegliere poi se ci conviene rischiare o non lavorare più.
Meno male almeno che i turni ora sono regolari, in fondo non è la prima volta che respiro questo maledetto gas, mi dà nausea,vertigini, mal di testa, ma una volta a casa mi riprendo, devo resistere fino ad allora.
Intanto il cellulare continua a squillare, sono quelli dell’altra squadra ed io per rispondere e richiamarli devo togliere la maschera, non posso ogni volta scavalcare questo tubo che ha 3m di diametro per raggiungere la postazione di sicurezza, perderei troppo tempo. Anche la scala di accesso è dall’altra parte, così mi allontano del massimo che mi è consentito.
Stiamo lavorando come forsennati, vorrei che Gabriele fosse qui e ci vedesse, capirebbe perché insisto tanto sul fatto che studi; ultimamente sono stato anche un po’duro con lui, ma non vorrei mai che si trovasse costretto un giorno a fare questo.
Ora non ce la faccio proprio più, mi sento mancare le forze.
Mi allontano verso l’ufficio, vorrei chiamare Franca ma si accorgerebbe che qualcosa non va, non voglio preoccuparla.
Nella mente mi scorrono delle immagini, mi rivedo ragazzino a bottega dal fabbro, durante le vacanze estive, mentre i miei amici giocano nel cortile dell’oratorio vicino. Ma io ho perso mio padre a nove mesi e son dovuto crescere in fretta. Mia madre, contadina, ha dovuto tirare su cinque figli da sola.
Con un diploma professionale, non ho trovato di meglio da fare che il muratore, stringendo i denti per la fatica eccessiva per un fisico esile come il mio. Qualche anno dopo sono diventato un bravo venditore di macchinari per falegnameria, con i cui proventi ho potuto costruire la mia casa.
Dopo nove anni il mercato ristagna, torno così alla condizione di operaio stavolta metalmeccanico, nel Petrolchimico di Brindisi. Dopo altri nove anni la ditta ci impone la condizione di trasferisti; non ce la faccio ad allontanarmi dalla mia famiglia e rifiuto, ritrovandomi così in mobilità.
Fino ad oggi ho trascorso quasi nove anni qui in Ilva e chissà, forse la mia vita avrà una nuova svolta.
Non cerco di dare un senso a questa mia vita di fatica e sacrifici. Il senso è gia tutto negli affetti. D’altronde la felicità non è una condizione continua, se non nelle fiabe. Noi dobbiamo accontentarci delle piccole cose e vivere intensamente i momenti di felicità che ci capitano, come dice mia moglie, che sa restituirmi la gioia di vivere. Ora devo tornare al lavoro, non mi sento ancora bene.
Qualcuno mi sconsiglia di risalire, non ho un bell’aspetto, dice.
Non posso, siamo una squadra e io ne sono anche responsabile. Infatti i problemi non sono ancora risolti; insistiamo, ricominciano le telefonate. Cambia il turno, mi sollecitano a lasciare ad altri il completamento del lavoro. Non posso, ci sono quasi riuscito, è un lavoro pericoloso, meglio completarlo.
Stasera a casa voglio abbracciare Franca,Gabriele e Roberta, dire loro quanto li amo, proporgli di fare una crociera, è tanto che ci penso e poi voglio cambiare lavoro, non ce la faccio più, sono stanco, stanco, così stanco che all’improvviso ho voglia di dormire, mi si chiudono gli occhi, squilla il cellulare, dormo.
Amore mio, è passato un anno da quando non ci sei più. Quante volte mi sono chiesta se non sentivi lo squillo della mia chiamata, se proprio in quel momento cadevi, se pensavi a noi.
Di quel giorno posso ricordare tutto, posso anche rivivere lo straziante dolore di una realtà dura da accettare, così dura da far crescere in un attimo i nostri ragazzi, proiettati improvvisamente davanti alla morte, quella del loro adorato papà.
Voglio credere che quel giorno il Signore ti abbia fatto cadere tra le sue braccia, per portarti a vivere una felicità mai provata prima.
Voglio credere che tu sia qui tra noi, che continui a proteggerci col tuo amore e la tua tenerezza.
Dev’essere così, altrimenti non saprei spiegarmi perché continuo ad amarti tanto e ad avere la forza di vivere senza di te.

Franca Caliolo